Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 837 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 837 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16989/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO
COGNOME presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che l a rappresenta e difende;
-controricorrente-
sul controricorso incidentale proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME, COGNOME;
-ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 1347/2022 depositata il 27/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con decreto ingiuntivo n. 916/2018 il Tribunale di Monza ingiungeva al Sig. NOME COGNOME di pagare alla Banca di Credito Cooperativo di Milano Soc. Coop., la somma di € 747.500,00, oltre interessi, di cui € 387.500,00 nella sua qualità di fideiussore della RAGIONE_SOCIALE ed € 360.000,00 nella sua qualità di fideiussore della RAGIONE_SOCIALE
NOME COGNOME proponeva opposizione eccependo l’illegittimità e l’infondatezza del credito azionato, stante l’inesigibilità e la nullità delle fideiussioni indebitamente escusse.
Con sentenza 1646/2021, il Tribunale di Monza, rigettava l’opposizione.
Con la sentenza n. 1347/2022 del 27 aprile 2022, la Corte d’Appello di Milano, ha preliminarmente rigettato la richiesta del COGNOME di riunione ad altro giudizio pendente innanzi la stessa Corte e avente ad oggetto l’azione revocatoria di un fondo patrimoniale, instaurata dall’istituto di credito nei confronti del
COGNOME. Nel merito, dopo aver qualificato come contratto autonomo di garanzia riteneva assorbite le questioni relative alla nullità per violazione della normativa antitrust e, conseguentemente, rigettava l’appello del COGNOME.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di 4 motivi.
3.1. Resistono con controricorso RAGIONE_SOCIALE e controricorso, con ricorso incidentale, con un motivo la Banca di Credito Cooperativo di Milano – Società Cooperativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo, parte ricorrente lamenta la nullità della sentenza ex art. 360 primo comma n. 4 c.p.c. per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.
La legittimità della sentenza è censurabile in quanto fondata su un elemento probatorio non risultante dalla documentazione in atti, e segnatamente su una clausola contrattuale diversa da quella effettivamente pattuita tra le parti. La circostanza configura una chiara violazione degli art. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c. Invero, il Giudice di seconde cure ha basato la propria decisione su una clausola che non corrisponde a quella pattuita inserita nei contratti fideiussori oggetto di causa, attribuendo erroneamente a tali contratto natura di garanzia a prima richiesta. Tale errore interpretativo risulta determinante per l’esito della controversia perché ha condotto ad una qualificazione giuridica non conforme alla volontà delle parti e alla disciplina contrattuale applicabile.
4.2. Con il secondo motivo, denuncia la violazione ex art. 360 primo comma n. 5 c.p.c. per violazione e falsa applicazione degli art. 115 e 116 c.p.c. in relazione alla valutazione delle risultanze istruttorie.
La Corte ha omesso l’esame di un fatto storico, principale o secondario, laddove ha qualificato le fideiussioni oggetto di causa
come garanzia a prima richiesta, fondando tale qualificazione su una clausola che, tuttavia, non corrisponda a quella effettivamente pattuita nei contratti in questione.
4.3. Con il terzo motivo, denuncia la Violazione di legge ex art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e degli artt. 1363 e 1366 e 1370, 1936 e 1957 c.c., in ordine alla interpretazione dei contratti di fideiussione di cui è causa. Denuncia l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta del contratto di fideiussione omnibus, laddove la sentenza attribuisce centrale importanza, nella propria motivazione, alla qualificazione delle fideiussioni di cui è causa quali garanzie ‘a prima richiesta’; e ciò sulla base di alcune clausole che, a parere della Corte Territoriale, sarebbero idonee a qualificare detti contratti come garanzie autonome.
4.4. Con il quarto motivo, denuncia la nullità della sentenza ex art. 360 primo comma n. 4 c.p.c. in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. e all’art. 1957 c.c. Lamenta un vizio estrinseco della motivazione, laddove la stessa Corte Territoriale, nel ritenere sufficiente, ai fini dell’onere di cui all’art. 1957 c.c. la semplice richiesta stragiudiziale in luogo della domanda giudiziale, pur affermando espressamente che l’azione giudiziale dovesse essere comunque proposta entro un temine ragionevole, non ha preso in considerazione la circostanza che controparte non ha mai dato prova di aver promosso l’azione giudiziale nei confronti del debitore principale, né tantomeno di averla effettivamente introdotta in un termine ‘ragionevole’.
I quattro motivi di ricorso che possono essere esaminati congiuntamente stante la loro connessione, sono inammissibili. Il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di
interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Tra le tante Cass. 9461/2021).
L’interpretazione degli atti negoziali – che è riservata al giudice del merito è incensurabile in sede di legittimità ove rispettosa dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e sorretta da motivazione immune da vizi come nel caso di specie.
Per il resto le censure sollevate mirano esclusivamente ad accreditare una ricostruzione della vicenda e, soprattutto, un apprezzamento delle prove raccolte del tutto divergente da quello compiuto dai giudici di merito. Nel giudizio di legittimità non sono proponibili censure dirette a provocare una nuova valutazione delle risultanze processuali, diversa da quella espressa dal giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze che ritenga più attendibili ed idonee nella formazione dello stesso, essendo sufficiente, al fine della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il convincimento nell’accertamento dei fatti su cui giudicare si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti. Non essendo questa Corte giudice sul fatto, il ricorrente non può pertanto limitarsi a prospettare una lettura delle prove ed una ricostruzione dei fatti diversa da quella compiuta dal giudice di merito, svalutando taluni elementi o valorizzando altri ovvero dando ad essi un diverso significato, senza dedurre specifiche violazioni di legge ovvero incongruenze di motivazione tali da rivelare una difformità evidente della valutazione compiuta dal
giudice rispetto al corrispondente modello normativo. Questa Corte ha invero già avuto modo, anche di recente, di osservare che il vizio di motivazione può essere dedotto in sede di legittimità e sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulti dalla sentenza, sia riscontrabile il deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può, invece, consistere in un apprezzamento in senso difforme da quello preteso dalla parte, una volta considerato che l’art. 360 c.p.c., n. 5, non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa. E Comunque, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito.
Occorre passare, quindi, all’esame del ricorso incidentale proposto dalla Banca di Credito Cooperativo di Milano con il quale denuncia la violazione falsa applicazione degli articoli 324 c.p.c. e 2909 c.c. per errata valutazione degli effetti del giudicato.
Denuncia che la corte d’appello di Milano senza alcuna motivazione ha affermato che la pronuncia sull’eventuale estinzione della garanzia avrebbe potuto, comunque, produrre i suoi effetti su un capo della sentenza passata in giudicato. Tale affermazione è in contrasto con il concetto di giudicato.
Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c. in quanto formulato in modo non conforme alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6 c.p.c., stante l’inosservanza dei principi di specificità, anche declinato secondo le indicazioni della sentenza CEDU 28 ottobre 2021, COGNOME e altri c/ Italia, la quale ha ribadito, in sintesi, che il fine legittimo, in linea generale ed astratta, del principio di autosufficienza del ricorso è la semplificazione dell’attività del giudice di legittimità unitamente alla garanzia della certezza del diritto e alla corretta amministrazione della giustizia, investendo questa Corte del compito di non farne una interpretazione troppo formale che limiti il diritto di accesso ad
un organo giudiziario, esso può dirsi soddisfatto solo se la parte riproduce il contenuto del documento o degli atti processuali su cui si fonda il ricorso e se sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (vedi Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950): requisito che può essere concretamente soddisfatto anche fornendo nel ricorso, in ottemperanza dell’art. 369, comma 2°, n. 4 cod. proc. civ., i riferimenti idonei ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati rispettivamente, i documenti e gli atti processuali su cui il ricorso si fonda’ (Cass. 19/04/2022, n. 12481); Nel caso di specie tali adempimenti sono stati del tutto omessi.
Attesa la reciproca soccombenza va disposta la compensazione tra i ricorrenti, in via principale e incidentale, delle spese del giudizio di cassazione.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi, principale e incidentale. Compensa tra i ricorrenti, in via principale e incidentale, le spese del giudizio di cassazione. Condanna i ricorrenti, in via principale e incidentale, al solidale pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 11.200,00, di cui euro 11.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per i rispettivi ricorsi, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza