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Revocatoria pagamenti: quando la prassi salva i canoni

Una società in amministrazione straordinaria ha richiesto la revocatoria dei pagamenti dei canoni di locazione effettuati a favore della società locatrice nel cosiddetto ‘periodo sospetto’. Il Tribunale ha rigettato la domanda, stabilendo che i pagamenti, sebbene avvenuti con un leggero ritardo rispetto alle scadenze contrattuali, erano esenti da revocatoria. La decisione si basa sulla dimostrazione di una prassi consolidata e tollerata tra le parti, che ha reso tali pagamenti conformi ai ‘termini d’uso’ previsti dalla legge fallimentare, assorbendo la questione della conoscenza dello stato di insolvenza.

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Revocatoria Pagamenti: La Prassi Consolidata Prevale sul Contratto

L’azione di revocatoria pagamenti è uno strumento cruciale nel diritto fallimentare, ma trova un limite importante quando i pagamenti, seppur non perfettamente puntuali, rientrano in una prassi consolidata tra le parti. Una recente sentenza del Tribunale di Venezia offre un chiaro esempio di come la consuetudine nei rapporti commerciali possa prevalere sulla rigidità del contratto, salvando i creditori dalla restituzione di somme legittimamente percepite.

Il caso ha visto contrapposte una società in amministrazione straordinaria e l’azienda proprietaria dell’immobile in cui la prima operava. L’amministrazione straordinaria chiedeva la restituzione di oltre 23.000 euro, versati a titolo di canoni di locazione nel cosiddetto ‘periodo sospetto’, sostenendo che la società locatrice fosse a conoscenza dello stato di insolvenza.

I Fatti di Causa

Una società, successivamente ammessa all’amministrazione straordinaria, ha citato in giudizio la società che le locava un punto vendita, chiedendo la revoca di sette pagamenti di canoni di locazione, effettuati nei sei mesi precedenti il deposito del ricorso per l’ammissione alla procedura concorsuale. Secondo l’attrice, tali pagamenti erano inefficaci ai sensi dell’art. 67 della Legge Fallimentare, in quanto avvenuti in un momento in cui la locatrice era a conoscenza del suo stato di crisi.

La società convenuta si è difesa sostenendo che i pagamenti non fossero revocabili in quanto effettuati ‘nei termini d’uso’, ovvero secondo le modalità e le tempistiche che erano diventate la norma nel loro rapporto commerciale, anche prima del periodo di crisi.

La Revocatoria Pagamenti e l’Eccezione dei ‘Termini d’Uso’

L’articolo 67 della Legge Fallimentare consente di revocare pagamenti di debiti liquidi ed esigibili effettuati dal debitore nel semestre anteriore alla dichiarazione di fallimento, se il creditore conosceva lo stato di insolvenza del debitore. Questa norma mira a tutelare la par condicio creditorum, evitando che alcuni creditori siano favoriti a scapito di altri.

Tuttavia, la stessa legge prevede un’importante esenzione al comma 3, lettera a): non sono soggetti a revocatoria i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa ‘nei termini d’uso’. La ratio di questa norma è quella di non paralizzare l’attività di un’impresa in difficoltà, consentendole di mantenere i rapporti di fornitura essenziali e favorendo così le possibilità di ripresa.

Le Motivazioni della Decisione

Il Tribunale ha incentrato la propria decisione sull’interpretazione del concetto di ‘termini d’uso’. La giurisprudenza consolidata, richiamata nella sentenza, chiarisce che per valutare se un pagamento rientri in questa categoria, non si deve guardare solo a quanto scritto nel contratto, ma all’atteggiamento effettivo tenuto dalle parti nell’esecuzione del rapporto.

Nel caso specifico, la società convenuta ha dimostrato, attraverso la produzione di documentazione contabile, che anche nei mesi precedenti il ‘periodo sospetto’, i pagamenti dei canoni avvenivano sistematicamente con un leggero ritardo (da 3 a 10 giorni) rispetto alla scadenza contrattuale. I ritardi registrati durante il periodo sospetto (da 1 a 11 giorni) erano del tutto simili.

Il giudice ha ritenuto che questa costanza nei ritardi, unita alla mancata prova di solleciti di pagamento da parte della locatrice, avesse dato vita a una ‘pratica adeguatamente consolidata e stabile’. In altre parole, la tolleranza del creditore aveva trasformato un ritardo contrattuale in una nuova normalità operativa tra le parti. Di conseguenza, i pagamenti contestati, essendo conformi a questa prassi, sono stati considerati effettuati ‘nei termini d’uso’ e quindi non revocabili.

La decisione ha ritenuto assorbita ogni altra questione, inclusa quella della scientia decoctionis (la conoscenza dello stato di insolvenza), poiché l’applicazione dell’esenzione rendeva irrilevante tale accertamento.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio di grande importanza pratica per le imprese: nei rapporti commerciali, la prassi e la consuetudine possono assumere un valore legale superiore a quello del contratto scritto, specialmente nel contesto di una procedura concorsuale. Per i creditori, ciò significa che una tolleranza sistematica verso lievi ritardi può costituire una protezione contro future azioni revocatorie. Per le imprese in difficoltà, garantisce che il pagamento di forniture essenziali, se effettuato secondo le consuetudini del rapporto, non verrà messo in discussione, permettendo la continuità operativa. La decisione favorisce la stabilità e la normalità dei rapporti commerciali, anche nei momenti di crisi.

Un pagamento effettuato con un leggero ritardo rispetto alla scadenza contrattuale è sempre soggetto a revocatoria fallimentare?
No. Se il ritardo rientra in una prassi consolidata e tollerata dal creditore nel tempo, il pagamento può essere considerato effettuato ‘nei termini d’uso’ e quindi esente da revocatoria, come stabilito in questa sentenza.

Cosa deve dimostrare un creditore per evitare la revocatoria di un pagamento ricevuto nel ‘periodo sospetto’?
Il creditore deve dimostrare che il pagamento, per modalità e tempistiche, è conforme alla prassi abituale instauratasi con il debitore. Nel caso specifico, la produzione di documentazione contabile che attestava ritardi simili anche in periodi non sospetti è stata una prova sufficiente.

La conoscenza dello stato di insolvenza del debitore (scientia decoctionis) è sempre decisiva per la revocatoria?
No. In questo caso, la questione della conoscenza dello stato di insolvenza è stata assorbita e non ritenuta rilevante, perché il pagamento è rientrato nell’esenzione prevista per i pagamenti effettuati ‘nei termini d’uso’, la quale prevale su altre considerazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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