Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20807 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20807 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 5505/2017 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, CF 00079350427, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, come da procura in atti.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, c.f. e P_IVA , in persona del curatore del fallimento, AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO del foro di Macerata ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO.
-controricorrente – avverso il decreto del Tribunale di Macerata, depositato in data 26.01.2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/4/2024 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE
Con ricorso ex art. 93 l. fall., depositato in data 9 giugno 2015, RAGIONE_SOCIALE di risparmio di RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) aveva presentato domanda di ammissione al passivo del RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘, per crediti complessivi di euro 598.995,17, di cui euro 63.159,34 in via chirografaria, a fronte dell ‘ esposizione relativa al saldo di conto corrente n. 11/2180, ed euro 535.835,83 in via privilegiata ipotecaria, a fronte dell ‘ esposizione derivante dai residui mutui fondiari, in virtù di ipoteca volontaria di euro 1.400.000 iscritta in data 12.7.2010 presso la Conservatoria dei RRII di Ancona, e a fronte del mutuo fondiario di originari euro 700.000 n. 11/78480000 in data 5.7.2010, frazionato, con successivo atto di quietanza, di riduzione di mutuo e di ipoteca, in data 25.10.2012.
L’istituto di credito aveva poi proposto opposizione allo stato passivo ex art. 98 l. fall., contestando, più in particolare, l’esclusione del privilegio ipotecario sul presupposto dell’eccepita revocabilità della garanzia ipotecaria ‘per essersi sostan ziata la stessa nella costituzione di una garanzia ipotecaria a vantaggio di debiti pregressi non assistiti in origine da alcuna garanzia, in un momento in cui la situazione economica della parte mutuataria era già compromessa, la garanzia ipotecaria è assoggettabile a revocatoria in funzione della tutela della par condicio creditorum’.
Il Tribunale di Macerata, nella resistenza del fallimento (che comunque aveva ribadito l’eccezione di revocabilità in via ordinaria ex art. 66 l. fall. e fallimentare ai sensi degli artt. 67 e 95 l. fall., nonché di nullità del mutuo), ha rigettato la proposta opposizione, con il decreto sopra indicato in epigrafe e qui oggetto di ricorso per cassazione.
Il Tribunale ha rilevato che: (i) l’eccezione di simulazione del mutuo dove va essere disattesa, prospettandosi, al più, la diversa figura del negozio indiretto, in quanto nel caso di specie il mutuo non aveva creato una ‘nuova’ e corrispondente disponibilità di denaro; (ii) secondo gli approdi interpretativi della giurisprudenza di legittimità, in tema di revocatoria fallimentare, l’erogazione di un mutuo fondiario ipotecario non destinato a creare una
effettiva disponibilità nel mutuatario già debitore in virtù di un rapporto obbligatorio non assistito da garanzia reale poteva astrattamente integrare la fattispecie negoziale indiretta, nel cui ambito il mutuo ipotecario viene erogato realmente e viene utilizzato per l’estinzione di un precedente debito chirografario e che, anche laddove la complessiva operazione avesse realizzato una frode per gli altri creditori del debitore, non per questo ne poteva discendere la nullità del contratto così stipulato, non essendo di per sé illecito il contratto in frode ai terzi; (iii) non era condivisibile neanche l ‘ ipotesi prospettata dalla curatela di nullità del contratto di mutuo fondiario per violazione dell’art. 216 l. fall., non potendosi ravvisare nel caso in esame i presupposti di una condotta penalmente rilevante; (iv) risultavano invece integrati i presupposti dedotti dalla curatela per la revoca ex art. 66 l. fall., secondo le norme civilistiche dettate in materia di revocatoria ordinaria, ricorrendo sia il r equisito dell’ eventus damni sia quello del consilium fraudis ; (v) dalla documentazione versata in atti si evinceva, infatti, che il finanziamento in parola aveva avuto, quale effetto preponderante, quello solutorio della scopertura del conto; (vi) era rimasta per contro priva di adeguato riscontro probatorio l’allegazione di parte opponente secondo cui alla data del 7 aprile 2010 la RAGIONE_SOCIALE avesse concesso un’apertura di credito provvisoria di 150.000, atteso che, seppure la relativa copia del contratto nel ricorso fosse stata indicata tra i documenti depositati, tuttavia il doc. 32 non risultava effettivamente depositato nel fascicolo telematico; (vii) sussisteva, pertanto, il requisito dell’ eventus damni , consistente nell’aver reso più incerta e difficile la soddisfazione degli altri crediti, essendo, peraltro, nel caso di specie, il carattere pregiudizievole dell’atto insito nelle stesse caratteristiche dell’operazione che, mediante la stipula di un mutu o fondiario condizionato, con finanziamenti parziali s uccessivi, aveva permesso all’istituto di credito di ottenere un ‘ iscrizione ipotecaria per un importo maggiore rispetto alla somma nell’immediato necessaria per trasformare il credito chirografario in ipotecario, beneficiando dell’ipoteca apparentemente già consolidata anche nelle operazioni successive di trasformazione del credito chirografario in ipotecario; (viii) sia la società debitrice che l’istituto di credito erano ben consapevoli degli effetti pregiudizievoli dell’atto, posto che, a fronte del rilievo
contenuto nel gravato decreto, là dove si evidenziava che nel verbale del c.d.a. del 30.3.2010, allegato al contratto di mutuo, si dava conto delle difficoltà economico-patrimoniali della società, la parte opponente nessuna contestazione aveva sollevato in merito; (ix) tale ultima circostanza, unitamente al fatto che vi era stata erogazione di finanziamenti per un importo complessivamente inferiore rispetto a quello pattuito nel contratto di mutuo fondiario condizionato, evidenziavano senza dubbio che il fine precipuo perseguito dalle parti fosse proprio quello di garantire l’esposizione debitoria e trasformarla da chirografaria in privilegiata; (x) la revocabilità dell’atto comportava, pertanto, il rigetto dell’opposizione e la conferma dell’ammissione del credito in chirografo.
Il decreto, pubblicato il 26.01.2017, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui il RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ha resistito con controricorso.
Il fallimento controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo ed unico motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il vizio di omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, e ciò con riferimento alla questione della apertura di credito ‘provvisoria’ di euro 150.000 a titolo di prefinanziamento e delle erogazioni a stato avanzamento lavori del mutuo fondiario 5.7.2010.
1.1 Il motivo così articolato è, in realtà, inammissibile.
La società ricorrente richiede, infatti, un mero riesame delle circostanze fattuali senza rispettare il paradigma applicativo dettato dall’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., secondo il perimetro applicativo dettato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità.
Sul punto giova ricordare che questa Corte ha affermato che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della
sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8054 del 07/04/2014).
Orbene, la società ricorrente non enuclea un ‘fatto storico’, discusso nel dibattito processuale e decisivo ai fini del decidere, nel cui omesso esame sarebbero incorsi i giudici del merito, ma, al contrario, richiede un nuovo apprezzamento di circostanze fattuali (vedi il profilo del contratto di apertura di credito), già scrutinate e valutate dal Tribunale, così riproponendo un nuovo giudizio sulla quaestio facti , invece inibito al giudice di legittimità.
Il Tribunale, infatti, ha ricondotto la fattispecie sottoposta al suo esame alla figura del negozio indiretto suscettibile di essere oggetto di revocatoria e ha, poi, ritenuto sussistenti i requisiti oggettivi e soggettivi della predetta azione, confermando la revocatoria della garanzia ipotecaria.
In realtà i giudici del merito hanno esaminato la documentazione versata in atti dalle parti, addivenendo ad un giudizio di revocabilità della garanzia ipotecaria, perché volta a costituire un titolo di prelazione per un debito già esistente e sfornito di garanzia reale, in violazione della par condicio creditorum , ricorrendo altresì anche i requisiti, richiamati dall’art. 66 l. fall., dell’ eventus damni e del consilium fraudis .
La doglianza proposta dalla ricorrente pretenderebbe, dunque, di rimettere in discussione tali accertamenti fattuali, intervenuti sulla base dello scrutinio degli elementi di prova sopra ricordati in epigrafe, proponendo censure estranee al sindacato del giudice di legittimità.
Né è possibile proporre il vizio di cui al sopra richiamato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., tramite la deduzione dell’omesso esame di elementi istruttori, allorquando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice del merito, in quanto, per quanto già sopra chiarito, l’omesso esame di materiale istruttorio costituisce fattispecie ben diversa dal presunto omesso esame di un fatto decisivo.
A ciò va aggiunto che l ‘inammissibilità discende , inoltre, dal fatto che l’unico fatto allegato dalla ricorrente e che il Tribunale ha ritenuto come sprovvisto di supporto probatorio (e cioè l’apertura di credito provvisoria) risulta essere assolutamente non decisivo, posto che lo stesso rappresenta solo uno dei tanti fatti posti a fondamento della decisione impugnata.
Né è possibile condividere le considerazioni svolte dalla società ricorrente in ordine alla violazione del principio di non contestazione da parte del Tribunale, con riguardo ai fatti sopra indicati in rubrica dalla ricorrente come decisivi, posto che le doglianze, da un lato, sono svolte in difetto di autosufficienza e, dall’altro , collidono con i principi affermati nella materia in esame dalla giurisprudenza di legittimità.
Ed invero, il principio di non contestazione, che pure ha rilievo quale tecnica di semplificazione della prova dei fatti dedotti, non comporta affatto l’automatica ammissione del credito allo stato passivo solo perché non sia stato contestato dal curatore (o dai creditori eventualmente presenti in sede di verifica), competendo al giudice delegato (e al tribunale fallimentare) il potere di sollevare, in taluni casi e in via ufficiosa, anche eccezioni volte ad impedire l’ammissione del credito insinuato (Cass., sez. I, 04.08.2023, n. 23787).
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del contro ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.200 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 23.4.2024