Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18677 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18677 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 25130/2021 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difes o dall’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente
–
-contro-
COGNOME rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 1642 /2021, pubblicata il 29 giugno 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/06/2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME conveniva in giudizio avanti il Tribunale di Bologna NOME COGNOME sua ex compagna di vita, perché costei, dopo essersi impegnata ad acquisire al prezzo di € 800.000 la quota minoritaria del 30% (o maggiore o minore a di lei scelta) del capitale della RAGIONE_SOCIALE (ragione sociale poi variata in NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE – in fase di start-up di cui il COGNOME ne era allora titolare), subito dopo la rottura del loro rapporto sentimentale, accampando pretesti, aveva preteso la restituzione di 260.000 euro, dichiarando di averli versati tutti a titolo di prestito personale.
L’attore chiedeva il risarcimento dei danni conseguenti all’ingiustificato inadempimento della convenuta che, facendo mancare risorse finanziarie ingenti, aveva causato un vero e proprio blocco della fase preliminare del core business (ideazione, produzione e vendita di scarpe da donna di lusso con tacchi di vetro di Murano ) , cioè della fase di realizzazione dei campionari, precludendo l’avvio dell’impresa.
Il Tribunale rigettava la domanda.
Con sentenza n. 1642 pubblicata il 29 giugno 2021 la Corte d’appello rigettava l’appello del Rapiti , per la mancata prova del contenuto dell’accordo di cessione nei sui elementi essenziali e del termine d’adempimento.
NOME COGNOME ricorre in cassazione avverso quest’ultima sentenza, con sei motivi, illustrati da memoria. NOME COGNOME resiste con controricorso.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1458, 2033 e 2697, cc e 115 e 116, cpc i n relazione all’art. 360 nn. 3, cpc e degli artt. 99 e 112 ,cpc, i n relazione all’art. 360 nn. 4
cpc, per aver la Corte d’appello violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2033 e 2697, cc e 115, comma 1, cpc in relazione all’art. 360 n. 3, c pc per aver la Corte d’appello dichiarato la mancanza di prova del contratto nonostante la convenuta/appellata ne abbia riconosciuto l’esistenza, avendo essa addirittur a versato l’acconto di € 200.000, dandovi principio di esecuzione, e nonostante ne abbia chiesto la risoluzione per inadempimento della controparte.
Il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2729 cc, 116 cpc, in relazione all’art. 360 n. 3, c pc per avere la Corte territoriale valorizzato l’inesistenza di un documento impegnativo per il Rapiti (quando un simile documento non è richiesto dalla legge e avrebbe dovuto regolare rapporti tra persone legate sentimentalmente) ed, invece, ignorato l’esistente documento impegnativo per la Costa (cioè della contabile bancaria del versamento di € 200.000 che indica espressamente che non si trattava di un prestito bensì dello ‘acconto acquisizione q uota societaria RAGIONE_SOCIALE , prova certa dell’esistenza di obbli ghi contrattuali.
Il quarto motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, cc e 115 e 116, c pc in relazione all’art. 360 n. 3 , cpc per avere la Corte territoriale dichiarato che mancava la prova che il Rapiti avesse immesso nelle casse della RAGIONE_SOCIALE l’acconto di € 200.000 ricevuti dalla Costa, pur avendo riconosciuto che aveva versato ufficialmente nelle casse sociali della stessa società i danari per coprire le perdite 2016 (€ 46,166) e per ricostituirne il capitale eroso (€ 50.000), omettendo, però, di considerare il versamento iniziale di € 25.000 a titolo di conferimento (al momento della sua costituzione) ed il fatto che le start-up , non avendo entrate, hanno solo costi e spese e
di norma sostengono tutti i costi operativi (in relazione ai quali vengono emessi regolari documenti fiscali) senza, però, registrarli in contabilità, evitando così di generare perdite di bilancio.
Il quinto motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1183, 1453, 1476, 1498 e 2697, cc e 115 e 116, cpc i n relazione all’art. 360 nn. 3 cpc, per avere la Corte d’appello considerato la COGNOME, e non il COGNOME, creditore della prestazione (del versamento di € 540.000 quale residuo prezzo della quota societaria venduta) quando, invece, la COGNOME sarebbe diventata creditrice (della intestazione nei pubblici registri della proprietà della quota) solo dopo aver versato il saldo prezzo e per aver ritenuto la COGNOME e non NOME COGNOME il soggetto creditore cui era demandata e riservata la valutazione dell’eventuale superamento del limite di tolleranza.
Il sesto motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1243 cc, 115 e 116, cpc , in relazione all’art. 360 n. 3 c pc, per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che la contestazione sull’ an e sul quantum costituiva l’ostacolo per la compensazione legale tra i rispettivi debiti (60.000 di NOME COGNOME e 600.000 di NOME COGNOME) non sussistendo alla data del 23 febbraio 2016 (giorno del versamento dell’acconto prezzo per l’acquisizione della quota societaria di € 200.000 da parte di NOME COGNOME) contestazioni né sull’ an e né sul quantum e per aver ignorato che solo l’espressa rinuncia, da documentarsi in giudizio, della stessa COGNOME all’istituto della compensazione legale avrebbe potuto impedire la cancellazione in capo al Rapiti del debito/pres tito di € 60.000 .
Il ricorso è improcedibile per mancato deposito (neanche da parte della controricorrente) della relazione di notifica della sentenza impugnata.
In tema di giudizio per cassazione, quando la sentenza impugnata sia stata notificata ed il ricorrente abbia depositato la sola copia autentica
della stessa priva della relata di notifica il difetto di procedibilità, di cui all’art. 369 cpc, deve essere rilevato anche d’ufficio non potendo il vizio ritenersi sanato dalla mancata contestazione da parte della controricorrente, perché l’improcedibilità trova la sua ragione nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo che ostacola la stessa sequenza di avvio di un determinato processo (Cass., n. 27313/2024; n. 17014/2024; SU, n. 21349/2022).
Nella specie, lo stesso ricorrente non indica in ricorso di avere depositato la notifica della sentenza; né è stata rispettata la prova di resistenza della notifica del ricorso nei 60 giorni dalla pubblicazione della sentenza (pubblicazione 29/6/21; 60 giorni scadenti il 28/9/21, il ricorso notificato il 1°/10/21).
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 7.700,00 di cui 200,00 per esborsi- oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 19 giugno 2025.