Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3874 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3874 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE nuova denominazione di RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’ Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO -ricorrente-
Contro
AZIENDA SANITARIA TERRITORIALE DI ANCONA , rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma INDIRIZZO
-controricorrente –
Nonché
AZIENDA SANITARIA UNICA REGIONALE DELLE MARCHE
Oggetto: del
cessione credito
Factoring
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 1911/2023 pubblicata il 9.6.2023, notificata il 31.8.2023.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del l’8.1.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Il Tribunale di Milano con la sentenza n. 2295/2021 ha parzialmente accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da Asur (Azienda Sanitaria Unica Regionale delle Marche) contro RAGIONE_SOCIALE.p.ARAGIONE_SOCIALEBanca Farmafactoring S.p.A.), che aveva chiesto ed ottenuto il decreto per il pagamento di crediti, maturati in capo a fornitori dell’Azienda Sanitaria, di cui RAGIONE_SOCIALE si era resa cessionaria.
─ Il decreto ingiuntivo n. 15279/17, che recava condanna al pagamento di € 1.213.998,42 oltre interessi e spese, è stato, pertanto, revocato e l’opponente Asur è stata condannata a pagare la minor somma di € 66.833,58 oltre interessi e spese, così ricalcolat a anche mediante l’ausilio di una CTU contabile disposta in fase istruttoria.
─ BFF RAGIONE_SOCIALE ha proposto gravame dinanzi la Corte di Appello di Milano che, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato il gravame.
In sintesi la Corte territoriale ha ritenuto: che COGNOME avesse provato i pagamenti da essa eccepiti e la banca non avesse dimostrato che questi erano non liberatori; che a fronte dell’eccezione di prescrizione dell’ingiunta, ritenuta fondata in primo grado, la controeccezione di interruzione della banca fosse carente in punto di allegazione e di prova.
─ RAGIONE_SOCIALE ha proposto un ricorso per cassazione su tre motivi.
Azienda Sanitaria Territoriale di Ancona ha notificato controricorso.
5.Il Consigliere delegato ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. per inammissibilità del ricorso. Con istanza del 29.4.2024 la ricorrente ha chiesto la fissazione di udienza in camera di consiglio conferendo specifica procura alle liti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6. ─ La proposta ha il tenore che segue.
« Il ricorso contiene i seguenti tre motivi.
Con riferimento ai crediti ritenuti pagati dall’azienda alla società cedente RAGIONE_SOCIALE con efficacia liberatoria nei confronti di BFF: violazione e falsa applicazione degli artt. 115-116 c.p.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1^ n. 4 c.p.c. o, comunque, in r elazione all’art. 360 comma 1^ n. 5 c.p.c. per avere la Corte omesso di esaminare atti e documenti acquisiti al giudizio decisivi per la controversia nonché un fatto decisivo per la controversia oggetto di discussione tra le parti, ossia che l’azienda abbia effettivamente pagato alla società cedente RAGIONE_SOCIALE i crediti oggetto del giudizio e che tale pagamento sia stato effettuato anteriormente alla notifica dell’atto di cessione.
Con riferimento ai crediti ritenuti prescritti:
-) secondo motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 360 comma 1^ n. 4 c.p.c. per avere la Corte ritenuto che «l’appellante, con la generica contestazione svolta in appello, non specifica, come si è accennato, quali, fra i numerosi documenti prodotti, contengano la notifica della cessione dei singoli crediti oggetto dell’eccezione di prescrizione, nè specifica in quale data tale notifica sia intervenuta al fine di dimostrare che la prescrizione è stata interrotta’ e che ‘la mancata indicazione specifica dei documenti riferiti ad ogni singola cessione rilevante (anche tenuto conto della progressiva riduzione della domanda nel corso del giudizio, che porta ad escludere
dall’esame taluni crediti), unita alla mancata allegazione delle date di notifica delle cessioni, impedisce, quindi, di prendere in esame la doglianza e di ritenerla fondata»;
-) terzo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 115 -116c.p.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1^ n. 4 c.p.c. o, comunque, in relazione all’art. 360 comma 1^ n. 5 c.p.c. per avere la Corte omesso di esaminare atti e documenti acquisiti al giudizio decisivi per la controversia nonché un fatto decisivo per la controversia oggetto di discussione tra le parti, ossia che BFF abbia interrotto il termine prescrizionale mediante la notifica degli atti di cessione dei crediti.
Il ricorso è palesemente inammissibile.
Quanto al primo ed al terzo mezzo è agevole rammentare che:
-) nell’ipotesi di « doppia conforme » prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 10 marzo 2014, n. 5528; Cass. 27 settembre 2016, n. 19001; Cass. 22 dicembre 2016, n. 26774; Cass. 6 agosto 2019, n. 20994; Cass. 15 marzo 2022, n. 8320; Cass. 9 agosto 2022, n. 24508; Cass. 28 febbraio 2023, n. 5947); nel caso di specie la società ricorrente non si è neppure rappresentata detto onere;
-) quanto alla denunciata violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., il motivo si infrange contro il principio, affermato tra le tantissime da Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione: i) per dedurre la violazione dell’articolo 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri
officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.; ii) la doglianza circa la violazione dell’articolo 116 c.p.c. è poi ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo «prudente apprezzamento», pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione; nel caso in esame la vicenda processuale non ha nulla a che vedere con i vizi suddetti;
-) la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. (Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. 5 settembre 2006, n. 19064; Cass. 14 febbraio 2000, n. 2155; Cass. 2 dicembre 1993, n. 11949); nel caso in esame non vi è la minima
traccia del ribaltamento degli oneri probatori cui il principio si riferisce.
In breve, le censure sono totalmente versata in fatto e dirette a ribaltare l’accertamento di merito operato con doppia conforme alla luce del quale la Corte d’appello ha ritenuto che parte del credito azionato fosse stato pagato e altra parte del credito fosse prescritto.
Il secondo mezzo non ha nulla a che vedere con una censura riconducibile all’articolo 360 c.p.c.
Anche a tralasciare la riduzione di « violazione e falsa applicazione dell’art. 360 comma 1^ n. 4 c.p.c .», norma che la Corte d’appello non potrebbe neppure in astratto aver violato, giacché non destinata a regolare il suo operato, ma a stabilire che il ricorso per cassazione può essere proposto per nullità della sentenza o del procedimento, non v’è che da ricordare il seguente principio: « In tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa » (Cass., Sez. Un., 28 ottobre 2020, n. 23745).
I requisiti predetti sono nel caso di specie totalmente carenti».
-I rilievi svolti nella nominata proposta meritano condivisione e non sono stati del resto specificamente contestati dalla ricorrente con memoria.
8 .-Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, liquidate come in dispositivo. Per essere stato il presente giudizio definito conformemente alla proposta ex art. 380-bis c.p.c., trovano applicazione le previsioni di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 96 c.p.c..
P.Q.M .
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, nei confronti della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 10.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento dell’ulteriore somma di € 10.000 nei confronti di parte controricorrente; condanna la ricorrente al pagamento di € 2.500 in favore della Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione