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Riassunzione del giudizio: il deposito è decisivo

La Corte di Cassazione chiarisce che nella riassunzione del giudizio, quando la legge prevede la forma del ricorso, la tempestività si valuta sulla data di deposito dell’atto in cancelleria, non sulla data di notifica. Un gruppo di eredi ha riassunto una causa di opposizione fallimentare notificando una citazione entro i termini, ma depositandola tardivamente. La Corte ha confermato la decisione del tribunale, dichiarando inammissibile la riassunzione e estinto il giudizio, sottolineando che il principio di conversione degli atti non sana il mancato rispetto del termine perentorio di deposito.

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Riassunzione del giudizio: quando il deposito dell’atto è più importante della notifica

Nel complesso mondo della procedura civile, i termini perentori sono spade di Damocle che pendono sulle parti processuali. Rispettarli è fondamentale per non veder svanire le proprie ragioni in un vizio di forma. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale in tema di riassunzione del giudizio a seguito di un rinvio: quando la legge prescrive l’uso del ricorso, ciò che conta per la tempestività è il momento del deposito in cancelleria, non quello della notifica alla controparte. Questa regola vale anche se, per errore, si utilizza un atto di citazione.

I Fatti: la riassunzione con atto di citazione

Il caso trae origine da un giudizio di opposizione allo stato passivo di un fallimento. La Corte di Cassazione, con una precedente ordinanza, aveva cassato un decreto del Tribunale, rinviando la causa allo stesso ufficio giudiziario per un nuovo esame.

Le parti interessate, eredi degli originari opponenti, avevano quindi il compito di riassumere il processo entro il termine trimestrale previsto dalla legge. Per farlo, hanno notificato un atto di citazione alla curatela fallimentare il 25 luglio, rispettando così il termine che sarebbe scaduto il giorno successivo. Tuttavia, hanno depositato telematicamente lo stesso atto in cancelleria solo il 2 agosto, quindi a termine ormai scaduto.

La decisione del Tribunale e la questione della tempestività

Il Tribunale investito della riassunzione ha dichiarato l’atto inammissibile e, di conseguenza, l’estinzione dell’intero giudizio di opposizione.

La motivazione del giudice di merito si è basata su un punto cardine: il rito applicabile all’opposizione allo stato passivo prevede che l’atto introduttivo sia il ricorso, da depositare in cancelleria. Di conseguenza, anche la riassunzione del giudizio doveva avvenire con ricorso depositato entro il termine. Sebbene il Tribunale abbia ammesso la possibilità di ‘salvare’ l’atto di citazione in virtù del principio di fungibilità delle forme processuali, ha chiarito che tale conversione è efficace solo se l’atto viene depositato in cancelleria entro il termine perentorio. Poiché il deposito era avvenuto in ritardo, la riassunzione era tardiva.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Investita del caso, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la solidità della propria giurisprudenza. Gli Ermellini hanno ribadito che la regola generale dell’art. 392 c.p.c., che prevede la riassunzione con citazione, viene derogata quando il procedimento originario impone una forma speciale, come il ricorso per l’opposizione fallimentare.

In questi casi, l’impulso processuale si perfeziona con il deposito dell’atto presso la cancelleria del giudice. La notifica alla controparte (vocatio in ius) è un momento successivo e non rileva ai fini del rispetto del termine di decadenza per la riassunzione.

La Corte ha specificato che il principio di conversione degli atti viziati nella forma (un atto di citazione può valere come ricorso) non può mai sanare la tardività del deposito. Per essere tempestiva, la citazione usata in luogo del ricorso avrebbe dovuto essere depositata, e non solo notificata, entro il termine trimestrale. Nel caso di specie, il deposito è avvenuto il 2 agosto, ben oltre la scadenza del 26 luglio, rendendo la riassunzione irrimediabilmente tardiva.

Le conclusioni: cosa insegna questa ordinanza

Questa pronuncia offre una lezione fondamentale per ogni operatore del diritto: la conoscenza del rito processuale specifico è essenziale. L’ordinanza cristallizza il seguente principio: nei procedimenti che iniziano con ricorso, anche la fase di riassunzione deve rispettare la medesima logica, privilegiando il momento del deposito come atto che effettivamente riattiva il processo nei confronti del giudice. Confondere la data di notifica con quella di deposito può avere conseguenze fatali, come l’estinzione del giudizio e la perdita definitiva del diritto di far valere le proprie ragioni in quella sede.

Per la riassunzione del giudizio, conta la data di notifica o quella di deposito dell’atto?
Nei procedimenti che, per loro natura, devono essere introdotti con ricorso (come l’opposizione allo stato passivo), la data che determina la tempestività della riassunzione è quella del deposito dell’atto in cancelleria, non quella della notifica alla controparte.

Se si sbaglia forma e si usa una citazione invece di un ricorso, l’atto è sempre nullo?
No, non necessariamente. In base al principio della conversione degli atti processuali, un atto di citazione può essere considerato valido come ricorso, ma a una condizione inderogabile: deve essere depositato in cancelleria entro il termine perentorio stabilito per la riassunzione. L’errore sulla forma è sanabile, ma il ritardo nel deposito non lo è.

Cosa succede se la riassunzione del giudizio è tardiva?
Se l’atto di riassunzione viene depositato oltre il termine perentorio fissato dalla legge, la riassunzione viene dichiarata inammissibile e il processo si estingue. Questo comporta la chiusura definitiva del giudizio, con la perdita della possibilità di ottenere una decisione nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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