Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26191 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 26191 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 25909-2020 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 55/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO depositata il 02/03/2020 R.G.N. 644/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia del giudice di prime
R.G.N.
25909/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 03/07/2025
cc
cure, ha accolto le domande proposte da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e concernenti il rapporto di agenzia instaurato (con contratto di durata annuale, rinnovato automaticamente in assenza di disdetta) tra le parti dall’ottobre 2009 al 31.3.2017 per il pagamento dell’indennità suppletiva di clientela ( ex art. 10 Accordi economici collettiviAEC settore Industria, nella misura, inferiore, indicata dalla società) e delle differenze sul FIRR (pur sempre nella minor somma indicata dalla società); i giudici di merito hanno respinto le domande proposte per il pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso, di compensi aggiuntivi (per lo svolgimento di attività reputate ulteriori e diverse rispetto a quelle proprie e attinenti al contratto di agenzia), di importi stornati dalla preponente (dal totale dovuto all’agente) a titolo di provvigioni, dell’indennità meritocratica ( ex art. 1751 c.c.); hanno, altresì, respinto la domanda riconvenzionale della società per il pagamento di storni provvigionali.
2. La Corte territoriale ha, in particolare, sottolineato che il contratto stipulato tra le parti aveva previsto la corresponsione (in aggiunta alle provvigioni) di ulteriori compensi per lo svolgimento di attività diverse, con ciò già esaustivamente delineando le attività c.d. accessorie da compensare, né poteva ritenersi integrata l’art. 5 dell’AEC Industria che prevede l’erogazione di tali ulteriori compensi solamente a fronte di attività di coordinamento mancando la prova dello svolgimento di tale compito; in ordine alle differenze provvigionali, il patto di ritenere definitivamente approvati i compensi dell’agente allo scadere dei 60 giorni dal ricevimento degli estratti conto non poteva ritenersi eccessivamente limitativo del diritto dell’agente, doven do, altresì, considerare tardiva (dunque, inammissibile per allegazioni in fatto e argomentazioni in diritto sviluppati solamente in grado di appello) la deduzione di una contabilità inintellegibile nonché
sfornita di prova la rivendicazione di ulteriori provvigioni; la Corte territoriale ha, inoltre, rilevato che la domanda di pagamento dell’indennità meritocratica era sfornita di prova in ordine ai requisiti richiesti dall’art. 1751 c.c. (in specie, con riguardo al procacciamento di nuovi clienti o al sensibile incremento degli affari con quelli vecchi), apparendo insufficiente la mera circostanza che il punto vendita presso il quale operava l’agente fosse di nuova apertura; infine, con riguardo all’indenni tà sostitutiva del preavviso, pur dovendosi rilevare che il recesso -operato dalla società preponente in forza di clausola risolutiva espressa – era illegittimo (in assenza di prova, a carico della società, dell’imputazione ad inadempimento dell’agente de l mancato raggiungimento degli obiettivi), l’emolumento non spettava in considerazione della natura (a tempo determinato) del contratto stipulato tra le parti. La Corte di appello ha, poi, respinto la domanda proposta dalla società con riguardo al pagamento di storni provvigionali, a fronte di allegazioni eccessivamente generiche.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’agente con quattro motivi; la società ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale fondato su un motivo. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto e del contratto e degli AEC (ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) avendo, la Corte distrettuale, con riguardo ai compensi per attività accessorie, trascurato che l’agente svolgeva ulteriori attività rispetto a quelle indicate nella sentenza impugnata, per le quali le parti non avevano previsto alcun compenso. In
particolare, la Corte territoriale ha errato nella comprensione della richiesta del ricorrente e nell’interpretazione del contratto poiché dalle attività accessorie indicate nell’allegato E del contratto individuale mancano diverse attività di fatto pacifi camente svolte dall’agente.
Il motivo è inammissibile per plurimi motivi.
2.1. Il motivo è inammissibile per mancato rispetto delle prescrizioni imposte dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c., in quanto la parte ricorrente omette di trascrivere, almeno nelle parti essenziali, gli atti (contratto individuale stipulato tra le parti, con particolare riferimento agli Allegati, nonché ricorso introduttivo del giudizio) su cui la censura si fonda, trascurando, altresì di fornire indicazioni circa l’individuazione e il reperimento di detti atti nel fascicolo processuale. Come statuito da questa Corte, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., quale corollario del requisito di specificità dei motivi, da interpretare, anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021, in modo non eccessivamente formalistico, impone, comunque, che nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (così Cass., S.U. n. 8950 del 2022). Tale principio può ritenersi rispettato ‘ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo a identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati’ (Cass. n. 12481 del 2022), requisiti
del tutto omessi nel caso di specie. La trascrizione (quantomeno dei tratti salienti) del contratto individuale (e dei suoi Allegati) e del ricorso introduttivo del giudizio appariva del tutto necessaria a fronte della dedotta esclusione di determinate attività dal compendio per attività accessorie previsto e stipulato tra le parti.
2.2. Inoltre, la censura – formulata genericamente come ‘violazione o falsa applicazione di norme di diritto e del contratto e degli accordi economici collettivi’ e concernente un AEC diverso (settore Commercio) da quello contemplato dalla sentenza impugnata (settore Industria) -mira alla rivalutazione dei fatti e del compendio probatorio operata dal giudice di merito (con specifico riferimento alle attività accessorie effettivamente svolte dall’agente) non consentita in sede di legittimità.
Con il secondo motivo del ricorso principale il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) avendo, la Corte distrettuale, respinto la domanda concernente il differenziale provvigionale sulla base del presupposto che i documenti contabili inviati all’agente (e integranti il dies a quo per l’eventuale contestazione entro i successivi 60 giorni) erano comprensibili, presupposto, invece, non ricorrente, mancando specifiche indicazioni in ordine alle singole operazioni compiute con riferimento ai singoli affari conclusi; conseguentemente, tale invio non poteva determinare la formazione della decadenza (dalla contestazione) a carico dell’agente e tale eccezione non poteva ritenersi nuova bensì mera precisazione del motivo di illegittimità dello storno di provvigioni da parte della società.
Il motivo è inammissibile.
4.1. Il ricorrente insiste sulla mancata considerazione della illegittimità della clausola di decadenza inserita dalle parti nel
contratto di agenzia ma nulla deduce sulla carenza di allegazioni in fatto nel ricorso introduttivo del giudizio (con riguardo alla confusa ed inintellegibile esposizione dei dati contabili nei documenti periodicamente inviati all’agente dalla società preponente) richiamata a fondamento della pronuncia impugnata ed integrante una pregiudizievole (e tardiva) estensione del ” thema probandum “.
Con il terzo motivo del ricorso principale il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.) avendo, la Corte distrettuale, respinto la domanda concernente l’indennità sostitutiva del preavviso sulla base erronea della natura (a tempo determinato) del contratto stipulato tra le parti, nonostante lo stesso contratto prevedeva un recesso con preavviso e la società non avesse contestato (nella memoria costitutiva in giudizio) la sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato. 6. Il motivo non merita accoglimento.
6.1. In disparte i pur decisivi profili di difetto di specificità, mancando del tutto la trascrizione anche delle parti rilevanti sia del contratto stipulato tra le parti sia della memoria di costituzione (in primo grado) della società convenuta, la Corte territoriale ha applicato i principi già affermati da questa Corte, secondo cui ‘è legittima la clausola di tacita rinnovazione” di anno in anno salvo disdetta” del rapporto di agenzia, senza che dalla reiterata rinnovazione del contratto a termine possa trarsi la conseguenza di un unico contratto di agenzia a tempo indeterminato; nell’ipotesi di rinnovo automatico del contratto per mancato invio della disdetta e di successivo recesso ingiustificato “ante tempus” del preponente dal rapporto, l’agente ha diritto non all’indennità sostitutiva del preavviso, ma al risarcimento del danno derivante da detto recesso” (Cass. n. 9777/2013, citata dalla sentenza impugnata). Non sono state dedotte valide ragioni, nè in fatto nè in diritto, per
discostarsi dall’accertamento seguito dai giudici di merito circa la natura del contratto intercorso tra le parti e l’insussistenza del diritto dell’agente a percepire l’indennità di preavviso.
Con il quarto motivo del ricorso principale il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) avendo, la Corte distrettuale, respinto la domanda di accertamento dell’indennità ex art. 1751 c.c. per erronea interpretazione del dato testuale, normativo e giurisprudenziale: l’apporto di nuova clientela e l’incremento di fatturato erano intrinseci nel rapporto di agenzia, potendo, l’agente, operare solamente su clienti nuovi, con conseguente automatica integrazione del primo requisito richiesto dall’art. 1751 c.c.; in ordine al secondo requisito (consistente nella prosecuzione di vantaggi dai nuovi clienti procurati o dall’incremento di affari dei preesistenti, dopo la cessazione del rapporto di agenzia) la società preponente nulla ha mai contestato e, in ogni caso, l’onere della prova è stato assolto: deve, invero, ritenersi che la protrazione dei vantaggi sia in re ipsa trattandosi di contratti che proseguono anche dopo la cessazione del rapporto di agenzia, dovendosi procedere alla valutazione della sussistenza dei requisiti alla data di cessazione del rapporto (e non negli anni successivi) e dovendo valutare la potenzialità della clientela acquisita e lasciata al preponente.
Il motivo è inammissibile.
8.1. Anche questo motivo è inammissibile per mancato rispetto delle prescrizioni imposte dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c., in quanto la parte ricorrente -invocando l’applicazione del principio di mancata contestazione – omette di trascrivere, almeno nelle parti essenziali, la memoria di costituzione della società in primo grado, trascurando, altresì di fornire indicazioni circa l’individuazione e il reperimento di detto atto nel fascicolo processuale.
8.2. Inoltre, le argomentazioni concernenti il procacciamento di nuovi clienti (o il sensibile incremento degli affari con i clienti preesistenti) e i vantaggi procurati dai suddetti nuovi clienti sollecitano, ad onta dei richiami normativi in esso contenuti, una rivisitazione nel merito della vicenda e delle risultanze processuali affinché se ne fornisca un diverso apprezzamento. Si tratta di operazione non consentita in sede di legittimità, ancor più ove si consideri che in tal modo il ricorso finisce con il riprodurre (peraltro in maniera irrituale: cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014) sostanziali censure ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., a monte non consentite dall’art. 348-ter, commi 4 e 5, cod. proc. civ., essendosi in presenza di doppia pronuncia conforme di merito basata sulle medesime ragioni di fatto circa l’insussistente allegazione (oltre che prova) dei requisiti richiesti dall’art. 1751 c.c.
Con il primo motivo del ricorso incidentale, la società deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 163, n. 4, 414, n. 4, 416, n. 3 c.p.c. (ex art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, c.p.c.) avendo, la Corte distrettuale, respinto (per genericità) la domanda di condanna allo storno di provvigioni pagate nonostante la memoria di costituzione in primo grado contenesse l’illustrazione dei c.d. anticipi gare e degli acconti provvigionali percepiti dall’agente al momento dell’attivazione del servizio ma comm isurati all’intera durata del contratto con l’utente e che, alla luce di quanto previsto dll’ar.t 3.8 dell’allegato E al contratto (e successivo aggiornamento) dovevano essere restituiti in ipotesi di risoluzione del contratto di agenzia e nella misura indicata nella nota di credito e nei conteggi in dettaglio depositati in giudizio.
Il motivo è inammissibile.
10.1. Va precisato che nel caso di specie la Corte territoriale non ha ravvisato -ex art. 164, comma 4, c.c. – una ipotesi di nullità del ricorso (per impossibilità di individuazione della
pretesa dell’attore; cfr. Cass. n. 2732/2008 sulla nullità della domanda priva dell’esatta determinazione dell’oggetto o dell’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto), bensì ha ritenuto (meramente) insufficienti i fatti allegati e, dunque, carente la descrizione (in fatto e in diritto) del diritto allo storno di provvigioni.
10.2. Ebbene, anche volendo tenere in disparte il pur decisivo profilo di difetto di specificità, mancando del tutto (nel ricorso per cassazione) la trascrizione (quantomeno) delle parti rilevanti degli allegati 8, 11 e 20 richiamati nella memoria costitutiva del giudizio di primo grado al fine di dimostrare la completezza delle allegazioni, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto insufficienti i fatti costitutivi (posti a base del diritto allo storno di alcune provvigioni) dedotti dalla società in quanto la domanda riconvenzionale (della memoria di costituzione di primo grado) non specificava in alcun modo gli affari e/o i clienti in relazione ai quali la società azionava il diritto alla ripetizione dei compensi, lasciando, pertanto, del tutto generici i titoli in base al quale pretendeva la restituzione di somme già anticipate.
11. in conclusione, il ricorso principale va rigettato e il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile; considerata la reciproca soccombenza, le spese di lite del presente giudizio di legittimità sono interamente compensate tra le parti.
12. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; compensa integralmente tra le parti le spese di lite del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente pr incipale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’udienza del 3 luglio 2025.
Il Presidente dott. NOME COGNOME