Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 32152 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 32152 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8679/2022 R.G. proposto da
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOME e dall ‘ avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOME e dall ‘ avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
– controricorrente –
avverso la sentenza del TRIBUNALE DI NAPOLI n. 7804 del 28/9/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
–NOME COGNOME conveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE per conseguire il risarcimento dei danni subiti quale trasportata su un veicolo,
coperto da polizza assicurativa della menzionata società, rimasto coinvolto in un incidente;
-la compagnia assicuratrice aveva eccepito l ‘ improponibilità della domanda per violazione dell ‘ art. 148 D.Lgs. n. 209 del 2005 (o c.ass.) in quanto l ‘ attrice non aveva riscontrato la richiesta di integrazione documentale avanzata dall ‘ assicurazione e non aveva consentito a sottoporsi a visita medico-legale;
-il Giudice di Pace di Ischia, con la sentenza n. 1335/2017, accoglieva l ‘ istanza risarcitoria;
-con la sentenza n. 7804 del 28/9/2021, il Tribunale di Napoli accoglieva l ‘ appello di Tua Assicurazioni e dichiarava l ‘ originaria improponibilità della domanda della COGNOME;
-per quanto qui rileva, il giudice dell ‘ impugnazione -richiamato il principio espresso da Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1829 del 25/01/2018, Rv. 647588-01 («In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, a norma dell ‘ art. 145 del d.lgs. n. 209 del 2005, non può essere proposta azione risarcitoria dal danneggiato che, in violazione dei principi di correttezza (art. 1175 c.c.) e buona fede (art. 1375 c.c.), con la propria condotta abbia impedito all ‘ assicuratore di compiere le attività volte alla formulazione di una congrua offerta ai sensi dell ‘ art. 148 del medesimo Codice della assicurazioni private.»), ritenuto applicabile alla fattispecie in esame -osservava che «la presentazione di un ‘ istanza incompleta e la mancata sottoposizione a visita hanno ostacolato la possibilità dell ‘ appellante di formulare una congrua offerta di risarcimento. Quanto alla richiesta inviata dalla COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE prima del giudizio, il suo esame rende evidente che la stessa difetta di tutte le indicazioni richieste dall ‘ art. 148. D ‘ altra parte deve ritenersi provato che l ‘ appellante ha chiesto alla COGNOME di integrare la richiesta. … I rilievi che precedono valgono anche rispetto alla mancata sottoposizione dell ‘ appellata alla visita del medico fiduciario dell ‘assicurazione. … Le comunicazioni contenevano l’ espresso richiamo del sinistro e non rileva che fossero state predisposte con un modulo in cui
erano riportate quali mandanti dell ‘ incarico varie compagnie, tra le quali anche l ‘ appellante, senza che risultasse barrata la casella corrispondente a quest ‘ ultima, né tantomeno che era indicata come luogo della visita la sede di un patronato. Le comunicazioni consentivano di comprendere la finalità della convocazione ed il luogo della vista non poteva essere ritenuto non adatto all ‘ esecuzione della visita.»;
-avverso tale decisione NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, basato su tre motivi;
-resisteva con controricorso RAGIONE_SOCIALE
-all ‘ esito della camera di consiglio del 22/10/2024, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c.;
CONSIDERATO CHE
-col primo motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, nn. 3) e 4), c.p.c., la ricorrente deduce «violazione ed erronea applicazione dell ‘ art. 145 e 148 del D.lgvo 7 settembre 2005», sia perché «l ‘ incompletezza della messa in mora non determina mai la improcedibilità, ma solo la sospensione dei termini per l ‘ offerta», sia perché il giudice di merito ha compiuto «una erronea applicazione, meramente formalistica (e non sostanzialistica) dell ‘ art. 145 del D. lgvo 7 settembre 2005, non cogliendone la sua ‘ ratio legis ‘ e prescindendo dalla verifica concreta della possibilità o meno di effettuare l ‘ offerta da parte dell ‘ assicurazione sulla base della richiesta risarcitoria presentata in sede stragiudiziale dalla Mennella», la cui richiesta conteneva elementi sufficienti per consentire alla compagnia di formulare una proposta conciliativa ante causam ;
-la censura è in parte infondata e in parte inammissibile;
-nel combinato disposto degli artt. 145 e 148 c.ass. la giurisprudenza di legittimità ha individuato «un chiaro intento deflattivo, essendo evidente la finalità «di razionalizzazione del contenzioso giudiziario, notoriamente inflazionato, nella materia dei sinistri stradali, anche da liti bagatellari» (così Corte Cost., 3 maggio 2012, n. 111). Lo scopo del legislatore non è affidato
soltanto alla prevista dilazione temporale (invero modesta) di sessanta/novanta giorni, ma – soprattutto – al procedimento ex art. 148 Codice delle assicurazioni private che, nel prescrivere una partecipazione attiva dell ‘ assicuratore alla trattativa ante causam , mira a propiziare una conciliazione precontenziosa.» (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1829 del 25/01/2018, in motivazione);
-conseguentemente, la proponibilità della domanda risarcitoria è subordinata alla trasmissione di una richiesta contenente gli elementi, indicati nell ‘ art. 148 c.ass., sufficienti a permettere all ‘ assicuratore di «accertare le responsabilità, stimare il danno e formulare l ‘ offerta» (presupposto formale), e alla collaborazione, improntata ai canoni di correttezza e buona fede, del danneggiato con l ‘ assicuratore della r.c.a., sì da consentirgli nella fase stragiudiziale di effettuare l ‘ accertamento e la valutazione del danno e di formulare una proposta conciliativa potenzialmente idonea ad evitare il giudizio (requisito sostanziale);
-risulta così smentita la tesi della ricorrente, secondo la quale, a norma dell ‘ art. 145 del d.lgs. n. 209 del 2005, l ‘ incompletezza della domanda implica soltanto la sospensione dei termini per la proposta dell ‘ assicurazione, ma non anche l ‘ improponibilità della domanda giudiziale; in senso contrario, il Collegio intende dare continuità alla decisione di Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1829 del 25/01/2018, Rv. 647588-01, richiamata pure dal giudice di merito e successivamente confermata da Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 1756 del 20/01/2022;
-proprio perché una completa richiesta risarcitoria è funzionale alla formulazione di una ragionevole proposta conciliativa, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che «l ‘ azione diretta proposta dalla vittima di un sinistro stradale nei confronti dell ‘ assicuratore della r.c.a. è proponibile anche se preceduta da una richiesta stragiudiziale non conforme alle prescrizioni dell ‘ articolo 148 c.ass., se l ‘ assicuratore non si sia avvalso della facoltà di chiederne l ‘ integrazione, ai sensi del quinto comma della norma citata» (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 32919 del 09/11/2022, Rv. 666114-01) oppure se si è avvalso di tale facoltà «dopo la scadenza del termini previsto
dal quinto comma» citato (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 20802 del 25/07/2024, Rv. 671932-01), fermo restando che la richiesta del danneggiato «è idonea a produrre il suo effetto in tutti i casi in cui contenga gli elementi necessari e sufficienti perché l ‘ assicuratore possa accertare le responsabilità, stimare il danno e formulare l ‘ offerta, essendo pertanto irrilevante, ai fini della proponibilità suddetta, la circostanza che la richiesta sia priva di uno o più dei contenuti previsti dall ‘ art. 148 c.ass., qualora gli elementi mancanti siano superflui ai fini della formulazione dell ‘ offerta risarcitoria da parte dell ‘ assicuratore» (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 15445 del 03/06/2021, Rv. 661671-01);
-orbene, contrariamente a quanto dedotto con la censura de qua , il Tribunale ha ritenuto -con accertamento di merito congruamente motivato e, dunque, insindacabile da questa Corte -che le lacune della istanza risarcitoria della COGNOME -il cui «esame rende evidente che la stessa difetta di tutte le indicazioni richieste dall ‘ art. 148» -ha impedito la formulazione dell ‘ offerta conciliativa, vieppiù perché l ‘ odierna ricorrente ha pure mancato di rispondere alla richiesta di integrazione formulata dalla compagnia assicurativa; quale argomento ulteriore, ma evidentemente con un ruolo rafforzativo (a consolidamento dell’impossibilità di formulazione dell’offerta), si aggiunge la «mancata sottoposizione dell ‘ appellata alla visita del medico fiduciario dell ‘ assicurazione», considerata ingiustificata dal giudice d ‘ appello per le ragioni dettagliatamente esposte nella sentenza impugnata, in relazione alla concreta articolazione del relativo invito in rapporto alle circostanze di causa;
-il motivo è, poi, inammissibile nella parte in cui pretende dal giudice di legittimità una rivalutazione dell ‘ idoneità degli elementi esposti nella richiesta, secondo la ricorrente -ma non secondo il Tribunale -«sufficienti per consentire alla compagnia di formulare una proposta conciliativa ante causam » : tanto implicando un giudizio di fatto tutt’altro che implausibile e, quindi, sottratto a censura nella presente sede di legittimità;
-col secondo motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, nn. 3) e 4), c.p.c., la ricorrente deduce «Violazione ed erronea applicazione dell ‘ art.
145 e 148 del D.lgvo 7 settembre 2005», sia perché «il Giudice del gravame ha inteso provvedere con la impugnata sentenza senza mai aver verificato le produzioni delle parti, ed in particolare quella della Compagnia appellante, né i verbali di causa. Risulta infatti dagli atti del giudizio di appello che il fascicolo di prime cure, unitamente alle produzioni di parte ed ai verbali di causa, non è stato mai acquisito dall ‘ Ufficio del Giudice di pace di Ischia. Conseguentemente, le affermazioni portate dalla sentenza della quale si chiede la riforma in merito alla presunta esaustiva documentazione offerta ex adverso ed alla assunta mancata contestazione dei documenti da parte di questa difesa sono ingiuste ed errate», sia perché la proponibilità della domanda non può essere subordinata alla sottoposizione del danneggiato a visita medico-legale;
-in realtà, il motivo si articola in due censure, entrambe inammissibili per plurime ragioni;
-con la prima la ricorrente sembra volersi dolere della mancata acquisizione del fascicolo di primo grado, circostanza dalla quale sarebbe derivata l ‘ inconsistenza delle argomentazioni del Tribunale in punto di non contestazione;
-anche a voler superare la genericità della doglianza relativa alle affermazioni del giudice di merito (tacciate di ingiustizia ed erroneità senza alcuna illustrazione delle conseguenze derivanti dal vizio procedurale) e la mancata individuazione di una disposizione violata attinente alla specifica critica mossa (l ‘ art. 115 c.p.c. non è menzionato), l ‘ atto introduttivo è comunque gravemente lacunoso, perché non chiarisce in alcun modo quali atti e documenti del fascicolo di primo grado (di cui si afferma, senza alcun riscontro, la mancata acquisizione) avrebbero condotto ad una diversa decisione in appello;
-in proposito, si richiamano i precedenti di Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 10164 del 30/03/2022, Rv. 664467-01, («La mancata acquisizione del fascicolo d ‘ ufficio di primo grado, ai sensi dell ‘ art. 347 c.p.c., non determina di per sé un vizio del procedimento o la nullità della sentenza di secondo grado, potendo, al più, integrare il vizio di difetto di motivazione per omessa
consultazione di un documento che in tale fascicolo era presente, purché venga dimostrato, anche avvalendosi della facoltà di farsi rilasciare dal cancelliere copia degli atti presenti nei fascicoli delle controparti ai sensi dell ‘ art. 76, disp. att., c.p.c., che il giudice d ‘ appello non abbia tratto ‘ aliunde ‘ la conoscenza del contenuto di tale documento.») e di Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 10202 del 17/04/2023, Rv. 667389-01 («Nel giudizio di appello, la mancata acquisizione del fascicolo d ‘ ufficio di primo grado non determina un vizio del procedimento o la nullità della sentenza, potendo al più integrare il vizio di difetto di motivazione, ove venga specificamente prospettato che da tale fascicolo il giudice d ‘ appello avrebbe potuto o dovuto trarre elementi decisivi per la decisione della causa, non rilevabili ‘ aliunde ‘ ed esplicitati dalla parte interessata, considerato che, in virtù del principio di ‘ non dispersione (o di acquisizione) della prova ‘ , l ‘ efficacia probatoria dei documenti prodotti non si esaurisce nel singolo grado di giudizio e prescinde dalle successive scelte difensive della parte.»);
-la seconda censura -riguardante l ‘ impossibilità di dichiarare improponibile l ‘ azione in ragione della mancata sottoposizione alla visita medico-legale -è in parte infondata, per le ragioni già illustrate in relazione al primo motivo -e in parte inammissibile, laddove la ricorrente deduce, in contrasto con l ‘ accertamento di merito, di non avere ricevuto regolare convocazione, quale giustificazione della sottrazione all ‘ accertamento stragiudiziale;
-la ricorrente formula in subordine un terzo motivo ( ex art. 360, comma 1, nn. 3) e 4), c.p.c.), col quale si deduce «Violazione degli artt. 91 e 92 c.2 cpc … Illegittimità ed ingiustizia della condanna alle spese di giudizio», in quanto il giudice d ‘ appello avrebbe dovuto condannare la COGNOME alla rifusione dei costi del giudizio dell ‘ avversaria, ma «avrebbe quantomeno dovuto compensare per intero le spese di lite sussistendo sulla questione per cui è causa orientamenti giurisprudenziali favorevoli alla ricorrente ed essendo la domanda risarcitoria comunque fondata nel merito come accertato dal Giudice di Pace nel contradditorio delle parti»;
-la censura è manifestamente inammissibile;
-difatti, questa Corte ha più volte statuito che «nel giudizio di legittimità il sindacato sulle pronunzie dei giudici del merito riguardo alle spese di lite è diretto solamente ad evitare che possa risultare violato il principio secondo cui esse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, restando del tutto discrezionale – e insindacabile – la valutazione di totale o parziale compensazione per giusti motivi, la cui insussistenza il giudice del merito non è tenuto a motivare» (tra le altre, Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 26912 del 26/11/2020, Rv. 659925-01);
-in conclusione, il ricorso va respinto; ne consegue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, le quali sono liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo;
-va dato atto, poi, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
-da ultimo si osserva che, nel giudizio di legittimità, la ricorrente risulta assistita -oltre che dall ‘ avv. NOME COGNOME -dall ‘ avv. NOME COGNOME il quale non risulta iscritto all ‘ albo speciale degli avvocati abilitati al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori; l ‘ omessa iscrizione non inficia la validità del ricorso, perché l ‘ altro difensore è regolarmente iscritto; tuttavia, occorre effettuare la segnalazione al Procuratore Generale per le conseguenze disciplinari, atteso che «L ‘ avvocato che presta il proprio patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori senza aver conseguito la relativa abilitazione commette l ‘ illecito disciplinare di cui all ‘ art. 36 del codice deontologico forense, indipendentemente dalla concreta offensività di tale condotta, essendo questa oggetto di un espresso divieto e, dunque, valutata ‘ a priori ‘ come lesiva dei valori e degli interessi sottesi alla normativa deontologica. (Nella specie, la S.C., ritenuta irrilevante qualsivoglia valutazione circa la concreta offensività della condotta, ha confermato la sentenza dell ‘ organo disciplinare, il quale aveva applicato la
sanzione della censura nei confronti di un avvocato, non iscritto nell ‘ albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, che aveva sottoscritto, unitamente ad un professionista abilitato, gli atti difensivi relativi a un processo dinanzi al Consiglio di Stato).» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 21069 del 18/07/2023, Rv. 668368-01);
p. q. m.
la Corte
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente, le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 4.300,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge; ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente ed al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, qualora dovuto; dispone la trasmissione, a cura della cancelleria, di copia dell ‘ ordinanza al Procuratore Generale.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,