Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22153 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22153 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/07/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 19081/2022 R.G.
proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, sia congiuntamente che disgiuntamente, dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME nonché dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente
contro
NOME COGNOME in proprio e quale trustee di NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’ avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
contro
ricorrente
avverso l ‘ordinanza della Corte d’appello di Torino, pubblicata il 10/06/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Torino con l’ordinanza indicata in epigrafe , accertava e dichiarava che la sentenza della Supreme Court of British Columbia del 16/11/2020 come integrata dalla decisione del 22/02/2021,
passata in giudicato, esecutiva e registrata il 19/04/2021, resa nel procedimento RAGIONE_SOCIALE, 2020 BCSC 1730 (n. S-166959), possedeva i requisiti per il riconoscimento di cui all’art. 64 l. n. 218 del 1995, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 67, comma 1, l. n. 218 del 1995 (dichiarando non luogo a provvedere sull’istanza di sequestro conservativo inaudita altera parte ).
Avverso tale statuizione ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE affidato a quattro motivi di ricorso.
L’intimat o si è difeso con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 64 l. n. 218 del 1995, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione al mancato rilievo di una violazione dei principi di ordine pubblico sostanziale.
La ricorrente ha, in particolare, dedotto che il giudice straniero ha riconosciuto efficacia vincolante fra le parti ad un Memorandum of Understanding (di seguito, MOU) che RAGIONE_SOCIALE e Oswald avevano sottoscritto in data 11/07/2015, condannando conseguentemente la società ad acquistare le azioni di ICTC, che di tale MOU erano oggetto, e a pagarne il relativo prezzo. Tuttavia, secondo la parte, era sufficiente leggere il MOU per avvedersi di come lo stesso non avesse affatto quell’efficacia vincolante e quel valore di contratto impegnativo che la corte canadese aveva ritenuto di attribuirgli , tant’è che l’ COGNOME non aveva prodotto nel presente procedimento tale documento, onde evitare che i Giudici italiani si avvedessero del fatto che esso non era affatto un ‘contratto di diritto canadese stipulato in Canada’, ma piuttosto un semplice memorandum , scambiato via whatsapp da soggetti italiani e indiani, privo di ogni requisito e valore contrattuale.
Con il suddetto MOU, RAGIONE_SOCIALEprometteva di offrire’ ai signori COGNOME e COGNOME che insieme ad essa erano soci della ICTC, due opzioni. In via principale, la continuazione del rapporto sociale e, quale soluzione alternativa e di ripiego, il trasferimento delle azioni, nel caso di
mancato raggiungimento dell’accordo nel termine di 7 giorni, assicurando una valutazione minima di almeno CAD 3.109.368 per tali azioni. L’opzione ‘A’, che prevedeva la permanenza dei signori COGNOME e COGNOME nel Gruppo Hero, era, come detto, la principale. L’opzione ‘B’ era quella di uscita dei signori COGNOME e COGNOME, rispetto alla quale tuttavia le parti indicarono soltanto una valutazione minima, lasciando alla successiva trattativa la definizione di tutti gli altri elementi essenziali dell’accordo.
Secondo la ricorrente, n el MOU mancavano tanto l’espressa menzione di un obbligo d’acquisto (tale non essendo l’impegno a garantire una valutazione minima), quanto l’indicazione di un prezzo determinato (avendo previsto le parti soltanto un ‘valore minimo’), quanto infine la fissazione di un termine per l’adempimento . Mancavano, in altre parole, tutti gli elementi essenziali di quella tipologia contrattuale -il contratto preliminare di trasferimento di azioni -che il giudice canadese aveva, invece, ritenuto esistente e vincolante fra le parti.
In tale ottica, la ricorrente ha dedotto che il riconoscimento in Italia di una sentenza che attribuisce efficacia vincolante ad un documento privo dei minimi requisiti di forma e contenuto per poter essere definito ‘contratto’, e che sulla base di mere speculazioni finisce per condannare una parte, che tale obbligazione mai ha assunto, ad acquistare quote societarie per quasi 2,5 milioni di euro, si pone in contrasto con i principi essenziali del nostro ordinamento.
Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 64 l. n. 218 del 1995 , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione al mancato rilievo di una violazione dei principi di ordine pubblico processuale.
Secondo la ricorrente, dalla lettura della sentenza della Supreme Court of British Columbia emerge che la Corte nordamericana ha dato un peso abnorme, non alle dichiarazioni di soggetti terzi, bensì a quelle degli stessi signori COGNOME e COGNOME pervenendo ad un’interpretazione contra
litteram del MOU, proprio sulla base delle affermazioni delle stesse parti che quella lettura avevano interesse a propugnare.
Secondo la ricorrente, per superare il dato palese che il MOU non conteneva alcun impegno di Start Up all’acquisto delle azioni di ICTC, il giudice canadese ha fatto ampio ricorso e affidamento alle dichiarazioni dei signori COGNOME e COGNOME addirittura privilegiandole rispetto a quelle di ‘veri’ testimoni, ritenuti meno attendibili di loro. A sostegno di tale argomento, la ricorrente ha riportato, a titolo esemplificativo, alcune brevi frasi estratte dalla decisione del giudice straniero.
La ricorrente ha dedotto che i l continuo riferimento alle ‘testimonianze’ dei signori COGNOME e COGNOME, richiamate e poste a base della decisione pressoché su tutti i punti in discussione, e addirittura il fatto che le loro dichiarazioni, ontologicamente ‘di parte’, siano state ritenute in diversi casi più attendibili di quelle dei testimoni terzi portati dalla RAGIONE_SOCIALE era un tratto distintivo della sentenza straniera, che aveva pregiudicato il diritto di difesa della società, la quale si era vista condannare, non in ragione del contenuto del MOU, ma in forza della ‘credibilità’ che la Corte nordamericana aveva ritenuto di attribuire alle dichiarazioni della sua controparte.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2932 c.c., oltre che degli artt. 12, 64 e 67 l. n. 218 del 1995 , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione alla ritenuta eseguibilità in Italia del capo della decisione straniera relativo al pagamento del prezzo di acquisto, indipendentemente dal trasferimento della proprietà delle azioni.
La ricorrente ha affermato che occorre tenere conto della indefettibile funzione garantita nel nostro ordinamento, per quanto attiene all ‘ esecuzione degli obblighi derivanti da un contratto preliminare, dall’istituto racchiuso nell’art. 2932 c.c., disegnato al fine di garantire il rispetto del sinallagma contrattuale, che risulterebbe alterato se venisse consentito di agire in via esecutiva in Italia per il pagamento del prezzo, indipendentemente dalla realiz zazione dell’effetto traslativo del bene, cui il prezzo è
indissolubilmente collegato sul piano causale da un nesso di stretta e inscindibile corrispettività.
In tale ottica, per la ricorrente, la decisione della Corte d’appello era errata, nella parte in cui aveva affermato che il meccanismo previsto nelle statuizioni straniere del 16/12/2020 e del 22/02/2021 era ugualmente diretto a garantire, alla parte acquirente, tenuta a pagare il prezzo, la certezza di ottenere, in cambio, il trasferimento del bene acquistato, poiché la decisione del 16/12/2020 si limitava ad affermare che il MOU era un accordo vincolante e che obbligava RAGIONE_SOCIALE ad acquistare e il NOME a vendere le azioni in questione, al prezzo indicato, mentre il successivo o rder after trial del 22/02/2021, dichiaratamente emesso dal Giudice canadese al fine di indicare la ‘procedura di esecuzione’ del la decisione del 16/11/2020, non realizzava affatto l’automatico effetto traslativo della proprietà del bene, che era, infatti, subordinato ad un successivo adempimento della parte venditrice, la quale, dopo aver ricevuto il prezzo, avrebbe dovuto consegnare all’avvocato di RAGIONE_SOCIALE i moduli di trasferimento dei titoli.
La ricorrente ha evidenziato che l ‘COGNOME , nel ricorso depositato ai sensi dell’art. 67 l. n. 218 del 1995, aveva espressamente dichiarato il proprio intendimento di agire in via esecutiva in Italia per il pagamento del prezzo di acquisto delle azioni, anche se era pacifico che il trasferimento delle azioni non si era perfezionato, mentre si doveva tenere conto del fatto che, in applicazione dell’ art. 12 l. n. 218 del 1995, la procedura esecutiva non poteva che soggiacere alla disciplina processuale italiana, con la conseguenza che non poteva essere portato autonomamente ad esecuzione il capo della decisione relativo al prezzo di acquisto del bene, indipendentemente dalla realizzazione dell’effetto traslativo, come previsto dall’art. 2932 c.c.
In altri termini, secondo la ricorrente, nel nostro ordinamento, in siffatte ipotesi, non è consentito trasformare l’obbligazione di pagamento di prezzo in obbligazione pura, avulsa dal proprio fondamento causale rappresentato dal nesso di corrispettività che lega il prezzo al trasferimento
del dominio. Pertanto, NOME e NOME potevano procedere all’esecuzione nelle forme previste dal diritto canadese, secondo quanto stabilito nel provvedimento del 22/02/2021. Tuttavia, per procedere in via esecutiva in Italia, non potevano esimersi dal rispettare le forme, le procedure e i limiti strutturali propri del diritto italiano per l’esecuzione in forma specifica degli obblighi di concludere un contratto, stabiliti da ll’art. 2932 c.c.
Con il quarto motivo di ricorso è dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. , per avere la Corte d’appello omesso di considerare che la pronunzia straniera non era per sé idonea a produrre effetti traslativi delle azioni, con la conseguenza che non conteneva statuizioni suscettibili di esecuzione forzata di contenuto analogo a quelli che il Giudice italiano avrebbe emesso ex art. 2932 c.c.
La decisione impugnata ha riconosciuto l’efficacia esecutiva, ai sensi dell’art. 67 l. n. 218 del 1995 , de ll’or dinanza pronunciata il 16/11/2020 dalla Corte Suprema della Columbia Britannica, la quale ha statuito come segue:
il Memorandum of Understanding in data 11 luglio 2015 è un accordo vincolante;
il sig. COGNOME e il sig. COGNOME hanno diritto alla esecuzione in forma specifica del contratto di cui al Memorandum of Understanding in data 11 luglio 2015;
Start Up dovrà acquistare (i) le 7458 azioni di RAGIONE_SOCIALE detenute dal sig. COGNOME per proprio conto e (ii) le 392 azioni di RAGIONE_SOCIALE detenute dal sig. COGNOME a titolo fiduciario per il sig. COGNOME per l’importo complessivo di $ 3.109.368,00;
la domanda riconvenzionale di RAGIONE_SOCIALE è respinta.
Il Giudice straniero ha espressamente stabilito che le parti avevano facoltà di interloquire con lui, qualora non fossero state in grado di accordarsi in merito alla modalità di attuazione della sua ordinanza.
Non essendo intervenuto tale accordo, su ricorso dei signori COGNOME e COGNOME e nel contraddittorio con la Start Up, la Corte straniera ha, quindi, stabilito le modalità concrete per dare esecuzione all ‘ ordinanza del 16/11/2020 e, con sentenza orale, pronunciata il 22/02/2021, ha stabilito quanto segue:
La data di completamento dell’acquisto e della vendita delle azioni sarà il 1° marzo 2021 ( ‘ Closing Date ‘ );
Alla (o prima della) data di chiusura, Start Up pagherà il prezzo di acquisto di $ 3.109.368,00 dollari consegnando a McEwan Cooper Dennis RAGIONE_SOCIALE un bonifico bancario, un assegno bancario o un assegno fiduciario di un avvocato, pagabile a McEwan RAGIONE_SOCIALE, in trust;
Al ricevimento del prezzo di acquisto in conformità con il paragrafo b), COGNOME RAGIONE_SOCIALE consegnerà ai consulenti di RAGIONE_SOCIALE i moduli di procura per il trasferimento delle azioni attualmente in loro possesso.
In data 15/12/2021 il Cancelliere ha rilasciato “Certificato di sentenza” con cui ha attestato che il 16 novembre 2020, come ulteriormente integrato il 22 febbraio 2021, NOME COGNOME ha ottenuto una sentenza passata in giudicato ed esecutiva (registrata il 19 aprile 2021) contro RAGIONE_SOCIALE nell ‘azione sopra menzionata , che aveva ordinato a quest’ultima società di pagare $ 3.109.368,00 in cambio di 7.850 azioni di RAGIONE_SOCIALE detenute da NOME COGNOME.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
3.1. In ordine alla censura in questa sede riproposta, la Corte d’appello ha statuito come segue: «4.1. Sotto il primo profilo, va ricordato che in sede di riconoscimento dell’efficacia del provvedimento giurisdizionale estero ex art. 67 della L n. 218 del 199 5, la verifica della compatibilità con i principi di ordine pubblico internazionale deve riguardare esclusivamente gli effetti che l’atto è destinato a produrre nel nostro ordinamento e non anche la conformità alla legge interna di quella straniera posta a base della decisione, né è consentito alcun sindacato sulla correttezza giuridica della soluzione adottata. essendo escluso il controllo
contenutistico sul provvedimento di cui si chiede il riconoscimento. (Cassazione SSUU sentenza n. 9006 del 31.03.2021; vedi anche sez. 1 ord. n. 39391 del 10.12.2021 in relazione alla sentenza del giudice americano che ha condannato la Repubblica Islamica dell’Iran, quale corresponsabile del fatto, al risarcimento dei danni subiti dai familiari delle vittime dell’attentato delle torri gemelle di New York, in applicazione del “Foreign sovereign immunities act”). Non vi è pertanto alcuno spazio per la rivalutazione delle argomentazioni che hanno condotto il Giudice canadese a qualificare il MoU come contratto vincolante ed efficace tra le parti.»
3.2. La pronuncia si pone in linea con una consolidata giurisprudenza di questa Corte, che ha evidenziato come l ‘ art. 64 della l. n. 218 del 1995, che esclude il riconoscimento della sentenza straniera se le sue disposizioni “producono effetti contrari all’ordine pubblico”, non lascia al giudice investito della verifica alcun margine di valutazione sul merito della decisione adottata, essendogli devoluto solo il controllo estrinseco dell’atto, limitato al decisum , cioè al contenuto precettivo della statuizione, sia pure ricostruita alla luce della parte espositiva della motivazione, e ciò in ragione della ratio sottesa a tale disciplina, volta a favorire la circolazione delle sentenze straniere che, all’opposto, sarebbe pregiudicata se il giudizio di riconoscimento assumesse i connotati di un riesame di merito (così Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 8462 del 24/03/2023).
3.3. La ricorrente, pur richiamando tali principi, ha poi riproposto la propria tesi difensiva, contestando l’esito del giudizio che si è celebrato all’estero, rappresentando la non condivisione della decisione che ha attribuito carattere vincolante a quanto riportato nel Memorandum of Understanding dell’11/07/ 2015, sulla scorta di deduzioni in fatto, che neppure ha confrontato con il tenore della decisione contestata.
La censura si sostanzia nella manifestazione di un dissenso rispetto all’esito della decisione assunta dal giudice straniero, in sé inammissibile, supportata, peraltro, da argomenti volti ad ottenere una diversa valutazione in fatto, che non può essere richiesta in sede di legittimità.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
4.1. Occorre tenere presente che, con riferimento alla dedotta violazione del diritto di difesa, l a Corte d’appello ha statuito come segue: «4.2. Sotto il secondo profilo, connesso al primo in punto diritto, non può ravvisarsi alcuna violazione del diritto di difesa nel complesso e rigoroso ragionamento seguito dal Giudice canadese che ha esaminato tutte le testimonianze assunte valutandone per ciascuna la minore o maggiore attendibilità; quindi, neppure può effettuarsi il controllo contenutistico del provvedimento sotto il profilo del giudizio in tema di valutazione delle prove.»
Secondo la ricorrente, il giudice straniero ha violato il proprio diritto di difesa, perché ha fondato la decisione sulle mere allegazioni delle sue controparti, che ha ritenuto più attendibili dei testi escussi.
4.2. Questa Corte ha più volte affermato che, in tema di riconoscimento delle sentenze straniere, la verifica del requisito di cui all’art. 64, lett. b), l. n. 218 del 1995 implica l’accertamento dell’avvenuto rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento, anche relativi al procedimento formativo della decisione, con la precisazione che non è ravvisabile una violazione del diritto di difesa in ogni inosservanza di una disposizione della legge processuale straniera posta a tutela della partecipazione della parte al giudizio, ma solo in quella che, per la sua rilevante incidenza, abbia determinato una lesione del diritto di difesa rispetto all’intero processo, ponendosi in contrasto con l’ordine pubblico processuale (cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 17519 del 03/09/2015; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 3823 del 17/02/2010). E’ stato d’altronde chiarito che il concetto di ordine pubblico processuale è riferibile ai principi inviolabili posti a garanzia del diritto di agire e resistere in giudizio, non anche alle modalità con cui tali diritti sono regolamentati o si esplicano nelle singole fattispecie, e ciò anche alla stregua dell’orientamento della giurisprudenza unionale, secondo cui il diritto di difesa non costituisce una prerogativa assoluta, ma può soggiacere, entro certi limiti, a restrizioni (cfr. Cass., Sez. 6-1, Sentenza n. 17299 del 12/07/2013; Cass., Sez. 1, Sentenza n.
11021 del 09/05/2013; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 25064 del 16/09/2021).
4.3. Nel caso di specie, la parte non ha riportato il tenore della decisione straniera, neppure nelle parti decisive, in modo tale da poter riempire di contenuto la doglianza formulata, limitandosi a trascrivere brevissimi estratti della statuizione, che non consentono di comprendere l’iter logico-giuridico seguito dal giudice straniero, così formulando un motivo generico e non autosufficiente, in violazione dell’art. 366, comma 1, n n. 4 e 6, c.p.c.
5. Il terzo motivo di ricorso è infondato.
5.1. L a Corte d’appello ha statuito come segue: « 4.3. Infine, non si comprende come l’attribuzione di efficacia esecutiva alla sentenza canadese potrebbe raggirare il disposto dell’art. 2932 c.c. e, tanto meno, come il mancato eventuale rispetto di tale disciplina potrebbe essere ostativo al riconoscimento dei provvedimenti del Giudice canadese. Assume la parte che ‘ La norma è strutturata in modo da garantire il rispetto del sinallagma contrattuale e prevede, proprio per questo, che sia la sentenza a produrre direttamente l’effetto del contratto: nei contratti ad effetti traslativi della proprietà, questo meccanismo assicura alla parte tenuta a pagare il prezzo la certezza di ottenere in cambio il trasferimento del bene acquistato. Ora, ove si attribuisse efficacia diretta ed esecutiva nel nostro ordinamento alla sentenza canadese oggetto di causa, il meccanismo in questione verrebbe aggirato e frustrato. ‘ In verità il predetto meccanismo è quello che già è stato assicurato avanti al Giudice canadese; si ricorda infatti che la Corte dopo aver accertato che il MoU costituiva accordo vincolante e che i ricorrenti avevano diritto all’esecuzione in forma specifica, mentre la domanda riconvenzionale di RAGIONE_SOCIALE era respinta, aveva autorizzato specificamente le parti a rivolgersi al Giudice nel caso in cui non avessero potuto accordarsi su come attuare il suo ordine (paragrafo n. 308 dell’ordinanza del 16.11.2020); ciò era avvenuto per iniziativa dei signori COGNOME e COGNOME e in tale seconda fase processuale, la Corte argomentava che una sentenza di esecuzione in forma
specifica in relazione a un contratto di compravendita di azioni, comporta necessariamente alcuni passi minimi che sono 1) una data specifica per il closing; 2) il pagamento del prezzo di acquisto; e 3) il trasferimento della proprietà, e, visto che le parti non si accordavano su questi tre profili, disponeva direttamente che la data specifica del closing doveva stabilirsi nel 1° marzo 2021; che il prezzo era di $ 3.109.368 da pagare prima o comunque entro quella data mediante bonifico bancario o assegno bancario o assegno fiduciario e che, dopo tale pagamento, NOME COGNOME consegnasse i moduli di procura per il trasferimento delle azioni. Peraltro, tali moduli erano già stati consegnati a RAGIONE_SOCIALE sicché l’unico profilo che risultava ineseguito (allora come ora) era il pagamento del prezzo; nella sentenza del 22.02.2021 si dà atto che in sede di discussione orale (con argomentazioni contraddittorie rispetto a quelle scritte) RAGIONE_SOCIALE aveva eccepito la sua incapacità di pagare il prezzo solo per informare la Corte della ragione della restituzione dei moduli di procura per il trasferimento delle azioni a suo favore. Sicché non solo i provvedimenti del Giudice straniero hanno un contenuto tale da garantire che al pagamento del prezzo consegua il trasferimento del bene acquistato, ma se tale effetto non si è ancora verificato non discende dal rifiuto alla consegna dei moduli per il trasferimento delle azioni (consegna non solo offerta formalmente ma anche già eseguita), ma al rifiuto categorico di RAGIONE_SOCIALE di pagare il prezzo … E ciò senza considerare che la disciplina (interna) di cui all’art. 2932 c.c. non risulta assurgere a principio di ordine pubblico ai sensi dell’art. 64 lettera g) e che il provvedimento straniero (nel combinato disposto dei dispositivi dell’ordinanza del 16.11.2020 e della sentenza 22.02.2021) contiene capi suscettibili di esecuzione forzata di contenuto analogo a quello che il giudice italiano avrebbe emesso ai sensi della invocata norma.»
5.2. La ricorrente ha fondato la censura sulla ritenuta espressione di un principio di ordine pubblico, rinvenibile nell’articolo 2932 c.c., quale modalità di esecuzione dell’obbligo di concludere un contratto , con la conseguenza che l’adempimento di tale obbligo deve avvenire nelle modalità
previste dall’articolo appena richiamato , mente le statuizioni straniere non possono essere equiparate a tale meccanismo, dal momento che consentono di agire per il pagamento del prezzo a prescindere dal trasferimento. A supporto di tale costruzione, la parte ha dedotto che il disposto dell’art. 12 l. n. 218 del 1995, proprio in materia di diritto internazionale privato, stabilisce che il processo civile (nella specie, il giudizio avente ad oggetto di esecuzione dell’obbligo di contrarre) è regolato dalla legge italiana e, dunque, il modo per procedere all’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre deve essere attuato nelle forme previste dall’art. 2932 c.c.
5.3. Si deve, tuttavia, tenere presente che la disposizione dell’art. 2932 c.c. prevede quanto segue: «1. Se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, l’altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso. Se si tratta di contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata o la costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la domanda non può essere accolta, se la parte che l’ha proposta non esegue la sua prestazione o non ne fa offerta nei modi di legge, a meno che la prestazione non sia ancora esigibile.»
La stessa norma esclude che il ricorso ad azioni per l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre, prevista dall’articolo appena riportato, sia l’unica strada esperibile dal soggetto interessato, poiché la disposizione prevede una facoltà di agire in tal senso, sempre che sia possibile e non sia escluso dal titolo.
Com’è noto, l’azione in esame è un’azione costitutiva, in quanto connotata dal fatto che, in essa, l’accertamento compiuto produce senz’altro quella modificazione giuridica senza bisogno di ricorrere all’esecuzione (cfr. tra le tante, Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 12680 del 09/05/2024; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 8164 del 22/03/2023), sicché anche il riferimento alla necessità di seguire la procedura prevista dall’art. 2932 c.c., in applicazione dell’ art. 12 n. 218 del 1995 non è conferente.
In una controversia non proprio identica a quella in esame, questa Corte ha già affermato che non è contraria all’ordine pubblico la sentenza straniera che consegua un risultato equivalente a quello previsto dal nostro ordinamento, affermando, in particolare, che non può ritenersi contraria all’ordine pubblico la fattispecie prevista dall’ordinamento degli Stati Uniti d’America, realizzata attraverso una pluralità di atti (sentenza dichiarativa dell’obbligo di concludere il contratto, provvedimento di nomina del “commissioner”, atto di trasferimento della proprietà), che conseguano un risultato – il trasferimento della proprietà – equivalente a quello previsto dagli art. 2908 e 2932 c.c. italiano (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 2363 del 15/05/1978).
Anche nel caso di specie, come evidenziato dal giudice di merito, il trasferimento della proprietà, come pure il pagamento del prezzo, sono stati assicurati dagli ordini impartiti dal giudice straniero, costituenti obblighi suscettibili comunque di essere azionati coattivamente.
Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.
6.1. Com ‘è noto , la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c. consente l’impugnazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» .
La norma si riferisce al mancato esame di un fatto decisivo, che è stato oggetto di discussione tra le parti, da intendersi come un vero e proprio fatto storico, come un accadimento naturalistico (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Costituisce, pertanto, un fatto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non una questione o un punto controverso, ma un vero e proprio evento, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 24035 del 03/10/ 2018; v. anche Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 13024 del 26/04/2022).
Può trattarsi di un fatto principale ex art. 2697 c.c. (un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o anche di un fatto secondario
(un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché sia controverso e decisivo (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 17761 del 08/09/ 2016), nel senso che il mancato esame, evincibile dal tenore della motivazione, vizia la decisione perché ha determinato l’esito del giudizio .
La decisività presuppone, dunque, un giudizio prognostico rigoroso sulla incidenza del fatto omesso nella complessiva valutazione del giudice.
Non integrano, invece, fatti il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. le mere argomentazioni o le deduzioni difensive (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 14802 del 14/06/2017), né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018).
Per gli stessi motivi, non costituisce omesso esame, nei termini appena indicati, la mancata valutazione di domande o di eccezioni, ovvero dei motivi di appello (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 29952 del 13/10/2022).
Il vizio attiene solo alle questioni di fatto, non anche alle questioni di diritto, il cui omesso esame non può mai dar luogo alla cassazione della sentenza in virtù di tale censura.
6.2. In tale ottica, risulta evidente che la parte non ha veicolato con la censura formulata un vizio riconducibile al disposto dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., criticando la ritenuta mancata valutazione di alcuni effetti giuridici delle pronunce straniere e non l’omesso esame di fatti , intesi nel senso appena chiarito.
La doglianza, peraltro, si risolve nella prospettazione di una valutazione in diritto, operata dalla Corte d’appello, non condivisa dalla parte, e già oggetto di esame con lo scrutinio del precedente motivo.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
La statuizione sulle spese segue la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre
2012, n. 228, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite sostenute dal controricorrente, che liquida in € 6.000 ,00 per compenso ed € 200 ,00 per spese, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile