Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20770 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20770 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 36024/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di RIMINI n. 3024/2018 depositato il 22/10/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -ha chiesto al G.D. del Tribunale di Rimini di essere ammessa, in chirografo, al passivo del fallimento di RAGIONE_SOCIALE per l’importo di € 920.222,60 per scoperto di c/c in relazione alla linea di credito concessa con contratto di finanziamento del 17.6.2008, garantito da pegno su titoli/liquidità di un soggetto terzo.
Il G.D. non ha ammesso il credito in ragione del collegamento negoziale rinvenibile fra il contratto di finanziamento e il pegno, considerando anche che la liquidità era stata ottenuta in un momento in cui erano ravvisabili chiari segni di insolvenza.
Il G.D. ha, altresì, precisato che la liquidità, erogata per complessivi € 8 milioni di euro, era stata quasi totalmente destinata al rientro parziale della posizione debitoria maturata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE Carim, controllante di RAGIONE_SOCIALE CIS; infine, ha escluso il credito per nullità del programma negoziale/dei contratti ex art. 1418 c.c., anche con riferimento agli artt. 1343, 1344, 1345, 1322 c.c., ovvero per l’inefficacia degli stessi.
Avverso il decreto del G.D. la RAGIONE_SOCIALE CIS ha proposto opposizione ex art. 98 L.F. innanzi al Tribunale di Rimini che l’ha accolta, ammettendo il credito in chirografo per la somma di € 922.000, ed osservando che:
i capitoli di prova articolati dal fallimento erano o inammissibili e comunque inidonei a dimostrare l’esistenza di un accordo fra CMV, RAGIONE_SOCIALE Cis e RAGIONE_SOCIALE Carim, costituente il presupposto della dedotta nullità, simulazione, inefficacia dei contratti di finanziamento;
ii) pur volendo ammettere l’esistenza di un accordo finalizzato all’erogazione del credito da parte di RAGIONE_SOCIALE Cis in favore di CMV al fine di consentirle di ripianare la propria esposizione debitoria nei confronti di RAGIONE_SOCIALE Carim, sostituendo al mutuo chirografario di RAGIONE_SOCIALE Carim un mutuo garantito da pegno, in ogni caso il finanziamento non sarebbe comunque nullo, perché ‘ la revocatoria colpisce la garanzia, dato che l’erogazione del credito è finalizzata all’estinzione del precedente credito chirografario’.
iii) CMV non aveva utilizzato l’intera erogazione del credito per il ripianamento dell’esposizione debitoria, il che costituiva ‘ un limite applicativo dell’istituto della revoca’ .
Il Tribunale di Rimini ha, altresì, escluso che la posizione debitoria di NOME fosse stata aggravata da un’inerzia colpevole di RAGIONE_SOCIALE CIS, rilevando che, al contrario, risultava una richiesta di rientro dallo scoperto di c/c sin dal 2009.
Peraltro, in seguito, RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto il mantenimento degli affidamenti e trasmesso un piano attestato ex art. 67 l.f. a cui aveva aderito RAGIONE_SOCIALE Cis.
Nessuna colpa poteva quindi essere ascritta alla banca, atteso che la cliente aveva chiesto il mantenimento della linea di credito ed il piano di risanamento attestava una mera situazione di difficoltà.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione il fallimento RAGIONE_SOCIALE, affidandolo a otto motivi.
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis. 1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stato dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c..
Lamenta la procedura ricorrente che il Tribunale di Rimini ha omesso di considerare il fatto che la garanzia ottenuta da RAGIONE_SOCIALE Cis era un pegno su liquidità intestata a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fiduciaria RAGIONE_SOCIALE, ma di proprietà di CMV e schermata perché generata fuori bilancio.
Tale circostanza è decisiva per il giudizio di non meritevolezza dell’operazione, di nullità ex 1418 c.c. o di illiceità della causa.
Il motivo è inammissibile, perché la ricorrente, con l’apparente doglianza dell’omesso esame di fatto decisivo, intende, in realtà, superare ed ottenere una rivisitazione della valutazione (in fatto) con cui il Tribunale di Rimini ha accertato che non vi era alcuna prova dell’accordo asseritamente concluso tra i tre soggetti sopra indicati, nei termini sopra illustrati, in modo tale che il finanziamento di cui è causa andasse a ripianare l’esposizione debitoria verso RAGIONE_SOCIALE Carim.
Con il secondo motivo è stato, parimenti, dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360, comma 1°, n. 5, c.p.c..
In particolare, ad avviso della procedura ricorrente, il giudice di primo grado ha omesso di svolgere un ragionamento presuntivo che avrebbe, invece, dovuto compiere, attesa la sussistenza di una serie di circostanze indiziarie ex art. 2929 c.c. (controllo totalitario di banca Cis da parte di RAGIONE_SOCIALE Carim, procedura di A.D. in cui fu posta Carim, garanzia prestata da RAGIONE_SOCIALE
su pegno di liquidità di CMV generata fuori bilancio, utilizzo delle somme di CIS per estinguere esposizione verso Carim) il cui apprezzamento avrebbe dovuto condurre a ritenere l’esistenza, in via presuntiva, dell’accordo a tre tra RAGIONE_SOCIALE CIS, CMV e RAGIONE_SOCIALE Carim.
4. Il motivo è inammissibile.
Va osservato che è orientamento consolidato di questa Corte (cfr. Cass. n. 8023/2009, Cass. n. 10847/2007; Cass. n. 1404/2001), quello secondo cui spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico, verificare la loro rispondenza ai requisiti di legge e apprezzare in concreto l’efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, non solo analiticamente ma anche nella loro convergenza globale, accertandone la pregnanza conclusiva, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità.
Pertanto, la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo.
5. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 2901 c.c., 67 l.f. e 115 c.p.c per avere il Tribunale di Rimini affermato che, ai fini della declaratoria di inefficacia della complessiva operazione, fosse necessario che l’intera somma finanziata da COGNOME fosse stata utilizzata per estinguere il debito verso Carim.
Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c., per non avere il Tribunale esaminato l’eccezione della curatela di non meritevolezza ex art. 1322 c.c. del finanziamento.
Con il quinto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c., per non essersi il Tribunale pronunciato sulla richiesta di revocatoria dell’intera operazione negoziale complessivamente intesa.
Con il sesto motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 1418, 1343 e 1345 c.c.: sul rilievo che in presenza di un accordo a tre, nei termini sopra illustrati, il tribunale avrebbe dovuto dichiarare la nullità del contratto di finanziamento per motivo illecito, rappresentato dalla costituzione di un’ipoteca per debiti chirografari preesistenti.
Con il settimo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c. per non avere il Tribunale vagliato l’eccezione di nullità dell’operazione negoziale sollevata dal fall., in ragione del fatto che era stato stipulato un mutuo di scopo e le somme erogate erano state destinate a diverso scopo.
Tutti i motivi sono inammissibili.
Come già evidenziato in narrativa, la motivazione del Tribunale di Rimini è riconducibile a due rationes decidendi :
non c’è prova di un accordo a tre tra RAGIONE_SOCIALE CIS, CMV e RAGIONE_SOCIALE Carim;
anche ammettendo l’accordo a tre, il finanziamento non sarebbe comunque nullo o revocabile.
La prima ratio decidendi è stata censurata dai primi due motivi già sopra valutati, ai punti 2 e 4, come inammissibili.
La seconda ratio decidendi è stata invece censurata nei motivi dal terzo al settimo.
Orbene, non vi è dubbio che una volta respinte le critiche alla prima ratio (primi due motivi), siano inammissibili anche le censure all’altra ratio per mancanza di interesse.
Sul punto, è orientamento consolidato di questa Corte che qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza o inammissibilità delle censure mosse ad una delle ” rationes decidendi ” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (vedi Cass. n. 11493 del 11/05/2018).
Peraltro, i motivi (quarto, quinto e settimo) con i quali è stata denunciata l’omessa pronuncia del Tribunale, sono inammissibili perché non decisivi: se è pur vero che il tribunale, non si è pronunciato, tuttavia, l’omessa pronuncia manca di decisività, atteso che tutte le domande presupponevano necessariamente l’accordo a tre risultato indimostrato.
Con l’ottavo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1176 e 1227 c.c..
Lamenta la ricorrente che il Tribunale di Rimini ha erroneamente escluso che RAGIONE_SOCIALE Cis avesse operato in maniera negligente, richiedendo tardivamente il rientro dagli affidamenti.
La banca avrebbe dovuto costantemente valutare il merito creditizio, in relazione al finanziamento concesso il finanziamento, e non poteva limitarsi ad assecondare le richieste di dilazione della correntista.
Il motivo è inammissibile.
Il giudice di primo grado ha escluso che l’inerzia di RAGIONE_SOCIALE Cis avesse aggravato l’esposizione debitoria, portandola da € 908.000 del 2009 a € 1.486.000 nel 2011 ed evitando di escutere il pegno, perché: a) il rientro era stato richiesto nell’ottobre 2009; b) la cliente aveva chiesto il mantenimento della linea di credito in funzione della ripresa dell’attività aziendale; c) la cliente aveva trasmesso un piano di risanamento del novembre 2010, da cui risultava che era in difficoltà e non in stato di insolvenza; COGNOME aveva aderito a questo piano di risanamento; d) da settembre 2009 non era più stato fatto alcun prelevamento.
Trattasi di valutazione di merito, come tale non sindacabile in sede di legittimità se non nei ristretti limiti di cui all’art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c., come interpretato da questa Corte nella sentenza delle S.U. n. 8053/2014 (vizio neppure dedotto).
In ogni caso, questa Corte (vedi Cass. n. 15231/2007) ha già enunciato il principio di diritto secondo cui, in tema di risarcimento del danno, l’accertamento dei presupposti per l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 1227, secondo comma, cod. civ. – che esclude il risarcimento in relazione ai danni che il creditore (o il danneggiato) avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza integra indagine di fatto, come tale riservata al giudice di merito e sottratta al sindacato di legittimità, se sorretta da congrua motivazione.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la curatela ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 10.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 23.4.2024