Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21423 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21423 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
Oggetto: leasing
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26685/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , COGNOME NOME NOME COGNOME NOMENOME tutti rappresentati e difesi da ll’ AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Cardito (NA), INDIRIZZO
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata dalla RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 1692/2020, depositata il 7 luglio 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
la RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, depositata il 7 luglio 2020, di reiezione del loro appello per la riforma della sentenza del locale Tribunale che aveva respinto le domande di accertamento della nullità del contratto di leasing concluso dalla società con la RAGIONE_SOCIALE (ora, RAGIONE_SOCIALE) per «riduttiva» valutazione del valore dell’immobile oggetto del contratto, per la sua natura usuraria e per la vessatorietà della clausola avente a oggetto il diritto di recesso del conduttore nel contratto di locazione successivamente stipulato con la RAGIONE_SOCIALE, di condanna della concedente al risarcimento dei danni e di declaratoria di inefficacia della fideiussioni rilasciate da NOME COGNOME e NOME COGNOME e, in accoglimento della domanda riconvenzionale della concedente, aveva condannato gli odierni ricorrenti al pagamento della somma di euro 116.885,22, per canoni scaduti e non pagati, oltre interessi di mora;
la Corte di appello ha disatteso il gravame evidenziando, in particolare, che non sussisteva la dedotta nullità contrattuale, prospettata sul fondamento sia del l’usurarietà del tasso di interesse applicato, sia del ricorso al criterio dell’ammortamento alla francese , sia dell’usurarietà del tasso moratorio, che non vi erano i presupposti della allegata violazione del divieto di patto commissorio e che il recesso dal contratto di locazione operato dalla RAGIONE_SOCIALE non costituiva una condotta violativa dell’obbligo di buona fede;
il ricorso è affidato a quattro motivi;
resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE;
-quest’ultima deposita memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
il primo motivo è così indicato nella relativa rubrica: «Intervenuta
restituzione del bene. Cessata materia del contendere. Diritto di parte ricorrente a non pagare alcunché. Rigetto della domanda riconvenzionale, Violazione e falsa applicazione della relativa clausola contrattuale (artt. 6 e 7) di pagamento dei canoni alla luce dell’art. 360 numero 3) comma 1 c.p.c. Vigenza della nuova legge sul leasing»;
con tale censura si evidenzia che, essendo intervenuto nelle more il rilascio dell’immobile oggetto del contratto di leasing , occorrerebbe attendere l’esito della sua vendita o della sua allocazione sul mercato prima di procedere alla determinazione del credito vantato dalla concedente , non potendosi riconoscere a quest’ultima, alla luce della sopravvenuta normativa in tema di leasing, sia il diritto alla restituzione dell’immobile, sia il diritto al pagamento dei canoni scaduti e non pagati;
la rubrica del secondo motivo recita: «Fideiussioni nulle alla luce dei provvedimenti della Banca di Italia del 1994 e del 2005 che reputano le intese RAGIONE_SOCIALE lesive dell’art. 2 comma 3 lettera a) della legge 287/1990. Sua violazione e falsa applicazione a mente dell’art. 360 comma 1 n. 3»;
la rubrica del terzo motivo è così formulata: «La nullità totale, di protezione, del contratto fideiussorio», quale conseguenza della violazione della disciplina antitrust;
-la rubrica dell’ultimo motivo è così indicata: «La nullità parziale del contratto fideiussorio», quale conseguenza alternativa alla nullità totale della violazione della predetta disciplina;
-i motivi sono esaminabili congiuntamente e sono, anche indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla ritualità della prospettazione delle censure, in relazione all’assenza di una esplicita indicazione dei paradigmi normativi da prendere in esame, inammissibili;
infatti, le doglianze investono, apparentemente, con il primo motivo la questione del cumulo del diritto alla restituzione dell’immobile
concesso in leasing a seguito della risoluzione anticipata del contratto e del diritto alla corresponsione delle rate scadute sino a quel momento e della relativa liceità della relativa penale contrattuale e, con i motivi residui, la validità delle fideiussioni contestata sotto il profilo della loro contrarietà alla disciplina antitrust per essere frutto di intese restrittive vietate che non risultano essere state trattate dal giudice di appello; – in una siffatta evenienza è onere della parte ricorrente allegare la loro avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, onde consentire a questa Corte di poter verificare l’ammissibilità dell e censure, sotto il profilo dell’assenza di novità, oltre che la sua fondatezza, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni nuove (cfr. Cass. 9 agosto 2018, n. 20694; Cass. 13 giugno 2018, n. 15430; Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675);
infatti, non sono prospettabili, per la prima volta, in sede di legittimità le questioni non appartenenti al tema del decidere dei precedenti gradi del giudizio di merito, né rilevabili di ufficio (cfr. Cass. 25 ottobre 2017, n. 25319; Cass. 9 luglio 2013, n. 17041; Cass. 30 marzo 2007, n. 7981), posto che il giudizio di cassazione ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo ed alle questioni di diritto proposte (così, anche, Cass. 26 marzo 2012, n. 4787);
-può aggiungersi che i motivi di ricorso non sono neanche autosufficienti, non avendo i ricorrenti, proprio in ragione del resto della novità delle questioni, indicato dove e quando esse siano state prospettate nel corso dei pregressi gradi di giudizio, laddove al contrario sarebbe stato loro onere precipuo indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbiano fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tali asserzioni prima di esaminare il merito della suddette questioni (cfr. Cass. 18
ottobre 2013, n. 23675);
pertanto, per le indicate considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano, in complessivi euro 7.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale del 31 maggio 2024.