Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16699 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16699 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 5553-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dall ‘ avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore p.t., rappresentato e difeso da ll’avvocato AVV_NOTAIO per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonché
PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI CROTONE;
– intimata – avverso la SENTENZA N. 84/2023 della CORTE D ‘ APPELLO DI CATANZARO, depositata il 25/1/2023;
udita la relazione della causa svolta nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 12/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1.1. La Corte d ‘ appello di Catanzaro, con sentenza del 25/1/2023, ha respinto il reclamo proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza dichiarativa del suo fallimento, pronunciata dal Tribunale di Crotone, su richiesta del pubblico ministero, dopo aver dichiarato inammissibile la domanda di concordato preventivo depositata dalla società.
1.2. La corte del merito, premesso che il procedimento era soggetto alla disciplina concorsuale anteriore all’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (di seguito CCII) ed escluso che il tribunale avesse violato il diritto di difesa della reclamante, ha rilevato che il primo giudice ne aveva correttamente accertato lo stato di insolvenza secondo i principi fissati da questa Corte per le società non in liquidazione.
1.3. RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato il 22/2/2023 e illustrato da memoria, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza.
1.4. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
1.5. Il PM non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 161 , commi 7° e 8°, e dell’art. 182bis , comma 1°, l.fall., per avere la corte d’appello ritenuto privo di valenza giuridica il richiamo al CCII . Deduce che il Codice in questione, adottato con il d.lgs. n. 14/2019, modificato dal d.lgs. 17 giugno 2022, n. 83 e in vigore dal 15/7/ 2022, è stato varato con l’obiettivo dichiarato di stimolare le imprese ad affrontare la crisi prima che questa raggiunga stadi patologici estremi, nella prospettiva di privilegiare soluzioni che garantiscano la continuità aziendale rispetto a quelle
liquidatorie, nello stesso modo in cui il decreto legislativo di modifica del predetto codice, in attuazione della direttiva europea insolvency, ha voluto favorire la sopravvivenza delle aziende in crisi con la prosecuzione dell’attività d’impresa e la salvaguardia dei livelli occupazionali e lamenta che, con la sua decisione, il giudice del reclamo abbia disatteso l’intento del legislatore.
2.2. Il motivo è inammissibile perché non si confronta in alcun modo con la sentenza impugnat a: la corte d’appello, con statuizione rimasta incensurata, si è infatti limitata ad affermare che le disposizioni del CCII, che ha sostituito la legge fallimentare adottata con il r.d. n. 267/1942 solo a decorrere dal 15/7/2022, non potevano essere invocate in una procedura che, come quella in esame, era stata introdotta prima della predetta data e che pertanto, ai sensi del l’art. 390 del codice citato, era soggetta alla disciplina concorsuale anteriore.
2.3. Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 162, comma 2°, l.fall., lamenta che la corte d’appello abbia escluso che nel corso del procedimento di primo grado fosse stato violato il suo diritto di difesa. Osserva al riguardo che, secondo la norma richiamata, il tribunale, prima di dichiarare l’inammissibilità della proposta di concordato, deve necessariamente fissare un ‘udienza camerale al fine di procedere all’audizione del debitore .
2.4. Anche questo motivo è inammissibile perché non investe la ratio decidendi che sorregge il capo della decisione impugnato: la corte d’appello ha infatti respinto il corrispondente motivo di reclamo rilevando, con accertamento non censurato, che il legale rappresentante dell’odierna ricorrente era presente all’udienza camerale fissata dal tribunale, a norma dell’art. 162, comma 2°, l.fall., per la decisione sulla proposta di concordato
e che lo stesso era stato, pertanto, ‘ posto nelle condizioni di predisporre i mezzi di difesa più adeguati sia in ordine alla ammissibilità della proposta, che per contrastare la richiesta di fallimento’ .
2.5. D’altra parte, l ‘ art. 162, comma 1°, l.fall. attribuisce al tribunale il potere discrezionale di concedere al debitore che ha chiesto di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo un termine al fine dell’integrazione del piano e della produzione di nuovi documenti, sicché l’ omesso esercizio di tale potere non necessita di motivazione, né è censurabile in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 3586 del 2011; Cass. n. 11882 del 2020).
2.6. Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 5 l.fall., lamenta che corte d ‘a ppello, pur avendo affermato la correttezza delle argomentazioni da essa svolte in ordine ai diversi criteri in base ai quali va valutato lo stato di insolvenza di una società, a seconda che si trovi o meno in liquidazione, abbia poi contraddittoriamente ritenuto c orretto l’accertamento compiuto sul punto dal tribunale ‘ conformemente ai principi enunciati dalla giurisprudenza in materia di fallimento di una società non in liquidazione ‘ .
2.7. Il motivo è inammissibile perché, muovendo dal presupposto (dato erroneamente per scontato) che alla data della dichiarazione di fallimento RAGIONE_SOCIALE fosse in liquidazione, risulta ancora una volta privo di attinenza al capo della decisione impugnato. L a corte d’appello, infatti, con statuizione rimasta incensurata, ha rilevato che l ‘ allora reclamante aveva sì lamentato che il tribunale, nel valutare la sussistenza del suo stato di insolvenza , si fosse posto in contrasto con gli insegnamenti di questa Corte in punto di
identificazione dei criteri che presiedono a tale valutazione nel caso in cui la società sia in liquidazione , ma non aveva in alcun modo contrastato l’accertamento col quale il primo giudice aveva ‘ implicitamente ma inequivocabilmente ‘ escluso che essa si trovasse in stato di liquidazione: si trattava, dunque, di un accertamento coperto da giudicato interno, rispetto al quale il giudice del reclamo non poteva che limitarsi a verificare se la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 5, 2° comma, l. fall. fosse stata dichiarata, per l’appunto, in conformità dei principi enunciati dalla giurisprudenza per le società non in liquidazione.
Il ricorso, per l’inammissibilità di tutti i suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: e come tale dev’essere dichiarato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese di lite, che liquida in €. 10.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima