Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13410 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13410 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 20/05/2025
Oggetto: Revocatoria ordinaria – Fondo patrimoniale.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23019/2022 R.G. proposto da
NOME COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi d all’ Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso, ex lege domiciliati come da domicilio digitale indicato;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALEgià Banca di Pistoia credito RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avv.ti. NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO e
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r.g.n. 23019/2022
Pres. NOME COGNOME
Est. I. COGNOME
come da domicilio digitale indicato;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, e per essa dalla mandataria RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO e come da domicilio digitale indicato;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE e per essa quale mandataria RAGIONE_SOCIALE (cessionaria della cedente Banca Alta Toscana Credito Cooperativo società RAGIONE_SOCIALE, già Banca di Credito Cooperativo di Vignole e della Montagna Pistoiese RAGIONE_SOCIALE e già Banca di Credito Cooperativo di Vignole RAGIONE_SOCIALE) , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa agli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO e come domicilio digitale;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze n. 359/2022 pubblicata in data 23 febbraio 2022;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 marzo 2025 dalla Consigliera dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
Il Tribunale di Prato, con la sentenza n. 644/2017, accoglieva le domande proposte dai tre seguenti istituti di credito: 1) Chianti Banca Credito Cooperativo società cooperativa (già Banca di Pistoia), 2) Banca Popolare dell’Emilia -Romagna società cooperativa, e 3) Banca di Credito Cooperativo di Vignole e della Montagna Pistoiese RAGIONE_SOCIALE, nei confronti di NOME COGNOME
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e di NOME COGNOME e dichiarava inefficace ex art. 2901 c.c. nei confronti dei predetti istituti bancari, l’atto di costituzione di fondo patrimoniale del 13 luglio 2010 a rogito del Notaio NOME COGNOME posto in essere da NOME COGNOME e NOME COGNOME ed avente ad oggetto il bene immobile, appartamento e pertinenze, sito in Vaiano (Pistoia), INDIRIZZO di proprietà di NOME COGNOME;
per ciò che ancora rileva, le banche deducevano con domande distinte, poi riunite e per titoli diversi (saldo debitore c/c presso Banca di Pistoia della società RAGIONE_SOCIALE, saldo debitore c/c presso Banca Popolare Emilia Romagna e saldo debitore c/c presso la banca intervenuta in giudizio BCC di Vignole) che NOME COGNOME, coniuge di NOME COGNOME e lo stesso NOME COGNOME (socio accomandatario della fallita società RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, di cui la stessa COGNOME era socio accomandante) avevano garantito con fideiussione la società debitrice principale.
Avverso la sentenza di prime cure, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto gravame che è stato respinto dalla Corte d’appello di Firenze con la sentenza qui impugnata, che ha confermato le statuizioni della sentenza di prime cure.
Avverso la sentenza della Corte d ‘a ppello, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione articolato in sette motivi. Hanno resistito con distinti atti di controricorso Chianti Banca Credito Cooperativo società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e per essa, quale mandataria, RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1. c.p.c.
Ragioni della decisione
Con il motivo , definito ‘preliminare’ , i ricorrenti contestano la ‘ Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. ‘; in particolare, lamentano come erronea ed ingiustificata la decisione della Corte di ritenere legittima la scelta dei legali della BPER di astenersi dal deposito
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Est. I. Ambrosi degli atti processuali e, di più, di verificare eventuali differimenti d’udienza, tanto da non ritenere tardiva la costituzione della stessa appellata; assumono quindi che la BPER sia incorsa in una tardiva costituzione unicamente per causa a sé imputabile.
Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano la ‘ Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. per aver violato o falsamente applicato l’art. 342 c.p.c. ‘ ritenendo, da un lato, che NOME COGNOME fosse legittimato a stare in giudizio (atteso che la costituzione del fondo patrimoniale -attenendo a materia strettamente personale e perseguendo interessi familiari- non potesse essere travolta dall’intervenuta dichiarazione di fallimento della persona ) e, dall’altro, che il Curatore fallimentare ben avrebbe potuto agire con analoga azione revocatoria; contestavano altresì la ritenuta erronea legittimazione attiva delle Banche per inesistenza del titolo attestante il loro credito ed, in particolare, con riferimento alla Banca Popolare Emilia Romagna l’inesistenza del titolo sarebbe s tato certificato dalla sentenza della Corte d’ appello di Bologna che aveva revocato il decreto ingiuntivo emesso per dichiarata incompetenza territoriale del Tribunale di Modena.
Con il secondo motivo di ricorso, denunciano la ‘ Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c .’ ; nello specifico, lamentano che la Corte territoriale abbia ritenuto rituale l’intervento di Banca di Credito Cooperativo di Vignole e sussistenti i requisiti richiesti dalla norma ex art. 2901 c.c. per poter esperire l’azione pauliana .
Con il terzo e il quarto motivi di ricorso, denunciano la ‘ Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. ‘ con riferimento al tema della mancata sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. ed alla qualifica di creditori comunque riconosciuta alle Banche e per aver ritenuto il motivo d’appello del tutto privo di specificità ; denunciano che la Corte d’appello abbia ritenuto la mera sussistenza del contratto di fideiussione, stipulato dai ricorrenti con le tre banche, come sufficiente al riconoscimento in capo alle banche stesse della qualifica di creditori nei loro confronti.
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Con il quinto e il sesto motivi di ricorso, denunciano la ‘ Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. ‘ e censurano la sentenza della Corte d’ appello per aver ritenuto raggiunta la prova tanto in ordine alla sussistenza dell’ eventus damni , quanto a quella del consilium fraudis, tenuto conto che le controparti non avevano affatto dato prova che l’atto costitutivo di fondo patrimoniale fosse stato posto in essere con la consapevolezza da parte degli esponenti di ledere la garanzia patrimoniale dovuta alle Banche o, comunque, di rendere maggiormente difficoltoso il soddisfacimento della loro pretesa creditoria.
Con il settimo motivo di ricorso, denunciano la ‘Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. ‘ con riferimento al tema delle spese del giudizio e censurano la statuizione della Corte d’appello in relazione all’art. 91 c.p.c. ed al D.M. n. 55/2014.
Il motivo denominato dagli stessi ricorrenti come ‘preliminare’ è inammissibile.
Con esso, infatti, si è al cospetto di una censura, formulata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., che non opera alcun confronto tra le norme di diritto che si assumono violate – che non vengono neppure espressamente indicate – e le parti della sentenza impugnata che le avrebbero trasgredite. Questa Corte ha in particolare da tempo affermato che ‘l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., a pena d’inammissibilità della censura’, non solo ‘di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la vi olazione’, ma anche ‘di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare -con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa’ (Cass. Sez. U, 28/10/2020 n. 23745).
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Affinché, dunque, il requisito di specificità del motivo con cui venga denunciato il vizio di violazione di legge possa dirsi rispettato, occorre ‘la specifica indicazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla Suprema Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione’ (Cass. Sez. 3, 26 /07/2024 n. 20870).
Nel ricorso in esame, il ricorrente si limita a indicare il numero delle pagine della sentenza che intende criticare, senza dare conto del contenuto di esse e come si porrebbero in contrasto con le norme (e le tesi) da esso richiamate.
7.1. Il primo motivo è inammissibile.
Come già rilevato per il precedente mezzo, anche con quello in esame, si è al cospetto di una censura formulata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., priva degli elementi necessari per verificare la denunciata violazione. Nello specifico, i ricorrenti, pur indicando la pretesa violazione dell’art. 342 c.p.c., richiamano genericamente le pagine della sentenza, senza dar conto del loro contenuto e svolgendo considerazioni per un verso, estremamente succinte (una dozzina di righe tra pagg. 47 e 48 del ricorso) e per l’altro, di difficile lettura , citando, ad esempio, una sentenza della Corte di appello di Bologna che avrebbe revocato il decreto ingiuntivo e non specificando quale sarebbe la sentenza e quale il titolo esecutivo revocato, contravvenendo a ll’onere di ‘puntuale indicazione’ dei documenti richiamati (cfr. Cass. Sez. Un, 18/03/2022, n. 8950), onere la cui osservanza è sancita dall’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c., pur nell’interpretazione ‘non formalistica’ di tale norma che s’impone secondo il sopra citato arresto delle Sezioni Unite -alla luce della sentenza della Corte EDU COGNOME e altri c. Italia, del 28/10/2021.
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7.2. Il secondo, quinto e sesto motivi che, per evidenti ragioni di connessione possono essere esaminati insieme, sono tutti inammissibili (al pari di quelli che li precedono) atteso che essi, infatti, oltre a essere privi di specificità secondo quanto previsto dall’art. 366, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., non osservano neppure l’onere di ‘puntuale indicazione’ dei documenti richiamati (cfr. Cass. Sez. Un, 18/03/2022, n. 8950), onere la cui osservanza è sancita dall’art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ..
7.3. Parimenti inammissibili il terzo e il quarto motivi di ricorso.
Con la medesima carente tecnica espositiva con cui sono confezionati i precedenti mezzi, con quelli in esame i ricorrenti lamentano che la Corte territoriale abbia ritenuto il motivo d’appello privo di specificità, reiterando censure, ancora una volta, del tutto aspecifiche e generiche in ordine alla erroneità della pronuncia impugnata.
7.4. Inammissibile, infine, il settimo e ultimo motivo di ricorso in quanto con esso i ricorrenti lamentano la comminata condanna alle spese di lite nel giudizio di merito, motivo che alla luce della riconosciuta inammissibilità sostanziale del ricorso, si risolve in un ‘non motivo’ (tra tante, da ultimo, Cass. Sez. 2, 9/04/2024 n. 9450).
Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico dei ricorrenti in favore di ciascuna delle parti controricorrenti secondo il principio di soccombenza, così come liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis del citato art. 13, ove dovuto (Cass. Sez. U. 20/02/2020 n. 4315).
Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali in favore di ciascuna delle parti controricorrenti che si liquidano in
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Est. I. Ambrosi complessivi Euro 6400,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza