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Revocatoria ordinaria: inefficace la cessione d’azienda

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società che aveva acquisito un ramo d’azienda da un’altra, poi fallita. La Corte ha confermato la decisione di merito che aveva accolto l’azione di revocatoria ordinaria promossa dalla curatela fallimentare, rendendo l’atto di cessione inefficace nei confronti dei creditori. Decisivi, per la Corte, i legami familiari tra le due società, sufficienti a provare la consapevolezza del danno arrecato ai creditori.

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Revocatoria Ordinaria: Inefficace la Cessione d’Azienda tra Società Familiari

L’azione di revocatoria ordinaria è uno strumento fondamentale per la tutela dei creditori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito principi chiave sulla sua applicazione, in particolare nel contesto di operazioni tra società strettamente collegate. Il caso analizzato riguarda la cessione di un ramo d’azienda tra due entità giuridiche riconducibili alla stessa famiglia, operazione poi dichiarata inefficace a seguito del fallimento della società cedente. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni dei giudici.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine con un’azione legale intentata dal curatore fallimentare di una società (la “Società Beta”) contro un’altra società (la “Società Alfa”). L’oggetto del contendere era un atto di cessione di un ramo d’azienda avvenuto alcuni anni prima del fallimento. In primo grado, il Tribunale aveva dichiarato la simulazione assoluta dell’atto, ritenendo che le parti non avessero mai voluto realmente trasferire l’azienda.

La Società Alfa ha impugnato la decisione e la Corte d’Appello ha riformato la sentenza. Pur escludendo la simulazione, ha accolto la domanda subordinata del fallimento, dichiarando l’atto di cessione inefficace tramite l’azione di revocatoria ordinaria ai sensi dell’art. 2901 c.c. Secondo la Corte territoriale, l’operazione aveva oggettivamente danneggiato i creditori della Società Beta, la quale, cedendo il suo unico bene produttivo, aveva perso la capacità di soddisfare i propri debiti.

L’Azione di Revocatoria Ordinaria e i Motivi del Ricorso in Cassazione

Contro la sentenza d’appello, la Società Alfa ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su quattro motivi. In sintesi, la ricorrente lamentava:

1. Vizi procedurali: Sosteneva la tardività della costituzione in giudizio del fallimento nel processo d’appello.
2. Mancanza dei presupposti per la revocatoria: Contestava che il fallimento avesse fornito la prova dei requisiti dell’azione, ovvero il danno per i creditori (eventus damni) e la consapevolezza di tale danno (scientia damni).
3. Omesso esame di un fatto decisivo: Affermava che i giudici d’appello non avessero considerato che i beni ceduti non appartenevano in realtà alla società fallita.
4. Errata condanna alle spese: Come conseguenza dell’accoglimento degli altri motivi, chiedeva la riforma della statuizione sulle spese legali.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso in ogni suo punto, confermando la validità della sentenza d’appello. Le motivazioni dei giudici supremi sono cruciali per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e i criteri di prova nell’azione revocatoria.

La Corte ha innanzitutto chiarito che i motivi di ricorso, sebbene formalmente presentati come violazioni di legge, miravano in realtà a ottenere un nuovo esame dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. Il compito della Cassazione non è rivalutare le prove, ma verificare che il giudice di merito abbia applicato correttamente le norme di diritto.

Nel merito della revocatoria ordinaria, la Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente e logicamente motivato la sussistenza di tutti i presupposti:

* L’eventus damni: Il danno ai creditori era evidente, poiché la società cedente si era privata del suo unico asset produttivo, compromettendo la propria capacità patrimoniale e la possibilità di continuare l’attività.
* La scientia damni: La consapevolezza del danno è stata provata attraverso presunzioni. I giudici hanno valorizzato lo stretto legame familiare che univa le compagini sociali e gli amministratori delle due società coinvolte. Le visure camerali dimostravano che entrambe le aziende erano riconducibili alla medesima famiglia. Questo elemento è stato ritenuto sufficiente a dimostrare che anche l’acquirente (Società Alfa) era a conoscenza del pregiudizio che l’operazione avrebbe arrecato ai creditori della venditrice (Società Beta).

Infine, anche il motivo relativo all’omesso esame di un fatto è stato respinto, in quanto la questione della proprietà dei beni era già stata valutata e ritenuta irrilevante dai giudici di merito di fronte ai chiari legami tra le parti.

Conclusioni

L’ordinanza in esame riafferma un principio fondamentale: nel giudizio di Cassazione non è ammessa una riconsiderazione dei fatti già accertati nei gradi di merito. Soprattutto, essa offre un’importante lezione sulla prova nell’azione di revocatoria ordinaria. La scientia damni, ovvero la consapevolezza del pregiudizio, può essere legittimamente desunta da presunzioni gravi, precise e concordanti, come i rapporti di parentela o gli stretti legami societari tra le parti. Questa decisione rafforza la tutela dei creditori contro atti dispositivi che, seppur formalmente leciti, svuotano il patrimonio del debitore a loro danno.

Quando un atto di cessione d’azienda può essere soggetto a revocatoria ordinaria?
Un atto di cessione è revocabile quando arreca un pregiudizio oggettivo alle ragioni dei creditori (eventus damni), diminuendo la garanzia patrimoniale del debitore, e quando il debitore stesso era consapevole di tale pregiudizio (scientia damni).

Come si può provare la consapevolezza del danno ai creditori (scientia damni) in un’azione di revocatoria ordinaria?
La sentenza chiarisce che la prova può essere fornita anche tramite presunzioni. Nel caso specifico, lo stretto legame familiare tra le compagini sociali e gli amministratori delle società coinvolte è stato considerato un elemento sufficiente a dimostrare la consapevolezza del danno.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di una causa?
No. La Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, ovvero verifica la corretta applicazione delle norme di diritto, ma non può riesaminare nel merito i fatti già accertati dal Tribunale e dalla Corte d’Appello. I motivi di ricorso che richiedono una nuova valutazione delle prove sono considerati inammissibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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