Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 29232 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 29232 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 05/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 10531/2021 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) (C.F. CODICE_FISCALE) con sede in INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE) con domicilio eletto in INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
Fallimento della società RAGIONE_SOCIALE (C.F. e P.I. P_IVA) (Fall.to n. 5/2005 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE), in persona del curatore fallimentare Dr. NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE) del Foro di RAGIONE_SOCIALE ed elettivamente domiciliato presso lo studio dall’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE) in Roma, INDIRIZZO.
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 203/2021 della Corte d’Appello di Firenze , depositata in data 28/01/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/10/2025 dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
1.Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio innanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.a. (già RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) per sentir dichiarare l’inefficacia ex art. 67 l. fall. delle rimesse bancarie affluite sui conti correnti della società fallita nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, nonché l’inefficacia ex art. 44 l. fall. delle eventuali rimesse affluite sui predetti conti successivamente alla dichiarazione di fallimento e dunque per sentir condannare la banca al pagamento della somma di € 870.158,68, ovvero alla diversa somma, maggiore o minore, accertata in corso di causa.
2.Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n. 1210/12 e in accoglimento della domanda attorea, condannò la RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di € 856.212,71, oltre interessi.
Appellata la sentenza di primo grado da parte dell’istituto di credito, l a Corte d’Appello di Firenze, con la sentenza n. 1054/2017 , confermò la decisione del Tribunale.
Avverso la sentenza di secondo grado propose ricorso per cassazione sempre la banca soccombente e questa Corte di legittimità, con la decisione n. 3372/2019, cassava la sentenza di appello, rilevando, da un lato, l ‘ omessa distinzione delle rimesse solutorie affluite su conto scoperto da quelle meramente ripristinatorie affluite su ‘conto passivo’ ma nei limiti dell’affidamento vigente e, dall’altro, la non corretta affermazione che la prova delle partite bilanciate dovesse necessariamente risultare per scritto, potendosi la stessa anche desumere da fatti concludenti.
La curatela fallimentare riassumeva pertanto la causa avanti alla Corte d’Appello di Firenze che , con la sentenza n. 203/2021, depositata il 28/1/2021 ed oggi ricorsa di nuovo per cassazione, ha spiegato che la cassazione della sentenza impugnata operata nel 2019 aveva riguardato ‘… esclusivamente il
profilo oggettivo dell’azione revocatoria accolta dai giudici di merito, con particolare riferimento alla valutazione di aspetti di diritto suscettibili di far escludere la revocabilità delle rimesse sotto due potenziali profili: A) la sussistenza di affidamenti tali da conferire a taluna delle rimesse natura ripristinatoria e B) l’ eventuale natura bilanciata di alcune delle rimesse revocate (…) essendo ormai coperto dal giudicato interno l’accertamento della scientia decoctions … ‘
6. Più in particolare, la Corte di appello ha rilevato e osservato: (i) quanto alle partite bilanciate, che la RAGIONE_SOCIALE non le aveva in realtà mai indicate, precisando che ‘… spettava (…) alla banca eccipiente l’onere di indicarle e renderle individuabili, per poi eventualmente dimostrare, anche per fatti concludenti, l’intenzione di bilanciamento sottesa e con ciò il presupposto della non revocabilità…’) e che comunque era dec aduta dal potere di allegazione e prova con accertamento ormai coperto da giudicato, mettendo in evidenza che ‘…il giudice d’appello cassato aveva rilevato ‘l’assenza di prove di pattuizioni in ordine ad operazioni bilanciate’ osservando che ‘la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, essendosi costituita nel giudizio di primo grado tardivamente (…) era decaduta (…) dalla possibilità di proporre (…) eccezioni e di produrre documentazione nuova, rispetto a quella allegata nella comparsa di costituzione e risposta’ ; (ii) quanto agli affidamenti, che dai ‘…documenti prodotti sull’argomento (…) ci si avvede che il supposto affidamento di € 231.000,00 era in realtà composto da tre linee di credito (…) e la somma dei tre affidamenti porta in effetti ad un totale di € 231.000,00, ma, com’è pacifico nella giurisprudenza di legittimità, si tratta di tipologie diverse, che non possono venire confusamente sommate, in quanto si collegano a presupposti negoziali diversi (…) In siffatto contesto, anche a voler ammettere acriticamente la permanenza della copertura rappresentata dalla sommatoria delle prime due fasce di fido, per un totale di € 76.000,00 (26 + 50), si rileva che il castello di sconto per € 155.000,00 non fornisce propriamente il presupposto per il rispristino di una provvista incondizionatamente esigibile, sicché il conto corrente nel periodo sospetto rimane costantemente scoperto, mostrando una perdurante esposizione debitoria di gran lunga più profonda della soglia di copertura (€ 76.000,00)’;
(iii) che ‘…fermi restando tutti gli elementi del giudicato interno e verificata l’improduttività pratica della revisione compiuta in diritto secondo le direttive impartite dalla Suprema Corte, non resta che accogliere nuovamente la domanda della curatela, dichiarando l’inefficacia ex art. 67 comma 2 l.f. (nel testo applicabile ratione temporis) delle rimesse, da ritenersi tutte solutorie, eseguite dalla società fallita a favore della RAGIONE_SOCIALE per complessivi € 856.212,71′.
2. La sentenza, pubblicata il 28/01/2021, è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.c.p.a. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui il Fallimento della società RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la banca ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 384 c omma 1 c.p.c. da parte della Corte di appello in ordine alla ‘misura’ degli affidamenti .
1.1 Il motivo è infondato.
1.1.1 Va infatti osservato che la pronuncia rescindente del 2019 ha, in buona sostanza, riscontrato un vizio di motivazione in ordine alla ‘revoca di fatto’ dei fidi, che non sarebbe stata indicata e collocata temporalmente da parte della Corte d’Appello . In realtà, la questione della ‘misura’ dei fidi, fin dall’inizio controversa, era certamente ben diversa dalla questione della loro ‘revoca’, con la conseguenza che la ‘misura’ di essi non può essere considerata circostanza coperta da giudicato interno, quale presupposto logico necessario della pronuncia rescindente.
La pronuncia rescindente ha infatti cassato la sentenza d’appello del 2017 ravvisando il ‘…riferimento non corretto, sul piano giuridico, allo scoperto di conto pur in presenza di affidamento, che si potrebbe giustificare ove si fosse ritenuta la revoca di fatto del fido, non indicata né collocata temporalmente: sostanzialmente, la Corte di merito ha finito col ritenere tutte le rimesse revocabili, senza distinguere tra quelle a carattere solutorio da quelle ripristinatorie’.
Si tratta, con tutta evidenza, di una pronuncia fondata su un difetto di motivazione in merito a lla questione della ‘revoca di fatto’ dei fidi che, ad avviso della Cassazione, non sarebbe stata sufficientemente argomentata dalla Corte d’Appello che non l’aveva ‘…indicata, nè collocata temporalmente…’ . Con la conseguenza che il Giudice del rinvio poteva nuovamente riesaminare – come, poi, ha fatto – il merito della vicenda con ampia valutazione delle prove acquisite, con l’unico limite di non poter porre a fondamento della decisione le medesime argomentazioni della sentenza cassata.
In ogni caso, non risulta condivisibile la lettura della pronuncia della Cassazione del 2019 operata dalla banca ricorrente per far ritenere il giudice del rinvio vincolato anche in ordine alla natura e alla misura del fido, questione di fatto in cui la Cassazione rescindente non si era comunque pronunciata ed in merito alla quale non aveva mai fornito alcuna indicazione. Ed invero, questa Corte, nella decisione cassatoria sopra ricordata, ha accolto il motivo di ricorso della RAGIONE_SOCIALE (‘…inteso a censurare la pronuncia impugnata, per non avere distinto le rimesse solutorie, affluite su “conto scoperto”, da quelle meramente ripristinatorie, affluite su “conto passivo”…’) , senza pronunciarsi, neppure indirettamente, sulla natura e sulla misura dell’affidamento in concreto operante sul conto, con la necessità per l’appunto del rinvio alla Corte d’ appello per ulteriore esame.
Ne consegue che il giudice del rinvio si è correttamente attenuto alle indicazioni della Cassazione del 2019 e, pur riconoscendo la presenza dell’affidamento, ha proceduto ad esaminare le risultanze documentali relative ai fidi, osservando che tutte le rimesse individuate dalla curatela fallimentare risultavano revocabili, in quanto il conto corrente aveva operato sempre e costantemente oltre il fido concesso.
Con il secondo mezzo si deduce violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 67, comma 2, l. fall., 1852 e 1858 c.c. e 384, comma 1, cod. proc. civ . per avere ritenuto la Corte d’Appello che il fido appostato come ‘anticipo fatture’ non potesse riflettersi sulla complessiva esposizione accordata alla fallita sul conto corrente ordinario
stante la sussistenza di uno stretto ‘collegamento negoziale’ tra i due rapporti.
2.1 La doglianza così articolata è inammissibile, anche ai sensi dell’art. 360bis cod. proc. civ.
La banca ricorrente vorrebbe un ‘superamento’ dei principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di affidamento bancario nella materia delle revocatorie fallimentari (Cass. 22597/2017), per come ricordati anche nella sentenza impugnata, senza tuttavia addurre alcuna argomentazione a sostegno della sua diversa tesi.
Sul punto qui da ultimo in discussione la giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che in tema di revocatoria fallimentare, in caso di “castelletto di sconto” o fido per smobilizzo crediti non sussiste la cd. copertura di un conto corrente bancario in quanto essi, a differenza del contratto di apertura di credito, non attribuiscono al cliente della banca la facoltà di disporre con immediatezza di una determinata somma di danaro, ma sono solo fonte, per l’istituto di credito, dell’obbligo di accettazione per lo sconto, entro un predeterminato ammontare, dei titoli che l’affidato presenterà, sicché, ai fini dell’esercizio dell’azione predetta, le rimesse effettuate su tale conto dal cliente, poi fallito, hanno carattere solutorio ove, nel corso del rapporto, il correntista abbia sconfinato dal limite di affidamento concessogli con il diverso contratto di apertura di credito. Né tale distinzione viene meno se tra le due linee di credito sia stabilito un collegamento di fatto, nel senso che i ricavi conseguiti attraverso sconti e anticipazioni siano destinati a confluire nel conto corrente di corrispondenza, trattandosi di meccanismo interno di alimentazione del conto attraverso le rimesse provenienti dalle singole operazioni di smobilizzo crediti, alla stregua di qualunque altra rimessa di diversa provenienza (Sez. 1, Sentenza n. 13510 del 01/07/2015; Sez. 1, Ordinanza n. 22597 del 27/09/2017).
2.2 Per il resto il motivo sollecita una rilettura della documentazione, già correttamente scrutinata dalla Corte territoriale, per un diverso apprezzamento della entità dell’affidamento concesso alla società poi fallita, scrutinio che, involgendo un riesame della quaestio facti , esula dalla cognizione del giudice di legittimità.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per aver il giudice del rinvio affermato l’insussistenza di ‘partite bilanciate’ in realtà rilevabili dall’esame degli estratti conto.
3.1 La doglianza è inammissibile perché, di nuovo, volta ad un ulteriore accertamento di merito.
3.2 Come affermato, poi, nella stessa sentenza impugnata, la RAGIONE_SOCIALE oggi ricorrente era in realtà decaduta dal potere di allegazione e prova sul punto qui in discussione, non avendo l’istituto di credito mai indicato quali fossero le presunte partite bilanciate, non indicate neppure nel ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 12.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della r icorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 15.10.2025
Il Presidente NOME COGNOME