Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2789 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2789 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23012/2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME EMAIL;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, NOME e NOME, la prima in proprio e tutti in qualità di eredi di NOME, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME EMAIL;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali nonché
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME (EMAIL;
– controricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
avverso la sentenza n. 735/2022 della CORTE D’APPELLO DI BRESCIA, depositata il 15/6/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
ritenuto che,
con sentenza resa in data 15/6/2022, la Corte d’appello di Brescia, tra le restanti statuizioni, ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha condannato RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni subiti da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (la prima in proprio e tutti in qualità di eredi di NOME COGNOME) in conseguenza dell’incendio dell’immobile originariamente concesso in locazione da NOME COGNOME e NOME COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE;
con la stessa decisione, la corte territoriale ha altresì confermato la decisione del primo giudice nella parte in cui ha condannato la RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE.a.sRAGIONE_SOCIALE al parziale pagamento di tale risarcimento in favore di Generali Italia s.p.a. (surrogatasi nel credito risarcitorio degli originari attori limitatamente a quanto agli stessi precedentemente corrisposto), nonché nella parte in cui ha accertato l’obbligo di UnipolSai Assicurazioni s.p.a. di manlevare RAGIONE_SOCIALE da quanto tenuto a versare alle controparti;
a fondamento della decisione assunta, per quel che ancora rileva in questa sede, la corte territoriale ha evidenziato la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui aveva accertato la responsabilità risarcitoria della RAGIONE_SOCIALE in assenza di alcuna prova idonea ad attestare la riconducibilità dell’incendio dell’immobile locato ad una specifica causa non imputabile alla società conduttrice, sottolineando, inoltre, la congruità dell’importo risarcitorio stimato dal primo giudice, avendo lo stesso fondato la propria decisione sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio pienamente corretta e condivisibile, avuto particolare riguardo alla necessità di disporre l’integral e riparazione del danno subito dai locatori;
avverso la sentenza d’appello, Vae COGNOME di Serturini Ennio e RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d ‘ impugnazione;
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (la prima in proprio e tutti in qualità di eredi di NOME COGNOME) resistono con controricorso, proponendo, a loro volta, ricorso incidentale sulla base di un unico motivo di impugnazione;
Generali RAGIONE_SOCIALE s.p.a. resiste con controricorso;
RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese in questa sede; la società ricorrente, da un lato, e NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (la prima in proprio e tutti in qualità di eredi di NOME COGNOME) hanno depositato memoria;
considerato che,
con il primo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione di norme di diritto in particolare degli artt. 1588, 1218 cc, nonché dell’art. 2729 cc. anche con riferimento all ‘ art. 116 c.p.c., nonché alle risultanze probatorie su un fatto decisivo della controversia (in relazione all’ art. 360 nn. 3 e 5
c.p.c.), per avere la corte territoriale omesso di tener conto delle doglianze svolte dall’odierna ricorrente in ordine agli obblighi di custodia e alla diligenza della società conduttrice, con particolare riguardo al valore significativo degli indici d ‘ indole presuntiva richiamati in ricorso, di per sé idonei a comprovare l’effettiva natura di causa fortuita, imprevedibile e inevitabile, dell’incendio sviluppatosi a carico dell’immobile locato, come tale non imputabile a carico del conduttore, ai sensi dell’art. 1588 c.c.;
il motivo è inammissibile;
d ev’essere preliminarmente rilevata l’inammissibilità dell’evocazione , da parte della società ricorrente, del vizio di cui all’art. 360, n. 5 c.p.c., avendo la corte territoriale confermato la sentenza di primo grado sulla base delle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, indicate a fondamento della decisione impugnata, con la conseguente applicazione del divieto di cui all’art. 348ter c.p.c. ai sensi del quale, in presenza di una doppia decisione conforme in fatto, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) del primo comma dell’articolo 360;
del pari inammissibile deve ritenersi la denunciata violazione dei parametri normativi richiamati dalla ricorrente;
al riguardo, varrà sottolineare come, attraverso la proposizione del motivo in esame, la società ricorrente -lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle norme di legge richiamate -sì si è limitata ad allegare un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo , della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è
possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione, neppure coinvolgendo, la prospettazione critica della ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso, insistendo propriamente la stessa nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo ;
nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ ubi consistam delle censure sollevate dall’odierna ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti e dei fatti di causa;
si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;
ciò posto, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 n. 5 c.p.c. ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;
la descritta struttura dell’illustrazione evidenzia come la censura di violazione dell’art. 2729 c.c. risulti dedotta senza rispettare i criteri indicati a suo tempo, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto, dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 1785 del 2018 (cfr. i parr. 4 e ss.);
da ultimo, dev’essere rimarcata l’inammissibilità della censurata violazione degli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c.;
al riguardo, varrà evidenziare come la censura illustrata dalla ricorrente non contenga alcuna denuncia del paradigma dell’art. 2697 c.c. e di quello dell’art. 116 c.p.c., essendosi l’istante sostanzialmente limitata a denunciare, ancora una volta, una pretesa erronea valutazione di risultanze probatorie;
sul punto, è appena il caso di richiamare il principio fatto proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità, ai sensi del quale la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni, mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell ‘ art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla ‘ valutazione delle prove ‘ . A sua volta, la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo ‘ prudente apprezzamento ‘ , pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza
probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (cfr., ex plurimis , Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 02; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26769 del 23/10/2018, Rv. 650892 – 01);
con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1589 c.c. in relazione agli artt. 1223 e 1908 c.c. (riguardo all’ art. 360 nn. 3 e c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che, nel caso di specie, il quantum risarcibile non dovesse essere contenuto nei limiti di valore del bene danneggiato, dovendo, per converso, avere per oggetto l’intero pregiudizio, ed essere quindi corrisposto in base al valore di ricostruzione dell’immobile e non a quello riconoscibile all’epoca dell’incendio , e per aver omesso di verificare un fatto decisivo quale la tipologia dell’intervento di sistemazione in ragione dei quattro diversi computi metrici dei vari periti di parte, con conseguenze sulla quantificazione del danno;
il motivo è inammissibile;
d ev’essere in primo luogo rilevata, anche in relazione a questo secondo motivo, l’inammissibilità dell’evocazione del vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. operata dalla ricorrente in relazione alla seconda parte del motivo, trattandosi, ancora una volta, della contestazione, sotto il profilo del vizio di motivazione, di una c.d. doppia decisione conforme di merito che, ai sensi dell’art. 348ter c.p.c. limita l’ammissibilità della
critica della decisione d’appello ai soli vizi diversi dal n. 5 dell’art. 360 c.p.c.;
nel resto, la censura in esame, lungi dal concentrarsi sulla disamina della questioni di diritto in ipotesi prospettabili, si esaurisce nell’evocazione di una serie di risultanze probatorie di cui viene lamentata l’erronea od omessa valutazione, ancora una volta secondo i termini di un’impostazione critica non consentita in sede di legittimità;
peraltro, tali doglianze appaiono argomentate senza il preliminare rispetto degli oneri di allegazione, anche indiretti, imposti dall’art. 366 n. 6 c.p.c.;
al riguardo, osserva il Collegio come, sulla base del principio di necessaria e completa allegazione del ricorso per cassazione ex art. 366 n. 6 c.p.c. (valido oltre che per il vizio di cui all’art. 360, comma primo, n. 5 anche per quelli previsti dai nn. 3 e 4 della stessa disposizione normativa), il ricorrente che denunzia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non può limitarsi a specificare soltanto la singola norma di cui, appunto, si denunzia la violazione, ma deve indicare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività di detta violazione (cfr. Sez. L, Sentenza n. 9076 del 19/04/2006, Rv. 588498);
siffatto onere sussiste anche allorquando il ricorrente affermi che una data circostanza debba reputarsi comprovata dall’esame degli atti processuali, con la conseguenza che, in tale ipotesi, il ricorrente medesimo è tenuto a fornire nel ricorso l’indicazione specifica e, dunque, puntuale degli atti del processo idonei ad attestare, in relazione al rivendicato diritto, la sussistenza delle circostanze affermate, non potendo limitarsi alla parziale e arbitraria riproduzione di singoli periodi estrapolati dagli atti processuali propri o della controparte;
è appena il caso di ricordare come tali principi abbiano ricevuto l’espresso avallo della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte (cfr., per tutte, Sez. Un., Sentenza n. 16887 del 05/07/2013), le quali, dopo aver affermato che la prescrizione dell’art. 366, n. 6, c.p.c., è finalizzata alla precisa delimitazione del thema decidendum , attraverso la preclusione per il giudice di legittimità di porre a fondamento della sua decisione risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai documenti specificamente indicati dal ricorrente, onde non può ritenersi sufficiente in proposito il mero richiamo di atti e documenti posti a fondamento del ricorso nella narrativa che precede la formulazione dei motivi (Sez. Un., Sentenza n. 23019 del 31/10/2007, Rv. 600075), hanno poi ulteriormente chiarito che il rispetto della citata disposizione del codice di rito esige che sia specificato in quale sede processuale nel corso delle fasi di merito il documento, pur eventualmente individuato in ricorso, risulti prodotto, dovendo poi esso essere anche allegato al ricorso a pena d’improcedibilità, in base alla previsione del successivo art. 369, comma 2, n. 4 (cfr. Sez. Un., Sentenza n. 28547 del 02/12/2008 (Rv. 605631); con l’ulteriore precisazione che, qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito e si trovi nel fascicolo di parte, l’onere della sua allegazione può esser assolto anche mediante la produzione di detto fascicolo, ma sempre che nel ricorso si specifichi la sede in cui il documento è rinvenibile (cfr. Sez. Un., Ordinanza n. 7161 del 25/03/2010, Rv. 612109, e, con particolare riguardo al tema dell’allegazione documentale, Sez. Un., Sentenza n. 22726 del 03/11/2011, Rv. 619317);
rimane in ogni caso pur sempre fermo che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. -quale corollario del requisito di specificità dei motivi –
anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non sia interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, non potendo tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (v. Sez. U, Ordinanza n. 8950 del 18/03/2022 (Rv. 664409 01);
con particolare riguardo all’ipotesi della deduzione di errores in procedendo (tali da legittimare l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito), varrà considerare come la stessa presupponga pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366, comma 1, n. 4 e n, 6, c.p.c., che deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (cfr. Sez. L, Ordinanza n. 3612 del 04/02/2022, Rv. 663837 -01; Sez. 1, Ordinanza n. 24048 del 06/09/2021, Rv. 662388 – 01);
nella violazione di tali principi deve ritenersi incorsa la ricorrente con il motivo d’impugnazione in esame, atteso che la stessa, nel dolersi
che la corte d’appello avrebbe erroneamente apprezzato gli elementi istruttori attestanti i termini dell’entità risarcitoria riconosciuta in favore della controparte dal giudice di merito, ha tuttavia omesso di fornire alcuna idonea e completa indicazione (né alcuna adeguata localizzazione negli atti nel processo) circa gli atti processuali e i documenti (e il relativo contenuto) comprovanti il ricorso effettivo di detto errore, con ciò precludendo a questa Corte la possibilità di apprezzare – ove mai ammissibile in sede di legittimità – la concludenza delle censure formulate al fine di giudicare la fondatezza del motivo d’impugnazione proposto;
con l’unico motivo del ricorso incidentale, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (la prima in proprio e tutti in qualità di eredi di NOME COGNOME) si dolgono della nullità della sentenza impugnata per avere la corte territoriale omesso di pronunciarsi sul motivo d’appello incidentale avanzato illo tempre dagli odierni ricorrenti in relazione al punto concernente la mancata condanna della UnipolSai Assicurazioni s.p.a. chiamata in causa da NOME COGNOME a indennizzare gli odierni ricorrenti anche in relazione alla perdita dei beni presenti all’interno dell’immobile incendiato, nonché in relazione alle conseguenze dannose derivate dalla sospensione dell’attività produttiva svolta all’interno di tale immobile;
il ricorso incidentale è inefficace;
al riguardo, osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, il ricorso incidentale tardivo proposto oltre i termini di cui agli artt. 325, comma 2, ovvero 327, comma 1, c.p.c., è inefficace qualora il ricorso principale per cassazione sia inammissibile, senza che, in senso contrario rilevi che lo stesso sia stato proposto nel rispetto del termine di cui all’art. 371, comma 2, c.p.c. (quaranta giorni dalla notificazione del ricorso
principale) (cfr., ex plurimis , Sez. 5, Ordinanza n. 17707 del 22/06/2021, Rv. 661757 – 01);
nel caso di specie, rilevata l’inammissibilità dei motivi proposti con il ricorso principale, il ricorso incidentale, avendo assunto natura di impugnazione incidentale tardiva (tenuto conto dell’avvenuta notificazione del ricorso principale in data 16/9/2022, ossia nell’ ultimo giorno utile del termine breve per l’impugnazione della sentenza d’appello notificata in data 17/6/2022), dev’essere dichiarato inefficace;
sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso principale e l’inefficacia del ricorso incidentale;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo anche con riguardo alle spese da riconoscere in favore dei ricorrenti incidentali;
a tale ultimo riguardo, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, il ricorso incidentale tardivo è inefficace ai sensi dell’art. 334, secondo comma, cod. proc. civ., con la conseguenza che la soccombenza va riferita alla sola parte ricorrente in via principale, restando irrilevante se sul ricorso incidentale vi sarebbe stata soccombenza del controricorrente, atteso che la decisione della Corte di cassazione non procede all’esame dell’impugnazione incidentale e dunque l’applicazione del principio di causalità con riferimento al decisum evidenzia che l’instaurazione del giudizio è da addebitare soltanto alla parte ricorrente principale (Sez. 3, Sentenza n. 4074 del 20/02/2014, Rv. 630196 – 01);
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso
principale, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace il ricorso incidentale.
Condanna la ricorrente principale al rimborso, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate, quanto alla Generali Italia s.p.a., in complessivi euro 4.000,00 oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge e, quanto alle parti ricorrenti incidentali, in complessivi euro 5.000,00 oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione