Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16144 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16144 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2481/2022 R.G. proposto da : COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio della medesima in ROMA INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio dei medesimi in ROMA INDIRIZZO
-controricorrente-
nonchè contro COGNOME NOME
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 4517/2021 depositata il 21/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La signora NOME COGNOME convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, il marito NOME COGNOME i fratelli di questo NOME e NOME COGNOME, la madre NOME COGNOME nonché NOME COGNOME e alcune società di riferimento della famiglia COGNOME, per sentir pronunciare la simulazione o, in subordine, la revocatoria di atti con cui il marito aveva disposto del proprio patrimonio, atti ritenuti pregiudizievoli alle ragioni creditorie dell’attrice, in relazione ad obblighi di mantenimento gravanti sul coniuge a seguito di separazione coniugale. Il giudice adito accolse la domanda in relazione ad un atto di dismissione di una partecipazione societaria in favore della madre del COGNOME mentre rigettò tutte le altre domande, ivi ricompresa quella avente ad oggetto la revocatoria dell’atto di trasferimento di somme posto in essere dal COGNOME in favore del fratello NOME. A seguito di appello della COGNOME, volto a sentir riformare la sentenza di primo grado nel senso dell’accoglimento della revocatoria anche d el predetto trasferimento , la Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado, ritenendo che il rapporto di debito-credito tra i fratelli risultasse provato da un atto di ricognizione di debito sul quale non era stata sollevata alcuna contestazione né proposta querela di falso.
Avverso la sentenza della corte di merito la COGNOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi illustrati da memoria, cui resiste con controricorso il COGNOME.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo -violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 R.D.L. 1666/1937, dell’art. 62 L 16/2/1913 n. 89 e dell’art. 18 D.P.R. 445 del 2000) per avere la corte d’appello attribuito data certa all’atto di ‘ricognizione di debito’ a firma di NOME COGNOME nei confronti del fratello NOME– la ricorrente lamenta che la corte del merito abbia violato le disposizioni indicate in epigrafe nella parte in cui ha ritenuto che l’atto di ricognizione di debito , su cui il giudice ha principalmente basato la decisione di rigetto dell’appello , avesse data certa. Secondo la ricorrente, in assenza di annotazione del documento al repertorio notarile, la data certa non poteva dirsi provata.
La censura non attinge la ratio decidendi della sentenza impugnata.
La corte di merito non ha inteso attribuire alla copia conforme una valenza probatoria che non ha, essendosi limitata ad affermare che detta copia era conforme all’originale come il notaio aveva attestato , indipendentemente dal fatto che la copia non fosse stata repertoriata, in applicazione del consolidato principio in base al quale in presenza dell’attestazione, da parte del notaio, della conformità di una copia all’originale, ove sussistano gli altri requisiti di forma previsti dall’art. 18 d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, e nel caso in cui l’originale non sia depositato presso il notaio stesso, deve presumersi che l’originale sia stato esibito al notaio (Cass. 1, n. 18177 del 9/9/2004).
Con il secondo motivo di ricorso- violazione e falsa applicazione degli artt. 1183, 1219, 1817, 2697 e 2901 comma 3 c.c. per aver la corte d’appello ritenuto opponibile alla creditrice la dichiarazione di riconoscimento di debito a firma del COGNOME per aver ritenuto
applicabile l’art. 1183 comma 1 c.c. e non gli artt. 1817 e 1219 c.c. ed esigibile il presunto credito, qualificando il versamento della somma di € 50.000 quale adempimento di un debito scaduto – la ricorrente si duole che la corte del merito abbia ritenuto che il credito fosse immediatamente esigibile da parte del creditore, dovendosi di contro applicare quanto disposto dall’art. 1817 c.c. e cioè chiedere al giudice la fissazione di un termine.
L’assunto si pone in evidente contrasto con la previsione dell’art. 1183 c.c., 1° comma c.c., secondo cui se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore può esigerla immediatamente ( cfr. Cass., 8/7/2020, n. 14243; Cass., 11/9/2010, n. 19414; Cass., 6/7/2009, n. 15796; Cass., 15/7/2003, n. 11049. E già Cass., 23/5/1994, n. 5021 ).
Ciò vale a fortiori quando si tratta dell’adempimento di una obbligazione pecuniaria, in relazione alla quale il decorso del termine è produttivo dell’obbligazione accessoria degli interessi, a riprova del fatto che l’obbligazione è immediatamente esigibile.
Con il terzo motivo la ricorrente denunzia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, per avere la corte territoriale omesso di valutare elementi fattuali e di operare un giudizio di sintesi sui medesimi in grado di fondare presunzioni gravi, precise e concordanti ai sensi dell’art. 2729 c.c,
Il motivo è inammissibile perché di merito volto cioè ad ottenere da parte di questa Corte una diversa ricostruzione del ragionamento presuntivo seguito dal giudice del merito, preclusa in sede di legittimità.
Con il quarto motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione di norma processuale (art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 24 e 111 Cost. 177, 187, 188, 189, 210 e 230 c.p.c.) per avere
la corte d’appello negato l’ammissione dell’interrogatorio formale di NOME e NOME COGNOME nonché l’ordine di esibizione ex art. 210 del conto corrente Carim intestato a NOME COGNOME e dell’estratto conto Unicredit intestato a RAGIONE_SOCIALE in relazione agli anni 2008, 2009 e 2010.
La ricorrente lamenta che la corte del merito non abbia consentito l’ammissione dei mezzi istruttori riproposti in appello .
Il motivo è inammissibile in quanto non ottempera alle condizioni poste da questa Corte per poter sindacare la mancata ammissione, da parte del giudice del merito di un mezzo istruttorio, condizioni afferenti alla prova della indispensabilità del mezzo al fine del raggiungimento di una decisione che sarebbe stata diversa.
Va al riguardo ribadito che ove con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente i mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, nonché di dimostrare sia l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove (Cass., 6-1, n. 23194 del 4/10/2017; Cass., 1, n. 4178 del 22/2/2007).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro
5.200,00, di cui euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile