Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 268 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 268 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 13279 anno 2023 proposto da:
COGNOME , elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE);
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
contro
ricorrente avverso la SENTENZA n. 322/2023 emessa dakka CORTE D’APPELLO BOLOGNA.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 dicembre 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. ─ Con atto di citazione notificato a CNP Unicredit Vita s.p.a. il 31 maggio 2019 NOME COGNOME ha proposto appello avverso la sentenza del 28 novembre 2018 resa dal Trib u nale di Parma. Questo, dopo aver accertato la nullità del contratto di assicurazione sulla vita unit linked (polizza RAGIONE_SOCIALE n. 2013502) per assenza di forma scritta del relativo contratto quadro, ha rigettato le domande di condanna proposte da entrambe le parti.
COGNOME ha allegato in giudizio di aver corrisposto a controparte la complessiva somma di euro 401.345,98 e di aver riscosso nel corso del rapporto l’importo di euro 240.000,00; ha assunto che al momento del riscatto finale avrebbe, quindi, dovuto ricevere euro 161.508,12, mentre aveva ottenuto in pagamento la minor somma di euro 113.052,09.
─ La Corte di Bologna, ha rideterminato il rapporto di dare e avere tra le parti stabilendo che a CNP Unicredit Vita spettasse la somma di euro 3.928,28; onde ha condannato Malacarne al pagamento di tale importo, maggiorato di interessi.
3 . ─ NOME COGNOME ha proposto un ricorso per cassazione fondato su tre motivi; resiste con controricorso CNP Unicredit Vita.
E’ stata formulata , da parte del Consigliere delegato allo spoglio, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380bis c.p.c.. A fronte di essa, il difensore del ricorrente ha domandato la decisione della causa. Sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
─ La proposta ha il tenore che segue:
« l primo motivo, che deduce violazione dell’art. 2697 c.c., per avere la corte territoriale fatto mal governo delle risultanze di causa, è inammissibile, posto che la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi del l’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia
attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata, e non, invece, laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti ( e multis , Cass. 20.4.2020, n. 7919; Cass. 19.8.2020, n. 17313; Cass. 24.1.2020, n. 1634; Cass. 23.10.2018, n. 26769; Cass. 29 maggio 2018, n. 13395; Cass. 7.11.2017, n. 26366; Cass. 17 giugno 2013, n. 15107);
«il secondo motivo, che lamenta omesso esame di fatto decisivo, è inammissibile, non essendo stato questo nemmeno individuato;
«il terzo motivo, che deduce violazione degli art. 1418 e 1424 c.c., per avere la corte territoriale ritenuto restituito l’intero capitale investito, mentre residuava un credito restitutorio di controparte, è inammissibile, in quanto nemmeno illustra un motivo coerente con le norma invocate e pretesamente violate, mentre esso è tutto rivolto a contestare ancora la ricostruzione di fatto operata dalla corte territoriale, inammissibile in sede di legittimità
Il Collegio reputa condivisibili tali argomentazioni.
Nel complesso, il ricorrente mira a una revisione dell’accertamento di fatto che ha investito la quantificazione delle movimentazioni intercorse: ciò che in questa sede non è ammesso.
Quanto al primo motivo, è sufficiente osservare che la causa non è stata decisa sulla scorta dell’attribuzione dell’onere della prova a una parte diversa da quella su cui tale onere gravava, ma sulla base di un nuovo accertamento contabile.
In ordine al secondo mezzo, è improprio ritenere che il supposto errore in cui sarebbe incorsa la Corte di appello nel corso di detto accertamento assurga a fatto decisivo per il giudizio (pag. 19 del ricorso): l’omissione di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. deve infatti riguardare un fatto storico, principale o secondario (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054), nella cui nozione non è certamente ricompr eso l’errore in quanto tale.
Appare infine inammissibile – e siano al terzo m otivo -la deduzione del vizio di cui all’art. 360, n. 3, c.p.c. con riguardo agli artt. 1418 e 1424 c.c.. Il ricorrente non coglie infatti la ratio decidendi dell’impugnata pronuncia : la condanna pronunciata trova il suo evidente fondamento in un obbligo restitutorio dipendente dall’accertata nullità del negozio finanziario; la Corte di merito è infatti pervenuta alla conclusione che CNP Unicredit Vita ha corrisposto al ricorrente un importo eccedente l’investimento iniziale.
Trovano applicazione le statuizioni di cui all’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c. , giusta l’art. 380 -bis , comma 3, c.p.c.. I relativi importi possono fissarsi, rispettivamente, nella stessa somma liquidata a titolo di spese giudiziali e in euro 2.500,00.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento della somma di euro 4.000,00 in favore della parte controricorrente, e di una ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione