Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31543 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31543 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21359/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in SAN GIUSEPPE VESUVIANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -controricorrente-
nonchè
contro
TERRESTRIAL
DEVELOPEMENT
EEIG
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 1182/2021 depositata il 29/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Per quanto ancora rileva, il fallimento RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Torre Annunziata, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, al fine di sentir accogliere le seguenti conclusioni:
in via principale, accertare e dichiarare la simulazione assoluta dell’atto di scissione del 22/12/2011, nonchè dell’atto di compravendita per Notar Rizzo del 19/03/2013, nonché dell’atto di conferimento di immobili a favore del GEIE per Notar Micali del 03/09/2014;
in via subordinata, accertare e dichiarare l’inefficacia, ex artt. 66 L.F. e 2901 c.c., nei confronti della Curatela del Fallimento, di tutti gli atti dispositivi relativamente ai beni indicati sub a) confluiti nel GEIE.
Il Tribunale di Torre Annunziata, con sentenza n. 2626/2018, ha accolto la domanda principale di simulazione degli atti sopra indicati.
La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 1182/2021, depositata il 29.3.2021, in parziale riforma della riforma di primo grado, ha dichiarato inammissibile la sola domanda di simulazione dell’atto di scissione del 22.12.2011, ha accolto la domanda subordinata di revocatoria del predetto atto di scissione, dichiarando lo stesso inefficace, ex art. 66 L.F. e 2901 c.c. nei
confronti della massa dei creditori ed ha confermato nel resto la sentenza impugnata.
Il giudice di secondo grado, dopo aver precisato che, con la comparsa di costituzione in appello depositata in data 8.5.2019, il fallimento aveva riproposto tempestivamente la domanda di revocatoria ordinaria dell’atto di cessione, ha ritenuto sussistenti tutti i presupposti richiesti per il suo accoglimento.
In particolare, il giudice d’appello ha evidenziato con riferimento al requisito dell’ eventus damni – che Equitalia Sud e Unicredit avevano depositato domande di ammissione al passivo, ed i crediti ammessi al passivo del fallimento anteriori all’atto di scissione ammontavano a circa un milione trecentomila euro, e che, sempre al momento della scissione, la situazione patrimoniale della società scissa era tale da mettere a rischio la realizzazione di tali crediti atteso che ‘ proprio per effetto del trasferimento nella costituenda società del ramo di azienda costituito dalla maggior parte degli immobili di proprietà della società scissa, indubbiamente vi era stato un mutamento in peius qualitativo e quantitativo della garanzia patrimoniale generica (eventus damni )’.
La Corte d’Appello ha quindi ritenuto sussistenti i requisiti soggettivi della scientia damni (in capo al debitore) e del consilium fraudis (in capo al terzo), osservando, quanto alla posizione del primo, che l’atto di scissione era intervenuto quando la società debitrice aveva già una considerevole esposizione debitoria, mentre quanto alla costituenda società cui era stato conferito il ramo d’azienda, l’identità del legale rappresentante delle due società, essendo divenuto, a seguito dell’atto di scissione, amministratore della costituenda RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, già amministratore delegato della società scissa nel periodo antecedente all’atto di scissione.
Infine, con riferimento all’atto di conferimento del 3.9.2013, il giudice d’appello ha confermato la valutazione di simulazione
assoluta di tale atto, evidenziando che l’affermazione del giudice di primo grado, secondo cui era mancata la prova del pagamento del corrispettivo, non era stata scalfita dalla deduzioni dell’appellante in ordine all’onerosità dell’atto in questione.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandolo a quattro motivi.
La curatela del fallimento NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 343 e 363 c.p.c.
Si duole la ricorrente che erroneamente la Corte d’Appello ha ritenuto che la domanda (subordinata) di revocatoria ordinaria fosse stata correttamente riproposta con la semplice istanza, anziché con ricorso incidentale.
In particolare, espone che la domanda subordinata di revocatoria non era stata semplicemente ‘assorbita’, ma era stata valutata ed espressamente respinta.
Il motivo è infondato.
Va premesso che non è contestato dalle parti che le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste assorbite, possano essere riproposte ai sensi dell’art. 346 c.p.c., con il primo atto difensivo e comunque non oltre la prima udienza (vedi, sul punto, Cass. S.U. n. 7940/2019). Oggetto di contestazione è, invece, l’affermazione del giudice d’appello, contenuta a pag. 16 della sentenza impugnata (mediante il richiamo, nella nota 7, alla pronuncia delle Sezioni Unite relativa alla riproposizione della domanda assorbita) secondo cui la domanda subordinata svolta dalla curatela in primo grado sarebbe rimasta ‘assorbita’, sostenendo, al contrario, la ricorrente che il giudice di primo grado si sarebbe espressamente pronunciato su tale domanda e la avrebbe respinta.
Tale allegazione è destituita di fondamento, atteso che la sentenza di primo grado si è limitata ad esaminare il profilo dell’astratta ammissibilità della domanda revocatoria, pronunciandosi, peraltro, in modo affermativo (vedi pag. 6), e procedendo subito dopo all’esame della domanda principale di simulazione assoluta, ritenendo la sussistenza dei presupposti per il suo accoglimento. Una volta ritenuta fondata la domanda di simulazione, ha osservato che ‘ l’accoglimento della domanda principale, così come precisata in comparsa conclusionale, esime, come ovvio, dal valutare le richieste subordinate (vedi pag. 12 sentenza di primo grado)’.
In conclusione, l’allegazione di parte ricorrente secondo cui la domanda subordinata di revocatoria non sarebbe stata assorbita dal giudice di primo grado, ma, anzi, respinta, è perentoriamente smentita dalla lettura di tale sentenza.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 2901 c.c. e 66 L.F.
Si duole la ricorrente che nella domanda di revocatoria ordinaria non erano state indicate le date di insorgenza dei crediti fiscali, né di quelli di Unicredit.
In ogni caso, evidenzia che l’ eventus damni non opera per il debito fiscale, attesa l’operatività della legge speciale (art. 15 comma 2° d.lgs. n. 472/1997) la quale, prevedendo la responsabilità solidale e illimitata delle società partecipanti alla scissione, esclude l’esistenza del ‘pregiudizio alle ragioni del creditore’, ai sensi dell’art. 2901 c.c.
Il motivo presenta concomitanti profili di inammissibilità ed infondatezza.
Va, in primo luogo, osservato che la Corte d’Appello, nel ritenere sussistente il requisito dell’ eventus damni , ha evidenziato che i crediti erariali e di Unicredit ammessi al passivo del fallimento, che erano anteriori all’atto di scissione, ammontavano a circa un milione trecentomila euro, a fronte di crediti complessivamente
ammessi allo stato passivo per un totale di un milione e mezzo di euro. Se è pur vero che il giudice d’appello non ha indicato esattamente le date di insorgenza dei singoli crediti nella titolarità dei predetti creditori, è stato comunque affermato in modo inequivocabile che per la minor somma di un milione e trecentomila euro tali crediti ammessi era sorti anteriormente all’atto di cessione. Tale affermazione non è stata censurata dalla ricorrente. In ogni caso, il rilievo di parte ricorrente secondo cui l’ eventus damni non opererebbe per i debiti fiscali è erroneo. In proposito, questa Corte, nell’ordinanza 31654/2019 (conf. Cass. n. 33391/2022), proprio in una fattispecie in cui il debitore che aveva compiuto atti dispositivi era gravato da debiti tributari, ha affermato, in parte motiva, che ‘ in tema di revocatoria degli atti dispositivi posti in essere dal debitore, l’art. 2901 cod.civ. richiede che essi si traducano in una menomazione del patrimonio del disponente, così da pregiudicare la facoltà del creditore di soddisfarsi sul medesimo. La norma in questione, però, non esige, quale ulteriore requisito, anche l’impossibilità o difficoltà del creditore di conseguire aliunde la prestazione, avvalendosi di rapporti con soggetti diversi. Pertanto, nel caso di solidarietà passiva, inclusa quella discendente da fideiussione senza beneficio di escussione, l’eventus damni va accertato con esclusivo riferimento alla situazione patrimoniale del debitore convenuto con quella azione, non rilevando l’indagine sull’eventuale solvibilità dei coobbligati (Sez. 2, n. 6486 del 22/03/2011,Rv. 617517 – 01; Sez. 1, 31/05/2007, n. 12770; Sez. 1, 21/11/1990, n. 11251). Deve quindi ritenersi irrilevante l’eventuale responsabilità solidale, in tutto o in parte della società conferitaria, nei cui confronti comunque la creditrice avrebbe dovuto preventivamente procurarsi un titolo esecutivo, per eliminare il pregiudizio negativo ingenerato dall’uscita del cespite dal patrimonio del debitore e della
conseguente maggior difficoltà nella realizzazione del credito in precedenza ravvisata’.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 1414 c.c., del d.lgs. n. 246/1991 e del regolamento n. 85/2137 CEE.
Espone la ricorrente che l’atto ritenuto simulato posto in essere in data 3.9.2014 tra l’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE aveva riguardato solo la gestione di beni, non il trasferimento della loro proprietà, con la conseguenza che la domanda di simulazione assoluta di un atto avente ad oggetto la mera amministrazione di beni immobili era inammissibile.
Il motivo è inammissibile, trattandosi di allegazione svolta per la prima volta solo in sede di legittimità. Emerge, infatti, dall’esame della sentenza impugnata, che le censure svolte in grado d’appello dall’odierna ricorrente per contrastare la declaratoria di simulazione assoluta dell’atto di conferimento del 3.9.2013 erano diverse e vertevano sulla natura onerosa di tale atto.
D’altra parte, la ricorrente non ha neppure affermato in questa sede di aver già dedotto nel grado di appello che l’atto di conferimento del 3.9.2013 avesse ad oggetto la mera gestione dei beni, e non il trasferimento della loro proprietà.
Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 145 c.p.c..
Espone la ricorrente che la notifica alla RAGIONE_SOCIALE sarebbe dovuta essere eseguita solo ed esclusivamente presso la sede legale, sita in Malta e non poteva essere disposta presso l’abitazione del legale rappresentante, essendo tale impresa priva di personalità giuridica.
8. Il motivo è inammissibile.
Posto che questa Corte (vedi Cass. n.9009/2017) ha già affermato il principio di diritto secondo cui la notificazione degli atti tributari a società priva di personalità giuridica è correttamente eseguita, ai sensi dell’art. 145, comma 2, c.p.c. (come riformato dall’art. 2 della
l. n. 263 del 2005), presso la sede della stessa o, in alternativa, ai sensi degli artt. 138, 139 e 141 c.p.c., alla persona fisica del legale rappresentante, purché ne siano indicati nell’atto qualità, residenza, domicilio o dimora abituale, va, in ogni caso, osservato che dall’esame della sentenza impugnata non risulta che al giudice d’appello sia stata mai sottoposta la questione della personalità giuridica della RAGIONE_SOCIALE, né tale allegazione -che la ricorrente neppure deduce di aver svolto davanti ai giudici di merito – può essere svolta per la prima volta in sede di legittimità atteso che la sua verifica implicherebbe accertamenti di fatto non consentiti in questa sede.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 12.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 15.10.2024