Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 242 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 242 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8742/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona dell’Amministratore unico e legale rappresentante p.t., domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentat i e difesi dall’avvocato COGNOME;
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 140/2022 depositata il 17/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. I Sig.ri NOME NOME COGNOME e NOME COGNOME anche in qualità di successori a titolo universale della madre Sig.ra NOME COGNOME convenivano in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE per sentirla condannare al pagamento in loro favore dell’importo di € 150.000,00, oltre interessi.
A sostegno della loro pretesa creditoria sostenevano che nel 2011 avevano sottoscritto quattro distinti preliminari di vendita aventi ad oggetto unità immobiliari nel Comune di Seregno e per i quali avevano versato a titolo di caparra confirmatoria la somma di euro 850.000,00. Allegavano anche che, il 7 marzo 2016, la società RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE avevano rilasciato in favore dei fratelli COGNOME un atto denominato ‘dichiarazione di riconoscimento di debito’, con il quale si riconoscevano debitori, in via solidale e disgiunta, delle somme che i fratelli COGNOME non avrebbero incassato dalle procedure concorsuali nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e dall’istituto di assicurazione Sace BT S.p.A. per le polizze fideiussorie esistenti e che tale dichiarazione era finalizzata alla copertura del plausibile rischio di fallimento della società RAGIONE_SOCIALE ed a garanzia della somma versata, a titolo di caparra, dei promittenti acquirenti fratelli COGNOME.
A seguito del fallimento della società RAGIONE_SOCIALE, i fratelli COGNOME chiedevano formalmente l’escussione delle fideiussioni rilasciate da Sace RAGIONE_SOCIALE e il 21 giugno 2017 sottoscrivevano, con l’assicurazione, un accordo transattivo in forza del quale veniva loro corrisposta la minor somma di euro 700.000, in luogo di euro 850.000.
Successivamente, i fratelli COGNOME azionavano il proprio credito residuo nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, pari alla
differenza tra la somma versata a titolo di caparra e quanto corrisposto da RAGIONE_SOCIALE in esecuzione della transazione.
Con sentenza n. 2726/2019 il Tribunale di Monza accoglieva la domanda dei fratelli COGNOME e condannava la RAGIONE_SOCIALE al pagamento di euro 150.000, ritenendo che la scrittura fosse inquadrabile nella fattispecie disciplinata dall’art. 1988 c.c.
Con la sentenza n. 140 del 17 gennaio 2022, la Corte d’ Appello di Milano rigettava l’appello interposto dalla RAGIONE_SOCIALE, affermando che nella specie: a) era onere di RAGIONE_SOCIALE fornire prova dell’inesistenza della fonte dell’obbligazione; b) RAGIONE_SOCIALE non era estranea alle vicende di causa, essendo divenuta proprietaria del fabbricato residenziale dove avrebbero dovuto essere realizzati gli appartamenti promessi in vendita, così ‘subentrando, di fatto, in tutti i rapporti afferenti alla suddetta operazione immobiliare’; c) la somma da corrispondere, seppur indeterminata, era calcolabile mediante una sottrazione aritmetica o, comunque, per relationem ; d) non poteva trovare applicazione l’art. 1304 c.c., non sussistendo ‘la natura solidale della obbligazione in relazione alla quale è intervenuta la transazione ‘ .
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi illustrati da memoria.
3.1. Resistono con controricorso le NOME e il COGNOME.
L’atto depositato dai medesimi e denominato ‘Memoria illustrativa’ non può considerarsi tale, difettandone i requisiti di legge.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., anche in relazione all’art. 111, comma 6, Cost. (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.).
Si duole che la corte territoriale abbia erroneamente qualificato come ricognizione di debito la dichiarazione della NOME
RAGIONE_SOCIALE, omettendo di esaminare le mosse censure sulla sua natura di fideiussione della fideiussione ex artt. 1940 e 1948 c.c.
Secondo tale prospettazione la garanzia sarebbe stata rilasciata da RAGIONE_SOCIALE ai signori COGNOME solo per l’ipotesi in cui il fideiussore principale, RAGIONE_SOCIALE non avesse soddisfatto il credito restitutorio vantato da costoro verso la costruttrice RAGIONE_SOCIALE
Sul punto, la motivazione di rigetto secondo cui ‘nessun senso avrebbe avuto garantire una società di assicurazioni, solvibile per definizione, rafforzando una garanzia già ex se idonea ad assicurare il soddisfacimento del credito garantito’ (cfr. p. 8 sentenza impugnata n. 140/2022)- sarebbe apodittica, apparente e, in pratica, inesistente, non rispondendo al motivo di gravame proposto.
La natura di fideiussione di fideiussione, invece, sarebbe confermata dall’atto notarile che ‘non contempla l’assunzione da parte di RAGIONE_SOCIALE di alcuna obbligazione né tanto meno l’accollo di debiti di RAGIONE_SOCIALE verso i signori COGNOME‘ (cfr. p. 12, ricorso).
4.2. Con il secondo motivo censura la sentenza per violazione e falsa od omessa applicazione degli artt. 1940 e 1948 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Ancora con riferimento all’omessa pronuncia e/o difetto assoluto di motivazione di cui al primo motivo, denuncia che, in base all’art. 1948 c.c., la propria garanzia non sarebbe operativa, trattandosi di garanzia personale (de residuo) rispetto alla fideiussione prestata da RAGIONE_SOCIALE ai fratelli COGNOME. Per cui, la sua obbligazione sarebbe meramente sussidiaria e operante solo nell’ipotesi di insolvenza o incapacità del fideiussore principale, nel caso non verificatasi.
4.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione e falsa od omessa applicazione degli artt. 1938 e 1988 c.c., ancora in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Insiste nell’affermare che la Corte ambrosiana si sarebbe arrestata alla promessa di pagamento e, quindi, all’art. 1988, senza esaminare il tema della fideiussione di fideiussione, con conseguente vizio della sentenza per omessa pronuncia e/o motivazione apparente, già denunciato nel primo motivo di ricorso. Sostiene pure che, nel caso, troverebbe applicazione l’art. 1938 c.c., per cui la sub-fideiussione sarebbe nulla, per mancanza di indicazione dell’importo massimo garantito.
4.4. Con il quarto motivo prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1988 e 2697 c.c., anche in relazione all’art. 115 c.p.c. e all’art. 24 Cost. (art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.). La Corte milanese, soffermandosi sull’art. 1988 c.c., avrebbe ritenuto esistente il debito di RAGIONE_SOCIALE verso i signori COGNOME, per non aver offerto idonea prova contraria. Ma così statuendo non si sarebbe avveduta che il rapporto causale era una fideiussione di fideiussione e, respingendo tutte le sue istanze istruttorie, ritualmente proposte, non le avrebbe consentito di assolvere all’onere probatorio sulla stessa gravante, con conseguente nullità della sentenza (sentenze Cass. nn. 6167/2020, 24205/2019, 8357/2005).
4.5. Con il quinto motivo lamenta la violazione e falsa od omessa applicazione degli artt. 1988 e 1304 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
Ancora muovendo dall’assunto che si tratti di fideiussione di fideiussione, si duole del fatto che i giudici di seconde cure non abbiano considerato la natura solidale della garanzia personale prestata, per cui, ai sensi dell’art. 1304 c.c., la transazione conclusa con il fideiussore principale, RAGIONE_SOCIALE avrebbe estinto anche il debito solidale del fideiussore di fideiussore.
I primi due motivi di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto connessi, sono inammissibili.
Va anzitutto osservato che per aversi omessa pronuncia e/o carenza assoluta di motivazione della sentenza impugnata, ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c. occorre che vi sia, da parte del giudice del merito, l’omissione ‘di qualsiasi decisione su un capo della domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto’ (cfr. ex permultis , da ultimo, Cass. civ., Sez. V, Ord., 24 settembre 2024, n. 25564; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 12 settembre 2024, n. 24485; Cass. civ., Sez. II, Ord., 5 settembre 2024, n. 23872; Cass. civ., Sez. III, Ord., 25 luglio 2024, n. 20749; Cass. civ., Sez. I, Ord., 23 maggio 2024, n. 14367; Cass. civ. Sez. I, Ord., 29 febbraio 2024, n. 5362).
Orbene, nella specie la corte di merito ha spiegato in maniera coerente e lineare -attraverso una motivazione rispettosa anche del requisito del minimo costituzionale e, quindi, pienamente idonea a far comprendere l’iter logico -argomentativo seguito (cfr. Cass. civ., SS.UU, 7 aprile 2014, n. 8053 e, in motivazione, Cass. civ., SS.UU., Ord., 30 gennaio 2023, n. 2767)- le ragioni per cui la dichiarazione ricognitiva rilasciata da RAGIONE_SOCIALE rientrasse nell’alveo dell’art. 1988 c.c., trattandosi di una ricognizione di debito (v. pp. 7-9 sentenza impugnata n. 140/2022).
Va al riguardo osservato che la corte di merito, pronunciando in punto di ricognizione di debito, si è per ciò stesso pronunciata anche sul contrario assunto dell’appellata secondo cui, invece, si sarebbe trattato di una fideiussione di fideiussione.
Ragion per cui si è nell’ambito dell’assorbimento improprio che, come noto, ricorre quando ‘la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande’, in modo che, però, come nel caso de quo, si ravvisi nella decisione assorbente ‘la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle
questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell’assorbimento’ (v. su omessa pronuncia, da ultimo, Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., 9 luglio 2024, n. 18719; Cass. civ. Sez. III, 4 marzo 2024, n. 5751; Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 febbraio 2024, n. 5362; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 14 novembre 2023, n. 31630; Cass. civ., Sez. III, Ord., 8 novembre 2023, n. 31058; v. su assorbimento improprio, Cass. civ., Sez. I, Ord., 5 agosto 2024, n. 22110; Cass. civ., Sez. III, Ord., 10 maggio 2024, n. 12917; Cass. civ., Sez. III, Ord., 18 aprile 2024, n. 10549; Cass. civ., Sez. III, Ord., 27 settembre 2023, n. 27436).
Quanto sopra esclude che la motivazione possa dirsi apodittica, apparente o inesistente, come lamentato da parte ricorrente, essendo essa chiaramente comprensibile, con conseguente inammissibilità di tutte le censure ivi svolte.
Va posto ulteriormente in rilievo che le censure risultano formulate in maniera generica e non corrispondente al parametro normativo del vizio in iure , quanto piuttosto a quello di omesso esame di un fatto decisivo, non dedotto dalla ricorrente, ma la cui formulazione è comunque preclusa ai sensi dell’art. 348 ter , 5° comma, c.p.c., vertendosi nel caso in ipotesi di doppia conforme (cfr. ex plurimis , da ultimo, Cass. civ. Sez. III, Ord., 25 luglio 2024, n. 20713; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 17 luglio 2024, n. 19776; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 26 giugno 2024, n. 17619).
Va altresì sottolineato che la critica di NOME RAGIONE_SOCIALE impinge nel merito della vicenda, pretendendosi da questo giudice il compimento di un’inammissibile rivalutazione dei fatti e delle prove già vagliati nei precedenti gradi.
Sul punto va osservato che giusta orientamento consolidato presupposto necessario per poter configurare la violazione di legge è la deduzione di un’erronea ricognizione da parte dei giudici di merito della fattispecie astratta disciplinata dalla norma, da cui deriva quindi un problema di interpretazione della stessa norma.
Tutt’altro, nel caso in esame, dove quel che viene dalla ricorrente censurata è la asseritamente erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, relativamente alle quali il potere di valutazione del giudice di merito è invero sottratto al sindacato di legittimità (v., Cass. civ., Sez. III, Ord., 23 febbraio 2024, n. 4955; Cass. civ., Sez. III, Ord., 6 febbraio 2024, n. 3399; Cass. civ., Sez. I, Ord., 15 gennaio 2024, n. 1398; Cass. civ., Sez. I, Ord., 3 novembre 2023, n. 30660; Cass. civ., Sez. I, Ord., 10 ottobre 2023, n. 28369; Cass. civ., Sez. I, Ord., 18 agosto 2023, n. 24820; Cass. civ., Sez. lav., 25 luglio 2023, n. 22391; Cass. civ., Sez. V, Ord., 7 giugno 2023, n. 16134).
Ferma tale differenziazione ermeneutica, trova nel caso applicazione l’ulteriore principio di diritto secondo cui, in caso di denuncia del vizio di cui al n. 3, dell’art. 360, comma 1, c.p.c., il ricorrente è a pena d’inammissibilità tenuto ad indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione; ad esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata; a dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla S.C. il compito di individuare -con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni- la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. S.U. n. 23745/2020; Cass. 18998/2021).
Nulla di tutto ciò è stato prospettato dalla ricorrente, la quale invece articola le sue doglianze al chiaro fine di ottenere un nuovo apprezzamento dei fatti di causa già compiutamente analizzati dal giudice del gravame, seguendo l’ordine logico indicato dal giudice di prime cure e adeguatamente motivando la decisione di rigetto della domanda dell’appellante.
5.1. Il terzo motivo è inammissibile.
Innanzitutto, deve osservarsi che la ricorrente non indica chiaramente la sussunzione delle mosse censure nel vizio di cui al n. 3 ovvero al n. 4 dell’art. 360 c.p.c.
Se infatti nella rubrica di tale motivo risulta denunciata la violazione e falsa applicazione di norme di legge, nel successivo sviluppo argomentativo viene dalla ricorrente lamentata l’esistenza di vizi di omessa pronuncia e/o di motivazione apparente.
Va al riguardo ribadito che l’onere di specificità della censura a pena di inammissibilità previsto all’ art. 366, 1° co. n. 4, c.p.c. richiede che l’esposizione delle ragioni di diritto dell’impugnazione siano idonee a consentire al giudice di legittimità di comprenderne e qualificarne il contenuto (cfr. Cass. civ., Sez. I, Ord., 17 settembre 2024, n. 25027; Cass. civ., Sez. III, Ord., 14 agosto 2024, n. 22837; Cass. civ., Sez. III, Ord., 28 agosto 2024, n. 23299; Cass. civ., Sez. V, Ord., 6 giugno 2024, n. 15895; Cass. civ., Sez. III, Ord., 3 aprile 2024, n. 8832; Cass. civ., Sez. III, Ord., 27 marzo 2024, n. 8349; Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 febbraio 2024, n. 5375; Cass. civ., Sez. III, Ord., 27 dicembre 2023, n. 36083; Cass. civ., Sez. I, Ord., 6 novembre 2023, n. 30878; Cass. civ., Sez. V, Ord., 29 novembre 2023, n. 33229; principio sancito da Cass. civ., Sez. V, 3 agosto 2012, n. 14026, ribadito da Cass. civ., Sez. V, Ord., 23 maggio 2018, n. 12690).
Atteso quanto illustrato in termini di ammissibilità in senso formale delle censure, anche a voler entrare nel merito e, quindi, ricondurle nell’uno o nell’altro vizio, le stesse restano inammissibili e assorbite da quanto detto per i primi due motivi di ricorso, dal momento che sono anch’esse volte, in buona sostanza, a una rivisitazione dei fatti di causa, mettendo in discussione l’accertamento compiuto dalla Corte territoriale e, prima di essa, dal Tribunale, in ordine alla richiesta di una diversa e più favorevole qualificazione giuridica della dichiarazione ricognitiva rilasciata ai fratelli COGNOME e, quindi, di fideiussione di fideiussione, anziché di ricognizione di debito.
Del resto, sia che le doglianze della ricorrente si leggano nell’ottica del vizio di legge -in particolare, rispetto alla sostenuta applicabilità, nel caso, dell’art. 1938 c.c., dovendosi qualificare la dichiarazione ricognitiva come un’obbligazione condizionale o futuraovvero nell’ottica dell’omessa pronuncia e/o motivazione apparente, in esse non viene compiuta alcuna critica alla ratio decidendi della sentenza, limitandosi la RAGIONE_SOCIALE a richiedere un terzo grado di giudizio, precluso in questa sede.
Va al riguardo ribadito il consolidato principio secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione o falsa applicazione di norme di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o di omessa pronuncia ma si miri in realtà ad ottenere dalla RAGIONE_SOCIALE una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (v., per tutte: Cass. civ., Sez. V, 5 agosto 2024, n. 22072; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 4 giugno 2024, n. 15572; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 10 aprile 2024, n. 9692; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 12 marzo 2024, n. 6580; Cass. civ., SS.UU., 27 dicembre 2019, n. 34476).
5.2. il quarto motivo di ricorso è inammissibile.
La ricorrente deduce vizi di cui ai nn. 3 e 4 dell’art. 360, 1° comma, c.p.c., sostenendo che, soffermandosi sull’art. 1988 c.c., la corte territoriale ha erroneamente ritenuto esistente il debito della RAGIONE_SOCIALE verso i fratelli COGNOME per non aver costei offerto prova contraria, negando, in maniera contraddittoria, il rinnovo dell’escussione dei testimoni dalla stessa indicati.
L ‘unica ragione di doglianza articolata da RAGIONE_SOCIALE è che, nel confermare la statuizione di primo grado, la c orte d’ appello ha considerato superflue le prove orali reiterate, con una motivazione ritenuta dalla ricorrente non adeguata, perché avrebbe precluso il
corretto inquadramento e la corretta valutazione della vicenda processuale.
Quando, invece, questa Corte ha più volte affermato che il provvedimento reso sulle richieste istruttorie è censurabile per vizio di motivazione solo in ordine all’attitudine dimostrativa della prova e la relativa censura è inammissibile se non illustra la decisività del mezzo di prova di cui si lamenta la mancata ammissione (v. da ultimo, Cass. civ., Sez. III, Ord., 17 settembre 2024, n. 25023; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 5 marzo 2024, n. 5832; Cass. civ. Sez. III, Ord., 27 febbraio 2024, n. 5208; Cass. civ., Sez. III, Ord., 6 novembre 2023, n. 30810).
Va al riguardo osservato che le doglianze non superano il vaglio di ammissibilità anche dell’art. 360 bis c.p.c., giacché in tema di mancata ammissione della prova testimoniale la giurisprudenza di questa Corte ha statuito che il ricorso per cassazione è inammissibile quando come nel caso ci si duole della valutazione ‘di non pertinenza della denunciata mancata ammissione della prova orale rispetto ai fondamenti della decisione, senza allegare le ragioni che avrebbero dovuto indurre ad ammettere tale prova, né adempiere agli oneri di allegazione necessari a individuare la decisività del mezzo istruttorio richiesto’ (cfr. Cass. civ., Sez. III, Ord., 13 settembre 2024, n. 24662; Cass. civ., Sez. I, Ord., 13 giugno 2024, n. 16470; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 4 giugno 2024, n. 15565; Cass. civ., Sez. II, Ord., 21 febbraio 2023, n. 5364; Cass. civ., Sez. II, Ord., 10 ottobre 2022, n. 29349; Cass. civ., Sez. II, 19 maggio 2022, n. 16271; principio sancito da Cass. civ., Sez. VI-Lavoro, Ord., 4 aprile 2018, n. 8204).
Questo perché ‘il giudizio sulla superfluità o genericità, in particolare, della prova testimoniale è insindacabile in sede di legittimità, involgendo una valutazione di fatto che può essere censurata soltanto se basata su erronei principi giuridici, ovvero su incongruenze di ordine logico’ (cfr. Cass. civ., Sez. lav., Ord., 16
agosto 2024, n. 22869; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 23 maggio 2024, n. 14394; Cass. civ., Sez. I, Ord., 20 febbraio 2024, n. 4582; Cass. civ., Sez. I, Ord., 2 febbraio 2024, n. 3057; Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 novembre 2023, n. 33173; Cass. civ. Sez. lav., Ord., 21 novembre 2022, n. 34189).
Nella specie la descritta valutazione operata dalla Corte non può dirsi basata su erronei principi giuridici, in quanto quest’ultima ha rigettato la richiesta di reiterazione delle prove orali, perché ritenute irrilevanti e prive di decisività nel complessivo quadro probatorio, attese quindi le risultanze documentali, che costituiscono di fatto l’ossatura della decisione, con conseguente difetto di qualsivoglia eccepita incongruenza di ordine logico.
Aggiungasi che la dedotta violazione dell’art. 2697 c.c. è formulata in modo altrettanto inammissibile, ricorrendo, ma non è il caso in esame, solo quando ‘il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni’ (cfr. Cass. civ., Sez. III, Ord., 3 settembre 2024, n. 23672; Cass. civ., Sez. V, 5 agosto 2024, n. 22131; Cass. civ., Sez. III, Ord., 22 luglio 2024, n. 20136; Cass. civ., Sez. V, Ord., 21 marzo 2024, n. 7588; Cass. civ., Sez. II, Ord., 6 marzo 2024, n. 6030; principio sancito da Cass. civ., SS.UU., 5 agosto 2016, n. 16598). Ipotesi questa che non ricorre nel caso in esame.
5.3. Il quinto motivo è inammissibile.
Rileva il collegio come, al di là delle questioni formalmente contestate in tale motivo come vizi di legge, l’ ubi consistam delle censure riposi invero nella qualificazione della dichiarazione ricognitiva come fideiussione di fideiussione.
Partendo da tale erroneo assunto la ricorrente lamenta il mancato riconoscimento della estensione della transazione stipulata dai
creditori garantiti con il fideiussore principale anche a lui, quale condebitore solidale, ai sensi dell’art. 1304 c.c.
Anche in questo caso la vicenda resta confinata negli apprezzamenti di merito, non bastando la mera enunciazione della asserita violazione di legge in ordine al risultato interpretativo più favorevole al ricorrente non accolto dal giudice di merito.
Lungi dal prospettare un vizio di legge, le argomentazioni della ricorrente mirano in realtà ad invocare piuttosto una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accertata e ricostruita dalla corte di merito.
Del resto, secondo costante orientamento di legittimità il vizio di violazione di legge coincide con l’errore interpretativo, cioè con l’erronea individuazione della norma regolatrice della fattispecie o con la comprensione errata della sua portata precettiva; la falsa applicazione di norme di diritto ricorre quando la disposizione normativa, interpretata correttamente, sia applicata ad una fattispecie concreta in essa erroneamente sussunta. Al contrario, l’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (v. Cass. civ., Sez. lav., Ord., 25 luglio 2024, n. 20786; Cass. civ., Sez. lav., 2 maggio 2024, n. 11866; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 15 giugno 2023, n. 17209; Cass. civ., Sez. lav., 12 gennaio 2023, n. 750).
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore dei controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza