Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21465 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21465 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3329/2022 R.G., proposto da
COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentata e difesa da ll’avv. prof. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME domiciliati ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al ricorso,
–
ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , in persona dei curatori NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME domiciliato ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
-controricorrente -ricorrente incidentale –
per la cassazione della sentenza n. 4997/2022 della CORTE d’APPELLO di Napoli pubblicata il 25.11.2022;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 29.4.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Revocatoria ordinaria -Vincolo di destinazione ex art. 2645 ter cod. civ. -Atto a titolo gratuito -Scientia damni -Prova
ad. 29.4.2025
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (in seguito indicato come il FALLIMENTO) conveniva dinanzi al Tribunale di Napoli NOME NOME e NOME COGNOME chiedendo di dichiarare nullo per difetto di causa e/o per difetto di meritevolezza ex artt. 1322, 1418, 2645 ter cod. civ., ovvero ancora assolutamente o relativamente simulato, dunque nullo e/o inefficace ex art. 1414 cod. civ., in subordine revocare e dichiarare inefficace nei suoi confronti ex art. 2901 cod. civ. l’atto del 4.4.2012, trascritto in data 3.5.2012, con il quale il NOME COGNOME aveva destinato per 20 anni ex art. 2645 ter cod. civ. la villa di Sorrento in INDIRIZZO, al Catasto Fabbricati fol. 1, p.lla 488, sub 2, allo scopo di far fronte ai bisogni delle figlie e provvedere a rimborsare quanto da loro anticipato: ‘ a) per spese inerenti alla loro istruzione professionale, universitaria e post universitaria e, così, a titolo meramente esemplificativo, per tasse, imposte, rette, acquisto di materiale didattico e cancelleria; b) per spese inerenti alla celebrazione dell e nozze e all’organizzazione del successivo ricevimento; c) per spese inerenti a trattamenti sanitari, cure specialistiche, ricoveri, in ospedali e case di cura, assistenza infermieristica ‘ .
Il FALLIMENTO chiedeva, altresì, di dichiarare assolutamente o relativamente simulato, dunque nullo e/o inefficace ex art. 1414 cod. civ., in subordine revocare e dichiarare inefficace nei suoi confronti ex art. 2901 cod. civ. l’atto del 17.4.2012, trascritto in data 9.5.2012, con il quale il Russo aveva donato alle figlie i 2/6 della proprietà di tre locali (negozi) in Napoli, alla INDIRIZZO (al Catasto Fabbricati fol. 4, p.lla 9, sub. 42, mq 48); alla INDIRIZZO (al Catasto Fabbricati fol. 4, p.lla 9, sub. 103, mq 46); ed alla INDIRIZZO (al Catasto Fabbricati fol. 4, p.lla 9, sub. 39, mq 43);
A sostegno delle domande svolte il FALLIMENTO allegava l’esistenza di ragioni creditorie della procedura nei confronti del Russo, il pregiudizio a esse per effetto degli impugnati atti dispositivi e il requisito soggettivo in
capo al cedente/donante, nonché la contestualità di plurimi atti dispositivi a titolo gratuito in un ristretto arco temporale.
I convenuti si costituivano e chiedevano il rigetto delle domande proposte dal FALLIMENTO, negando in particolare NOME e NOME COGNOME di essere a conoscenza dei pretesi illeciti commessi dal loro dante causa.
Con sentenza n. 8253/2018, pubblicata il 26.9.2018, il Tribunale di Napoli rigettava le domande avanzate dal FALLIMENTO, ritenendo non sussistente il requisito soggettivo dell’azione revocatoria ex art. 2901 cod. civ.
La Corte d’Appello di Napoli con sentenza, pubblicata il 25.11.2022, in parziale accoglimento dell’appello proposto dal FALLIMENTO e in riforma della sentenza impugnata, dichiarava inefficaci gli atti del 4.4.2012 e del 17.4.2012, gravando gli appellati delle spese di lite dei due gradi.
Il giudice del secondo grado, qualificati gli atti dispositivi del 4 e 17 aprile 2012 come a titolo gratuito, evidenziava l’irrilevanza della conoscibilità del pregiudizio in capo alle donatarie e beneficiarie degli atti impugnati. Quanto a NOME COGNOME la sussistenza della scientia damni era affermata sulla base dei seguenti elementi: a) la qualità di sindaco rivestita dall’appellato nonché la ricorrenza di atti illeciti e di cattiva gestione non denunciati; b) la disposizione del patrimonio mediante una pluralità di atti in un ristretto arco temporale; iii ) l’iscrizione presso il Registro delle Imprese della delibera del C.d.A. della RAGIONE_SOCIALE di approvazione della proposta di concordato preventivo del 7.10.2011, risalente, quindi, a epoca anteriore agli atti. Ritenuti sussistenti gli ulteriori elementi di cui alla fattispecie ex art. 2901 cod. civ. (esistenza di ragioni creditorie; sussistenza dell’ eventus damni ), la Corte accoglieva l ‘azione r evocatoria ordinaria formulata dal FALLIMENTO.
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorrono NOME NOME e NOME COGNOME sulla base di cinque motivi. Resiste con controricorso il FALLIMENTO.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ. , violazione e falsa applicazione dell’art. 2901, comma terzo, cod. civ.
I ricorrenti si dolgono per aver la Corte d’appello qualificato erroneamente l’atto del 4.4.2012 come atto a titolo gratuito e non come atto solutorio, poiché il vincolo di destinazione ventennale ex art. 2645 ter cod. civ. a tutela degli interessi familiari (segnatamente del mantenimento delle figlie) era stato posto in essere in adempimento di un debito scaduto verso la figlia.
Sulla premessa che l’obbligo di mantenimento e cura gravante sui genitori comprende tutte le esigenze della prole e non solo quanto limitato al profilo alimentare, nel 2012 il Russo aveva impresso il vincolo di destinazione sulla villa di Sorrento in favore delle figlie , all’epoca di 26 e 24 anni, al fine di far fronte ai crescenti impegni anche economici che la loro formazione e vita aveva (e avrebbe) via via richiesto. Tale atto aveva lo scopo di provvedere a rimborsare alle beneficiarie quanto dalle stesse anticipato: i ) per spese inerenti alla loro istruzione professionale, universitaria e post universitaria e, così, a titolo meramente esemplificativo, per tasse, imposte, rette, acquisto di materiale didattico e cancelleria; ii ) per spese inerenti alla celebrazione delle nozze e all’organizzazione del successivo ricevimento; iii ) per spese inerenti a trattamenti sanitari, cure specialistiche, ricoveri, in ospedali e case di cura, assistenza infermieristica. In quanto adempimento di un debito scaduto l’atto lo si sarebbe dovuto intendere come esente dall’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901, comma terzo, cod. civ.
1.1. Il motivo è inammissibile in quanto verte su una questione nuova non esaminata nella sentenza impugnata, ossia la pretesa natura solutoria
dell’atto del 4.4.2012 , con cui è stato impresso il vincolo di destinazione d’uso ex art. 2645 ter cod. civ., in adempimento di obbligazioni scadute correlate al dovere di mantenimento e cura delle figlie. Dovere, quest’ultimo, non limitato al solo profilo alimentare.
Secondo un indirizzo costante di questa Corte (v., indicativamente, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. 1° luglio 2024, n. 18018; Sez. Un., 29 gennaio 2024, n. 2607; 17 febbraio 2023, n. 5131; 23 settembre 2021, n. 25909; 24 gennaio 2019, n. 2038; 13 giugno 2018, n. 15430; 28 luglio 2008, n. 20518), qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (v. Cass. 13 dicembre 2019, n. 32804; 24 gennaio 2019, n. 2038; 9 agosto 2018, n. 20694; 18 ottobre 2013, n. 23675). In quest’ottica, la parte ricorrente ha l’onere -nella specie rimasto assolutamente inadempiuto -di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado (cfr. Cass. 10 maggio 2005, n. 9765; 12 settembre 2000, n. 12025). Nel giudizio di cassazione, infatti, è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito (v. Cass. 13 settembre 2007, n. 19164; 9 luglio 2013, n. 17041; 25 ottobre 2017, n. 25319; 20 maggio 2018, n. 20712; 6 giugno 2018, n. 14477).
Nella specie, i ricorrenti assumono che il vincolo di destinazione ex art. 2645 ter cod. civ. sulla villa di Sorretto, impresso con l’atto del
4.4.2012, è stato creato allo scopo di far fronte ai bisogni delle figlie e provvedere a rimborsare alle beneficiarie quanto dalle stesse anticipato: ‘ a) per spese inerenti alla loro istruzione professionale, universitaria e post universitaria e, così, a titolo meramente esemplificativo, per tasse, imposte, rette, acquisto di materiale didattico e cancelleria; b) per spese inerenti alla celebrazione delle nozze e all’organizzazione del successivo ricevimento; c) per spese inerenti a trattamenti sanitari, cure specialistiche, ricoveri, in ospedali e case di cura, assistenza infermieristica ‘.
Sennonché, la riferita deduzione in termini di adempimento di un debito scaduto è di tutta evidenza basata su circostanze fattuali, sì che si sarebbe dovuto indicare se, dove e come il giudice di appello ne fosse stato investito. D’altro canto, tenuto conto dell’età delle figlie all’epoca dell’atto e data l’estensione dell a tipologia di spese (istruzione universitaria e post universitaria; celebrazione delle nozze e relativo ricevimento; trattamenti cura per assistenza medica ed infermieristica), proprio perché si riferisce quest’oggi di un atto con funzione solutori a al fine di rimborsare alle figlie quanto dalle stesse anticipato ‘ per spese universitarie, personali e sanitarie’, sarebbe stato necessario allegare (in questo caso specificandone l’atto processuale , riportandone il contenuto, e i documenti a supporto con relativa individuazione ) l’epoca in cui dette spese sarebbero state sostenute dalle figlie, così separando nettamente gli esborsi asseritamente già sopportati, ai quali avrebbe mirato il vincolo di destinazione in adempimento di un ‘dovere (prima) giuridico e (poi) morale’ (v. pagina 15 del ricorso, riga sei), da ll’obbligo più ampio di mantenimento e cura ex art. 147 cod. civ. che la ‘formazione e vita personale aveva (e avrebbe) via via richiesto’ (pagina 14 del ricorso, riga 10).
Con il secondo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2901, comma primo, n. 2, cod. civ.
La Corte d’appello sul presupposto, erroneo, della natura gratuita dell’atto del 4.4.2012 ha ritenuto sufficiente per l’integrazione dell’elemento
soggettivo la sola consapevolezza in capo al debitore e non anche in capo alle beneficiarie. Quand’anche non si volesse attribuire all’atto natura solutoria, nondimeno esso è stato posto in adempimento dell’obbligo di mantenimento e cura gravante sul genitore, rendendo l’atto effettuato a titolo oneroso, come riconosciuto anche dal FALLIMENTO e, conseguentemente, sarebbe stato necessario estendere la verifica del presupposto soggettivo anche in capo alle figlie.
Da tale premessa, rilevano i ricorrenti, deriva che la Corte d’appello, avendo ritenuto irrilevante la scientia fraudis in capo alle figlie, è incorsa nella violazione dell’art. 2697 cod. civ. per non aver correttamente individuato l’onere probatorio a carico del FALLIMENTO.
2.1. Il motivo è inammissibile.
In primo luogo, deve notarsi che, al pari di quanto detto con riferimento al primo motivo di ricorso, la questione della natura onerosa dell’atto di disposizione del 4.4.2012 , ora sollevata come ipotesi alternativa alla già predicata natura solutoria, non trova alcun riscontro nella sentenza impugnata, sì che sarebbe stato onere dei ricorrenti precisare se e come ne fosse stata investita la Corte d’appello .
In secondo luogo, i ricorrenti prospettano in modo assertorio la natura onerosa dell’atto in quanto effettuato in adempimento dell’obbligo di mantenimento e cura delle figlie, omettendo così di svolgere una critica pertinente rispetto alla decisione ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ. , e affermano che ‘ anche la controparte aveva riconosciuto carattere oneroso all’atto in parola: la RAGIONE_SOCIALE aveva chiamato in giudizio NOME e NOME COGNOME e, senza successo, aveva provato a dimostrare la loro scientia damni allegando (solo e semplicemente) l’esistenza del rapporto familiare con il loro dante causa’ ( pagina 19 del ricorso) ‘ . Si tratta, tuttavia, di una deduzione in contrasto con il principio di specificità del ricorso ex art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ., poiché i ricorrenti hanno omesso di riprodurre il contenuto delle difese svolte dalla procedura.
Con il terzo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2403 cod. civ.
Lamentano i ricorrenti che la Corte d’appello ha ritenuto sussistente la scientia damni in capo al Russo in violazione dell’art. 2403 cod. civ. sulla base di una erronea identificazione degli obblighi e dei poteri dei sindaci delle società per azioni. La Corte d’appello ha sostenuto che ‘ la qualità stesso di sindaco -rivestita per due anni – non poteva non rendere consapevole il Russo del danno, anche solo potenziale, che si andava provocando ai creditori, soprattutto se si considerano gli atti illeciti e di cattiva gestione non denunziati, nella sua qualità di sindaco, la cui conoscenza o scoperta -da parte sua – non può assolutamente ascriversi alla complessa attività investigativa della Guardia di Finanza, ma rientra certamente nei compiti propri della funzione rivestita, se svolti con la diligenza media che ci si può aspet tare’ .
Il controllo di legittimità sostanziale sull’operato degli amministratori , ex art. 2403 cod. civ., tuttavia, non si estende alla valutazione dell’opportunità e della convenienza delle scelte operative , che sono rimesse esclusivamente ai primi. I sindaci non possono impedire il compimento da parte degli amministratori di atti di gestione che, per quanto inopportuni sotto il profilo economico-aziendale, non concretino una violazione di legge.
Il carattere globale e sintetico del controllo di legittimità sostanziale, invece, implica che i sindaci devono valutare la correttezza delle procedure decisionali degli amministratori, l’adeguatezza della struttura organizzativa all’attività svolta e la conformità dell’attività all’oggetto sociale , ma non possono , invece, valutare l’opportunità e la convenienza economica di ogni singola operazione e atto posti in essere dagli amministratori. Inoltre, ai sindaci è richiesta unicamente la diligenza professionale nello svolgimento dell’incarico, mentre non è richiesto il possesso di specifiche nozioni tecnico -scientifiche relative al campo di attività della società.
Erroneamente, pertanto, la Corte d’appello ha ritenuto che la carica di sindaco, rivestita per due anni, non potesse che rendere consapevole il Russo del danno, anche solo potenziale, delle condotte contestate. Infatti, tali condotte: i ) non rientravano nei compiti di vigilanza di legittimità sostanziale propria dei sindaci, ben potendo essere percepite come convenienti economicamente per la società; ii ) riguardavano questioni tecniche di cui non era possibile avere contezza (come la presunta truffa IVA), tanto da rendere necessarie complesse indagini della G.d.F. Con il che si spiega la ragione per cui il Russo sia venuto a conoscenza del preteso credito due anni dopo la stipula degli atti impugnati, ovvero solo con la notifica dell’atto di citazione nell’ottobre 2014 .
3.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ. , non avendo i ricorrenti aggredito l’intera ratio decidendi enunciata dalla Corte d’appello in ordine al requisito della scientia damni .
I ricorrenti hanno impugnato solo la motivazione resa dalla Corte d’appello a pagina 12 (primo capoverso), ma hanno omesso di impugnare la motivazione espressa dalla corte da pagina 12 (secondo capoverso) sino a pagina 13 (primo capoverso).
La Corte d’appello al riguardo ha scritto: ‘ Si pensi soltanto, a mero titolo esemplificativo, che è continuata l’attività di finanziamento ingente della controllante società RAGIONE_SOCIALE in un periodo in cui già la RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE versava in stato di crisi; segnatamente, come attestato dalla relazione ex art. 173 L.F. redatta dai Commissari nel periodo 2010-2011 la mercantile RAGIONE_SOCIALE ha erogato alla RAGIONE_SOCIALE finanziamenti per circa 4.600.000,00 euro ( pagina 9 della citata relazione ); più in generale la società RAGIONE_SOCIALE è stata utilizzata, come si legge nella medesima relazione ‘come polmone finanziario del gruppo, al fine di concedere aiuti finanziari ed economici alle altre società senza tenere in alcun conto i pregiudizi che la società e i suoi creditori sociali potevano subire per effetto di tali attività ‘ ( cfr. doc. 10 della produzione di parte della curatela in primo grado, ridepositata in fase di appello, a pagina 13 ). Pare appena il caso di
rilevare che l’ingentissimo dissesto finanziario ed economico si è tradotto in un’esposizione debitoria di varie decine di milioni di euro, diventati massa passiva nel fallimento, le cui cause il NOMECOGNOME nella sua veste di sindaco, era tenuto a conoscere. Altrettanto decisiva e addirittura dirimente è l’osservazione che allorquando il debitore disponga del suo patrimonio mediante vendita contestuale o con una pluralità di atti in un ristretto arco temporale, devono ritenersi ‘in re ipsa’ l’esistenz a e la consapevolezza, sua e del terzo acquirente, del pregiudizio patrimoniale che tali atti arrecano alle ragioni del creditore, ai fini dell’esercizio da parte di quest’ultimo dell’azione revocatoria ( cfr. ex multis Cass. Sez. 3, sent. n. 18034 del 25.07.2013, est. COGNOME; trattasi di interpretazione pacifica e consolidata ). Il principio si attaglia esattamente al caso che occupa, in cui, nell’arco temporale di poche settimane, ad aprile 2012, il NOME NOME ha trasferito alle figlie e/o destinato alla soddisfazione di loro esigenze tutti gli immobili di cui era proprietario’.
La specificità dei rilievi svolti ha una stretta attinenza con l’ambito del motivo svolto dal Russo, il quale, nel richiamare il contenuto dell’art. 2403 cod. civ. e nell’esporre per grandi linee la natura del co ntrollo di legittimità sostanziale ricadente sui sindaci, non ha attinto specialmente il rilievo dato dalla Corte d’appello all’assunzione da parte di RAGIONE_SOCIALE , che già versava in stato di crisi, del ruolo di «polmone finanziario» del gruppo e alla sua compatibilità con l’oggetto so ciale della compagine al cui controllo il ricorrente era tenuto.
I ricorrenti, pertanto, hanno prospettato la censura in termini non aderenti alla sentenza impugnata, di qui l’inammissibilità del motivo dovendosi senz’altro dare seguito ai consolidati principi di diritto, in base ai quali ‘La proposizione, con il ricors o per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al «decisum» della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, comma primo, n.4, cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio’ (v. Cass., sez. III, 7 novembre 2005, n. 21490; sez. 6 -I, 7
settembre 2017, n. 20910; in motivazione, Cass., Sez. Un., 20 marzo 2017, n. 7074; sez. 6-III, 3 luglio 2020, n. 13735).
Con il quarto motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 e 2909 cod. civ.
Osservano i ricorrenti che in sede di azione revocatoria si verifica incidentalmente l’esistenza del credito. Ciò se da un lato legittima l’azione anche per i crediti litigiosi, dall’altro ne limita la cognizione ai soli presupposti dell’art. 2901 cod. civ. , la quale non può basarsi sui fatti del credito altrove oggetto di accertamento. La Corte d’appello, invece, non solo ha esteso la cognizione oltre i presupposti propri dell’azione revocatoria, ma ha anche valu tato ‘gli atti illeciti e di cattiva gestione non denunziati’ come definitivamente accertati, mentre era ancora pendente l’azione di responsabilità esercitata dal FALLIMENTO iscritta al n. 17587/2015 dinanzi al Tribunale di Napoli.
Il COGNOME aggiunge che, al contrario di quanto ritenuto dalla Corte d’appello , aveva esercitato una penetrante attività di vigilanza mediante numerose riunioni del collegio sindacale tese alla verifica della struttura organizzativa della società e che nella seduta del 5.11.2009 era stato segnalato il mancato pagamento delle imposte dovute (Ires e Irap) per l’anno 2009 con invito a ricorrere al ravvedimento operoso.
4.1. Anche tale motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.
I ricorrenti, sempre con riferimento alla motivazione resa a pagina 12 (primo capoverso) lamentano che nella verifica della scientia damni la Corte d’appello avrebbe assunto come già dimostrati ‘gli atti illeciti e di cattiva gestione non denunziati’ , sebbene ancora pendente il giudizio di responsabilità promosso dalla curatela dinanzi al Tribunale di Napoli, così da esorbitare il limite della verifica ‘solo incidenter tantum ‘ del credito risarcitorio per inadempimento degli obblighi gravanti sul sindaco di una società per azioni.
Anche in questo caso, a prescindere dalla irrilevanza, perché attinenti al piano del giudizio di merito, di quanto asserito con riferimento alla pretesa diligenza del Russo nell’assolvimento dell’incarico di sindaco, i ricorrenti non hanno investito l’intera ratio decidendi espressa dalla corte da pagina 12 (secondo capoverso) sino a pagina 13 (primo capoverso). Peraltro, deve osservarsi come il giudice di secondo grado abbia basato la sua decisione sulla relazione ex art. 173 L.F. dei commissari giudiziali in sede di revoca dell’ammissione del concordato preventivo , là dove è stato riferito dell’assunzione del ruolo di «polmone finanziario del gruppo» da parte di RAGIONE_SOCIALE.p.a., nonché della rilevanza in re ipsa della scientia damni al cospetto di una pluralità di atti dispositivi in un ristretto arco di tempo.
Con il quinto motivo è denunciat o, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame da parte della Corte d’appello di fatti decisivi per il giudizio.
I ricorrenti deducono che la Corte d’appello ha ritenuto la sussistenza della scientia fraudis in capo al Russo (anche) sulla base dell’iscrizione in data 7.10.2021, anteriore agli atti impugnati, della delibera del c.d.a. della Mercantile Acciai s.p.a., ex art. 152 L.F., di approvazione della proposta di concordato preventivo . Tuttavia, la Corte d’appello ha omesso l’esame non solo di una serie di fatti valutati dal Tribunale, che lo avevano portato al rigetto delle domande, ma anche di ulteriori meglio indicati nel prosieguo.
5.1. Il motivo è inammissibile.
Osserva preliminarmente la Corte che i ricorrenti, a conclusione della prima parte del motivo (da pagina 25, ultimo capoverso, a pagina 26, primo capoverso), hanno precisat o ai fini dell’ammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 360, comma quarto, cod. proc. civ. , sebbene non si sia al cospetto di una «doppia conforme», che la pronuncia di appello non ha confermato la decisione per le stesse ragioni inerenti ai medesimi poste a base della decisione impugnata.
Di là da tale non rilevante precisazione, il motivo è inammissibile in relazione a quanto dedotto da pagina 26 (secondo capoverso) a pagina 27 (primo capoverso), là dove i ricorrenti hanno puntualizzato che: a) nel periodo in cui era stato sindaco (dal 30.11.2007 al 4.2.2010) il Russo aveva partecipato all’approvazione dei bilanci di esercizio al 31.12.2007 e al 31.12.2008; b) la presunta truffa Iva era stata evidenziata solo il 7.5.2012, successivamente alla cessazione della carica di sindaco e alla stipula degli atti; c) sempre successivi agli atti erano il deposito della delibera del c.d.a. di RAGIONE_SOCIALE della domanda di concordato preventivo, la dichiarazione di fallimento e la relazione dei curatori fallimentari con la quale è stata assunta la decisione di intraprendere l’azione di responsabilità.
Le deduzioni svolte esulano dal paradigma della possibile deduzione del vizio di omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio, poiché si sostanziano nella revisione del giudizio di merito.
In primo luogo, per la corretta deduzione del vizio è necessario che il ricorrente indichi, nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui agli artt. 366, comma primo, n. 6), e 369, comma secondo, n. 4), cod. proc. civ., il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l’esistenza, il come e il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti e la decisività del fatto stesso (v. Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053/8054). Adempimenti, questi ultimi, che non risultano rispettati dai ricorrenti.
In secondo luogo, il vizio di cui all’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. nella sua attuale formulazione presuppone la sussistenza di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, non considerato dal giudice del gravame. I ricorrenti non indicano un fatto, ossia un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico -naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (e in tal senso va
inteso, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, v., tra le molte, Cass., sez. VI-1, ord., 26 gennaio 2022, n. 2268, il fatto cui fa riferimento il n. 5 dell’art. 360 come novellato).
La giurisprudenza di questa Corte, con indirizzo ormai unanime, ha chiarito come non rientrino nella nozione di fatto: (a) le argomentazioni o deduzioni difensive; (b) gli elementi istruttori in quanto tali, quando il fatto storico sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti; (c) una moltitudine di fatti e circostanze o il vario insieme dei materiali di causa (v. Cass. civ., sez. I, ord., 29 febbraio 2024, n. 5375; Cass., sez. V, ord., 23 febbraio 2024, n. 4942; Cass., sez. III, ord., 15 febbraio 2024, n. 4163; Cass., sez. lav., ord., 22 gennaio 2024, n. 2226; Cass., sez. III, ord., 14 dicembre 2023, n. 35106).
In questa cornice, non avendo i ricorrenti indicato il fatto decisivo pretermesso, tale intendendosi un fatto principale, ex art. 2697 c.c. (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo), o anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale, v. Cass. 24 gennaio 2020, n. 12387; 16 gennaio 2020, n. 791; 8 settembre 2016, n. 1776; 26 luglio 2017, n. 18391.), il motivo si configura come inammissibile in quanto piega verso un riesame del merito della decisione ben al di là del possibile controllo della motivazione limitato entro il «minimo costituzionale» ammesso dalle Sezioni Unite di questa Corte (v., sempre, Cass., Sez. Un. 8053-8054/2014, cit.) ‘ è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione. ‘ ).
I ricorrenti nel prospettare in termini di omesso esame degli indicati elementi istruttori in ordine al requisito della scientia damni , a fronte della riferita disamina fatta dalla c orte d’appello, aspirano solo al riesame del merito della questione di fatto, trascurando di considerare che la giurisprudenza di questa Corte è, ormai, consolidata nell’affermare che: l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante ai sensi della predetta norma (v., ex multis , Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476).
All ‘inammissibilità del ricorso principale consegue l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato spiegato dal Fallimento ( con cui denunzia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 1322, 2645 ter e 2740 cod. civ. per non aver la Corte d’appello interpretato correttamente e, quindi, in concreto il richiamo alla meritevolezza degli interessi perseguiti con l’atto di destinazione sulla base di un bilanciamento con quelli del creditore del conferente ).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 12.200,00, di cui euro 12.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del Fallimento controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della