Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30172 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30172 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24032/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) per procura speciale in atti
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) per procura speciale in atti
– controricorrente –
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di Napoli n. 2044/2020 depositata il 9/6/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Napoli, con sentenza in data 31 marzo 2016, rigettava la domanda presentata dal fallimento di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (successivamente fusa per incorporazione in RAGIONE_SOCIALE) con cui era stata richiesta la revoca ex art. 67, comma 2, l. fall. delle rimesse effettuate in favore RAGIONE_SOCIALE convenuta dal 17 aprile 2009 al 23
settembre 2009 per un importo complessivo di € 348.621,81, in ragione RAGIONE_SOCIALE loro natura solutoria e RAGIONE_SOCIALE consistenza e durevolezza RAGIONE_SOCIALE riduzione del saldo debitore così conseguita.
Rilevava, in particolare, che la procedura attrice non aveva contestato l’assunto RAGIONE_SOCIALE banca secondo cui l’esposizione relativa al castelletto finanziamento esteri era assistita da una cessione di credito ed era stata ripianata con versamenti di denaro provenienti da terzi, astrattamente non revocabili, constatando poi la mancanza di prova del fatto che le rimesse erano state effettuate dalla fallita.
La Corte distrettuale di Napoli, con sentenza pubblicata in data 9 giugno 2020, rigettava l’appello presentato dal fallimento di RAGIONE_SOCIALE
Evidenziava che oggetto di causa era il saldo debitore del conto corrente n. 1265750, relativo alla sola operazione di factoring in pool .
Osservava che, trattandosi di pagamenti effettuati dai terzi debitori, utilizzati per la restituzione dell’anticipazione ricevuta con la cessione dei crediti in blocco, era suscettibile di revoca l’atto di cessione e non anche i singoli pagamenti eseguiti dai debitori ceduti.
Sosteneva che questa conclusione doveva essere ribadita anche nel sistema venutosi a creare a seguito RAGIONE_SOCIALE riforma degli artt. 67 e 70 l. fall., nel quale le singole rimesse assumono rilievo non in quanto atomisticamente considerate, ma nella misura in cui determinano il rientro RAGIONE_SOCIALE banca, precisando che, in presenza di una cessione dei crediti, il pagamento del debitore ceduto è un atto estraneo alla sfera patrimoniale del fallito, dato che da un simile negozio consegue l’assunzione dell’obbligo da part e del terzo nei confronti RAGIONE_SOCIALE banca cessionaria.
Aggiungeva, da ultimo, che nell’ipotesi in cui si verifichi un insoluto l’addebito che viene annotato vale a elidere l’importo annotato a credito nel momento antecedente RAGIONE_SOCIALE concessione del finanziamento, per cui esso non concorre alla determinazione RAGIONE_SOCIALE
misura del rientro ex art. 70, comma 3, l. fall. perché il pagamento, per effetto dell’intervenuta cessione, non è riferibile al correntista fallito.
Il fallimento di RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza prospettando tre motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a. Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1 Il primo motivo di ricorso, sotto la rubrica ‘ violazione dell’art. 360 n. 3 cpc, in relazione alla falsa applicazione degli artt. 67 e 70 LF, così come modificati dal D.L. 14 Marzo 2005 n. 35, dal D. Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e dal correttivo D. Lgs. 12 settembre 2007 n. 169 – violazione dell’art. 2697 c.c. per errata attribuzione e ripartizione dell’onere probatorio ‘, sostiene che dalle richieste di pagamento RAGIONE_SOCIALE banca si evinceva che la stessa aveva dichiarato di aver revocato le linee di credito, cosicché le rimesse effettuate in epoca successiva non potevano che avere un durevole effetto solutorio e risultavano, di conseguenza, pienamente revocabili, a prescindere dal fatto che le stesse fossero state effettuate da un terzo.
La rimessa effettuata da un terzo sul conto corrente del debitore poi fallito -assume, inoltre, la procedura ricorrente – è un atto neutro ai fini RAGIONE_SOCIALE revocatoria fallimentare, che deve essere valutato assieme alle ragioni che hanno determinato il terzo ad effettuarla.
La Corte distrettuale, perciò, avrebbe dovuto accogliere in toto la domanda attorea, in considerazione del fatto che la sussistenza dei presupposti richiesti dagli artt. 67 e 70 l. fall. era stata dimostrata dalla procedura attrice, mentre la banca convenuta non aveva provato le proprie allegazioni di fatti e/o atti impeditivi all’accoglimento RAGIONE_SOCIALE domanda.
4.2 Il secondo mezzo, sotto la rubrica ‘ violazione dell’art. 360 n. 5 cpc per erronea ed imprudente valutazione ed apprezzamento RAGIONE_SOCIALE prova ‘, assume che dalle lettere RAGIONE_SOCIALE banca in data 17 aprile 2009 e 9 giugno 2009 emergeva la prova piena di versamenti fatti alla banca di natura assolutamente revocabile, mentre quest’ultima aveva dedotto circostanze, fatti ed atti impeditivi senza fornire alcuna prova certa, piena ed univoca delle cessioni pro solvendo , del contratto di factoring e dei versamenti effettuati da terzi che aveva dedotto.
Ciò nonostante, i giudici distrettuali hanno considerato pienamente provato ogni assunto dell’istituto di credito, rigettando l’appello a seguito di un errato ed imprudente apprezzamento RAGIONE_SOCIALE congerie istruttoria, piuttosto che ritenere sprovvisti di prova i fatti impeditivi addotti dalla banca ed accogliere nel suo complesso l’atto di gravame.
4.3 Il terzo motivo, sotto la rubrica ‘ violazione dell’art. 360, primo comma, n. 4 cpc in relazione all’art. 210 cpc e all’art. 119, comma 4, D. Lgs n. 385 del 1993, come sostituito dal D. Lgs. n. 342 del 1999, artt. 24, comma 2 ‘, rappresenta che la richiesta di esibizione ex art. 210 cod. proc. civ. RAGIONE_SOCIALE documentazione bancaria relativa ai rapporti intervenuti tra la banca e la fallita era stata formulata fin dalla citazione introduttiva del giudizio e reiterata in corso di causa e nelle conclusioni di primo grado; in grado di appello il diniego di questa istanza istruttoria aveva poi formato specifico motivo di doglianza.
Una simile istanza, rigettata dal primo giudice e non considerata dalla Corte d’appello, doveva, invece, essere accolta, a dire RAGIONE_SOCIALE procedura ricorrente, tenuto conto che il cliente ha diritto di ottenere dalla banca copia dei documenti contrattuali e di esecuzione dei rapporti bancari e ciò a prescindere dall’invio di una preventiva richiesta ai sensi dell’art. 119 T.U.B.
I motivi, da esaminare congiuntamente in ragione del coincidente vizio che li accomuna, risultano, tutti, inammissibili.
5.1 La Corte di merito ha accertato, in fatto, che le rimesse oggetto dell’azione revocatoria promossa dalla procedura erano rappresentate da pagamenti di crediti ceduti effettuati dai terzi debitori ed ha sostenuto, in diritto, che in caso di cessione del credito è suscettibile di revoca l’atto di cessione e non anche il pagamento eseguito dal debitore ceduto (tesi coerente con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in materia di azione revocatoria fallimentare, le rimesse effettuate dal terzo sul conto corrente dell’imprenditore, poi fallito, non sono revocabili ai sensi dell’art. 67, comma 2, l. fall., quando risulti che il relativo pagamento non sia stato eseguito con danaro del fallito e che il terzo, utilizzatore di somme proprie, non abbia proposto azione di rivalsa verso l’imprenditore prima RAGIONE_SOCIALE dichiarazione di fallimento, né che abbia così adempiuto un’obbligazione relativa ad un debito proprio, sicché il creditore convenuto in revocatoria è onerato RAGIONE_SOCIALE sola prova RAGIONE_SOCIALE provenienza del pagamento dal terzo, configurandosi la relativa allegazione come un’eccezione in senso proprio, mentre incombe sul curatore, una volta accertata l’avvenuta effettuazione di detto pagamento, la dimostrazione, anche mediante presunzioni semplici, che la corrispondente somma sia stata fornita dal fallito; Cass. 23597/2017).
Nessuna delle doglianze presentate è volta a criticare la ratio decidendi posta al fondo RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata, non essendo stato espressamente contestato (neppure con il primo mezzo, che fa riferimento a rimesse effettuate da un terzo ed assume che le stesse abbiano valore di atto neutro, ma non affronta la questione RAGIONE_SOCIALE revocabilità dei pagamenti effettuati dal terzo obbligato in conseguenza di una cessione del credito, invocando, peraltro, la rilevanza del pagamento del terzo in maniera del tutto generica senza spiegare quando, come e dove in giudizio tale pagamento
fosse stato qualificato come compiuto con denaro del fallito) che in caso di cessione del credito è tale atto, e non il pagamento del debitore ceduto, ad essere suscettibile di revoca.
Un simile deficit di critica comporta l’inammissibilità dell’impugnazione.
Invero, il ricorso per cassazione deve necessariamente contestare in maniera specifica la ratio decidendi posta a fondamento RAGIONE_SOCIALE pronuncia impugnata (Cass. 19989/2017).
L’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può quindi considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata; queste ultime, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi considerare nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo il motivo che non rispetti questo requisito; in riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. (Cass. 6496/2017, Cass. 17330/2015, Cass. 359/2005).
5.2 A fronte dell’accertamento del fatto che le rimesse oggetto dell’azione revocatoria erano rappresentate dai pagamenti effettuati dai terzi debitori ceduti, confluiti sul conto anticipi e utilizzati per la restituzione dell’anticipazione erogata, non può da rsi accesso a una rilettura degli accertamenti in fatto del giudice di merito sui quali si basa la decisione nel senso sollecitato dal secondo mezzo (cfr., in termini, da ultimo, Cass. 20179/2024, 15033/2024).
Infatti, non rientra tra i compiti di questa Corte condividere o meno la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, o procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento RAGIONE_SOCIALE decisione, sovrapponendo la propria valutazione delle prove a
quella compiuta dai giudici di merito, e ciò anche se il ricorrente prospettasse un più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. 12052/2007, Cass. 3267/2008), poiché, se si ammettesse in sede di legittimità un sindacato sulle quaestiones facti si consentirebbe un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nel provvedimento impugnato e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice di merito (Cass. Sez. U, 28220/2018; Cass. 2001/2023, Cass. 28643/2020, Cass. 33858/2019, Cass. 32064/2018, Cass. 8758/2017).
Al contrario, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà del controllo, sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE correttezza giuridica e RAGIONE_SOCIALE coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis , Cass. 21098/2016, Cass. 27197/2011).
5.3 È opportuno, infine, ricordare che l’ordine di esibizione, subordinato alle molteplici condizioni di ammissibilità di cui agli artt. 118 e 119 cod. proc. civ. e 94 disp. att. cod. proc. civ., costituisce uno strumento istruttorio residuale, che può essere utilizzato soltanto in caso di impossibilità di acquisire la prova dei fatti con altri mezzi e non per supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio a carico dell’istante, ed è espressione di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, il cui mancato esercizio non può, quindi, formare oggetto di
ricorso per cassazione, per violazione di norma di diritto (cfr., per tutte, Cass. 31251/2021).
6. In conclusione, per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 10.700, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, RAGIONE_SOCIALE legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 15 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME