Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16376 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16376 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13627/2023 R.G. proposto da
NOME COGNOME e NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME Chalons d’Orange e NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso , ex lege domiciliati come da domicilio digitale indicato;
– ricorrenti- contro
Oggetto: Revocatoria ordinaria
-PDA -Opposizione
–
Inammissibile.
CC 28.02.2025
Ric. n. 13627/2022
Pres L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, (già RAGIONE_SOCIALE , in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura allegata al controricorso, ex lege domiciliata come da domicilio digitale indicato;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1036/2022 della Corte d’appello di Napoli, pubblicata in data 15 marzo 2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 febbraio
2025 dalla Consigliera Dott.ssa NOME COGNOME.
Ritenuto che
il Tribunale di Napoli, con sentenza n.14156/2013, ha accolto la domanda di revocatoria, proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE in liquidazione) con cui ha convenuto in giudizio NOME COGNOME e NOME COGNOME e ha dichiarato l’ inefficacia ai sensi dell’ art. 2901 c.c. del Fondo Patrimoniale costituito dai predetti esponendo di essere creditrice per l’importo di Euro 242.669,66 in virtù di contratti di finanziamento stipulati tra la RAGIONE_SOCIALE (società debitrice principale) e la RAGIONE_SOCIALE società debitrice di cui, NOME COGNOME era fideiussore, assieme ad altri soci e clienti della stessa;
l a Corte d’ Appello di Napoli, con la sentenza n. 1036/2022 qui impugnata, ha respinto l’impugnazione proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME e confermato la sentenza di primo grado;
avverso la sentenza d ella Corte d’ Appello di Napoli il Liguori e la COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi; ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (già RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE);
E’ stata formulata proposta di definizione anticipata del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., nel testo novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022;
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4.1. parte ricorrente ha formulato istanza di richiesta di decisione depositata in data 31/12/2023;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.;
Parte controricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la ‘ Violazione e falsa applicazione di norme di diritto per inesistenza e/o inadeguatezza delle argomentazioni del giudice di merito in relazione all’art. 116 c.p.c. – art. 360, co. 1 n. 3 ‘; nello specifico, contestano il fatto che la Corte d’appello ha ritenuto infondato il motivo d’appello relativo al disconoscimento delle scritture private prodotte da Unifim s.p.a. ed in particolare, della sottoscrizione apposta presuntivamente dall’allora rappresentate legale della società RAGIONE_SOCIALE in calce ai contratti di finanziamento, presupposti al contratto di fideiussione, argomentando erroneamente sulla mancata indicazione da parte degli appellanti delle discordanze grafiche contenute nei suddetti contratti e addirittura, attribuendo rilievo a contratti di finanziamento senza sottoscrizione da parte del legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE;
2.1. Il motivo è inammissibile;
Come questa Corte, anche a Sezioni Unite, ha avuto più volte modo di affermare, il presupposto della violazione dell’art. 116 c.p.c. consiste nel fatto che il giudice, nel valutare una risultanza probatoria, non abbia operato (in assenza di diversa indicazione normativa) secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente
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apprezzamento (Cass. Sez. U, n.20867/2020, n.16598/2016; Cass. Sez. 1, n. 6774/2022); diversamente, ove si deduca che il giudice abbia solo male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui è ancora consentito il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione, e dunque solo in presenza dei gravissimi vizi motivazionali individuati dalle stesse Sezioni unite (Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054/2014, n.34474/2019, n. 20867/2020);
nel caso di specie, il ‘ disconoscimento ‘ allega to dai convenuti in primo grado, a supporto della dedotta violazione dell’art. 11 6 c.p.c., è stato sollevato, per come ritenuto dalla Corte d’appello, solo in relazione alla qualifica del rappresentante legale della Caffè Partenope e non reiterato specificatamente all’udienza di precisazione delle conclusioni; la Corte d’appello ha considerato, inoltre, che la deduzione della pretesa difformità delle firme apposte da NOME COGNOME sia stata posta in termini ‘alquanto generici e apodittici’ poiché dalla comparazione delle firme (apposte sui contratti di finanziamento e sul contratto di fideiussione) sono emerse alcune differenze marginali giustificabili ‘con la naturale varietà del tratto grafico’ e non nel nucleo essenziale; né le possibili specifiche discordanze tra le firme sono state precisate ed evidenziate dagli allora appellanti, i quali non hanno neppure specificato chiaramente quali fossero i contratti di finanziamento di cui hanno dedotto l’invalidità per mancanza di sottoscrizione (pagg. 7 e 8 della sentenza impugnata);
3. con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ‘ Violazione e falsa applicazione di norme di diritto per inesistenza e/o inadeguatezza delle argomentazioni del giudice di merito in relazione agli artt. 2907 e 170 c.c. – art. 360, co. 1 n. 3 ‘; si dolgono che la c orte d’appello abbia erroneamente ritenuto tardivo il rilievo formulato in comparsa conclusionale circa l’assenza nella
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fattispecie in esame dell’elemento dell’ eventus damni, per averlo sollevato invece nell’atto di appello e sottolineano che, alla luce del più recente indirizzo della giurisprudenza di legittimità ( richiamano l’arresto n. 2904/2021) , la Corte d’appello non si sarebbe affatto soffermata sulla ragione del debito ovvero se esso avesse inerenza diretta ed immediata con i bisogni della famiglia, trattandosi di obbligazioni derivanti dall’attività imprenditoriale e/o professionale che di norma risultano avere inerenza indiretta al soddisfacimento dei bisogni familiari, salvo che con i proventi della propria attività imprenditoriale o professionale il coniuge vi faccia fronte in adempimento dei doveri familiari, non potendo ciò essere ravvisato su mere presunzioni e senza alcuna allegazione circa una diversa fonte di sostentamento del nucleo familiare per le obbligazioni assunte nell’interesse della famiglia ;
con il terzo motivo denunziano ‘ Violazione e falsa applicazione di norme di diritto per inesistenza e/o inadeguatezza delle argomentazioni del giudice di merito in relazione agli artt. 2901 c.c., 115 e 116 c.p.c. – art. 360, co. 1 n. 3 ‘; si dolgono che c orte d’appello abbia fondato la decisione sulla presunzione che la COGNOME, coniuge del COGNOME, successivamente separatasi dallo stesso, fosse a conoscenza della situazione debitoria, mentre in ragione delle caratteristiche dei finanziamenti de quibus avrebbe, viceversa, presumersi il contrario;
4.1. I motivi, che per l’evidente nesso di connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili;
ad onta della relativa formale intestazione, con entrambi i motivi i ricorrenti denunciano formalmente la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, riproponendo nella sostanza profili di fatto invocando la rivalutazione delle risultanze istruttorie al fine di ottenere dalla Corte di legittimità un inammissibile nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello motivatamente formulato dal Giudice di appello;
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quanto all’ eventus damni la Corte d’appello ha correttamente evidenziato che esso si configura non solo quando l’atto rende impossibile la soddisfazione del credito per totale compromissione del patrimonio del debitore, ma anche qualora abbia causato maggior incertezza o difficoltà nella soddisfazione della pretesa creditoria, trattandosi, nella specie, dell’unico bene immobile di proprietà del fideiussore (appartamento sito in Casoria composto da sette vani), presumibilmente non di esiguo valore (pagg. 8 e 10 della sentenza impugnata);
inoltre, la c orte d’appello ha ritenuto tardiva la questione della mancata prova da parte della creditrice che dalle obbligazioni fideiussorie contratte derivassero i mezzi di sostentamento del nucleo familiare, in quanto sollevata solo in comparsa conclusionale dagli appellanti (pag. 9 della sentenza impugnata) e va evidenziato al riguardo che gli odierni ricorrenti non hanno offerto, neppure nel ricorso per cassazione, se non genericamente, allegazioni documentali idonee a dimostrare sia la sussistenza del cospicuo patrimonio dei ‘ debitori complessivamente considerati’ sia la tempestività della questione circa diretta e immediata inerenza del debito con i bisogni della famiglia;
quanto alla scientia damni, la c orte d’appello ha legittimamente accertato che il mutamento del regime patrimoniale era avvenuto in data 27/02/2010, ossia all’indomani della notifica del sequestro conservativo avente ad oggetto il bene immobile di proprietà del fideiussore per la quota parte (50%) a lui spettante, bene immobile destinato ad essere oggetto del fondo patrimoniale e che la costituzione del fondo patrimoniale aveva coinvolto unicamente la coniuge del COGNOME, NOME COGNOME; quota di proprietà dello stesso bene che lo stesso COGNOME ha trasferito alla Canistro gratuitamente l’anno successivo in data 21.02.2011 (pag. 12 della sentenza impugnata);
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Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
I ricorrenti vanno altresì condannati al pagamento di somme, liquidate come in dispositivo, ex art. 96, 3° e 4° co., c.p.c., ricorrendone i rispettivi presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento in favore della parte controricorrente: delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; della somma di euro 5.000,00 ex art. 96, 3° co., c.p.c. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende ex art. 96, 4° co., c.p.c.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, ove dovuto (Cass. Sez. U. 20/02/2020 n. 4315).
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione