Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8514 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8514 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6768/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANZARO n. 1424/2017 depositata il 20/07/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza in data 5-5-2014 il tribunale di Cosenza, ritenute inammissibili le eccezioni di esenzione dall’azione revocatoria di cui all’art. 10 del d.lgs. n. 122 del 2005 e di simulazione del prezzo, ha dichiarato inefficace nei confronti dei creditori del fallimento di RAGIONE_SOCIALE la vendita stipulata tra la società e NOME COGNOME per atto AVV_NOTAIO del 2-9-2008, avente a oggetto un immobile sito in Cosenza relativamente al quale il prezzo era risultato inferiore di oltre un quarto al valore della controprestazione.
La corte d’appello di Catanzaro, con sentenza in data 20 -7-2017, ha respinto il gravame della COGNOME.
Per la parte che in effetti rileva, ha ritenuto che l’eccezione di esenzione fosse un’eccezione in senso stretto, tale da dover essere spiegata dalla parte tempestivamente, nel termine di cui agli artt. 166 e 167 cod. proc. civ., cosa che non era stata fatta, dal momento che la convenuta si era costituita oltre il primo termine di cui all’art. 183 cod. proc. civ. ; ha lungamente argomentato per motivare la non condivisione del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 10531-13; ha aggiunto che in ogni caso anche nel merito l’eccezione non poteva trovare consenso , non essendosi in presenza di un immobile da costruire.
In ordine al valore dell’immobile, la corte d’appello ha confermato la ricostruzione fatta dal tribunale de relato alla c.t.u. anche con riguardo alla documentazione acquisita, dimostrativa di un valore pari 66.440,00 EUR, già di per sé superiore di un quarto rispetto al prezzo di vendita (48.464,00 EUR) e in ogni caso perfino più elevato di quello accertato dal consulente, tenendo conto di alcune vendite di immobili limitrofi similari nel medesimo periodo.
Infine, ha confermato la valutazione del tribunale pure a proposito del non essere stata vinta, dall’impugnante, la presunzione di conoscenza dello stato d’insolvenza della venditrice.
La signora COGNOME ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi.
Il Fallimento ha replicato con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I. -Col primo motivo la ricorrente denunzia la v iolazione dell’art. 67, primo comma, n. 1, legge fall., per avere la sentenza fornito della fattispecie astratta un’interpretazione difforme da quella derivante dalla giurisprudenza di questa Corte. Allude al fatto che la conoscenza, o l’ignoranza, dello stato di insolvenza da parte del contraente dovrebbe esser condotta con specifico riferimento agli elementi di natura economica, sociale, organizzativa, culturale e topografica caratterizzanti il rapporto; e in questa prospettiva addebita alla corte territoriale di non aver considerato che essa acquirente era (ed è) un soggetto privato non professionale, senza specifiche cognizioni tecniche nel settore immobiliare e/o giuridico-commerciale , e che l’atto in questione era stato l’unico affare intercorso tra essa e la fallita, oltre tutto dopo l’ultimazione della costruzione e previo accollo della quota di un mutuo originariamente acceso dalla società senza emersione di anomalie.
II. -Col secondo motivo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 10 del d .lgs. n. 122 del 20 05 anche in relazione all’art. 2704 cod. civ., per avere la sentenza qualificato l’eccezione di esenzione come non rilevabile d’ufficio, con conseguente decadenza della convenuta dalla possibilità di sollevarla, e per avere altresì sostenuto la tardiva allegazione dei fatti posti a fondamento dell’eccezione stessa, benché la relativa documentazione fosse stata tempestivamente depositata, con ciò assumendo una posizione ingiustificatamente critica nei confronti delle decisioni prese da questa Corte a sezioni unite.
Nel medesimo contesto la ricorrente censura la sentenza per aver ritenuto che il contratto preliminare inter partes (del 5.8.2004) non fosse opponibile alla curatela per mancanza di data certa anteriore al fallimento, giacché la certezza
ben si sarebbe potuta ricavare da assegni e corrispondenti fatture menzionati nell’atto pubblico definitivo, o dalle quietanze aventi esse stesse data certa anteriore.
III. -Col terzo motivo è infine dedotta la v iolazione dell’art. 67 legge fall. in relazione all’art. 2704 cod. civ. e all’art. 112 cod. proc. civ. per avere la corte d’appello ritenuto ininfluente stabilire se, anche a seguito dell’introduzione delle ipotesi di esenzione di cui all’art. 10 del d.lgs. n. 122/2005 e dell’art. 67, terzo comma, lett. c), legge fall., dovesse rimanere fermo o meno l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di revocatoria fallimentare di compravendita stipulata in adempimento di un contratto preliminare, l’accertamento dei relativi presupposti va compiuto con riferimento alla data del contratto definitivo.
IV. – In ordine logico va esaminato prioritariamente il terzo motivo di ricorso.
Il motivo è inammissibile per genericità , ai sensi dell’art. 360 -bis cod. proc. civ.
Nella giurisprudenza di questa Corte, è indiscusso che, nel caso di revocatoria fallimentare di una compravendita stipulata in adempimento di un contratto preliminare intercorso con la parte di poi fallita, sia l’esame della proporzione delle prestazioni, sia la verifica della conoscenza (o della non conoscenza) dello stato di insolvenza vanno compiuti con riferimento alla data del contratto definitivo, non a quella del preliminare (cfr. Cass. Sez. 1 n. 1170891, Cass. Sez. 1 n. 500-92, Cass. Sez. 1 n. 2967-93, Cass. Sez. 1 n. 3165-94, Cass. Sez. 1 n. 15142-03).
Il motivo di ricorso omette di specificare in qual senso le norme evocate andrebbero ritenute essenziali per un mutamento di giurisprudenza.
V. – Va poi esaminato il secondo motivo.
Il motivo è inammissibile per la ragione che segue.
L’esenzione da revocatoria prevista dall’art. 10 del d.lgs. n. 122 del 2005 riguarda gli atti a titolo oneroso che hanno come effetto il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento di immobili ‘ da costruire ‘ .
Ciò ha determinato questa Corte a chiarire che l’esenzione è inapplicabile quanto agli immobili (non costruiti ex novo ma) solo oggetto di interventi di ristrutturazione e risanamento conservativo in forza di apposita concessione edilizia (v. Cass. Sez. 6-1 n. 3237-16).
In sostanza, ai fini della revocatoria fallimentare, la speciale causa di esenzione prevista dall’art. 10 del d.lgs. n. 122 del 2005 per gli immobili da costruire implica che questi siano da intendere ai sensi dell’art. 1, lett. (d), del medesimo d.lgs. , e quindi che si tratti di ‘ immobili per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità ‘ (v. Cass. 6-1 n. 22603-21).
La corte d’appello, al netto di irrilevanti dissertazioni a proposito della natura dell’eccezione come ‘in senso stretto’, e al netto di ancor più irrilevanti disquisizioni a proposito della non condivisione dell’orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte circa le possibilità deduttive di eccezioni in senso lato, ha accertato che l’immobile in questione non era annoverabile tra quelli ‘da costr uire’ .
Si tratta di un accertamento di fatto vanamente criticato dalla ricorrente mediante riferimenti a circostanze prive di rilievo, come quella della dichiarazione (della quale ben vero neppure c’è riscontro in prospettiva di autosufficienza) di volere acquisire la residenza nel comune di ubicazione del l’immobile entro dodici mesi dall’acquisto come prima casa.
L’accertamento di fatto non è sindacabile da parte della Corte di legittimità, se non per il tramite del vizio di motivazione, nei limiti in cui tale vizio è ancora deducibile (v. Cass. Sez. U n. 8053-14).
U n motivo attinente all’ omesso esame di fatti non risulta formulato.
VI. – Il primo motivo è inammissibile perché sottende una critica di merito.
Non è censurata la statuizione con la quale la corte d’appello ha detto esistente la sproporzione tra le prestazioni ai fini della revocatoria fallimentare ex art. 67, primo comma, n. 1, legge fall.
Ove sia stata proposta l’ azione ex art. 67, primo comma, legge fall., opera una presunzione iuris tantum della conoscenza dello stato di insolvenza del debitore da parte del convenuto.
La corte d’appello ha affermato che la presunzione non era stata superata , ancorché aggiungendo che vi erano elementi a supporto della condizione contraria , quali l’esistenza di protesti, pratiche di licenziamento di personale risultanti dallo stesso atto di vendita, notizie di stampa a proposito della fuga all’estero del titolare dell’impresa edile e via seguitando .
La ricorrente assume che nell’affermare l’esistenza di simili elementi la corte d’appello abbia motivato in termini astratti e in ogni caso non sintonici con quanto questa Corte va ripetendo a proposito della necessità di correlare lo stato soggettivo alla situazione personale e professionale della controparte.
Ma il punto non è questo.
Il punto è che una simile aggiunta, sebbene possa dirsi affermativa -secondo la corte d’appello – della sussistenza della prova della scientia decoctionis , non può determinare -essa -il superamento della presunzione desunta dal testo di legge. Resta pur sempre il fatto che spetta al convenuto in revocatoria, in questi casi, fornire la prova della ignoranza dello stato di insolvenza (v. Cass. Sez. 1 n. 20002-13).
Nello specifico gli elementi addotti dalla ricorrente quali circostanze sintomatiche di inscientia sono stati valutati dal giudice del merito come insufficienti; e ancora una volta si tratta di un giudizio di fatto a proposito della persuasività e rilevanza della prova, notoriamente insindacabile in cassazione.
VII. -Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 6.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, addì