Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4379 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4379 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19300/2023 R.G. proposto da
NOME , elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che la rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore
e, per essa, la procuratrice
Oggetto:
Contratti
bancari – Prestito vitalizio
–
Indicazione
TAEG
–
Anatocismo
R.G.N. 19300/2023
Ud. 08/01/2025 CC
NOME COGNOME in persona del legale pro tempore rappresentante
elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 1241/2023 depositata il 07/08/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 08/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 1241/2023, pubblicata in data 7 agosto 2023, la Corte d’appello di L’Aquila, nella regolare costituzione dell’appellata NOME COGNOME ha accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE -originaria titolare del credito -e di RAGIONE_SOCIALE in qualità di procuratrice della RAGIONE_SOCIALE -cessionaria del medesimo -avverso la sentenza del Tribunale di Avezzano n. 237/2021, pubblicata in data 7 luglio 2021.
Quest’ultima, in accoglimento della domanda di NOMECOGNOME aveva dichiarato la nullità della clausola relativa al TAEG pattuita in un contratto di prestito vitalizio, condannando RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in solido, a tenere indenne l’attrice dal pagamento del TAN pattuito nel contratto di finanziamento; dichiarando applicabile il tasso sostitutivo pari al valore minimo dei tassi BOT ex art. 117 TUB rilevati nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell’operazione; dichiarando la nullità della clausola anatocistica contenuta nel contratto di finanziamento; condannando, per l’effetto, le parti convenute, in solido tra loro, alla restituzione, in favore dell’attrice, di tutt i gli interessi già corrisposti ed a tenere indenne la stessa attrice dal pagamento di qualsivoglia ulteriore interesse illegittimamente capitalizzato
La Corte d’appello, nell’accogliere il gravame, ha, in primo luogo, escluso che l’inesatta indicazione del TAEG o del ISC comporti la nullità del contratto ai sensi dell’art. 117 TUB, essendo tale indicazione prevista a pena di nullità nel solo caso del credito al consumo ai sensi dell’art. 125 -bis TUB e non potendosi qualificare come tale il contratto di prestito vitalizio, in virtù del suo ammontare, di gran lunga superiore a quello previsto per il prestito al consumo.
Esclusa la nullità, la Corte d’appello ha parimenti escluso la possibilità di accogliere la domanda di condanna al risarcimento dei danni, in quanto formulata dall’originaria attrice solo in sede di gravame.
La Corte d’appello ha altresì accolto il motivo di gravame con il quale le appellanti impugnavano la decisione di prime cure nella parte in cui aveva ritenuto che al rapporto fosse stata illegittimamente applicata la capitalizzazione degli interessi.
La Corte, infatti, ha ritenuto inapplicabile la nuova formulazione dell’art. 120 TUB, rilevando che in difetto della delibera del CICR prevista dalla norma stessa, è da ritenersi che quest’ultima non abbia mai assunto efficacia applicativa concreta, con conseguente persistente
operatività della delibera CICR 9 febbraio 2000, adottata in applicazione dell’art. 161, comma 5, TUB.
La Corte territoriale, anzi, ha ritenuto che la specifica disciplina dettata per il prestito vitalizio dalla L. n. 44/2015, sebbene inapplicabile ratione temporis al caso in esame, costituisca in ogni caso indice della contrarietà del legislatore ad imporre un divieto assoluto dell’anatocismo in tale materia.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di L’Aquila ricorre NOME
Resistono con separati controricorsi RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in qualità di procuratrice della RAGIONE_SOCIALE
In data 18 aprile 2024, il Consigliere delegato, ha formulato proposta di definizione ex art. 380bis c.p.c. segnalando la inammissibilità del ricorso.
A detta proposta ha fatto seguito istanza del ricorrente per la definizione del giudizio.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce:
-in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 111 c.p.c.; 1264 c.c.; 58, comma 1, T.U.B
-in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., ‘omessa, contraddittoria ed apparente motivazione su un punto determinante della controversia’ .
Si deduce la carenza di legittimazione della NOME BANK RAGIONE_SOCIALE, in qualità di procuratrice della RAGIONE_SOCIALE, argomentando in ordine alla insufficienza dell’avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale a costituire effettiva prova della cessione dei crediti.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce:
-in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 117 e 120 TUB; nonché della Legge 2.04.2015 n. 44;
-in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., ‘omessa, contraddittoria ed apparente motivazione su un punto determinante della controversia’ .
Deduce il ricorso che ‘la Corte di Appello dell’Aquila ha emesso una sentenza ingiusta, illegittima ed in contrasto con le risultanze istruttorie del giudizio’ , in quanto l’esame delle previsioni del contratto avrebbe consentito di verificare che ‘la Banca ha promosso una pubblicità ingannevole, a svantaggio della ricorrente, pubblicizzando un costo dell’operazione più basso rispetto a quello reale’ , indicando in modo non corretto TAEG o del ISC.
Argomenta, quindi, che dovrebbe trovare applicazione il tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB attesa la funzione che tali indicazioni hanno sulla dinamica complessiva del rapporto contrattuale.
Censura la decisione impugnata per non aver rilevato la illegittimità della capitalizzazione applicata al rapporto, la quale avrebbe anche determinato la difformità tra tassi indicati e tassi effettivi.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce:
-in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 101 e 112 c.p.c.;
-in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., ‘omessa, contraddittoria ed apparente motivazione su un punto determinante della controversia’ .
Si censura la decisione impugnata nella parte in cui quest’ultima, esclusa la nullità del contratto per inesatta indicazione del TAEG, ha dichiarato inammissibile la domanda di accertamento di una responsabilità contrattuale o precontrattuale delle appellanti, affermando che la stessa non era stata formulata in primo grado, ricorrendo una inammissibile mutatio libelli.
Deduce la ricorrente di avere promosso l’azione sulla scorta degli orientamenti vigenti al tempo dell’introduzione del giudizio e che, modificatisi questi ultimi, la Corte di merito avrebbe dovuto reinterpretare la domanda ‘tenendo conto della buona fede dell’attrice e della mala fede della convenuta’ .
Argomenta che ‘ben potrà la Corte d’appello, ammesso e non concesso che condivida le eccezioni e i richiami giurisprudenziali sollevati da controparte nel gravame, mutare solo il titolo ma non la sostanza della decisione di primo grado, valutando equitativamente che il danno subito dall’attrice per la condotta scorretta della banca sia pari alla differenza tra il tasso convenzionale applicato in costanza di rapporto e il tasso sostitutivo applicato dal primo giudice’ , deducendo che l’erronea indicazione dell’ISC ‘integrando la violazione di una regola di condotta della banca (dovere di informazione trasparente delle condizioni del contratto di mutuo applicate alla clientela), può dar luogo soltanto a responsabilità precontrattuale o contrattuale’ .
Imputa alla decisione impugnata la violazione dell’art. 101 c.p.c. per non aver ‘chiarito la propria intenzione di porre a fondamento della decisione la questione di risarcimento danni’ ed invoca al riguardo i principi enunciati da questa Corte in tema di prospective overruling .
I motivi di ricorso sono, nel loro complesso, inammissibili.
2.1. Quanto al primo motivo, è da osservare che lo stesso viene a sollevare una questione del tutto nuova, non essendo stata la medesima dedotta e dovendosi anzi osservare che è stata proprio l’odierna ricorrente ad evocare in giudizio la controricorrente RAGIONE_SOCIALE nella veste di cessionaria del credito.
È, quindi, evidente, non solo che il profilo della titolarità del credito in capo a quest’ultima non è mai stato posto in contestazione nei precedenti gradi di giudizio ma anche che lo stesso è stato oggetto di diretto riconoscimento da parte della ricorrente.
2.2. L’inammissibilità del secondo motivo discende dalla sua assenza di specificità, oscillando le censure della ricorrente tra la tematica dell’indicazione dei tassi e quella dell’applicazione dell’anatocismo, peraltro con ampi richiami agli atti del giudizio di merito in totale carenza della loro minima riproduzione o anche solo della loro localizzazione, in spregio al disposto di cui all’art. 366 c.p.c.
Il motivo, poi, non solo si diffonde in una serie di censure che attengono al merito della decisione -come i riferimenti alla inadeguata valutazione dei documenti ed alle risultanze della consulenza tecnica -ma anche -e soprattutto -omette radicalmente di confrontarsi con la ratio effettiva della decisione impugnata, peraltro pienamente conforme all’orientamento espresso da questa Corte in materia (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 39169 del 09/12/2021 e successive conformi) e del tutto indipendente dal richiamo -che la Corte di merito ha operato meramente ad abundantiam -alla Legge n. 44/2015.
2.3. Il terzo motivo risulta invece inammissibile in quanto non viene in concreto a dedurre alcuna violazione di legge -sia essa sostanziale sia essa processuale -ma si sostanzia ad un improprio richiamo all’istituto del prospective overruling che, tuttavia, per costante
orientamento di questa Corte, non è invocabile per il caso di mutamenti giurisprudenziali che riguardino norme sostanziali, in quanto in detta ipotesi non è precluso alla parte il diritto di azione ed al giudice il potere di dirimere la controversia (Cass. Sez. L -, Ordinanza n. 18290 del 04/07/2024; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 4085 del 14/02/2024; Cass. Sez. L – Sentenza n. 552 del 14/01/2021), dovendosi rilevare che nella specie a venire in rilievo era esattamente una previsione di diritto sostanziale -e cioè l’art. 117 TUB .
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore delle controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Avendo questa Corte deciso in conformità della proposta, deve trovare applicazione l’art. 380 -bis , ultimo comma, c.p.c., il quale richiama, in caso di decisione conforme alla proposta, il disposto di cui all’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c. con la conseguente condanna ulteriore della ricorrente soccombente al pagamento, in favore delle controparti, di una somma equitativamente determinata nonché, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma di denaro non inferiore ad € 500,00 e non superiore ad € 5.000,00, somme che si liquidano come da dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause
originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alle controricorrenti le spese del giudizio di Cassazione, che liquida -per ciascuna di esse in € 4.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore delle controricorrenti, della somma equitativamente determinata -per ciascuna di esse in € 4.000,00, ex art. 96, terzo comma, c.p.c.;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di € 2.500,00, ex art. 96, terzo comma, c.p.c.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima