Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9903 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9903 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23721/2022 R.G. proposto da
NOME COGNOME nella sua duplice qualità di legale rappresentante pro tempore e socio della RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Ab. spagnolo NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al ricorso, ex lege domiciliato presso la Cancelleria della Corte di cassazione in ROMA, INDIRIZZO (pecEMAIL o EMAIL);
– ricorrente –
Oggetto: Somministrazione
–
PDA
–
Opposizione
Inammissibilità.
CC 6.12.2024
Ric. n. 23721/2022
Pres L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME
contro
RAGIONE_SOCIALE (incorporante la società RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso il suo studio (pec: EMAIL);
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 3714/2022 della Corte d’appello di Roma, pubblicata in data 31 maggio 2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 dicembre 2024 dalla Consigliera Dott.ssa NOME COGNOME
Ritenuto che
il Tribunale di Roma con sentenza n.1282/2020 ha accolto la domanda della società RAGIONE_SOCIALE proposta nei confronti della società convenuta RAGIONE_SOCIALE condannando quest’ultima al pagamento della somma di €81.420,25, oltre interessi, a titolo di risarcimento del danno, nonché al pagamento di €3.635,10 a titolo di penale contrattuale e al rilascio di n. 5 visualizzatori consegnati per il punto vendita sito in Taranto;
per quanto ancora qui di rilievo, le parti avevano stipulato in data 5/12/2012 un contratto di fornitura di servizi in outsourcing per i giochi pubblici su rete fisica, ai sensi del quale la RAGIONE_SOCIALE si impegnava a fornire servizi telematici di connettività (art. 3), mentre la Itaproinvest assumeva l’obbligo di pagare un corrispettivo (art. 4), nonché di avvalersi per tutte le nuove concessioni in via esclusiva dei servizi forniti dall’attrice (art. 2) ; parte attrice ha dedotto l’inadempiment o della controparte in relazione al pagamento di numerose fatture, all’omesso utilizzo dei propri servizi, alla
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circostanza che la convenuta avesse iniziato ad accettare scommesse per mezzo di un diverso service provider ed infine all’omessa restituzione dei materiali dati in comodato ; a seguito dell’invio di diffida al pagamento delle somme in data 27/3/2013, rimasta priva di riscontro, RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto con lettera in data 10/09/2013 la risoluzione del contratto ex art. 1456 c.c., richiamato l’art. 7 del contratto stipulato in data 5/12/2012;
la Corte d’appello di Roma dopo aver dichiarato l’interruzione del giudizio stante il fallimento RAGIONE_SOCIALE con sentenza n. 47 del 24/03/2021, riassunta la causa da parte della Curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE con comparsa di costituzione del 26/09/2021, con la sentenza qui impugnata, ha respinto il gravame proposto dalla Curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di prime cure, confermandone integralmente il decisum e ha condannato l’appellante a rifondere all’appellat a Microgame s.p.a., succeduta per incorporazione per fusione ai sensi dell’art. 2504 bis c.c. alla RAGIONE_SOCIALE, le spese del giudizio d’appello ed il risarcimento dei danni, ex art. 96, terzo comma, c.p.c.;
avverso la sentenza d ella Corte d’ appello, NOME COGNOME nella duplice qualità di legale rappresentante protempore e socio della RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sorretto da tre motivi d’impugnazione. Ha resistito RAGIONE_SOCIALEquale società incorporante la società RAGIONE_SOCIALE;
il ricorso è stato assegnato alla Terza Sezione Civile di questa Corte e la nominata Consigliera Relatrice, dr.ssa NOME COGNOME in data 16/03/2024 ha formulato una sintetica proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., nel testo novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022, ravvisando
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l’inammissibilità del ricorso e di essa veniva data comunicazione alle parti in data 18/03/2024;
4.1. parte ricorrente ha formulato istanza di richiesta di decisione depositata in data 2/04/2024, corredata da nuova procura speciale;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.;
Considerato che
1. con il primo motivo il ricorrente denuncia la ‘ violazione del punto 3) del disposto dell’art. 360 c.p.c. – violazione o falsa applicazione di norme di diritto (estinzione della società per avvenuta cancellazione) ‘; in particolare, il ricorrente evidenzia: – che in data 22.08.2020 la RAGIONE_SOCIALE a seguito di una verifica eseguita presso l’Agenzia delle Entrate, aveva appreso che la società RAGIONE_SOCIALE era stata cancellata per cessazione in data 11.04.2017; – che la sentenza di prime cure n. 1282/2020 era stata emessa dal tribunale di Roma in data 21.02.2020 in favore della predetta societá la quale risultava estinta; che ai sensi dell’art. 2495 c.c. alla cancellazione della società dal registro delle imprese è attribuita efficacia estintiva (Cass. Sez. U n. 4026/2010) di conseguenza, la società cancellata è priva della titolarità del diritto o del rapporto giuridico dedotto in giudizio, né ha legittimazione processuale attiva o passiva e il fatto della cancellazione provoca l’interruzione del giudizio ;
il ricorrente assume sulla base di quanto sopra evidenziato che la sentenza di prime cure sarebbe stata inutiliter data e ritiene che ‘anche in caso di fusione societaria il soggetto incorporante subentra nei diritti dell’incorporato esistenti al momento della fusione, non certo in quelli che si cristallizzano successivamente. Chiaramente, come espressamente previsto ex articolo 2504 bis del codice civile, la società che risulta dalla
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fusione ovvero quella incorporante assume il diritto di proseguire nei rapporti processuali anteriori alla fusione; dovrà tuttavia costituirsi nel giudizio pendente al fine di dare validamente impulso allo stesso ‘ ; richiama in proposito, alcuni precedenti di merito ‘che appaiono interessanti’ per affermare la nullità della sentenza di primo grado e contesta la motivazione della Corte d’appello nella parte in cui rileva che il richiamo fatto dalla difesa della RAGIONE_SOCIALE all’art. 2495 c.c. e alla relativa giurisprudenza, sarebbe inconferente rispetto al caso di specie perché attinente ad un diverso ambito di applicazione;
2. con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la ‘ V iolazione del punto 3) del disposto dell’art. 360 c.p.c. -violazione o falsa applicazione di norme di diritto (rimessione in termini) -‘; nello specifico, sottolinea che la società RAGIONE_SOCIALE come da documentazione in atti, ha avuto conoscenza della sentenza n.1282/2020 del Tribunale Roma, solo a seguito della notifica della sentenza e del pedissequo precetto di pagamento, e che, pertanto, costituendo dette notifiche per la RAGIONE_SOCIALE s.r.l. un fatto nuovo, esso giustificherebbe la rimessione in termini dell’odierno ricorrente/appellante per quanto afferisce la difesa processuale al fine di consentire nel contraddittorio delle parti costituite il deposito delle memorie ex art. 183, 6° comma, con articolazione di mezzi istruttori e, istruita la causa, della comparsa conclusionale e della memoria di replica; reputa necessario, pertanto, che la sentenza d’appello sia cassata e la causa sia rimessa innanzi al Giudice di prime cure; contesta come ‘ristretta’ l’ interpretazione de ll’art. 153 c.p.c. data dalla Corte d’ appello di Roma laddove ritiene che sarebbe orientamento consolidato quello secondo cui la rimessione in termini non può essere accordata nel caso in cui la tardività dell’attività difensiva sia dovuta ed eventi estranei al
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processo; rileva, infine, che ‘ la soccombenza incolpevole della RAGIONE_SOCIALE nel giudizio di primo grado ha dato inizio ad una vicenda processuale che, anche in considerazione della condotta tenuta dalla RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE ha portato alla dichiarazione di fallimento della RAGIONE_SOCIALE oggi ricorrente a mezzo del proprio legale rappresentante e socio, dottore commercialista NOME COGNOME stante l’inerzia della curatela fallimentare ‘;
3. con il terzo motivo, lamenta la ‘ Violazione del punto 5) del disposto dell’art. 360 c.p.c. – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.-‘; in particolare, contesta che i Giudici di merito abbiano del tutto ignorato, ‘ anzi peggio, ritenuto irrilevante e non valutabile, la copiosa documentazione allegata al fascicolo di parte della RAGIONE_SOCIALE comprovante sia l’inadempimento contrattuale della RAGIONE_SOCIALE che i danni materiali e all’immagine, diretti ed indiretti, subiti dalla suddetta società’ , e precisa che la RAGIONE_SOCIALE aveva segnalato, con raccomandata a.r. in data 28/06/2013 all’A.A.M.S. Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ‘le gravissime condotte ed inadempienze contrattuali perpetrate dal service provider RAGIONE_SOCIALE e che le carenze del controllo da parte dell’Ente concessionario erano finite per gravare su RAGIONE_SOCIALE causandone la culpa in vigilando ; insiste nel ritenere che RAGIONE_SOCIALE abbia tenuto, sin dall’inizio del rapporto , in danno di RAGIONE_SOCIALE una condotta del tutto contraria ai principi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c.;
I primi due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati attenendo entrambi a questioni connesse, sono inammissibili;
con essi, parte ricorrente ripropone aspecificatamente le tesi difensive svolte nella fas e d’appello dalla Curatela del fallimento
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della società RAGIONE_SOCIALE di cui l’odierno ricorrente è rappresentante legale e socio;
è sufficiente richiamare in proposito il principio affermato da questa Corte, anche a Sezioni unite, secondo cui la fusione per incorporazione estingue la società incorporata, che non può dunque iniziare un giudizio in persona del suo ex amministratore, ferma restando la facoltà per la società incorporante di spiegare intervento volontario in corso di causa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 105 c.p.c.; nondimeno, ove la fusione intervenga in corso di causa, non si determina l’interruzione del processo, esclusa “ex lege” dall’art. 2504 bis c.c. (Cass. Sez. U, 30/07/2021 Sentenza n. 21970, da ultimo, v. Cass. Sez. 3 – , 21/03/2024 n. 7711);
alla luce di tale principio, il ricorrente si limita a richiamare stralci di motivazione, senza contrastarne il fondamento e senza considerare le ragioni offerte dal giudice dell’appello , richiamandosi altresì a precedenti di merito e di legittimità non pertinenti alla fattispecie esaminata, in tal modo determinando una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un ‘non motivo’, come tale inammissibile ai s ensi dell’art. 366, nn. 4 e 6 c.p.c. (Cass. 24/09/2018, n. 22478 );
vale aggiungere che nonostante la formale intestazione, le paventate violazioni o false applicazioni di legge non sussistono, e il ricorrente tende ad introdurre una critica alla sentenza d’appello in ordine all’accertamento dei fatti, inammissibile in questa sede;
5. Inammissibile infine il terzo motivo;
il ricorrente attraverso il riferimento al preteso ‘omesso l’esame circa un fatto decisivo per il giudizio’ riconduce al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. censure che nulla hanno a che vedere con l’individuazione di un fatto storico, attenendo propriamente alla valutazione, operata dal giudice di merito, circa la ricorrenza degli
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elementi costitutivi della fattispecie giuridica posta a base dell’originaria domanda ;
ebbene, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte ‘il motivo di ricorso di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., deve riguardare un fatto storico considerato nella sua oggettiva esistenza, senza che possano considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio’ (Cass., n. 10525/2022; v. anche Cass., n. 26305/2018; Cass., n. 14802/2017 e Cass., n. 22397/2019, secondo cui ‘l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nell’attuale testo modificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 40 del 2006, riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo’) ;
nella stessa prospettiva, è stato infine precisato che l’ omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie, sicché il fatto storico non può identificarsi con il difettoso esame dei parametri della liquidazione dell’indennità ex art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010, sui quali il giudice di merito conduce la valutazione ai fini della liquidazione della stessa; non può, dunque,
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all’evidenza, essere ascritta all’area del ‘fatto storico’ il denunziato errore di giudizio sulla ‘copiosa documentazione’ ‘ritenuta irrilevante’ dal giudice d’appello che, di converso, avrebbe consentito la verifica della esistenza della fattispecie di inadempimento da attribuire alla controparte.
6. il ricorso va dichiarato inammissibile;
per essere stato il presente giudizio definito in modo sostanzialmente conforme alla proposta ex art. 380-bis cod. proc. civ., trovano applicazione le previsioni di cui al 3 e 4 comma dell’art. 96 cod. proc. civ., non sussistendo per le caratteristiche del caso concreto ragioni di non applicazione (Cass. Sez. U, 27/12/2023 n. 36069);
Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente: delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; della somma di euro 3.000,00 ex art. 96, 3° co., c.p.c. Condanna il ricorrente al pagamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende, ex art. 96, 4° co., c.p.c.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, ove dovuto (Cass. Sez. U. 20/02/2020 n. 4315).
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione