Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34381 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34381 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5595/2022 R.G. proposto da : COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 2283/2021 depositata il 06/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con atto notificato il 24/02/2022, COGNOME NOME ricorre per cassazione la sentenza n. 2283/2021 pubblicata il 6712/2021 dalla Corte d’appello di Catania. La intimata RAGIONE_SOCIALE ha notificato controricorso.
Con ricorso per decreto ingiuntivo reso dal Tribunale di Ragusa, la RAGIONE_SOCIALE ha richiesto alla Sig.ra COGNOME il pagamento della somma complessiva di €. 41.500,00 dovuta, quale garante della RAGIONE_SOCIALE in forza delle scritture del 10.9.2012 e del 1.10.2012.
Avverso il decreto ingiuntivo, la Sig.ra COGNOME ha proposto opposizione innanzi al Tribunale di Ragusa, contestando il credito e sostenendo in particolare: -di essere stata contattata dal cugino, Arch. COGNOME NOMECOGNOME all’epoca dei fatti Direttore tecnico della RAGIONE_SOCIALE, che le aveva fatto intendere di essere socio di tale società̀ unitamente ai sig.ri COGNOME Salvatore e COGNOME Marco e le aveva chiesto di assumere la carica di nuovo Amministratore di tale società, assicurandola falsamente sulla solidità di essa, con conseguente accettazione da parte sua; -che i predetti soggetti avevano posto in essere una serie di artifici e di raggiri ai suoi danni,
facendole assumere obbligazioni di garanzia per presunti debiti contratti dalla società nei confronti della RAGIONE_SOCIALE; -che il credito vantato dalla società opposta, in realtà, era insussistente, non avendo la RAGIONE_SOCIALE mai effettuato le prestazioni per le quali era stata emessa la fattura n. 18/2012; -che anche l’assegno emesso a supporto della richiesta di emissione del decreto ingiuntivo opposto doveva intendersi emesso in pagamento di prestazioni in realtà̀ mai eseguite, e quindi inesistenti; -che parimenti doveva ritenersi inesistente il rapporto obbligatorio posto a fondamento del titolo di euro 25.500,00, per il quale la Sig.ra COGNOME si sarebbe obbligata a garantire il pagamento della somma di euro 2.500,00; -che la lettera di fideiussione del 10.09.2012 sottoscritta dall’opponente era priva di efficacia nei confronti di terzi, in quanto indirizzata ai soci, per cui non poteva essere utilizzata dalla RAGIONE_SOCIALE; -che non erano comunque dovuti gli interessi moratori di natura commerciale, non trattandosi nè di cessione di beni, né di prestazione di servizi.
Con la sentenza n. 270/2020, il Tribunale di Ragusa, ha parzialmente accolto l’opposizione spiegata dalla Sig.ra COGNOME NOME ritenendo non dovuta la somma di €. 39.000,00 di cui alla nota del 10.9.2012, atteso che essa, non essendo indirizzata alla creditrice, non fosse idonea a far nascere una obbligazione fideiussoria ed a fondare, quindi, la pretesa creditoria della RAGIONE_SOCIALE ed ha, quindi, revocato il D.I., condannando la Sig.ra COGNOME al pagamento della minore somma di €. 2.500,00 oltre interessi moratori ed oltre le spese liquidate in €. 1800 oltre accessori.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, mentre la sig.ra COGNOME ha proposto appello incidentale. La Corte D’Appello di Catania ha accolto l’appello principale proposto dalla CTS, confermando il DI opposto, mentre ha rigettato l’appello incidentale della sig.ra
COGNOME. In particolare, la Corte d’Appello ha ritenuto che la dichiarazione sottoscritta dalla Sig.ra COGNOME il 10.9.2012, oltre a contenere un impegno fideiussorio, costituisce una valida ricognizione di debito, essendo irrilevante che essa non fosse indirizzata alla società creditrice, ma ai soci e al revisore della società debitrice. Inoltre, ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale di Ragusa aveva dichiarato inammissibile la produzione della CTP grafologica del 19.11.2019 avvenuta oltre i termini di cui all’art. 183 cod.proc. civ. (e riprodotta nuovamente con l’atto di appello incidentale), ritenendola comunque irrilevante non avendo l’opponente, nel corso del giudizio di primo grado, disconosciuto le sottoscrizioni nel termine di cui all’art. 215 cod.proc. civ.
Il ricorso è affidato a cinque motivi aventi ad oggetto tutte le questioni decise di rito e di merito in sede di appello.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione ed errata applicazione, ai sensi dell’art. 360, n.3, cod.proc. civ. , dell’art. 345, comma 3, cod.proc. civ. per avere la corte di appello di Catania ritenuto inammissibile la produzione in appello della CTP . Più precisamente, la Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere la perizia di parte un documento nuovo, non ammissibile, per la prima volta, in appello, poiché la consulenza tecnica di parte sarebbe, invece, un atto difensivo a contenuto tecnico, come tale non sottoposto alle preclusioni di cui all’art. 345 co. 3 c.p.c. Di contro, la consulenza tecnica di parte costituendo una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio, la cui produzione, è sottratta al divieto di cui all’art. 345 c.p.c., avrebbe dovuto ritenersi consentita anche in appello, sulla base di un consolidato indirizzo giurisprudenziale (Cass. civ. sez. VI, 26.05.2021 n. 14460, Cass. civ. sez. VI n. 2347 del 31 gennaio 2017; Cass. S.U. n. 13902 del 3 giugno 2013).
Con il secondo motivo denunzia, conseguente alla mancata ammissione della consulenza di parte, la violazione ed errata applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod.proc. civ.,omesso esame di un fatto storico principale la cui esistenza deriva dagli atti processuali già oggetto di discussione tra le parti ed avente carattere decisivo, nonché la violazione ed errata applicazione, ai sensi dell’art. 360 , n.3 e dell’art. 345 , comma 3, cod.proc. civ. per avere la Corte di appello ritenuto inammissibile la richiesta di CTU grafologica -integrando altresì un vizio di motivazione – senza tener conto della perizia grafologica di parte dichiarata illegittimamente non ammissibile ex art. 345, 3° comma, cod.proc.civ. perché definita irrilevante.
7.1. I primi due motivi vanno trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi alla questione processuale correlata alla mancata ammissione della CTU grafologica. Essi sono entrambi inammissibili perché non sono idonei a mettere in discussione una seconda ratio decidendi, del tutto autonoma da quella oggetto della presente impugnazione, inerente alla statuizione di irrilevanza, ai fini di causa, della CTU grafologica. Il che rende superflua ogni valutazione riferita alla mancata ammissione della CTU quale allegazione di difensiva posta a sostegno della istanza di ammissione di CTU.
7.2. La Corte d’appello, dopo avere ritenuto inammissibile la produzione della Ct di parte per i motivi oggetto di censura, ha ritenuto in ogni caso irrilevante la CTU grafologica ai fini decisori, non avendo l’opponente, nel corso del giudizio di primo grado, disconosciuto la sottoscrizione della scrittura nel termine di cui all’art. 215 cod.proc. civ. , confermando sul punto la sentenza di primo grado là dove, cod. civ. accogliendo eccezione di parte opposta, ha ritenuto tardivo il disconoscimento della scrittura effettuato dalla opponente
solo in sede di precisazione nel giudizio di primo grado, e conseguentemente tardivo il successivo disconoscimento effettuato nell’atto di appello incidentale. Ciò sulla base della giurisprudenza per cui il riconoscimento tacito della scrittura privata sancito dall’art. 215, comma 1, n. 2, c.p.c., desumibile dal mancato disconoscimento nei termini, comporta la decadenza di natura sostanziale dalla facoltà di disconoscere la scrittura stessa (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 15676 del 23/07/2020), nel caso specifico correttamente richiamata.
7.3. Sicché l’inammissibilità del motivo di ricorso attinente ad una ratio decidendi (la tardività del disconoscimento della scrittura che renderebbe inutile ogni accertamento sulla falsità della firma) rende irrilevante l’esame dei motivi riferiti all’altra ( la mancata ammissione della Ct grafologica in quanto allegazione tardiva e della CTU), i quali non risulterebbero in nessun caso idonei a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione oggetto della censura dichiarata inammissibile (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 15399 del 13/06/2018; Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 5102 del 26/02/2024).
7.4. Con il terzo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 1936, cod. civ., e degli art. 1321 e 1325 cod. civ., nonché’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 5 cod. pro. civ., deducendo che, correttamente, il Giudice di prime cure aveva ritenuto che la scrittura in questione non potesse valere come impegno fideiussorio, poiché il contratto di fideiussione, nonostante l’ampia libertà di forma consentita al prestatore della garanzia personale nel
manifestare il proprio intendimento di obbligarsi in qualità di fideiussore, incontrando il solo limite dell’inequivocità ed oggettività di tale manifestazione di volontà, ritenuto però non presente nel caso di specie, mancando l’assunzione di un’obbligazione diretta nei confronti del creditore (citando Cass. Sez. 3, n. 3429 dell’08.03.2002, C.E.D. Cass. n. 552938; Cass. Sez. 3, n. 11727 del 24.06.2004, C.E.D. Cass. n. 573869; Cass. sent. 24.02.2016 n.3628); assume la ricorrente che, sempre il Giudice di primo grado, aveva correttamente precisato che sotto il profilo giuridico la fideiussione è un contratto consensuale ad effetti obbligatori, bilaterali tra il fideiussore ed il creditore, mentre il debitore garantito potrebbe anche ignorare la presenza di un fideiussore in proprio favore, rimanendo estraneo al rapporto tra i primi due. Denuncia che la impugnata sentenza, nel riformare la statuizione di inefficacia/invalidità della scrittura nei confronti della società creditrice ritenuta dal primo giudice, abbia erroneamente assunto che, da un lato, la nota sottoscritta datata 10/09/2012 rechi l’assunzione del debito, a titolo di garanzia fideiussoria, da parte del nuovo legale rappresentante della società debitrice, COGNOME NOME, in proprio, nei confronti dei soci e del revisore della società RAGIONE_SOCIALE, attinente al rapporto di provvista (fra il terzo garante e il debitore originario); d all’altro lato che abbia altrettanto erroneamente ritenuto, quale ulteriore aspetto di rilevanza decisiva, che ove nella scrittura in questione si afferma altresì che dell’obbligazione personale ‘è stato già informato il creditore chiedendo termine per l’incasso’, tale dichiarazione integri gli estremi di un riconoscimento di debito. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
7.5. In definitiva, nel motivo si denuncia che quanto sostenuto dalla Corte d’appello sarebbe in aperta violazione
del contenuto dell’art. 1936 Cod Civ. e della giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto, poiché la lettera del settembre del 10 settembre 2012, rivestirebbe il valore di una mera comunicazione interna endosocietaria, annoverabile tra i patti parasociali stipulati al di fuori dell’atto costitutivo e dello statuto, tra tutti i soci o tra alcuni di essi, diretti a regolare reciprocamente i rapporti e gli obblighi scaturenti dal contratto sociale e caratterizzati da una comunanza di scopo condivisa dai soggetti sottoscrittori. Tali patti, avendo un’efficacia non reale ma obbligatoria, in ossequio al disposto dell’art. 1372 c.c. vincolerebbero esclusivamente i contraenti, senza produrre effetti nei confronti dei terzi estranei alla convenzione, siano essi gli altri soci, la società o soggetti terzi. Il mancato rispetto dell’obbligo previsto comporterebbe, pertanto, soltanto l’obbligo di risarcimento dei danni nei confronti degli altri aderenti all’accordo, ma giammai verso i terzi estranei come nel caso specifico, ossia nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE
7.6. Il motivo è inammissibile.
6.1. La Corte d’appello, con motivazione esaustiva e non internamente contradditoria o apparente (cfr. Cass. SU 8053/2014), ha messo in rilievo come non possa fondatamente dubitarsi che la scrittura privata de qua integri gli estremi non solo di un impegno fideiussorio unilaterale non rifiutato dal creditore (opportunamente richiamando Cass. N. 3606/2018), ma soprattutto di un riconoscimento di debito della impugnante qui ricorrente nei confronti della società creditrice, con valore confessorio circa la sussistenza dell’obbligazione personale a titolo di garanzia da lei assunta nei confronti del creditore, sul rilievo che la Sig.ra COGNOME con la nota datata 10/09/2012, ha
dichiarato che ‘ a fronte dei seguenti titoli, emessi tutti a favore di RAGIONE_SOCIALE si comunica che, a parziale deroga del mandato, appena possibile verranno emessi assegni di importo superiore al limite previsto, avallati dal sottoscritto amministratore che con la firma della presente ne garantisce anche in proprio l’obbligazione ed il pagamento a favore della societ à creditrice… Gli importi garantiti, portati da assegni da sostituire sono: Ass. B. Nuova: nr. 8616307 di € 39.000,00… ‘. Inoltre, ha messo in evidenza come la impugnante, nella medesima nota, abbia espressamente precisato che ‘ dell’obbligazione personale è stato gi à informato il creditore chiedendo termine per l’incasso ‘.
6.2. Il motivo, in realtà, tende mettere in discussione l’esito dell ‘ interpretazione data alla dichiarazione negoziale in questione dal giudice di merito, senza tuttavia dedurre alcuna violazione dei parametri normativi che regolano tale attività, la sola scrutinabile dal giudice di legittimità.
6.3. Posto che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, la censura, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., avrebbe dovuto, invece, fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e
quella accolta nella sentenza impugnata (Cass.Sez. 1 – , Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017; Sez. 1 – , Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017 ) .
Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 132 cod.proc.civ. e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, n. 5 cod. pro. civ. La ricorrente censura la sentenza nella parte in cui, confermando la sentenza di I° grado, ha ritenuto infondata l’opposizione in riferimento alla restante somma di € 2.500,00 che sarebbe stata prevista a titolo di penale, pari al 10 % dell’importo del titolo rimasto senza provvista, sull’assunto che nessuna prova è stata fornita dalla COGNOME circa i presunti accordi illeciti intervenuti tra alcuni soci della RAGIONE_SOCIALE ai suoi danni, risultando, anzi, tali tesi smentita dal decreto di archiviazione del GIP prodotto, in atti richiamato dal Tribunale. Inoltre, censura la decisione là dove ha ritenuto che nessun rilievo, neppure indiziario o comunque tale da inficiare la valenza probatoria e confessoria delle scritture poste a fondamento del credito della CTS, può essere attribuita alle dichiarazioni resa dal teste COGNOMEin merito agli art. 2-3 della memoria ex art 183 cod.proc. civ. n. 2 della Sig.ra COGNOME), atteso che dette affermazioni fanno esclusivo riferimento a meri atti interni della societ RAGIONE_SOCIALE inidonei a produrre effetti negoziali nei confronti della creditrice RAGIONE_SOCIALE
7.1. La censura, essendo diretta a mettere in predicato, per motivazione omessa o gravemente contradittoria, una pronuncia ‘doppiamente conforme’, si palesa inammissibile, avuto riguardo alla regola di cui all’art. 348 -ter, ultimo comma, cod. proc. civ., applicabile ratione temporis , la quale esclude la possibilità di ricorrere per cassazione ai sensi del
numero 5 dell’art. 360 dello stesso codice, nell’ipotesi in cui la sentenza di appello impugnata rechi l’integrale conferma della decisione di primo grado (c.d. ‘doppia conforme’) con riguardo alle argomentazioni che sostengono la motivazione della sentenza impugnata, che rendono il ricorso inammissibile. Sicché il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo, ha l’onere nella specie non assolto -di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 18/12/2014, n. 26860; Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass. 06/08/2019, n. 20994; da ultimo, Cass. 28/02/2023, n. 5947).
Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione delle norme contenute nel D.Lgs. n. 231 del 2002 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3, cod. proc.civ., assumendo che il pagamento degli interessi sulla penale di € 2.500,00 non risulta essere ricompreso nell’ambito applicativo del D.Lgs. 231/2002, non potendo considerarsi in adempimento di un contratto che comporta in via esclusiva o prevalente la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo.
8.1. Il motivo è inammissibile in quanto reitera la censura mossa alla sentenza di primo grado senza fare alcun riferimento alla pronuncia di conferma della Corte d’appello che, sul punto, ha espresso ben due motivazioni autosufficienti, rilevando che, da un lato, la garanzia de qua assisteva un contratto di appalto, incluso nel concetto di prestazione di servizi adottato dalla normativa de qua , citando Cass. 5734/2019; dall’altro, rilevando che la medesima impugnante qui ricorrente aveva dichiarato che,
in caso di mancato pagamento nei termini, erano dovuti gli interessi di cui alla citata normativa.
8.2. Sicché, non apparendo il motivo correlato all’ampia motivazione resa dalla Corte d’appello esso impinge nella ragione di inammissibilità espressa dal principio di diritto enunciato da Cass. SU n. 7074 del 2017 e Cass. SU 23745/2020: per denunciare un errore di diritto bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione in rapporto alla motivazione resa. L’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 5.200,00, di cui € 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma
1 bis, dello stesso articolo 13, se dovuto .
Così deciso in Roma, il 16/10/2024