Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6065 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6065 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8490/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di CAGLIARI n. 1918/2019 depositato il 13/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Per quanto ancora di interesse, il Tribunale di Cagliari, con decreto n. 378/2020 del 13.1.2020, ha rigettato l’opposizione ex art. 98 L.F. proposta da NOME COGNOME avverso il decreto con cui il G.D. del Fallimento RAGIONE_SOCIALE aveva rigettato la sua domanda di insinuazione al passivo del credito di € 261.140,00, vantate a titolo di prestazioni professionali svolte sia in funzione che durante lo svolgimento della procedura di concordato preventivo.
Il giudice a quo ha, in primo luogo, disatteso la prospettazione dell’opponente secondo cui si era perfezionato tra lo stesso e la società in bonis un vero e proprio accordo contrattuale avente ad oggetto la quantificazione del compenso professionale, atteso che la lettera del Martucci del 10.1.2008 non conteneva affatto una ‘proposta’ di compensi professionali, ma soltanto la nota dei compensi asseritamente maturati, per come unilateralmente determinati. Conseguentemente, la nota della Casa di Cura Lay del 18.1.2008 non conteneva alcuna ‘accettazione’, essendosi la società limitata a riconoscere il proprio debito. Si trattava quindi di un riconoscimento di debito, come tale inopponibile alla curatela, stante la sua terzietà.
In particolare, il giudice, dando atto dell’esistenza di orientamenti della giurisprudenza contrastanti sul punto, ha affermato di non condividere la tesi favorevole all’opponibilità del riconoscimento di debito al fallimento, pur se dotato di data certa.
Infine, il Tribunale di Cagliari ha ritenuto che il GD avesse correttamente determinato il credito dell’opponente nel far
applicazione delle tariffe professionali vigenti all’epoca in cui è stata eseguita la prestazione professionale.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandolo a tre motivi.
La curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis.1
c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Deve essere, in primo luogo, rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla controricorrente, per dedotta omessa allegazione al ricorso di nessun documento e del fascicolo di parte. In realtà, dall’esame del fascicolo emerge che al ricorso per cassazione, depositato in data 11.3.2020, sono stati allegati, la notifica del ricorso, il decreto impugnato e il fascicolo di primo grado contenente il ricorso in opposizione allo stato passivo. Deve essere, altresì, disattesa la difesa svolta dalla procedura controricorrente solo nella memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., secondo cui il secondo motivo del ricorso sarebbe inammissibile in quanto l’odierno ricorrente avrebbe solo nel ricorso per cassazione sottoposto la questione della opponibilità del riconoscimento di debito alla procedura, senza che tale punto avesse formato oggetto dell’opposizione ex art. 98 L.F. innanzi al Tribunale di Cagliari, con conseguente formazione del giudicato interno.
Osserva questo Collegio che, essendo stata la questione della opponibilità del riconoscimento di debito affrontata ed esaminata direttamente dal Tribunale, non può che ritenersi che il giudice del merito , nell’interpretare l’oggetto dell’opposizione ex art. 98 proposta dal COGNOME, abbia inteso codesta come comprendente nel thema decidendum anche tale questione.
2. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1324, 1326, 1346, 1362 e 2233 c.c. Contesta il ricorrente l’affermazione contenuta nel decreto impugnato secondo cui ‘alcun accordo contrattuale si è mai perfezionato tra le parti del rapporto professionale’, atteso che la sua lettera del 10.1.2006, nello stabilire esattamente la misura dei compensi, conteneva una vera e propria proposta contrattuale riguardante un patto successivo alla già avvenuta stipula del contratto principale, mentre la risposta della RAGIONE_SOCIALE non poteva che interpretarsi come una vera e propria accettazione del compenso proposto dal professionista. Il Tribunale aveva quindi travisato il meccanismo di valida conclusione del contratto d’opera intellettuale, erroneamente applicando le norme interpretative riguardanti la reale volontà delle parti.
3. Il motivo è inammissibile.
Come evidenziato in narrativa, il Tribunale di Cagliari, nella valutazione della condotta delle parti, ha ritenuto che la lettera del Martucci del 10.1.2008 non conteneva affatto una ‘proposta’ di compensi professionali, ma soltanto la nota dei compensi asseritamente maturati, per come unilateralmente determinati, con la conseguenza che la nota della Casa di Cura Lay del 18.1.2008 non conteneva alcuna ‘accettazione’, essendosi la società limitata a riconoscere il proprio debito. Trattasi un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito. Infatti, questa Corte (vedi, recentemente, Cass. n. 34510/2021) ha più volte statuito che il giudizio sull’avvenuta conclusione o meno di un contratto, implicando un accertamento “di fatto”, rientra nel potere esclusivo del giudice di merito e pertanto si sottrae al sindacato di legittimità, qualora risulti sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici.
Questa Corte ha, altresì, enunciato, in tema di interpretazione contrattuale, il principio di diritto – applicabile anche agli atti
unilaterali nei limiti della compatibilità con la particolare natura e struttura di tali negozi (vedi Cass. n. 9127/2015), secondo cui per far valere una violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato, con l’ulteriore conseguenza dell’ inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (vedi Cass. n. 9461/2021, vedi anche Cass. n. 16987/2018, Cass. n. 10554 del 30/04/2010, n. 22102 del 19/10/2009). È proprio quanto avvenuto nel caso di specie, in cui il ricorrente si è limitato a dedurre la violazione delle norme che regolano le modalità di conclusione del contratto e delle norme di interpretazione contrattuale senza precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito si fosse discostato dai canoni legali di ermeneutica contrattuale.
Non vi è dubbio che il ricorrente, con l’apparente doglianza della violazione di legge, abbia in realtà, inammissibilmente, contestato una valutazione di fatto compiuta dal Tribunale, fornendo una propria interpretazione alternativa.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1988, 2697, 3735 cc., 93, 98 e 99 L.F.
Si duole la parte ricorrente che il Tribunale di Cagliari, nel qualificare la lettera del 18.1.2008 della Casa di Cura Lai come riconoscimento del debito come mero riconoscimento del debito, non abbia ritenuto tale lettera opponibile alla curatela, sul rilievo della sua terzietà. Evidenzia che, recentemente, questa Corte ha stabilito che, in caso di ricognizione del debito, deve presumersi l’esistenza del rapporto fondamentale salva la prova, di cui è
onerato il curatore, dell’inesistenza o invalidità dello stesso, e, in ogni caso, anche in passato, questa Corte non ha negato in assoluto un qualsivoglia effetto al riconoscimento di debito, ma lo ha qualificato come atto liberamente apprezzabile dal giudice.
5. Il motivo è fondato.
Va osservato che questa Corte (vedi Cass. n. 2431/2020; Cass. n. 9929/2018; Cass. n. 39123/2021; recentemente Cass. n. 28213/2024) ha più colte enunciato il principio di diritto -cui questo Collegio intende dare continuità -secondo cui ‘la ricognizione di debito avente data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento del suo autore è opponibile alla massa dei creditori, in quanto deve presumersi l’esistenza del rapporto fondamentale, salva la prova – il cui onere grava sul curatore fallimentare – della sua inesistenza o invalidità’.
Nel caso di specie, il giudice a quo ha ritenuto la nota integrante una ricognizione di debito inopponibile al curatore sul mero rilievo della terzietà di quest’ultimo. In realtà, l’elemento fondamentale -che il giudice ha del tutto omesso di valutare – per accertare l’opponibilità della scrittura contenente il riconoscimento di debito alla procedura concorsuale è la sua anteriorità alla procedura medesima, che si deve evincere , a norma dell’art. 2704 c.c., dalla certezza della data.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 93, 98 e 99 L.F., 1944 c.c., 43 e 44 dPR 10.10.1994.
Lamenta il ricorrente che il Tribunale ha errato nell’individuazione dei criteri di calcolo relativi alla determinazione del suo compenso.
L’errore principale consiste, ad avviso del ricorrente, nell’affermazione che ha attribuito un valore giuridico diverso ai debiti contratti dalla società per obbligazioni proprie e quelli contratti nella qualità di garante di altri.
In particolare, ad avviso del ricorrente, il Tribunale, nell’indicare la base di calcolo per il compenso a percentuale, ha tenuto conto solo del passivo di € 35.791.169, senza considerare i debiti per garanzie ipotecarie in favore della RAGIONE_SOCIALE, pari a € 15.191,812.
7. Il motivo è inammissibile.
Dall’esame del decreto impugnato emerge che il Tribunale ha determinato quale base di calcolo per la quantificazione del compenso a percentuale la somma di € 35.791.169, trattandosi del passivo indicato dalla debitrice nella terza ed ultima proposta di concordato preventivo.
Il ricorrente contesta genericamente l’affermazione del tribunale secondo cui i debiti relativi alle garanzie rilasciate non sarebbero debiti propri, non considerando da un lato, quanto alle c.d. garanzie ipotecarie, che i terzi datori di pegno o di ipoteca non sono debitori ma garanti (col loro bene) di un debito altrui, e, dall’altro, quanto alle fideiussioni (peraltro, non precisate dal ricorrente) che avrebbe rilasciato la fallita, che per ricondurre i relativi debiti alla proponente sarebbe stata necessaria l’escussione . Il ricorrente non ha svolto alcuna deduzione in questi termini.
Con il quarto motivo è stata dedotta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 comma 2° n. 4 c.p.c. e dell’art. 99 L.F.
Lamenta il ricorrente che il provvedimento di liquidazione delle spese è del tutto privo di motivazione.
Il motivo è infondato, essendovi una motivazione chiara che individua in modo esaustivo l’iter logico seguito per la determinazione del compenso.
Il decreto impugnato deve essere quindi cassato limitatamente al secondo motivo con rinvio al Tribunale di Cagliari, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo, dichiara inammissibili il primo e il terzo e rigetta il quarto, cassa il provvedimento in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Cagliari, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 12.2.2025