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Revocatoria vincolo di destinazione: i requisiti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13414/2025, rigetta il ricorso di un fideiussore che aveva costituito un vincolo di destinazione su un suo immobile. La Corte chiarisce i requisiti per l’azione revocatoria di un atto gratuito posteriore al sorgere del credito, confermando che è sufficiente la sola consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio al creditore (scientia damni), la quale può essere provata anche per presunzioni. Viene inoltre precisato il momento da cui decorre il termine per la riassunzione del processo in caso di morte della parte.

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Revocatoria vincolo di destinazione: la Cassazione sui requisiti di prova

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla revocatoria del vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c., un tema di grande interesse pratico. La decisione offre importanti chiarimenti sui requisiti necessari per ottenere la dichiarazione di inefficacia di tale atto, in particolare per quanto riguarda l’elemento soggettivo della scientia damni e le questioni processuali legate all’interruzione del processo. Analizziamo insieme la pronuncia per comprendere la sua portata.

I Fatti di Causa

Una società finanziaria, creditrice di una somma ingente nei confronti di un soggetto per una fideiussione da lui prestata a garanzia di un mutuo, agiva in giudizio per ottenere la dichiarazione di inefficacia di un atto con cui il fideiussore aveva costituito un vincolo di destinazione su alcuni suoi immobili. Lo scopo dichiarato del vincolo era l’assistenza e il mantenimento dei propri genitori.

Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda, ma la Corte d’Appello, in riforma parziale della sentenza, accoglieva l’azione revocatoria limitatamente a uno degli immobili vincolati. Avverso tale decisione, il fideiussore proponeva ricorso per Cassazione, basandolo su due motivi principali: uno di natura processuale e uno relativo ai presupposti sostanziali dell’azione revocatoria.

La questione processuale: interruzione del processo per morte della parte

Con il primo motivo, il ricorrente lamentava che il processo d’appello si sarebbe dovuto interrompere automaticamente a causa della morte del padre (anch’egli parte del giudizio), avvenuta dopo la notifica dell’atto di appello ma prima della scadenza del termine per la costituzione in giudizio. Secondo la sua tesi, ciò avrebbe dovuto portare all’estinzione del giudizio per mancata tempestiva riassunzione.

La Corte di Cassazione ha rigettato questa argomentazione, pur confermando il principio secondo cui l’evento morte, in tale fase processuale, comporta l’interruzione automatica del processo. Tuttavia, ha specificato un punto cruciale: il termine per la riassunzione o la prosecuzione del processo decorre non dall’evento in sé, ma dal momento in cui la parte interessata ne ha avuto conoscenza legale e formale. Nel caso di specie, la semplice menzione del decesso in una comparsa di costituzione non era stata ritenuta sufficiente a far decorrere il termine. La riassunzione operata dalla società finanziaria a seguito della successiva produzione del certificato di morte era, pertanto, da considerarsi tempestiva.

La revocatoria del vincolo di destinazione e la prova della scientia damni

Il secondo motivo di ricorso, cuore della controversia, contestava la valutazione della Corte d’Appello in merito alla sussistenza della scientia damni, ovvero la consapevolezza del fideiussore di arrecare, con la costituzione del vincolo, un pregiudizio alle ragioni creditorie. Il ricorrente sosteneva che la Corte avesse presunto illegittimamente la sua conoscenza sulla base di una comunicazione che non aveva mai ricevuto e di un ragionamento illogico.

Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile dalla Cassazione, la quale ha ribadito che la valutazione delle prove e l’accertamento dei fatti sono riservati al giudice di merito e non possono essere riesaminati in sede di legittimità. La Suprema Corte ha però colto l’occasione per ribadire i principi fondamentali che governano la materia.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha spiegato che, trattandosi di un atto a titolo gratuito (come il vincolo di destinazione) e successivo al sorgere del credito, l’unico requisito soggettivo richiesto per l’azione revocatoria è la scientia damni del debitore. Questa non consiste nella specifica intenzione di frodare, né nella consapevolezza di uno stato di insolvenza, ma nella semplice conoscenza del danno che l’atto dispositivo può ragionevolmente arrecare alle ragioni dei creditori, rendendo più incerta o difficile la soddisfazione del credito.

Nel caso esaminato, la Corte d’Appello aveva correttamente desunto tale consapevolezza da una serie di elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti:

1. La tempistica: l’atto di destinazione era stato stipulato solo due mesi dopo la richiesta di restituzione del prestito da parte della banca alla società debitrice principale.
2. La posizione del debitore: in qualità di fideiussore, era a conoscenza della situazione di sofferenza finanziaria della società garantita.
3. La natura dell’atto: la costituzione di un vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. è un atto idoneo a sottrarre i beni alla generale garanzia patrimoniale dei creditori.

La Corte ha quindi concluso che il ragionamento del giudice di merito era logico, coerente e pienamente conforme all’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità.

Conclusioni

La decisione in commento conferma due principi fondamentali. Sul piano processuale, la conoscenza legale dell’evento interruttivo è il presupposto per la decorrenza del termine di riassunzione, garantendo così il diritto di difesa. Sul piano sostanziale, rafforza la tutela dei creditori contro atti dispositivi a titolo gratuito, come il vincolo di destinazione, posti in essere dal debitore dopo la nascita del debito. Per la revocatoria del vincolo di destinazione è sufficiente dimostrare, anche tramite presunzioni, che il debitore fosse consapevole del potenziale pregiudizio per il creditore, senza necessità di provare un intento fraudolento specifico. Questa pronuncia ribadisce come il vincolo di destinazione, pur essendo uno strumento utile per la protezione patrimoniale finalizzata a scopi meritevoli, non possa essere utilizzato come uno scudo invalicabile per eludere le proprie obbligazioni.

Quando si interrompe automaticamente un processo d’appello per la morte di una parte?
Il processo si interrompe automaticamente se la morte avviene dopo la notificazione dell’atto di appello ma prima della scadenza del termine per la costituzione in giudizio della parte stessa. Tuttavia, il termine per riassumere il processo decorre solo dal momento in cui l’altra parte ha conoscenza legale dell’evento.

Cosa è necessario dimostrare per la revocatoria di un vincolo di destinazione a titolo gratuito?
Se il vincolo di destinazione (considerato atto a titolo gratuito) è stato costituito dopo il sorgere del credito, è sufficiente che il creditore dimostri la sola scientia damni, ovvero la consapevolezza del debitore che tale atto avrebbe potuto arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore, rendendo più difficile o incerto il recupero del credito.

Come può essere provata la conoscenza del danno (scientia damni) da parte del debitore?
La prova della scientia damni può essere fornita anche attraverso presunzioni. Il giudice può desumere tale consapevolezza da un insieme di circostanze gravi, precise e concordanti, come la stretta vicinanza temporale tra la richiesta di pagamento del debito e la costituzione del vincolo, o la conoscenza da parte del debitore della situazione finanziaria precaria del debitore principale da lui garantito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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