Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 12382 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 12382 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16581/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso il domicilio digitale indicato dal difensore
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il domicilio digitale indicato dal difensore
-controricorrente-
nonchè contro BANCA RAGIONE_SOCIALE
-intimata-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 503/2022 depositata il 15/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
Intesa SanPaolo SpARAGIONE_SOCIALE allegando di essere creditrice di somme rilevanti nei confronti dei fratelli NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali fideiussori di due società di cui essi erano entrambi soci, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Ascoli Piceno, i due fratelli NOME e NOME COGNOME nonché i coniugi dei medesimi, NOME COGNOME e NOME COGNOME per sentir pronunciare la revocatoria, ex art. 2901 c.c., di due atti costitutivi di fondo patrimoniale con cui l’COGNOME e la moglie, d’un lato, e la COGNOME e il marito, dall’altro, avevano , contemporaneamente, costituito in data 27/1/2012, presso lo stesso notaio, due fondi patrimoniali, conferendo tutti i loro beni, così rendendoli impermeabili alle azioni dei creditori.
I convenuti si costituirono contestando le avverse domande, e dichiararono di avere in corso altri e plurimi contenziosi con la banca Intesa Sanpaolo aventi ad oggetto anatocismo ed usura e che pertanto non sussisteva la qualità di creditrice in capo alla ricorrente né sussistevano i presupposti per l’accoglimento della revocatoria.
Il Tribunale adito, con ordinanza ex art. 702 bis c.p.c., accolse la domanda dichiarando inefficaci i due atti nei confronti della banca creditrice. A seguito di appello dei soccombenti e di costituzione in giudizio della banca, l a Corte d’Appello di Ancona, con sentenza n. 503 del 15/4/2022, ha rigettato il gravame, ritenendo sussistenti tutti i presupposti dell’azione revocatoria, e dunque il credito della banca nei confronti delle due società e dei fideiussori, potendo a tal fine valere
una nozione lata di credito, l’ eventus damni ricorrente anche qualora l’atto dispositivo abbia determinato una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito e la scientia damni, ovvero la conoscenza del pregiudizio che l’atto dispositivo abbia arrecato al creditore.
Avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Resiste RAGIONE_SOCIALE società veicolo di cartolarizzazione, cessionaria dei crediti di Intesa Sanpaolo SpA, come rappresentata da RAGIONE_SOCIALE, con controricorso.
Considerato che:
con il primo motivo -violazione, omessa e falsa applicazione ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. dell’art. 2901 co. 1 c.c. (in relazione alla scientia fraudis e all ‘eventus damni )- i ricorrenti lamentano che la corte territoriale abbia omesso di considerare l’insussistenza di tutti i presupposti per la revocatoria, a cominciare dall’assenza di un valido rapporto di credito della banca, sussistendo piuttosto plurime ragioni di credito degli COGNOME nei confronti della banca, ancorché sub iudice ; in secondo luogo si dolgono che la corte abbia ritenuto sufficiente, ad integrare la scientia damni, la mera consapevolezza del pregiudizio nei confronti del creditore e non anche la piena conoscenza del medesimo. Inoltre la corte del merito non avrebbe considerato che la società RAGIONE_SOCIALE, debitrice principale di Intesa Sanpaolo, non aveva cessato la propria attività, ma, a seguito della perdita della pluralità dei soci, aveva continuato la stessa attività in forma di ditta individuale ed aveva la titolarità di beni atti a soddisfare la garanzia patrimoniale del credito.
Con il secondo motivo di ricorso – violazione, omessa e falsa applicazione ex art. 360 comma 1 n. 3 dell’art. 702 ter co. 3 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. i ricorrenti lamentano che la corte del merito abbia illegittimamente disatteso le richieste istruttorie con le quali i fideiussori intendevano dimostrare l’esistenza di altre garanzie.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili.
Va anzitutto osservato che essi risultano formulati in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c., non risultando debitamente riportati nel ricorso gli atti e i documenti posti a fondamento delle mosse censure.
In particolare, i ricorrenti si limitano ad apoditticamente fare riferimento alla sussistenza di crediti dei fideiussori nei confronti della banca, e dell’essere detti crediti oggetto di pretesi accertamenti giudiziali ma non ne riportano il contenuto né indicano gli atti processuali nei quali, detti distinti accertamenti giudiziali, né forniscono puntuali indicazioni ai fini della loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso questa Corte, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Cass., S.U., n. 34469 del 27/12/2019).
Va per altro verso posto in rilievo che, al di là della formale intestazione dei motivi, i ricorrenti richiedono in sostanza a questa Corte una inammissibile rivalutazione degli elementi processuali e probatori del giudizio di merito, altresì presupponenti accertamenti di fatto invero preclusi in sede di legittimità.
Non può infine sottacersi, con particolare riferimento al 2° motivo, che il provvedimento reso sulle richieste istruttorie è censurabile con ricorso per cassazione per violazione del diritto alla prova, ai sensi dell’art. 360, 1° comma n. 4, c.p.c. allorquando il giudice di merito rilevi preclusioni o decadenze insussistenti ovvero affermi l’inammissibilità del mezzo di prova per motivi che prescindano da una valutazione della sua rilevanza in rapporto al tema controverso ed al compendio delle altre prove richieste o già acquisite, nonché per vizio di motivazione in ordine all’attitudine dimostrativa di circostanze rilevanti ai fini della decisione, con la conseguenza che è inammissibile il ricorso ove come nella specie non risulti illustrata la decisività del mezzo di prova di cui si lamenta la mancata ammissione (Cass., 3, n. 30810 del 6/11/2023; Cass., 6-1 n. 16214 del 17/6/2019; Cass., 3, n. 18285 del 25/6/2021).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
Va altresì disposta la condanna dei ricorrenti al pagamento di somma ex art. 96, 3° co., c.p.c., ricorrendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento, in favore della parte controricorrente: delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 7.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge: della somma di euro 7.000,00, ex art. 96, 3° co., c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato pari a quello
versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile