Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15854 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15854 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20409/2019 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -controricorrente-
nonché
FRANZA LAURA
-intimata-
avverso SENTENZA di TRIBUNALE CUNEO n. 850/2018 depositata il 25/10/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2024 dal Consigliere COGNOME NOME.
Rilevato che:
-con sentenza del 25.10.2018, il Tribunale di Cuneo ha accolto la domanda i scioglimento della comunione ordinaria proposta da NOME COGNOME nei confronti del coniuge NOME COGNOME;
-nel giudizio è intervenuta l’AVV_NOTAIO per far valere le proprie ragioni sulle somme eventualmente dovute ad NOME COGNOME;
-la Corte d’appello di Torino ha dichiarato inammissibile l’appello, ai sensi dell’art.348 bis c.p.c.;
-per quel che ancora rileva in questa sede, il Tribunale ha aderito alla CTU per quanto riguardava la valutazione del valore degli immobili ed ha disposto la condanna del convenuto al 50% delle spese di lite per non aver dato esecuzione all’accordo del 27.10.2014, con il quale le parti avevano deciso di porre in vendita gli immobili, essendosi il COGNOME rifiutato di far accedere potenziali acquirenti;
-per la cassazione della sentenza di primo grado ha proposto ricorso COGNOME NOME sulla base di due motivi;
–NOME COGNOME ha resistito con controricorso;
–NOME COGNOME è rimasta intimata;
-il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
-in prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative.
Ritenuto che:
-Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 6, comma 1 della CEDU, degli artt.111 Cost. e 24 Cost., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per avere il Tribunale posto a fondamento della decisione la CTU, senza indicare le fonti di comparazione utilizzate per la determinazione del valore degli immobili;
-il motivo è inammissibile;
-questa Corte ha avuto modo di sottolineare in più occasioni che la violazione delle norme costituzionali non può essere prospettata direttamente col motivo di ricorso per cassazione ex art.360, comma 1, n.3 c.p.c. in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma applicata (Cass. Sez. Unite, 12.11.2020, n.25573; Cass. 15.6.2018, n.15879; Cass. 17.2.2014, n.3708);
-la violazione o falsa applicazione delle norme costituzionali può essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art.360, comma 1, n.3 c.p.c. quando tali norme siano di immediata applicazione, non essendovi disposizioni di rango legislativo di cui si possa misurare la conformità ai precetti della Carta fondamentale (Cassazione civile sez. un., 06/04/2022, n.11167).
-nel caso in esame, la censura si risolve in una generica critica alla CTU, che, diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, a pag.3 della sentenza di primo grado, ha dato atto che la stima
era avvenuta con il metodo comparativo, facendo riferimento ai valori di mercato della zona di appartenenza;
-con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art.1418 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per non avere il Tribunale rilevato la nullità della clausola n.6 dell’accordo transattivo del 27.10.2014, trasfuso nell’accordo di separazione omologato dal Tribunale, con il quale le parti avevano regolato i rapporti economici che li riguardavano; conseguentemente avrebbe errato il Tribunale a condannare il ricorrente al cinquanta per cento delle spese di lite per aver opposto rifiuto, in diverse occasioni, all’accesso di potenziali acquirenti degli immobili che avrebbero dovuti essere posti in vendita, in esecuzione dell’accordo transattivo;
-il motivo è inammissibile sotto diversi profili:
-in primo luogo, la questione di nullità dell’accordo transattivo è stata proposta per la prima volta in sede di legittimità in modo del tutto generico;
-inoltre, non risulta che l’appello di COGNOME NOME abbia investito il regime delle spese, essendosi questi limitato a contestare i criteri di determinazione del valore dei beni;
-il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile;
-le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
-Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 5 .500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda