Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15153 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15153 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15787/2020 R.G. proposto da:
NOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
BANCO DI NAPOLI, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di SALERNO n. 1/2020 depositata il 02/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Il tribunale di Salerno ha respinto le domande proposte da NOME COGNOME e da NOME COGNOME nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in relazione alle fideiussioni da essi prestate per debiti della RAGIONE_SOCIALE di cui erano soci.
Ha accolto, invece, la riconvenzionale della banca di condanna dei garanti al pagamento della somma di 36.671,97 EUR, oltre interessi, corrispondente al saldo passivo di un conto corrente della società.
La condanna è stata pronunciata dopo che, interrotto il giudizio per la cancellazione della società in questione, la causa era stata riassunta nei confronti dei suddetti garanti.
La sentenza è stata censurata con distinti gravami, tra loro non identici.
La corte d’appello di Salerno li ha respinti entrambi.
La COGNOME ha proposto ricorso per cassazione in cinque motivi.
COGNOME ha proposto ricorso incidentale in due motivi.
RAGIONE_SOCIALE (incorporante il RAGIONE_SOCIALE) ha replicato a entrambi con separati controricorsi.
Le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
I. -Il ricorso principale (ricorso COGNOME) si compone di cinque doglianze.
Col primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 , primo e secondo comma, del d.lgs. n 28 del 2010, in quanto la corte d ‘ appello di Salerno avrebbe dovuto rilevare d’ufficio l’improcedibilità della domanda principale e della domanda riconvenzionale per la mancanza (eccepita dalla banca dinanzi al giudice di primo grado) della mediazione obbligatoria.
Il motivo è inammissibile, non risultando che la questione sia stata prospettata in appello.
II. -Col secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 102 e 111 cod. proc. civ. per aveva la corte d’appello mancato di rilevare la nullità della sentenza di primo grado, pronunciata senza la riassunzione, dopo l’interruzione del giudizio a seguito della cancellazione dal registro delle imprese della società RAGIONE_SOCIALE, nei confronti dei soci, successori e litisconsorti necessari.
Il motivo è infondato, anche se la motivazione della sentenza va integrata.
III. – Il giudizio di primo grado, per quel che emerge, era stato interrotto a seguito della cancellazione della società RAGIONE_SOCIALE dal registro delle imprese.
La cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio, con la sola eccezione della fictio contemplata dall’art. 10 legge fall.
Pertanto, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e seg. cod. proc. civ., con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori
della società, ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U n. 607013).
Nel caso concreto risulta che il giudizio era stato riassunto dalla banca nei riguardi dei garanti, i quali però erano pure (essi stessi) i soci della società estinta.
La corte d’appello ha detto che il giudizio, riassunto nei confronti dei soli garanti, era da considerare estinto verso i soci in quanto successori, ma senza effetto preclusivo all’esame della domanda nei confronti di garanti ( recte , dei medesimi in quanto garanti), perché -ha osservato -non sussiste un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra debitore principale (la società o i soci successori) e i fideiussori per effetto della regola solidaristica di cui all ‘art. 1944, primo comma, cod. civ.
L’affermazione è da avvalorare in questo senso: che al più poteva esser maturata un’estinzione parziale, tale da precludere l’esame della pretesa radicata su ll’obbligazione principale .
Ciò è corretto, perché il rapporto processuale tra creditore, debitore principale e fideiussore è facoltativo nella fase d’introduzione del giudizio, potendo il creditore agire separatamente a norma dell’art. 1944 citato.
Solo dopo che è stato instaurato nei confronti di tutti esso dà luogo a un litisconsorzio processuale, che diventa quindi necessario nei gradi d’impugnazione se siano riproposti temi comuni al debitore principale e al fideiussore (v. Cass. Sez. 1 n. 16669-12, e poi conf. Cass. Sez. 3 n. 20313-19, Cass. Sez. 3 n. 14829-16).
Quel che occorre sottolineare, allora, è che nella concreta fattispecie era stato eccepito che l’intero giudizio fosse da considerare estinto per mancata riassunzione nei confronti dei soci della società cancellata (art. 307 cod. proc. civ.).
E tuttavia un fatto impediva al motivo d’appello di centrare il bersaglio, e cioè che in ogni caso i garanti, evocati in riassunzione, erano
essi stessi i soci della società estinta, e in nessun punto del ricorso è specificato che altri ve ne fossero oltre a loro.
Ne segue che, in parte qua , il giudizio era da considerare riassunto utilmente, perché erano stati evocati i soci-garanti.
La circostanza che la domanda fosse stata mantenuta solo in base al rapporto di garanzia poteva valere come implicita rinuncia alla pretesa originaria nei riguardi della debitrice principale (la società) e per essa dei soci in quanto successori; giammai avrebbe potuto precludere l’esame di quella azionata nei riguardi dei medesimi in forza del titolo fideiussorio.
IV. -Col terzo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 della l. n. 287/1990 e 19, undicesimo comma, della l. n. 262/2005 per avere la corte d’appello ritenuto che il contratto di fideiussione, qualificato come contratto autonomo di garanzia, fosse conforme allo schema legale.
Il motivo è inammissibile in prospettiva di autosufficienza, non risultando dalla sentenza che una corrispondente questione sia stata fatta oggetto di appello da parte della COGNOME.
V. -Col quarto motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ., anche con riferimento all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., per omesso esame di fatto decisivo, in relazione alla nullità della polizza di garanzia per violazione dell’art . 2 della l. n. 287/1990 nonostante l’eccepita nullità da parte del ricorrente .
Il motivo è inammissibile perché del tutto generico.
Non risulta dal ricorso se quando e come una corrispondente questione sia stata prospettata, e in relazione a quali concrete risultanze documentali tali da porsi in relazione di identità con lo schema contrattuale ritenuto determinativo di intese anticoncorrenziali.
VI. -Infine col quinto motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art . 210 cod. proc. civ. poiché, diversamente da quanto ritenuto dalla corte d’appello, il correntista ha diritto a ottenere la documentazione bancaria anche in corso del giudizio ove sia stata
formulata la richiesta ex art. 119 del T.u.b., a prescindere dal fatto che egli abbia provveduto o meno al ritiro della documentazione presso la banca.
Il motivo è inammissibile ancora una volta per genericità.
Dalla sentenza emerge che solo COGNOME aveva fatto richiesta (stragiudiziale) di copia della documentazione inerente al conto, e che peraltro la richiesta era stata positivamente evasa dalla banca mediante messa a disposizione di ‘tutta la documentazione richiesta’.
Non è spiegato dalla ricorrente COGNOME se essa stessa avesse fatto analoga istanza e quando.
VII. -Va esaminato a questo punto il ricorso incidentale (ricorso COGNOME).
VIII. – Il primo motivo denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1418 e 1421 cod. civ. e 112 cod. proc. civ., per non essersi la corte d’appello pronunciata sull’eccezione di nullità del contratto di fideiussione sollevata dal ricorrente nella comparsa conclusionale, quanto allo schema utilizzato dalla banca in spregio della l. n. 287 del 1990 secondo una dinamica frutto di intesa illegittima; cosa determinativa di nullità delle clausole di reviviscenza, sopravvivenza e di rinuncia al termine di cui all’art. 1957 cod. civ. , rilevabile anche d’ufficio.
Il motivo è inammissibile.
La rilevabilità d’ufficio è invocata a sproposito in questa sede, non fosse altro perché presupporrebbe specificati i fatti a sostegno, cosa che dal ricorso non risulta.
In ogni caso l ‘omessa pronuncia suscettibile di esser fatta valere nei riguardi di una sentenza d’appello può attenere solo a ciò che è indicato nei motivi d’ impugnazione , perché l’ambito della devoluzione e il conseguente tema decisionale è a essi circoscritto.
La comparsa conclusionale, a norma dell’art. 190 cod. proc. civ., ha la sola funzione di illustrare le domande e le eccezioni già ritualmente
proposte e non può contenerne di nuove che costituiscano un ampliamento del thema decidendum .
Il giudice di appello non incorre nel vizio di omessa pronuncia ove non esamini una questione nuova -quale che sia – proposta, per la prima volta, nella comparsa conclusionale (v. ex aliis Cass. Sez. 1 n. 13065-04, Cass. Sez. 3 n. 3234-87, Cass. Sez. L. n. 3702-80; più di recente Cass. Sez. 1 n. 20232-22).
IX. -Il secondo motivo denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 102, 307, 331 e 332 cod. proc. civ. per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto che non sussistesse un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra debitore principale (nel caso concreto i soci della società estinta) e i garanti, e per aver omesso di dichiarare estinto il giudizio per mancata riassunzione verso i soci.
Il motivo è infondato per la ragione già indicata a fronte di quello -praticamente eguale -prospettato dalla ricorrente COGNOME.
X. -Le spese seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte rigetta i ricorsi e condanna entrambi i ricorrenti, in solido, alle spese processuali, che liquida in 7.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo a ciascun ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione