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Revocatoria fallimentare: pagamenti a rischio

Il Tribunale di Venezia accoglie un’azione di revocatoria fallimentare promossa dalla curatela. Annullati pagamenti per €380.000 a un fornitore, poiché eseguiti nel ‘periodo sospetto’ e con la provata conoscenza dello stato di insolvenza da parte del creditore, desunta da ritardi, piani di rientro falliti e comunicazioni via email.

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Revocatoria Fallimentare: Pagamenti Ricevuti da un’Azienda in Crisi? Potresti Doverli Restituire

Ricevere un pagamento da un’azienda cliente è solitamente una buona notizia, ma cosa succede se quell’azienda fallisce poco dopo? Una recente sentenza del Tribunale di Venezia fa luce sull’istituto della revocatoria fallimentare, un meccanismo legale che può costringere i creditori a restituire somme legittimamente incassate. Questo strumento serve a proteggere la parità di trattamento tra tutti i creditori (la par condicio creditorum), annullando i pagamenti effettuati dal debitore quando era già insolvente a favore solo di alcuni di essi. Analizziamo questo caso per capire quando un pagamento è a rischio e come viene provata la conoscenza dello stato di crisi del debitore.

Il Contesto: Pagamenti per 380.000 Euro sotto la Lente del Tribunale

Una società, successivamente dichiarata fallita, aveva effettuato diversi pagamenti per un totale di 380.000 euro a un suo fornitore nei sei mesi precedenti la richiesta di accesso al concordato preventivo. La curatela fallimentare, agendo per conto della massa dei creditori, ha avviato una causa per ottenere la restituzione di tali somme. La tesi dell’accusa era chiara: i pagamenti erano stati eseguiti quando la società era già in uno stato di insolvenza e il fornitore ne era pienamente consapevole. Pertanto, tali atti dovevano essere revocati per ripristinare il patrimonio fallimentare e distribuirlo equamente tra tutti i creditori.

La Tesi della Difesa: Prescrizione e Inconsapevolezza

La società convenuta si è difesa su due fronti principali:
1. Prescrizione e Decadenza: Sosteneva che l’azione legale fosse stata avviata oltre i termini previsti dalla legge (tre anni dalla dichiarazione di fallimento e cinque anni dal compimento dell’atto). Secondo la difesa, il termine doveva decorrere dalla data della sentenza di fallimento e non dalla precedente domanda di concordato.
2. Mancanza della Scientia Decoctionis: Affermava di non essere a conoscenza dello stato di insolvenza del proprio debitore. I ritardi nei pagamenti, secondo la convenuta, erano semplici dinamiche commerciali e non indizi di una crisi irreversibile. Inoltre, ha contestato il valore probatorio delle email prodotte dalla curatela.

L’azione di revocatoria fallimentare e le prove della Curatela

La curatela ha costruito il proprio caso su solidi elementi probatori per dimostrare sia il presupposto oggettivo (i pagamenti nel “periodo sospetto”) sia quello soggettivo (la conoscenza dello stato di insolvenza).

Elementi Oggettivi

Il Tribunale ha confermato che il “periodo sospetto” di sei mesi dovesse essere calcolato a ritroso dalla data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo “in bianco”, e non dalla successiva dichiarazione di fallimento, in virtù del principio di continuità tra le procedure concorsuali. I pagamenti contestati rientravano pacificamente in questo lasso di tempo.

Elementi Soggettivi: La Prova della Conoscenza dell’Insolvenza

La curatela ha dimostrato la scientia decoctionis del fornitore attraverso una serie di indizi gravi, precisi e concordanti:
* Ritardi sistematici: I problemi di pagamento erano iniziati molto prima del periodo sospetto, già nel 2016.
* Piani di rientro: Le parti avevano concordato un piano di rientro per i debiti scaduti, che però non era stato rispettato dal debitore.
* Misure drastiche: Il fornitore era arrivato a minacciare il blocco totale della produzione e delle forniture a causa dei mancati pagamenti.
* Corrispondenza: Un fitto scambio di email documentava la crescente preoccupazione del creditore e la grave difficoltà finanziaria del debitore. In una di queste, il legale del fornitore comunicava l’intenzione di depositare un’istanza di fallimento se i pagamenti non fossero ripresi.

le motivazioni

Il Tribunale ha accolto integralmente le domande della curatela fallimentare, respingendo le difese della convenuta. Innanzitutto, ha chiarito che i termini di prescrizione e decadenza per l’azione di revocatoria fallimentare non erano decorsi, poiché erano stati efficacemente interrotti dall’invito a concludere una convenzione di negoziazione assistita, promosso dalla curatela prima della scadenza.
Nel merito, il giudice ha ritenuto pienamente provata la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del creditore (scientia decoctionis). La catena di eventi documentata — dai ritardi cronici, alla negoziazione di un piano di rientro poi disatteso, fino alla minaccia esplicita di bloccare la produzione e di presentare istanza di fallimento — non poteva essere interpretata come ordinaria gestione commerciale. Al contrario, costituiva un quadro probatorio inequivocabile della consapevolezza del fornitore circa la grave e irreversibile crisi finanziaria del suo partner commerciale. Le email, depositate in formato nativo, sono state considerate prove documentali pienamente ammissibili e decisive, rendendo inefficace il loro generico disconoscimento da parte della convenuta.

le conclusioni

La sentenza condanna la società convenuta a restituire l’intera somma di 380.000,00 euro al fallimento, oltre agli interessi legali. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale del diritto fallimentare: i pagamenti di debiti scaduti, sebbene in sé leciti, diventano revocabili se effettuati nel periodo sospetto da un’impresa insolvente e se il creditore che li riceve è consapevole di tale insolvenza. Per le imprese, questa sentenza rappresenta un importante monito: ignorare i segnali evidenti della crisi di un partner commerciale può avere conseguenze economiche gravi. La corrispondenza, specialmente le email, assume un valore probatorio cruciale e può essere utilizzata per dimostrare la consapevolezza dello stato di crisi, trasformando un incasso apparentemente sicuro in un debito da restituire.

Da quando si calcola il “periodo sospetto” per la revocatoria se prima del fallimento c’è stato un concordato preventivo?
Secondo la sentenza, in caso di continuità tra le procedure, il termine di sei mesi si calcola a ritroso dalla data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo nel Registro delle Imprese, e non dalla successiva data di dichiarazione di fallimento.

Quali prove possono dimostrare la conoscenza dello stato di insolvenza (scientia decoctionis) da parte di un creditore?
La sentenza indica che la prova può essere fornita tramite una serie di indizi, quali: ritardi costanti e significativi nei pagamenti, la stipulazione di un piano di rientro non rispettato, la minaccia di bloccare le forniture e la comunicazione via email dell’intenzione di depositare un’istanza di fallimento.

L’avvio di una procedura di negoziazione assistita interrompe i termini di prescrizione per l’azione revocatoria?
Sì, la sentenza conferma che, ai sensi dell’art. 8 del D.L. n. 132/2014, la comunicazione dell’invito a concludere una convenzione di negoziazione assistita produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale, interrompendo i termini e impedendo la decadenza dall’azione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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