Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30656 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30656 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19115/2021 R.G. proposto da : COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME AVV_NOTAIO NOME COGNOME
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO RAGIONE_SOCIALE 51/2021 depositata il 08/02/2021.
n.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
– COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono per tre mezzi, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, contro la sentenza dell’8 febbraio 2021 con cui la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE ha respinto il loro appello avverso sentenza del locale Tribunale resa in accoglimento della domanda avanzata dall’istituto di credito di condanna degli COGNOME a restituire ad essa parte attrice la somma di € 5.053,43 oltre interessi, nonché alla rifusione delle spese del giudizio, ed in rigetto della riconvenzionale volta ad ottenere il risarcimento del danno nella medesima misura.
– RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
– Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
– Il ricorso contiene i seguenti tre motivi:
violazione e/o falsa e/o errata applicazione degli artt. 18 e segg. c.p.c. in relazione all’art. 360 nr. 2 c.p.c. per violazione delle norme sulla competenza;
ii) violazione e falsa applicazione agli artt. 230 e segg. c.p.c. in riferimento all’art. 360 nr. 3;
iii) nullità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in riferimento all’art. 360 nn. 4 e 5 c.p.c.
5. – Il ricorso è inammissibile.
5.1. – È inammissibile il primo mezzo, con cui i ricorrenti lamentano che il giudice di merito abbia ritenuto la propria competenza sulla considerazione che la residenza della COGNOME NOME era collocata nel circondario del tribunale adito, senza considerare che la stessa COGNOME, di fatto, non era più colà residente, come attestato dal rilascio di tessera sanitaria presso diverso Comune.
In proposito la corte territoriale ha così motivato: « È ben vero che ai fini della determinazione del luogo di residenza o dimora del destinatario della notificazione rileva esclusivamente il luogo ove questi dimora di fatto in modo abituale, rivestendo le risultanze anagrafiche mero valore presuntivo e potendo essere superate, in quanto tali, da una prova contraria affidata all’apprezzamento del giudice e desumibile da qualsiasi fonte di convincimento … ma è altrettanto vero che il suo superamento è onere dell’interessato, il quale, sia pure con qualsiasi mezzo di prova, è tenuto a dimostrare l’effettiva lontananza dal luogo di residenza. E al qual fine non può certo valere la produzione in giudizio della “tessera sanitaria provvisoria” rilasciata alla signora COGNOME NOME in data 22.03.2009, sia perché si tratta di un documento che viene rilasciato a tutti coloro che, in via del tutto temporanea, si
ritrovano a dimorare nel territorio di un’Asl diversa da quella di residenza, sia perché non comprova affatto che la predetta, all’epoca, si fosse stabilmente allontanata dalla residenza di RAGIONE_SOCIALE. Senza dire, poi, che l’COGNOME non ha potuto neppure allegare di essere stata nella impossibilità di prendere adeguatamente cognizione dell’atto di citazione, dal momento che il relativo plico risulta ritirato in data 09.04.2009 da persona (cognato) che era stata a ciò appositamente delegata ».
E cioè il rigetto del motivo di appello spiegato in punto di incompetenza del giudice adito si basa su due rationes decidendi concernenti: 1) l’insufficienza della tessera sanitaria a superare la presunzione derivante dalla residenza anagrafica; 2) il ritiro dell’atto di citazione, presso l’ufficio postale da persona delegata (il cognato).
Orbene, a fronte di siffatte rationes decidendi , ciascuna delle quali di per sé idonea a giustificare il decisum , i ricorrenti, con il motivo in esame, hanno attinto la sola prima ratio , ignorando la seconda.
Ma, come è noto, secondo il costante orientamento di questa Corte, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (tra le tante, Cass. 27 luglio 2017, n. 18641; Cass. 18 aprile 2017, n. 9752; Cass. 3 novembre 2011, n. 22753).
5.2. – È inammissibile il secondo mezzo con cui i ricorrenti sostengono che non fosse necessario disporre l’interrogatorio formale, e che perciò nulla rilevasse la mancata risposta ad esso, trattandosi di circostanze documentate, e che non era stata
valutata dal Tribunale la difficoltà per i convenuti di presentarsi all’interrogatorio formale data la distanza geografica.
Si tratta, evidentemente, di censura di pieno merito concernente la valutazione del materiale istruttorio, spettante in esclusiva al giudice di merito.
È difatti insegnamento stabilmente ribadito quello secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, nei limiti in cui detto sindacato è tuttora consentito dal vigente numero 5 dell’articolo 360 c.p.c., delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 agosto 2017, n. 19547; Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011, n. 27197; Cass. 6 aprile 2011, n. 7921; Cass. 21 settembre 2006, n. 20455; Cass. 4 aprile 2006, n. 7846; Cass. 9 settembre 2004, n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004, n. 2357). Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 4 luglio 2017, n. 16467; Cass. 23 maggio 2014, n. 11511; Cass. 7 gennaio 2009, n. 42; Cass. 17 luglio 2001, n. 9662).
5.3. – È inammissibile il terzo mezzo con cui si denuncia, in riferimento ai numeri 4 e 5 dell’art. 360 c.p.c., vizio motivazionale
in relazione al rigetto della domanda risarcitoria ex art. 2049 c.c. spiegata in via riconvenzionale dagli COGNOME.
E, però, quanto alla denuncia formulata ai sensi del n. 5, è agevole osservare che si versa in ipotesi di « doppia conforme », nel qual caso il ricorrente in cassazione, per evitare la dichiarazione di inammissibilità del motivo, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 10 marzo 2014, n. 5528; Cass. 27 settembre 2016, n. 19001; Cass. 22 dicembre 2016, n. 26774; Cass. 6 agosto 2019, n. 20994; Cass. 15 marzo 2022, n. 8320; Cass. 9 agosto 2022, n. 24508; Cass. 28 febbraio 2023, n. 5947): adempimento, questo, del tutto omesso nel caso di specie.
Quanto al n. 4 dello stesso art. 360 c.p.c. è altrettanto noto che la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, è stata interpretata da questa Corte, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al « minimo costituzionale » del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella « mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico », nella « motivazione apparente », nel « contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili » e nella « motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile », esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di « sufficienza » della motivazione (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).
Nel caso in esame, allora, è sufficiente osservare che il motivo non prova neppure a spiegare quale delle quattro ipotesi considerate ricorrerebbe nella specie, e si risolve, al contrario, per l’appunto nella paradigmaticamente inammissibile deduzione di scarsa persuasività della motivazione addotta dalla corte d’appello, per non aver considerato che l’accredito della somma oggetto della domanda restitutoria della banca era stato determinato da un errore del cassiere, che aveva accreditato sul conto del dante causa degli odierni ricorrenti una somma che era invece destinata ad affluire su altro conto di una terza persona: circostanza – merita conclusivamente aggiungere – che, peraltro, i giudici di merito hanno valutato, traendone appunto la conseguenza che gli COGNOME dovessero restituire quanto indebitamente percepito.
6. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
PER QUESTI MOTIVI
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 2.700,00, di cui € 200,00 per esborsi ed il resto per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater , che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis .
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2025.
Il presidente NOME COGNOME