Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 242 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3   Num. 242  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8742/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’Amministratore unico e legale  rappresentante  p.t.,  domiciliata  ex  lege  in  ROMA,  INDIRIZZO  presso  la  CANCELLERIA  della  CORTE  di  CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente- contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente  domiciliati  in  INDIRIZZO,  presso  lo  studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentat i e difesi dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrenti- avverso  la  SENTENZA  della  CORTE  D’APPELLO  di  MILANO  n. 140/2022 depositata il 17/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. I  Sig.ri NOME, NOME e NOME COGNOME, anche in qualità di successori a titolo universale della madre Sig.ra NOME COGNOME,  convenivano  in  giudizio  la  società  RAGIONE_SOCIALE per sentirla condannare al pagamento in loro favore dell’importo di € 150.000,00, oltre interessi.
A sostegno della loro pretesa creditoria sostenevano che nel 2011 avevano sottoscritto quattro distinti preliminari di vendita aventi ad oggetto unità immobiliari nel Comune di Seregno e per i quali avevano versato a titolo di caparra confirmatoria la somma di euro 850.000,00. Allegavano anche che, il 7 marzo 2016, la società RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE avevano rilasciato in favore dei COGNOME COGNOME un atto denominato ‘dichiarazione di riconoscimento di debito’, con il quale si riconoscevano debitori, in via solidale e disgiunta, delle somme che i COGNOME COGNOME non avrebbero incassato dalle procedure concorsuali nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e dall’istituto di assicurazione RAGIONE_SOCIALE per le polizze fideiussorie esistenti e che tale dichiarazione era finalizzata alla copertura del plausibile rischio di fallimento della società RAGIONE_SOCIALE ed a garanzia della somma versata, a titolo di caparra, dei promittenti acquirenti COGNOME COGNOME.
A  seguito  del  fallimento  della  società  RAGIONE_SOCIALE,  i  COGNOME  COGNOME chiedevano formalmente l’escussione delle fideiussioni rilasciate da RAGIONE_SOCIALE e il 21 giugno 2017 sottoscrivevano, con l’assicurazione, un accordo transattivo in forza del quale veniva loro corrisposta la minor somma di euro 700.000, in luogo di euro 850.000.
Successivamente,  i  NOME COGNOME azionavano  il  proprio credito residuo nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, pari alla
differenza  tra  la  somma  versata  a  titolo  di  caparra  e  quanto corrisposto da RAGIONE_SOCIALE in esecuzione della transazione.
Con  sentenza  n.  2726/2019  il  Tribunale  di  Monza  accoglieva  la domanda dei COGNOME e condannava la RAGIONE_SOCIALE al pagamento  di  euro  150.000,  ritenendo  che  la  scrittura  fosse inquadrabile nella fattispecie disciplinata dall’art. 1988 c.c.
Con la sentenza n. 140 del 17 gennaio 2022, la Corte d’ Appello di Milano rigettava l’appello interposto dalla RAGIONE_SOCIALE, affermando che nella specie: a) era onere di RAGIONE_SOCIALE fornire prova dell’inesistenza della fonte dell’obbligazione; b) RAGIONE_SOCIALE non era estranea alle vicende di causa, essendo divenuta proprietaria del fabbricato residenziale dove avrebbero dovuto essere realizzati gli appartamenti promessi in vendita, così ‘subentrando, di fatto, in tutti i rapporti afferenti alla suddetta operazione immobiliare’; c) la somma da corrispondere, seppur indeterminata, era calcolabile mediante una sottrazione aritmetica o, comunque, per relationem ; d) non poteva trovare applicazione l’art. 1304 c.c., non sussistendo ‘la natura solidale della obbligazione in relazione alla quale è intervenuta la transazione ‘ .
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la RAGIONE_SOCIALE  propone  ora  ricorso  per  cassazione,  affidato  a cinque motivi illustrati da memoria.
3.1. Resistono con controricorso le NOME e il COGNOME.
L’atto depositato dai medesimi e denominato ‘Memoria illustrativa’ non può considerarsi tale, difettandone i requisiti di legge.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.1. Con  il  primo  motivo  la  ricorrente  denuncia  violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., anche in relazione all’art. 111, comma 6, Cost. (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.).
Si  duole  che  la  corte  territoriale  abbia  erroneamente  qualificato come ricognizione di debito la dichiarazione della NOME
RAGIONE_SOCIALE,  omettendo  di  esaminare  le  mosse  censure  sulla  sua natura di fideiussione della fideiussione ex artt. 1940 e 1948 c.c.
Secondo tale prospettazione la garanzia sarebbe stata rilasciata da RAGIONE_SOCIALE  ai  signori  COGNOME  solo  per  l’ipotesi  in  cui  il fideiussore  principale,  RAGIONE_SOCIALE,  non  avesse  soddisfatto  il  credito restitutorio vantato da costoro verso la costruttrice RAGIONE_SOCIALE.
Sul  punto,  la  motivazione  di  rigetto  secondo  cui  ‘nessun  senso avrebbe avuto garantire una società di RAGIONE_SOCIALE, solvibile per definizione, rafforzando una garanzia già ex se idonea ad assicurare  il soddisfacimento  del  credito  garantito’  (cfr. p. 8 sentenza  impugnata  n.  140/2022)-  sarebbe  apodittica,  apparente e,  in  pratica,  inesistente,  non  rispondendo  al  motivo  di  gravame proposto.
La natura di fideiussione di fideiussione, invece, sarebbe confermata  dall’atto  notarile  che  ‘non  contempla  l’assunzione  da parte di RAGIONE_SOCIALE di alcuna obbligazione né tanto meno l’accollo  di  debiti  di  COGNOME  verso  i  signori  COGNOME‘  (cfr.  p.  12, ricorso).
4.2. Con  il  secondo  motivo  censura  la  sentenza  per  violazione  e falsa  od  omessa  applicazione  degli  artt.  1940  e  1948  c.c.,  in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Ancora con riferimento all’omessa pronuncia e/o difetto assoluto di motivazione di cui  al  primo  motivo,  denuncia  che,  in  base  all’art. 1948 c.c., la propria garanzia non sarebbe operativa, trattandosi di garanzia personale (de residuo) rispetto alla fideiussione  prestata da RAGIONE_SOCIALE.  Per  cui,  la  sua  obbligazione  sarebbe meramente sussidiaria e operante solo nell’ipotesi di insolvenza o incapacità del fideiussore principale, nel caso non verificatasi.
4.3. Con  il  terzo  motivo  lamenta  la  violazione  e  falsa  od  omessa applicazione degli artt. 1938 e 1988 c.c., ancora in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Insiste nell’affermare che la Corte ambrosiana si sarebbe arrestata alla promessa di pagamento e, quindi, all’art. 1988, senza esaminare il tema della fideiussione di fideiussione, con conseguente vizio della sentenza per omessa pronuncia e/o motivazione apparente, già denunciato nel primo motivo di ricorso. Sostiene  pure  che,  nel  caso,  troverebbe  applicazione  l’art.  1938 c.c.,  per  cui  la  sub-fideiussione  sarebbe  nulla,  per  mancanza  di indicazione dell’importo massimo garantito.
4.4. Con il quarto motivo prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1988 e 2697 c.c., anche in relazione all’art. 115 c.p.c. e all’art. 24 Cost. (art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.). La Corte milanese, soffermandosi sull’art. 1988 c.c., avrebbe ritenuto esistente il debito di RAGIONE_SOCIALE verso i signori COGNOME, per non aver offerto idonea prova contraria. Ma così statuendo non si sarebbe avveduta che il rapporto causale era una fideiussione di fideiussione e, respingendo tutte le sue istanze istruttorie, ritualmente proposte, non le avrebbe consentito di assolvere all’onere probatorio sulla stessa gravante, con conseguente nullità della sentenza (sentenze Cass. nn. 6167/2020, 24205/2019, 8357/2005).
4.5. Con il quinto motivo lamenta la violazione e falsa od omessa applicazione degli artt. 1988 e 1304 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
Ancora  muovendo  dall’assunto  che  si  tratti  di  fideiussione  di fideiussione,  si  duole  del  fatto  che  i  giudici  di  seconde  cure  non abbiano  considerato  la  natura  solidale  della  garanzia  personale prestata, per cui, ai sensi dell’art. 1304  c.c., la  transazione conclusa  con  il  fideiussore  principale,  RAGIONE_SOCIALE,  avrebbe  estinto anche il debito solidale del fideiussore di fideiussore.
I primi due motivi di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto connessi, sono inammissibili.
Va anzitutto osservato che per aversi omessa pronuncia e/o carenza assoluta di motivazione della sentenza impugnata, ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c. occorre che vi sia, da parte del giudice del merito, l’omissione ‘di qualsiasi decisione su un capo della domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto’ (cfr. ex permultis , da ultimo, Cass. civ., Sez. V, Ord., 24 settembre 2024, n. 25564; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 12 settembre 2024, n. 24485; Cass. civ., Sez. II, Ord., 5 settembre 2024, n. 23872; Cass. civ., Sez. III, Ord., 25 luglio 2024, n. 20749; Cass. civ., Sez. I, Ord., 23 maggio 2024, n. 14367; Cass. civ. Sez. I, Ord., 29 febbraio 2024, n. 5362).
Orbene, nella specie la corte di merito ha spiegato in maniera coerente e lineare -attraverso una motivazione rispettosa anche del requisito del minimo costituzionale e, quindi, pienamente idonea a far comprendere l’iter logico -argomentativo seguito (cfr. Cass. civ., SS.UU, 7 aprile 2014, n. 8053 e, in motivazione, Cass. civ., SS.UU., Ord., 30 gennaio 2023, n. 2767)- le ragioni per cui la dichiarazione ricognitiva rilasciata da RAGIONE_SOCIALE rientrasse nell’alveo dell’art. 1988 c.c., trattandosi di una ricognizione di debito (v. pp. 7-9 sentenza impugnata n. 140/2022).
Va  al  riguardo  osservato  che  la  corte  di  merito,  pronunciando  in punto  di  ricognizione  di  debito,  si  è  per  ciò  stesso  pronunciata anche  sul  contrario  assunto  dell’appellata secondo  cui,  invece,  si sarebbe trattato di una fideiussione di fideiussione.
Ragion  per  cui  si  è  nell’ambito  dell’assorbimento  improprio  che, come  noto,  ricorre  quando  ‘la  decisione  assorbente  esclude  la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande’, in modo che, però, come  nel  caso  de  quo,  si  ravvisi  nella  decisione  assorbente  ‘la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle
questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell’assorbimento’ (v. su omessa pronuncia, da ultimo, Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., 9 luglio 2024, n. 18719; Cass. civ. Sez. III, 4 marzo 2024, n. 5751; Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 febbraio 2024, n. 5362; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 14 novembre 2023, n. 31630; Cass. civ., Sez. III, Ord., 8 novembre 2023, n. 31058; v. su assorbimento improprio, Cass. civ., Sez. I, Ord., 5 agosto 2024, n. 22110; Cass. civ., Sez. III, Ord., 10 maggio 2024, n. 12917; Cass. civ., Sez. III, Ord., 18 aprile 2024, n. 10549; Cass. civ., Sez. III, Ord., 27 settembre 2023, n. 27436).
Quanto  sopra  esclude  che  la  motivazione  possa  dirsi  apodittica, apparente  o  inesistente,  come  lamentato  da  parte  ricorrente, essendo essa chiaramente comprensibile, con conseguente inammissibilità di tutte le censure ivi svolte.
Va posto ulteriormente in rilievo che le censure risultano formulate in maniera generica e non corrispondente al parametro normativo del vizio in iure , quanto piuttosto a quello di omesso esame di un fatto decisivo, non dedotto dalla ricorrente, ma la cui formulazione è comunque preclusa ai sensi dell’art. 348 ter , 5° comma, c.p.c., vertendosi nel caso in ipotesi di doppia conforme (cfr. ex plurimis , da ultimo, Cass. civ. Sez. III, Ord., 25 luglio 2024, n. 20713; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 17 luglio 2024, n. 19776; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 26 giugno 2024, n. 17619).
Va altresì sottolineato che la critica di RAGIONE_SOCIALE impinge nel merito della vicenda,  pretendendosi  da  questo giudice il compimento di un’inammissibile rivalutazione dei fatti e delle prove già vagliati nei precedenti gradi.
Sul punto va osservato che giusta orientamento consolidato presupposto necessario per poter configurare la violazione di legge è  la  deduzione  di  un’erronea  ricognizione  da  parte  dei  giudici  di merito  della  fattispecie  astratta  disciplinata  dalla  norma,  da  cui deriva  quindi  un  problema  di  interpretazione  della  stessa  norma.
Tutt’altro, nel caso in esame, dove quel che viene dalla ricorrente censurata è la asseritamente erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, relativamente alle quali il potere di valutazione del giudice di merito è invero sottratto al sindacato di legittimità (v., Cass. civ., Sez. III, Ord., 23 febbraio 2024, n. 4955; Cass. civ., Sez. III, Ord., 6 febbraio 2024, n. 3399; Cass. civ., Sez. I, Ord., 15 gennaio 2024, n. 1398; Cass. civ., Sez. I, Ord., 3 novembre 2023, n. 30660; Cass. civ., Sez. I, Ord., 10 ottobre 2023, n. 28369; Cass. civ., Sez. I, Ord., 18 agosto 2023, n. 24820; Cass. civ., Sez. lav., 25 luglio 2023, n. 22391; Cass. civ., Sez. V, Ord., 7 giugno 2023, n. 16134).
Ferma tale differenziazione ermeneutica, trova nel caso applicazione l’ulteriore principio di diritto secondo cui, in caso di denuncia del vizio di cui al n. 3, dell’art. 360, comma 1, c.p.c., il ricorrente è a pena d’inammissibilità tenuto ad indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione; ad esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata; a dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla RAGIONE_SOCIALE il compito di individuare -con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni- la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. S.U. n. 23745/2020; Cass. 18998/2021).
Nulla  di  tutto  ciò  è  stato  prospettato  dalla  ricorrente,  la  quale invece articola le sue doglianze al chiaro fine di ottenere un nuovo apprezzamento dei fatti di causa già compiutamente analizzati dal giudice del gravame, seguendo l’ordine logico indicato dal giudice di  prime  cure  e  adeguatamente  motivando  la  decisione  di  rigetto della domanda dell’appellante.
5.1. Il terzo motivo è inammissibile.
Innanzitutto, deve osservarsi che la ricorrente non indica chiaramente la sussunzione delle mosse censure nel vizio di cui al n. 3 ovvero al n. 4 dell’art. 360 c.p.c.
Se infatti nella rubrica di tale motivo risulta denunciata la violazione  e  falsa  applicazione  di  norme  di  legge,  nel  successivo sviluppo argomentativo viene dalla ricorrente lamentata l’esistenza di vizi di omessa pronuncia e/o di motivazione apparente.
Va al riguardo ribadito che l’onere di specificità della censura a pena di inammissibilità previsto all’ art. 366, 1° co. n. 4, c.p.c. richiede che l’esposizione delle ragioni di diritto dell’impugnazione siano idonee a consentire al giudice di legittimità di comprenderne e qualificarne il contenuto (cfr. Cass. civ., Sez. I, Ord., 17 settembre 2024, n. 25027; Cass. civ., Sez. III, Ord., 14 agosto 2024, n. 22837; Cass. civ., Sez. III, Ord., 28 agosto 2024, n. 23299; Cass. civ., Sez. V, Ord., 6 giugno 2024, n. 15895; Cass. civ., Sez. III, Ord., 3 aprile 2024, n. 8832; Cass. civ., Sez. III, Ord., 27 marzo 2024, n. 8349; Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 febbraio 2024, n. 5375; Cass. civ., Sez. III, Ord., 27 dicembre 2023, n. 36083; Cass. civ., Sez. I, Ord., 6 novembre 2023, n. 30878; Cass. civ., Sez. V, Ord., 29 novembre 2023, n. 33229; principio sancito da Cass. civ., Sez. V, 3 agosto 2012, n. 14026, ribadito da Cass. civ., Sez. V, Ord., 23 maggio 2018, n. 12690).
Atteso quanto illustrato in termini di ammissibilità in senso formale delle censure, anche a voler entrare nel merito e, quindi, ricondurle nell’uno o nell’altro vizio, le stesse restano inammissibili e assorbite da quanto detto per i primi due motivi di ricorso, dal momento che sono anch’esse volte, in buona sostanza, a una rivisitazione dei fatti di causa, mettendo in discussione l’accertamento compiuto dalla Corte territoriale e, prima di essa, dal Tribunale, in ordine alla richiesta di una diversa e più favorevole qualificazione giuridica della dichiarazione ricognitiva rilasciata ai COGNOME COGNOME e, quindi, di fideiussione di fideiussione, anziché di ricognizione di debito.
Del resto, sia che le doglianze della ricorrente si leggano nell’ottica del vizio di legge -in particolare, rispetto alla sostenuta applicabilità, nel caso, dell’art. 1938 c.c., dovendosi qualificare la dichiarazione ricognitiva come un’obbligazione condizionale o futuraovvero nell’ottica dell’omessa pronuncia e/o motivazione apparente, in esse non viene compiuta alcuna critica alla ratio decidendi della sentenza, limitandosi la RAGIONE_SOCIALE a richiedere un terzo grado di giudizio, precluso in questa sede.
Va al riguardo ribadito il consolidato principio secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione o falsa applicazione di norme di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o di omessa pronuncia ma si miri in realtà ad ottenere dalla RAGIONE_SOCIALE una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (v., per tutte: Cass. civ., Sez. V, 5 agosto 2024, n. 22072; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 4 giugno 2024, n. 15572; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 10 aprile 2024, n. 9692; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 12 marzo 2024, n. 6580; Cass. civ., SS.UU., 27 dicembre 2019, n. 34476).
5.2. il quarto motivo di ricorso è inammissibile.
La ricorrente deduce vizi di cui ai nn. 3 e 4 dell’art. 360, 1° comma, c.p.c.,  sostenendo  che,  soffermandosi  sull’art.  1988  c.c., la  corte territoriale ha  erroneamente  ritenuto  esistente il debito della RAGIONE_SOCIALE verso i COGNOME COGNOME, per non aver costei offerto prova  contraria,  negando,  in  maniera  contraddittoria,  il  rinnovo dell’escussione dei testimoni dalla stessa indicati.
L ‘unica ragione di doglianza articolata da RAGIONE_SOCIALE è che, nel confermare la statuizione di primo grado, la c orte d’ appello ha considerato superflue le prove orali reiterate, con una motivazione ritenuta dalla ricorrente non adeguata, perché avrebbe precluso il
corretto  inquadramento  e  la  corretta  valutazione  della  vicenda processuale.
Quando, invece, questa Corte ha più volte affermato che il provvedimento reso sulle richieste istruttorie è censurabile per vizio di motivazione solo in ordine all’attitudine dimostrativa della prova e la relativa censura è inammissibile se non illustra la decisività del mezzo di prova di cui si lamenta la mancata ammissione (v. da ultimo, Cass. civ., Sez. III, Ord., 17 settembre 2024, n. 25023; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 5 marzo 2024, n. 5832; Cass. civ. Sez. III, Ord., 27 febbraio 2024, n. 5208; Cass. civ., Sez. III, Ord., 6 novembre 2023, n. 30810).
Va al riguardo osservato che le doglianze non superano il vaglio di ammissibilità anche dell’art. 360 bis c.p.c., giacché in tema di mancata ammissione della prova testimoniale la giurisprudenza di questa Corte ha statuito che il ricorso per cassazione è inammissibile quando come nel caso ci si duole della valutazione ‘di non pertinenza della denunciata mancata ammissione della prova orale rispetto ai fondamenti della decisione, senza allegare le ragioni che avrebbero dovuto indurre ad ammettere tale prova, né adempiere agli oneri di allegazione necessari a individuare la decisività del mezzo istruttorio richiesto’ (cfr. Cass. civ., Sez. III, Ord., 13 settembre 2024, n. 24662; Cass. civ., Sez. I, Ord., 13 giugno 2024, n. 16470; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 4 giugno 2024, n. 15565; Cass. civ., Sez. II, Ord., 21 febbraio 2023, n. 5364; Cass. civ., Sez. II, Ord., 10 ottobre 2022, n. 29349; Cass. civ., Sez. II, 19 maggio 2022, n. 16271; principio sancito da Cass. civ., Sez. VI-Lavoro, Ord., 4 aprile 2018, n. NUMERO_DOCUMENTO).
Questo perché ‘il giudizio sulla superfluità o genericità, in particolare,  della  prova  testimoniale  è  insindacabile  in  sede  di legittimità,  involgendo  una  valutazione  di  fatto  che  può  essere censurata soltanto se basata su erronei principi giuridici, ovvero su incongruenze di ordine logico’ (cfr. Cass. civ., Sez. lav., Ord., 16
agosto  2024,  n.  22869;  Cass.  civ.,  Sez.  lav.,  Ord.,  23  maggio 2024,  n.  14394;  Cass.  civ.,  Sez.  I,  Ord.,  20  febbraio  2024,  n. 4582; Cass. civ., Sez. I, Ord., 2 febbraio 2024, n. 3057; Cass. civ., Sez.  I,  Ord.,  29  novembre  2023,  n.  33173;  Cass.  civ.  Sez.  lav., Ord., 21 novembre 2022, n. 34189).
Nella  specie  la  descritta  valutazione  operata  dalla  Corte  non  può dirsi basata su erronei principi giuridici, in quanto quest’ultima ha rigettato la richiesta di reiterazione delle prove  orali,  perché ritenute  irrilevanti  e  prive  di  decisività  nel  complessivo  quadro probatorio, attese quindi le risultanze documentali, che costituiscono  di  fatto  l’ossatura  della  decisione,  con  conseguente difetto di qualsivoglia eccepita incongruenza di ordine logico.
Aggiungasi che la dedotta violazione dell’art. 2697 c.c. è formulata in modo altrettanto inammissibile, ricorrendo, ma non è il caso in esame, solo quando ‘il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni’ (cfr. Cass. civ., Sez. III, Ord., 3 settembre 2024, n. 23672; Cass. civ., Sez. V, 5 agosto 2024, n. 22131; Cass. civ., Sez. III, Ord., 22 luglio 2024, n. 20136; Cass. civ., Sez. V, Ord., 21 marzo 2024, n. 7588; Cass. civ., Sez. II, Ord., 6 marzo 2024, n. 6030; principio sancito da Cass. civ., SS.UU., 5 agosto 2016, n. 16598). Ipotesi questa che non ricorre nel caso in esame.
5.3. Il quinto motivo è inammissibile.
Rileva il collegio come,  al di là delle  questioni  formalmente contestate in tale motivo come vizi di legge, l’ ubi consistam delle censure riposi invero nella qualificazione della dichiarazione ricognitiva come fideiussione di fideiussione.
Partendo da tale erroneo assunto la ricorrente lamenta il mancato riconoscimento  della  estensione  della  transazione  stipulata  dai
creditori  garantiti  con  il  fideiussore  principale  anche  a  lui,  quale condebitore solidale, ai sensi dell’art. 1304 c.c.
Anche in questo caso la vicenda resta confinata negli apprezzamenti di merito, non bastando la mera enunciazione della asserita violazione di legge in ordine al risultato interpretativo più favorevole al ricorrente non accolto dal giudice di merito.
Lungi  dal  prospettare  un  vizio  di  legge,  le  argomentazioni  della ricorrente mirano in realtà ad invocare piuttosto una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accertata e ricostruita dalla corte di merito.
Del resto, secondo costante orientamento di legittimità il vizio di violazione di legge coincide con l’errore interpretativo, cioè con l’erronea individuazione della norma regolatrice della fattispecie o con la comprensione errata della sua portata precettiva; la falsa applicazione di norme di diritto ricorre quando la disposizione normativa, interpretata correttamente, sia applicata ad una fattispecie concreta in essa erroneamente sussunta. Al contrario, l’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (v. Cass. civ., Sez. lav., Ord., 25 luglio 2024, n. 20786; Cass. civ., Sez. lav., 2 maggio 2024, n. 11866; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 15 giugno 2023, n. 17209; Cass. civ., Sez. lav., 12 gennaio 2023, n. 750).
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore dei controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento  delle  spese  del  giudizio  di  legittimità,  che  liquida  in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza  dei  presupposti  per  il  versamento,  da  parte  della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza