Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11202 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11202 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24993/2018 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, già liquidatore di RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale: EMAIL
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE e dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale: EMAIL, EMAIL
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 2108/2018 depositata il 23/07/2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Venezia ha rigettato il reclamo ex art. 18 l.fall. proposto da COGNOME NOME e da RAGIONE_SOCIALEnella qualità, il primo, di ex liquidatore, e il secondo di socio unico di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, cancellata dal registro delle imprese in data 14.4.2017 -contro la dichiarazione di fallimento di quest’ultima società da parte del Tribunale di Treviso, con sentenza del 13.4.2018, su ricorso presentato dall’Agenzia delle entrate i l 5.3.2018, all’esito dell’udienza prefallimentare del 5.4.2018 cui aveva partecipato la stessa UCS Friuli, la quale in data 5.1.208 aveva presentato dichiarazione di adesione alla definizione agevolata (cd. rottamazione delle cartelle) e in data 29.3.2018 aveva proposto domanda di concordato preventivo ‘con riserva’, ex art. 161 , comma 6, l.fall. però dinanzi al Tribunale di Udine – ritenuto competente in ragione della propria sede effettiva – che però l’aveva dichiarata inammissibile inaudita altera parte con decreto del 5.4.2018, acquisito d’ufficio dal Tribunale di Treviso prima di pronunciare la declaratoria di fallimento.
-Avverso detta decisione il solo NOME COGNOME nella qualità di ex liquidatore di UCS Friuli, ha proposto ricorso per cassazione in quattro mezzi, cui Agenzia delle entrate-Riscossione ha resistito con controricorso, mentre il Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Con il primo motivo si deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5 c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 15, comma 3 l.fall., 107, comma 1 d.P.R. 1229/1959 e 145 c.p.c., nonché «travisamento di prova decisiva con conseguente nullità della sentenza per nullità/inesistenza della notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza prefallimentare, e per violazione del diritto di difesa », poiché l’affermazione della corte d’appello per cui la notifica non poteva dirsi viziata, in quanto ricevuta da un soggetto che, pur essendo dipendente di UCS Veneto, si era qualificato come ‘domiciliatario’ e ‘addetto al ritiro che ne cura la consegna’, sarebbe « illogica e contraria a quanto
evincibile dalla relata di notifica prodotta dall’Agenzia delle Entrate Riscossione », ove si leggerebbe « con chiarezza che la ricevente risulta dipendente ed addetta al ritiro per conto di società diversa da quella destinataria dell’atto mentre non si evince affatto l’esistenza di un incarico di domiciliazione a favore della società RAGIONE_SOCIALE », incarico che risulterebbe in insanabile contrasto con un documento che indica « quale domiciliatario di RAGIONE_SOCIALE -fin quando in vita -la società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
2.2. -Il secondo mezzo denuncia «violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 comma 1, n. 2,3,4 e 5) in relazione agli artt. 9 L.Fall., oltre che omessa considerazione di documenti decisivi ed illogicità manifesta in ordine alla competenza territoriale del Tribunale di Treviso », sull’assunto che la debitrice avrebbe « dimostrato in modo inequivocabile come la propria sede direttiva e amministrativa fosse sempre stata collocata » in Udine e che la corte territoriale avrebbe travisato i documenti prodotti, valorizzando in modo illogico circostanze inconferenti.
2.3. -Il terzo motivo denunzia «violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 comma 1, n. 2,3,4 e 5) in relazione all’ art. 10, comma 1 LF, all’art. 162, 2° comma L.F., ed all’obbligo di audizione del debitore nonché travisamento dei fatti e prove oltre che dei principi enucleati dalla Suprema Corte », per avere i giudici del reclamo affermato che l’errore procedurale commesso dal Tribunale di Udine -nel dichiarare inammissibile la domanda di concordato preventivo di UCS Friuli senza disporne l’audizione in camera di consiglio -non ha «procurato alcuna lesione del diritto di difesa», trattandosi di domanda radicalmente improponibile da parte de ll’imprenditore cancellato dal registro delle imprese (Cass. 21286/2015); sostiene il ricorrente che, al contrario, la violazione del diritto di difesa vi sarebbe stata, non essendo univoco l’orientamento giurisprudenziale sul punto, e, soprattutto, l’accoglimento dell’eccezione di nullità avrebbe comportato che «nel giudizio di rinvio» la società «non avrebbe potuto essere dichiarata fallita per esser trascorso l’anno dalla cancellazione dal registro delle imprese», ai sensi dell’art. 10, co mma 1, l.fall.
2.4. -Il quarto mezzo lamenta « violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 comma 3 e 5) in relazione agli art.6 L.Fall ed art. 6 del DL 193/16 convertito con L. n.225 dell’1/ 12/2016 ed art. 1184 c.c. in ordine alla legittimazione attiva a promuovere l’istanza di fallimento in capo all’Agenzia delle Entrate ed erroneità della sentenza per avere omesso ogni considerazione in ordine alla fondatezza e/o ammissibilità dell’istanza per la dichiarazione di fallimento presentata dall’Agenzia delle Entrate dopo aver accolto la ‘ rottamazione delle cartelle ‘ », per non avere i giudici del reclamo considerato che, essendo stata avviata la procedura di ‘rottamazione’, al credito di Agenzia delle entrate non corrispondeva più un debito scaduto.
-Tutti i motivi sono inammissibili per plurime ragioni.
3.1. -In primo luogo, essi espongono in modo generico, indistinto e confuso plurimi vizi eterogenei, mediante una tecnica espositiva che riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure ( ex plurimis , Cass. 3397/2024, 7340/2023, 5291/2023, 4651/2023, 1305/2023, 26874/2018), con violazione del principio di tassatività e specificità dei mezzi di ricorso per cassazione (Cass. Sez. U, 32415/2021, 10313/2006; Cass. 7345/2023, 17470/2018, 195/2016).
3.2. -Inoltre, il ricorso ripropone le questioni già sollevate in sede di reclamo e correttamente decise dalla corte d’appello, con ampia e condivisibile motivazione, tanto da tradire l’intento di ottenere, attraverso censure generiche, una nuova e diversa valutazione del materiale istruttorio già congruamente scrutinato dai giudici di entrambi i gradi di merito, come non è consentito in sede di legittimità (Cass. Sez. U, 34476/2019; Cass. 7119/2020, 32026/2021, 40495/2021, 1822/2022, 2195/2022, 3156/2022, 6866/2022).
3.3. -Va poi rimarcato che quando si deduca, come nel caso di specie, che il giudice abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura, un tempo ammissibile ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., lo è ora solo in presenza dei gravissimi vizi di motivazione individuati da Cass. Sez. U, 8053/2014 (Cass. Sez. U, 20867/2020, 34474/2019; Cass.
14703/2024, 2001/2023, 34459/2022, 20553/2021), che sicuramente non sussistono nella decisione impugnata, della quale si lamenta ripetutamente la ‘illogicità’, quando invece, ai fini della verifica del rispetto del cd. ‘minimo costituzionale’ sindacabile in questa sede (Cass. 33961/2022, 4784/2023), non viene più in rilievo l’insufficienza, illogicità o contraddittorietà della motivazione (Cass. 27501/2022, 395/2021, 26893/2020), essendo sufficiente, per il rispetto dell’art. 132, n. 4, c.p.c., che il giudice indichi in modo chiaro, come è stato fatto, le ragioni del suo convincimento (Cass. 956/2023, 29860/2022, 3126/2021, 25509/2014).
-Ai rilievi comuni si aggiungono i seguenti sui singoli motivi.
4.1. -Nel primo non è stato rispettato il principio di autosufficienza ex art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., che impone, anche per gli errores in procedendo , la trascrizione essenziale degli atti e documenti di riferimento (da ultimo, Cass. 21346/2024). Difatti, il ricorrente contrappone la propria interpretazione della relata di notifica a quella data dalla corte territoriale, senza però trascrivere né il contenuto della relata, né dell’altro documento da cui si evincerebbe che domiciliatario di UCS Friuli era un altro soggetto (peraltro senza allegarne l’esclusività ).
4.2. -Il secondo motivo trascura il solido e costante indirizzo nomofilattico per cui: i) la presunzione “iuris tantum” di coincidenza tra sede legale dell’impresa e sede principale dell’impresa ossia il luogo in cui si svolge l’attività di direzione, organizzazione e coordinamento dei fattori produttivi (Cass. 19343/2016), ovvero l’attività liquidatoria ove la società debitrice sia stata posta in liquidazione (Cass. 18535/2004) -può essere superata solo a fronte di prove univoche, idonee a dimostrare che il centro direzionale dell’attività dell’impresa è altrove, e che la sede legale ha carattere solo formale o fittizio (Cass. 34482/2022, 16116/2019, 19343/2016, 6886/2012); ii) l’accertamento, ad opera del giudice di merito, di indici probatori idonei a vincere o meno detta presunzione integra una valutazione in fatto non sindacabile in sede di legittimità (Cass. 7470/2017, 27686/2018); iii) la valutazione del materiale probatorio è attività riservata in via esclusiva al giudice di merito, il quale la esercita secondo il suo
prudente apprezzamento, anche selezionando, tra tutte le risultanze istruttorie, quelle ritenute più attendibili e idonee a sorreggere la motivazione, senza che debba esprimersi analiticamente su ciascuna di esse, n é confutare singolarmente le diverse argomentazioni delle parti (Cass. 42/2009, 11511/2014, 16467/2017); iv) se si ammettesse un sindacato sulle quaestiones facti , si consentirebbe un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice di merito (Cass. Sez. U, 28220/2018; Cass. 10927/2024, 2001/2023, 28643/2020, 33858/2019, 32064/2018, 8758/2017).
4.3. -In ordine al terzo motivo vanno svolti due rilievi.
In diritto, occorre sottolineare che l’orientamento evocato dalla corte d’appello si è ulteriormente consolidato nel senso che «il combinato disposto degli artt. 2495 c.c. e 10 l.fall. impedisce all’imprenditore individuale volontariamente cancellatosi dal registro delle imprese, di cui, entro l’anno dalla cancellazione, sia domandato il fallimento, di richiedere l’ammissione al concordato preventivo, trattandosi di procedura che, diversamente dal fallimento, caratterizzato da finalità solo liquidatorie, tende piuttosto alla risoluzione della crisi di impresa, sicché l’intervenuta e consapevole scelta di cessare l’attività imprenditoriale, necessario presupposto della cancellazione, preclude “ipso facto” l’utilizzo della procedura concordataria per insussistenza del bene al cui risanamento essa dovrebbe mirare» (Cass. 4329/2020, 12045/2020).
In fatto, è pacifico che il debitore ha partecipato all’udienza prefallimentare, ove ha prodotto la documentazione allegata alla domanda di concordato preventivo, sicché il diritto di difesa di cui si lamenta la violazione si sarebbe potuto esplicare in quella sede, posto che a norma dell’art. 162 , comma 2 l.fall. il decreto di inammissibilità della domanda di concordato preventivo non è soggetto a reclamo e i suoi vizi possono essere fatti valere in relazione alla eventuale, conseguente, domanda di fallimento (cfr. Cass. 1893/2018, 27301/2018, 11354/2020; Cass. Sez. U, 27073/2016).
4.4. -Sul quarto motivo è sufficiente aggiungere che nulla il ricorrente dice sull’affermazione della corte d’appello per cui il debito verso Agenzia delle Entrate doveva ritenersi scaduto, per avere quest’ultima allegato, sia in sede prefallimentare che in sede di reclamo, «la decadenza di RAGIONE_SOCIALE dal beneficio (della rottamazione) per inadempimento».
-Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese, come da dispositivo.
– Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12/03/2025.