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Ricorso assemblato: quando è inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per violazione del principio di sinteticità. L’atto, definito come “ricorso assemblato”, consisteva nella riproduzione integrale di documenti precedenti senza una chiara esposizione dei fatti essenziali, rendendo impossibile per la Corte comprendere le censure mosse. La decisione riafferma la necessità di redigere ricorsi chiari e autosufficienti, pena la loro inammissibilità.

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Ricorso Assemblato: la Cassazione ribadisce l’inammissibilità per mancanza di sintesi

La chiarezza e la sintesi non sono mere questioni di stile nella redazione degli atti giudiziari, ma requisiti di ammissibilità essenziali. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio ormai consolidato: il cosiddetto ricorso assemblato, ovvero un atto che si limita a riprodurre pedissequamente documenti e atti precedenti, è inammissibile. Questa pronuncia offre spunti fondamentali sull’importanza di una corretta tecnica di redazione per garantire l’effettiva tutela dei diritti nel processo.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un processo esecutivo immobiliare. I debitori avevano presentato un reclamo per ottenere la dichiarazione di estinzione della procedura, sostenendo che fosse stata riassunta tardivamente. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le loro richieste. Di conseguenza, i debitori proponevano ricorso per Cassazione avverso la sentenza di secondo grado. La società creditrice, a sua volta, resisteva con un controricorso, presentando anche un ricorso incidentale condizionato.

La Questione del Ricorso Assemblato e la Violazione della Legge

Il nodo centrale della questione non ha riguardato il merito della tardiva riassunzione, ma un vizio procedurale preliminare e assorbente: la modalità di stesura del ricorso principale. La Suprema Corte ha qualificato l’atto come un ricorso assemblato, evidenziando come la parte dedicata all’esposizione dei fatti, lunga ben 35 pagine, fosse una mera riproduzione integrale degli atti difensivi precedenti e delle conclusioni avversarie.

Mancava completamente un’esposizione sintetica e organizzata, una narrazione chiara dei fatti di causa essenziali per comprendere le doglianze formulate. Secondo i giudici, questo modo di procedere viola apertamente l’articolo 366, comma 1, n. 3 del codice di procedura civile, che impone una “chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso”.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità basandosi su un indirizzo giurisprudenziale consolidato, reso ancora più stringente dalla nuova formulazione della norma. L’esposizione dei fatti non deve essere solo chiara, ma anche limitata agli elementi cruciali per la comprensione dei motivi, e non integrale.

Nel caso specifico, l’atto era privo di:

1. Un discorso linguistico organizzato: mancava una concatenazione sintattica di frasi e periodi che guidasse il lettore attraverso la vicenda processuale.
2. Un’opera di sintesi: non erano stati individuati e selezionati i fatti e gli atti processuali davvero rilevanti, ma era stato riprodotto tutto acriticamente.

Questa carenza strutturale ha reso impossibile, anche attraverso la lettura dei motivi, ricostruire lo svolgimento concreto del processo esecutivo. Ad esempio, non era chiaro in quale fase si trovasse la procedura, se fosse stato emesso un formale provvedimento di sospensione o perché un’udienza non si fosse tenuta. Tali elementi erano, invece, indispensabili per valutare la fondatezza delle censure. L’inosservanza del requisito di sinteticità e chiarezza, conclude la Corte, pregiudica l’intellegibilità delle questioni, rendendo oscura l’esposizione e confuse le censure, ponendosi in contrasto con l’obiettivo del processo di assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa.

Conclusioni

La decisione della Cassazione è un monito per tutti gli operatori del diritto. La redazione di un ricorso non può essere un semplice “copia e incolla” di atti precedenti. È un’operazione intellettuale che richiede selezione, sintesi e chiarezza espositiva. Il principio di autosufficienza impone che l’atto contenga in sé tutti gli elementi per essere compreso e deciso, senza che il giudice debba affannosamente cercare altrove le informazioni necessarie. Un ricorso assemblato non solo appesantisce il lavoro dei giudici, ma soprattutto danneggia la parte assistita, portando a una declaratoria di inammissibilità che preclude l’esame nel merito delle proprie ragioni.

Cos’è un “ricorso assemblato” secondo la Cassazione?
È un ricorso che, invece di fornire una sintesi chiara ed essenziale dei fatti, si limita a riprodurre integralmente altri atti processuali e documenti, violando il requisito di chiarezza e sinteticità imposto dalla legge.

Qual è la principale conseguenza della presentazione di un ricorso assemblato?
La conseguenza è la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Ciò significa che la Corte non esamina il merito della questione, ma rigetta l’atto per un vizio di forma, con condanna al pagamento delle spese legali.

Perché un’esposizione non sintetica dei fatti pregiudica il diritto di difesa?
Perché un’esposizione confusa e non selettiva dei fatti rende oscuro il ricorso e incomprensibili le censure mosse alla sentenza impugnata. Questo impedisce alla Corte di valutare correttamente le questioni sollevate, ponendosi in contrasto con l’obiettivo del giusto processo di assicurare un’effettiva tutela.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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