Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26847 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26847 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/10/2025
Oggetto: Revocatoria ordinaria – Atto di cessione di ramo di azienda.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11649/2023 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, in persona del liquidatore e legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, ex lege domiciliato come da domicilio digitale;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
-intimato- avverso la sentenza della Corte di appello di Catania n. 480/2023 pubblicata in data 20 marzo 2023;
C.C. 29.04.2025
r.g.n. 11649/2023
Pres. L.NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 aprile 2025 dalla AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Fatti di causa
Il Tribunale di Catania, con la sentenza n. 9/2020, in accoglimento della domanda avanzata dal RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, dichiarava la simulazione assoluta dell’atto di cessione del ramo di azienda di cui alla scrittura privata con firma autenticata da notaio in data 14/02/2012, con cui RAGIONE_SOCIALE cedeva a RAGIONE_SOCIALE un ramo di azienda, con la condanna della convenuta al pagamento delle spese di lite in favore della Curatela attrice.
Avverso la sentenza di prime cure, RAGIONE_SOCIALE proponeva appello dinanzi la C orte d’appello di Catania; si costituiva il fallimento RAGIONE_SOCIALE per contestare la fondatezza dell’appello di cui chiedeva il rigetto ed in subordine , riproponeva la domanda di revocatoria ordinaria ex art 2901 c.c. dell’atto di cessione, non esaminata dal Tribunale, con conseguente statuizione sulle spese.
Con la sentenza n. 480/2023, qui impugnata, la Corte d’appello di Catania in riforma della sentenza del Tribunale ha rigettato la domanda di simulazione assoluta e in accoglimento della domanda di revocatoria ordinaria ha dichiarato inefficace nei confronti della massa dei creditori del fallimento della RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE l’atto di cessione di ramo d’azienda stipulato fra la predetta società e RAGIONE_SOCIALE in data 14/02/2012, con condanna della società appellante al pagamento in favore dell’appellat o RAGIONE_SOCIALE delle spese del giudizio, come liquidate in dispositivo.
Avverso la sentenza della Corte d ‘a ppello, RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi. Sebbene intimato, il RAGIONE_SOCIALE non ha ritenuto di svolgere difese nel presente giudizio di legittimità.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1. c.p.c.
Ragioni della decisione
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Pres. L.NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE
1. Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente contesta la ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 ‘ per non avere la Corte d ‘a ppello di Catania rilevato, a fronte della specifica eccezione di tardività della costituzione avversaria sollevata dall’odierna ricorrente, alcunchè al riguardo e nemmeno in relazione alla eccepita violazione del termine per depositare le note a verbale della prima udienza.
1.2. Il primo motivo è inammissibile.
Con esso si è al cospetto di una censura, formulata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c. che, seppure formalmente denunci la violazione di legge in relazione alla specifica norma processuale del principio del chiesto e pronunciato, nella sostanza, richiede una rivisitazione di fatti e circostanze, già definitivamente accertati in sede di merito e una diversa interpretazione di quanto ritenuto dalla Corte d’appello , inammissibile in sede di legittimità, omettendo altresì di considerare che tanto l’ accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (tra tante, Cass. Sez. 6-1, 13/01/2020, n. 331; Cass. Sez. 2, 8/08/2019, n. 21887; Cass. Sez. 6 -3, 4/07/2017, n. 16467; Cass. Sez. 1, 23/05/2014, n. 11511; Cass. Sez. L, 13/06/2014 n. 13485; Cass. Sez. L, 15/07/2009, n. 16499).
La stessa prospettazione formulatane è indice di non ammissibilità della censura in quanto il ricorrente lamenta che la Corte territoriale nulla avrebbe statuito in proposito, senza confrontarsi punto con la espressa argomentazione resa al riguardo dalla Corte d’appello che, pur dando atto che la Curatela, sebbene costituatasi in data 15/12/2020, data dell’udienza indicata nell’atto di citazione per comparire, poi tenutasi il giorno 18 seguente, anziché 20 giorni prima dell’udienza fissata, ha tuttavia ritenuto tempestiva la riproposizione ai sensi dell’art. 346 c.p.c. della domanda di revocatoria non esaminata in prime cure in quanto la costituzione in giudizio era comunque
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RAGIONE_SOCIALE avvenuta entro la prima udienza alla luce dell’indirizzo della giurisprudenza di legittimità espresso, anche a Sezioni Unite, secondo cui nel processo ordinario di cognizione risultante dalla novella di cui alla l. n. 353 del 1990 e dalle successive modifiche, le parti del processo di impugnazione, nel rispetto dei principii di autoresponsabilità e di affidamento processuale, sono tenute, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia (al di fuori delle ipotesi di domande e di eccezioni esaminate e rigettate, anche implicitamente, dal primo giudice, per le quali è necessario proporre appello incidentale ex art. 343 c.p.c.), a riproporre ai sensi dell’art. 346 c.p.c. le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste assorbite, con il primo atto difensivo e, comunque, non oltre la prima udienza, trattandosi di fatti rientranti già nel thema probandum e nel thema decidendum del giudizio di primo grado. (Cass. Sez. U, 21/03/2019, n.7940) (v. pagg. 9 e 10 della sentenza impugnata).
2. Con il secondo motivo di ricorso, la società ricorrente denuncia la ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. e 2901 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n.3.’ ; nello specifico, lamenta che la Corte d’ appello ha accolto la domanda di revocatoria azionata ex art 2901 c.c. dalla Curatela, sebbene quest’ultima non avesse adempiuto all’onere probatorio sulla stessa gravante ex art. 2697 c.c. e sebbene mancassero i presupposti di cui all’art. 2901 c.c..
2.1. Il secondo motivo è inammissibile per le medesime ragioni spiegate nel motivo precedente.
Orbene, anche la censura in esame, nonostante la formale intestazione di violazione e falsa applicazione di legge, attiene, nella sostanza, a profili di fatto e tende a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte di appello, inammissibile in sede di legttimità.
C ontrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la Corte d’appello ha pure accertato mediante un corretto ragionamento i presupposti dell’azione proposta dal curatore fallimentare, dando conto in particolare, da un lato, della sussistenza dell’ eventus damni , osservando che, nella specie, la Curatela ha
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RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO dato prova della impossidenza della fallita (il cui unico bene economicamente rilevante era costituito dallo stabilimento produttivo di Butera ceduto alla società RAGIONE_SOCIALE), nonché della impossibilità di proseguire l’attività produttiva dopo la cessione del predetto stabilimento (che comprendeva anche l’affitto di due rami d’azienda ad altre società ) e che il patrimonio residuo del debitore, poi fallito, era di dimensioni tali, in rapporto all’entità della propria complessiva esposizione debitoria, da esporre a rischio il soddisfacimento dei creditori (Cass. Sez. 1, 18/04/2018 n. 9565; Cass. Sez. 1, 12/04/2013 n. 8931).
Dall’altro lato , la Corte catanese ha dato conto del fatto che la Curatela aveva dimostrato anche l’elemento subiettivo della scientia damni, ricostruito attraverso lo stretto legame familiare tra le due compagini societarie, documentato attraverso le visure camerali in atti, da cui era emerso che il capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE, all’epoca della cessione , era posseduto per il 90% dalla RAGIONE_SOCIALE, società quest’ultima il cui capitale sociale era al 100% di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE le cui quote integralmente facevano capo ad una unica famiglia COGNOME e che anche la società RAGIONE_SOCIALE faceva integralmente capo a componenti della medesima famiglia, da cui proveniva anche l’amministratore della società poi fallita.
Presupposti che, adeguatamente motivati dalla Corte di merito, pertanto, non sono soggetti a nuova valutazione in cassazione.
3. Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente RAGIONE_SOCIALE denuncia l ‘ Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione all’art. 360 co.1 n.5 ‘ ; in particolare, lamenta che la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ovvero che lo stabilimento sito in Butera (INDIRIZZO), INDIRIZZO e l’azienda affittata non fossero in proprietà della società fallita ma della società RAGIONE_SOCIALE, con sede in INDIRIZZO, codice fiscale e partita IVA P_IVA, società diversa dall’odierna
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RAGIONE_SOCIALE ricorrente, stabilimento e azienda che dunque non erano stati giammai in proprietà di nessuna delle parti in causa.
3.1. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
Nel denunciare ‘l’omesso esame’ il ricorrente non tiene conto che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. 6-L, 08/11/2019 n. 28887).
Ciò è quello che è avvenuto con la decisione impugnata.
Difatti, la Corte d’appello ha dapprima correttamente richiamato l’indirizzo consolidato di questa Corte secondo cui l’elemento della partecipatio fraudis del terzo, necessario ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, può essere ricavata anche da presunzioni semplici (richiamando tra tante: Cass. Sez. 6 – 3, 05/01/2023, n.195) (così pag. 12 della sentenza impugnata) e ha poi ritenuto irrilevante «che uno degli amministratori non fosse componente della famiglia COGNOME a fronte dei legami parentali tra i soci di entrambe le società, compreso l’altro amministratore » (pag. 13 della sentenza impugnata).
L’accertamento in fatto compiuto dalla Corte d’appello , resiste alle doglianze della società ricorrente, che al riguardo si limita a reiterare le doglianze già proposte nel merito e ritenute infondate dalla pronuncia impugnata.
Con il quarto motivo di ricorso, la ricorrente contesta la ‘ Violazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n.3) nella parte in cui condanna il ricorrente alle spese del primo grado e del grado di appello oltre accessori di legge e spese della CTU; nello specifico, la società ricorrente sostiene che la richiesta nullità della sentenza impugnata non potrà che comportare l’annullamento del capo relativo alle spese del giudizio che, sia nel
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AVV_NOTAIO primo che nel secondo grado, dovranno essere addossate al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
4.1. Il quarto motivo è inammissibile in considerazione della rilevata insussistenza del vizio di nullità della pronuncia impugnata.
Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Stante la mancata difesa nel presente giudizio della parte intimata, non si fa luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, ove dovuto (Cass. Sez. U. 20/02/2020 n. 4315).
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 29 aprile 2025.
Il Presidente NOME COGNOME