Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 19479 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 19479 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25499/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME domiciliata ex lege all’indirizzo Pec in atti.
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende, domiciliata ex lege all’indirizzo Pec in atti.
-controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 1531/2022 depositata il 10/05/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/04/2025
dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 1531 del 10 maggio 2022 la Corte d’Appello di Milano rigettava l’appello principale di RAGIONE_SOCIALE e l’appello incidentale di BFF Bank s.p.a., già Banca Farmafactoring s.p.a., e confermava la sentenza con cui il Tribunale di Milano, previa revoca del decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca cessionaria nei confronti di RAGIONE_SOCIALE aveva condannato quest’ultima al pagamento di euro 185.907, 54 a titolo di interessi moratori, oltre ulteriori interessi ex art. 1283 cod. civ.
Avverso tale sentenza Ats Brescia propone ora ricorso per cassazione, affidato a sette motivi.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE anche proponendo ricorso incidentale, affidato ad un motivo.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione della normativa risalente alla legge n. 2248/1965 all. E ed al regio decreto n. 2440 del 1923.
Censura l’impugnata sentenza nella parte in cui non solo ha escluso qualsivoglia rilievo al fatto che RAGIONE_SOCIALE aveva negato il proprio consenso alla cessione del credito ma avrebbe anche trascurato di considerare che, come consentito dall’art. 1409 cod. civ., RAGIONE_SOCIALE ha opposto alla cessionaria le eccezioni derivanti
dai rapporti contrattuali riguardanti le forniture, in relazione alle quali la medesima cessionaria aveva emesso le fatture per interessi moratori.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Premesso che per consolidata giurisprudenza (Cass., 24/10/2023, n. 29420; Cass., 15/09/2021, n. 24758) il divieto di cessione dei crediti verso la P.A. senza l’adesione di quest’ultima, sancito dall’art. 70 del r.d. n. 2240 del 1923, non si applica ai crediti vantati nei confronti delle aziende sanitarie locali, quale è nel caso di specie Ats Brescia, da ritenersi enti estranei al novero delle amministrazioni statali, per cui la corte di merito ha pronunciato secondo diritto, la ricorrente pretende altresì di introdurre una questione -quella della facoltà di RAGIONE_SOCIALE Brescia di opporre eccezionidi cui l’impugnata sentenza non fa menzione alcuna e rispetto alla quale la ricorrente non dice se, dove e quando nel precedente contesto processuale sia stata sollevata, dunque incorrendo in manifesta violazione dell’art. 366, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.
Va ribadito, invero, il principio secondo cui, qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., sez. 6 – 5, n. 32804 del 13/12/2019; Cass., sez. 2, 24/01/2019, n. 2038; Cass., sez. 6-1, 13/06/2018, n. 15430).
Di recente, poi, questa Suprema Corte ha avuto modo di
precisare che ‘il requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., consiste in un’esposizione che deve garantire a questa Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia ma anche del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. U., 28 novembre 2018, n. 30754, che richiama Cass. n. 21396 del 2018); la valutazione in termini d’inammissibilità del ricorso non esprime, naturalmente, un formalismo fine a sé stesso, anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 e ribaditi da Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950, bensì il richiamo al rispetto di una precisa previsione legislativa volta ad assicurare uno “standard” di redazione degli atti che, declinando la qualificata prestazione professionale svolta dalla difesa e presupposta dall’ordinamento, si traduce nel sottoporre al giudice nel modo più chiaro la vicenda processuale permettendo, in quel perimetro, l’apprezzamento delle ragioni della parte (Cass., Sez. U., n. 30754 del 2018, cit.); si tratta, come evidente, di una ricaduta del principio di specificità del gravame, calato nel giudizio a critica vincolata qual è quello della presente sede di legittimità (v. Cass., n. 8117/2022).
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.
Lamenta che la corte di merito ha erroneamente applicato il ragionamento presuntivo.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Sotto la formale deduzione della violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. il ricorrente sostanzialmente invoca un riesame di asserite contestazioni scritte -che genericamente asserisce
sarebbero state prodotte in giudizio e di cui neppure riporta o trascrive il contenuto- sollecitando a questa Suprema Corte un sindacato estraneo al giudizio di legittimità (v. Cass., 13/02/2020, n. 3541: ‘In sede di legittimità è possibile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. solo allorché ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso’; cfr. anche Cass., 25/09/2023, n. 27266; Cass., 30/04/2024, n. 11690).
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 634, comma 2, cod. proc. civ. e 2214 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.
Lamenta che la corte di merito ha rigettato il secondo motivo dell’appello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE Brescia, che aveva eccepito di non aver ricevuto le fatture relative agli interessi moratori e che il decreto ingiuntivo era stato ottenuto dalla cessionaria solo in base alla copia della cessione del credito con estratto conto non autentico delle fatture e alla copia dei solleciti di pagamento.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Censura -oltretutto in maniera solo generica ed assertivaesclusivamente una parte della più ampia motivazione dell’impugnata sentenza (v. l’intero secondo paragrafo della p. 5 della sentenza), la quale dunque si consolida sui passaggi argomentativi non specificatamente censurati, secondo il consolidato principio di diritto per cui quando la sentenza di merito impugnata si fonda, come nel caso in esame, su più rationes decidendi autonome, nel senso che ognuna di esse è
sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che il soccombente le censuri tutte, dato che l’omessa impugnazione di una di essere rende definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, e le restanti censure non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass., 28/06/2023, n. 18403; Cass., 27/07/2017, n. 18641; Cass., 14/02/2012, n. 2108).
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. 231/2002 in relazione all’art. 360, n. 3.
Lamenta l’illogicità e contraddittorietà della statuizione con cui la corte di merito ha ritenuto il termine di decorrenza degli interessi moratori calcolati dall’appellante difforme da quello legale.
4.1. Il motivo è inammissibile.
Nonostante la formale invocazione del vizio di violazione di legge, nella illustrazione del motivo la ricorrente lamenta la illogicità e contraddittorietà dell’impugnata sentenza, tuttavia svolgendo tale censura in maniera non conforme ai principi posti dalle Sezioni Unite di questa Corte (v. le note sentenze Cass., Sez. Un., n. 8053 e 8054 del 2014 e successive conformi), secondo cui il vizio va denunciato in relazione al contenuto intrinseco della decisione, e non in relazione alle risultanze istruttorie acquisite al processo, delle quali, oltretutto, il ricorrente non fa specifica menzione, dato che non riporta, neppure indirettamente, il contenuto e le previsioni del pur invocato Regolamento acquisti per i fornitori, che, secondo la ricorrente, la corte di merito avrebbe trascurato di considerare.
Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza ex art. 360, n. 4, cod. proc. civ.
Lamenta che è apparente la motivazione resa dalla corte territoriale in relazione alla asserita genericità della
documentazione prodotta dall’appellante ed all’asserito mancato assolvimento dell’onere probatorio circa le contestazioni mosse sulla fornitura della merce.
5.1. Il motivo è inammissibile.
Non risulta affatto correlato alla motivazione resa dalla corte d’appello, che sussiste e non è affatto apparente, ma è stata svolta, sebbene in maniera stringata, e risulta scevra da vizi logico-giuridici, per cui resiste al sindacato di legittimità.
Aggiungasi che la ricorrente denuncia il vizio di motivazione in relazione alla ‘documentazione prodotta dall’appellante’, ma trascura sia di specificare di quale documentazione si tratti -a parte un generico riferimento a ‘contestazioni mosse alla fornitura ed errata fatturazione’ (p. 14 del ricorso) sia di prospettarne la decisività (v. Cass., 21/05/2019, n. 13625: ‘Qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione’; Cass., 10/12/2020, n. 28184).
Con il sesto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.
Lamenta l’omesso esame di un fatto storico, risultante dagli atti processuali ed oggetto di discussione tra le parti, nonché la mancata ammissione della richiesta c.t.u. contabile.
Con il settimo motivo la ricorrente denuncia violazione
dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ. in relazione all’art. 115 cod. proc. civ. e all’art. 24 Cost.; mancata ammissione della c.t.u.
Lamenta che la corte di merito non ha accolto l’istanza di c.t.u. contabile richiesta da Ats Brescia.
7.1. Il sesto ed il settimo motivo, che possono essere trattati congiuntamente, per la loro stretta connessione, sono inammissibili, per plurime ragioni.
In primo luogo, entrambi non sono correttamente dedotti.
Il sesto motivo si fonda sulla violazione del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., ma è dedotto in presenza di cd. doppia conforme, dunque in violazione dell’art. 348 -ter cod. proc. civ., ora art. 360, comma quarto, cod. proc. civ.; il settimo motivo viene dedotto ai sensi del n. 4 dell’art. 360 cod. proc. civ., pur essendo invocata una violazione di legge, e cioè la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., la quale, peraltro, non viene dedotta conformemente agli insegnamenti di questa Corte (v. Cass., 11892/2016; Cass., Sez. Un., 16598/2016) e finisce pertanto per sollecitare un inammissibile riesame del fatto e della prova.
Va ribadito, infatti, in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione.
Il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo
inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che -per il tramite dell’art. 132 cod. proc. civ., n. 4, dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante.
In materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass. 11892 del 2016, ripresa da Cass., Sez. Un. 16598 del 2016).
Orbene, là dove ha affermato che la richiesta c.t.u. avrebbe ‘carattere esplorativo’ perché l’Azienda Sanitaria avrebbe ‘prodotto documentazione generica, sfornita di qualsivoglia autenticità, essendo di unilaterale predisposizione’ (v. p. 7 dell’impugnata sentenza) la corte di merito ha pronunciato conformemente al costante orientamento di legittimità, secondo cui ‘In considerazione del suo precipuo ruolo di integrazione dell’attività decisoria del giudice (…) la consulenza tecnica non possa valere ad esonerare le parti dalla prova dei fatti posti a fondamento delle relative domande o eccezioni, sicché legittimamente il giudice non la dispone ove con essa le parti intendano procedere ad un’indagine ‘esplorativa’ intorno ad elementi o fatti non provati. Una deroga a tale principio si ha
unicamente quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con il ricorso a specifiche cognizioni tecniche (come accade, per esempio, per l’accertamento della responsabilità medica)’ (Cass., 17/01/2024, n. 1763; Cass., 31/03/2025, n. 8498).
Né alcuno dei due motivi in scrutinio prospetta la decisività della ‘copiosa documentazione’ prodotta (v. p. 16 del ricorso), in presenza della quale la invocata c.t.u. avrebbe potuto essere considerata, invece che esplorativa, ammissibile, in quanto consulenza cd. percipiente.
Con l’ottavo motivo la ricorrente ‘chiede’ che l’impugnata sentenza venga cassata anche nella parte in cui ha condannato l’appellante, odierna ricorrente, alla rifusione delle spese processuali ed al pagamento del doppio contributo unificato.
8.1. Il motivo è inammissibile.
Si risolve in un ‘non motivo’, dato che non contiene alcuna censura all’impugnata sentenza, ma si limita ad una richiesta di ‘declaratorie’ in caso ‘di cassazione’ dell’impugnata sentenza, ipotesi che invece non si è verificata.
Con un unico motivo di ricorso incidentale la banca denuncia violazione degli artt. 116, 116, 2697 e 1264 cod. civ. in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ.
Lamenta che la corte di merito ha omesso di esaminare atti e documenti decisivi, che, se invece esaminati, le avrebbero consentito di rilevare che l’Ats Brescia non aveva pagato i suoi debiti e che gli eventuali pagamenti non avrebbero avuto efficacia liberatoria nei confronti di BFF Bank.
9.1. Il motivo è inammissibile.
La corte di merito ha congruamente motivato, nel senso che ‘… dalla documentazione in atti, seppure di provenienza Ats, deve ragionevolmente presumersi l’avvenuto pagamento delle fatture in questione, avendo Ats prodotto i mandati di pagamento
… completi dei relativi ordinativi di pagamento e delle quietanze con la ricevuta di esecuzione del tesoriere, nonché la causale del pagamento che reca lo stesso codice meccanografico del mandato’ (pp. 7 e 8 dell’impugnata sentenza).
Sotto la formale invocazione della violazione degli artt. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., neppure dedotta secondo gli insegnamenti di questa Suprema Corte (v. Cass., n. 11892 del 2016, ripresa da Cass., Sez. Un., n. 16598 del 2016, nonché Cass., 23/10/2018, n. 26769), il ricorrente sollecita un riesame della valutazione del fatto e della prova, che, se congruamente motivata come nel caso di specie, è riservata al giudice di merito.
In conclusione, sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale vanno dichiarati inammissibili.
Le spese del giudizio di legittimità sono integralmente compensate, stante la soccombenza reciproca.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale, con compensazione integrale delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, sia da parte del ricorrente principale sia da parte del ricorrente incidentale, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza