Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5662 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5662 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23139/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato COGNOME in ROMA INDIRIZZO
–ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato COGNOME in ROMA INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 4236/2022 depositata il 21/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/01/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
la società RAGIONE_SOCIALE con contratto del 27/4/2011, concesse in locazione alla società RAGIONE_SOCIALE due porzioni di terreno di circa 6000 mq site in Alatri (FR), destinate ad esercizio commerciale, impegnandosi a consegnare alla conduttrice il complesso commerciale, ristrutturato e rifinito ‘al civile’, entro e non oltre il 31/7/2021, prevedendo altresì, per il caso di non ultimazione dei lavori alla scadenza, la facoltà della RAGIONE_SOCIALE di provvedervi direttamente, con diritto a ripetere dalla locatrice l’importo delle spese effettuate, calcolato sulla base del Prezziario della Regione Lazio. Con scrittura privata del 5/5/2011, la RAGIONE_SOCIALE demandò alla conduttrice l’esecuzione dei lavori interni al complesso commerciale, già di propria competenza, con obbligo di rifusione delle spese entro 60 giorni dall’ultimazione e contabilizzazione degli stessi.
Una volta eseguiti i lavori, e previa introduzione di un accertamento tecnico preventivo, la Frusino agì in monitorio per ottenere il rimborso delle spese sostenute per le opere accertate e quantificate in ATP e per il rimborso delle spese sostenute per il completamento dell’area esterna destinata a parcheggio. la Zeta General propose opposizione ad entrambi i decreti ingiuntivi e il Tribunale di Frosinone, disposta una CTU, in adesione alle risultanze della stessa, rigettò le due opposizioni, accertando l’inadempimento della locatrice all’obbligazione, assunta mediante le scritture private, di rimborsare il costo dei lavori che COGNOME era stata autorizzata a realizzare in sua sostituzione; per l’effetto, condannò l’opponente al pagamento in favore dell’ingiungente dell’importo di € 292.324,56 oltre i.v.a. ed interessi nella misura indicata nel decreto ingiuntivo.
A seguito di appello della RAGIONE_SOCIALE che contestò, per quanto ancora rileva, l’erronea applicazione al caso di specie degli interessi moratori di cui al D.Lgs. n. 231/2002, previsti per i ritardi nei pagamenti delle transazioni commerciali, con la conseguente inapplicabilità della normativa speciale alla locazione oggetto del giudizio, la Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 4236/2022, ha rigettato l’appello rilevando la correttezza del tasso di interessi applicato, sul presupposto
che il contratto avesse ad oggetto non soltanto la regolamentazione delle obbligazioni derivanti da un rapporto di locazione, ma anche quelle relative alla realizzazione di uno specifico opus da consegnare, riconducibile alla generale categoria delle obbligazioni derivanti da un contratto di appalto, certamente soggetto, quanto al calcolo degli interessi, alla normativa applicata dal Tribunale. Avverso la sentenza, la società RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria.
La società RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380bis. 1 c.p.c.
Considerato che:
con l’unico motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 1 e 2 del D.Lgs. 231/2002, nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto applicabili alla fattispecie la disciplina degli interessi moratori propri delle transazioni commerciali.
La ricorrente sostiene che la corte d’appello ha errato nel qualificare il contratto in questione come contratto d’appalto, con ciò che ne consegue in materia di interessi moratori, quando, invece, si sarebbe trattato di un patto aggiuntivo al contratto di locazione per il rimborso delle spese relative ad opere di miglioria, realizzate dalla conduttrice nelle unità commerciali condotte in locazione.
Il motivo è inammissibile per evidente difetto di autosufficienza in quanto non fornisce l’indicazione specifica, ai sensi dell’art. 366 n. 6 c.p.c., degli atti su cui il ricorso si fonda, non essendo in particolare riprodotto né direttamente né indirettamente (in questo secondo caso con precisazione della parte corrispondente) per quanto dovrebbe sorreggere la censura il testo dello specifico contratto di appalto della cui interpretazione si discute.
Questa Corte non è posta, pertanto, nelle condizioni di poter scrutinare la censura.
In aggiunta per mera completezza, ma sempre in modo decisivo, si osserva che il motivo, pur prospettando formalmente la violazione di legge, mira nella sostanza a una rivalutazione del merito, ossia ad una diversa interpretazione del
contratto di appalto dedotto in causa, senza neppure prospettare e spiegare, come avrebbe dovuto, la violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale, disciplinati dagli artt. 1362 e ss. c.c. Sotto tale profilo il motivo è inidoneo ad assumere i contenuti necessari per dedurre detta violazione, impingendo piuttosto in una sollecitazione alla rivalutazione della quaestio facti non consentita a questa Corte, vigente il n. 5 dell’art. 360 c.p.c. secondo l’esegesi fornitane dalle note sentenze delle Sezioni Unite. nn. 8053 e 8054 del 2014.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella versata per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione che liquida in € 6000 (oltre € 200 per esborsi), più accessori e spese generali al 15 %.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile del 7