Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9812 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9812 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2954-2022 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE cui è subentrata BPER BANCA S.P.RAGIONE_SOCIALE. per atto del 29/11/2022, rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la SENTENZA n. 626/2021 della CORTE D ‘ APPELLO DI PERUGIA, depositata il 9/11/2021;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella Camera di consiglio dell ‘ 11/3/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il tribunale di Perugia, con sentenza del 16/7/2018, accogliendo la domanda proposta dal Fallimento COGNOME Marcello nei confronti della Banca Carige s.p.a., ha revocato, a norma dell ‘art. 67, comma 2°, l.fall., ‘ l ‘ imputazione ‘ al saldo passivo di un conto corrente del fallito della somma, pari ad €.
211.637,12, ricavata dall ‘ escussione di due polizze costituite in pegno in favore della stessa in data 17/11/2008.
1.2. La Banca Carige s.p.a. ha proposto appello deducendo, tra l’altro, che la sentenza impugnata aveva erroneamente sostenuto che il pagamento era avvenuto nel momento in cui, nel mese di ottobre del 2012, la banca aveva imputato al conto corrente, anziché ad una delle altre posizioni debitorie, il ricavato dell ‘ escussione, avvenuta nel mese di maggio 2012, dei titoli costituiti in pegno.
1.3. La corte distrettuale, con la pronuncia in epigrafe, ha accolto l’appello.
1.4. La corte, in particolare, ha ritenuto che: – l ‘ art. 1193 c.c., disciplinando il caso del pagamento effettuato da chi ha più debiti, distingue nettamente l ‘ operazione di pagamento dalla sua imputazione, che solo normalmente ma non necessariamente sono coeve; – del resto, ‘ ove si ritenesse che, spettando pattiziamente la scelta dell ‘ imputazione al creditore, il pagamento e l ‘ estinzione del debito prescelto ‘ coincidano ‘ con quello della scelta, il debito continuerebbe a sussistere ad libitum del creditore nonostante l ‘ avvenuta sua acquisizione della somma ‘; -‘ il momento del pagamento ‘ è, dunque, ‘ quello della monetizzazione del pegno operata dalla banca creditrice ‘ ; – tale pagamento, tuttavia, è stato compiuto oltre il periodo di sei mesi prima della domanda con la quale il debitore aveva chiesto di essere ammesso al concordato preventivo, e non è, dunque, suscettibile di revoca ai sensi dell’art. 67, comma 2°, l.fall..
1.5. Il Fallimento, con ricorso notificato il 17/1/2022, ha chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza, notificata, come da relazione in atti, in data 22/11/2021.
1.6. La Banca Carige s.p.a., incorporata da BPER Banca s.p.a. per atto del 29/11/2022, ha resistito con controricorso nel quale ha proposto, per un motivo, ricorso incidentale condizionato, cui il Fallimento ha, a sua volta, resistito con controricorso.
1.7. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, il Fallimento ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 67, comma 2°, l.fall. nonché degli artt. 2797, 1362 e 1193 c.c. nonché l ‘ omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che il pagamento ricevuto dalla banca dovesse rinvenirsi nella ‘ monetizzazione dei titoli oggetto del pegno ‘, piuttosto che nella ‘ compensazione del credito garantito con il debito conseguito alla monetizzazione stessa ‘, senza, tuttavia, considerare che: – la monetizzazione dei titoli oggetto del pegno, come si ricava dall’art. 2797 c.c. oltre che dall’art. 8 del contratto di pegno, non fa venir meno la titolarità del debitore sul ricavato della vendita; – fino a che il creditore non si avvale della compensazione, la somma, quindi, pertiene al debitore; – non rileva, per contro, l ‘ imputazione, che presuppone il pagamento e, dunque, non la semplice vendita dei titoli ma l ‘ impiego del ricavato della vendita dei titoli per estinguere, mediante compensazione, il credito garantito dal titolo costituito in pegno; – il semestre rilevante ai fini dell ‘ accoglimento della domanda proposta ai sensi dell ‘ art. 67, comma 2°, l.fall. de v’essere, pertanto, valutato avendo riguardo non alla vendita dei titoli costituiti in pegno, avvenuta il 17/5/2012, ma all ‘estinzione del credito per effetto della compensazione, operata solo il 17/10/2012.
2.2. Il motivo è inammissibile. Questa Corte, infatti, ha ripetutamente affermato che: – il pegno, provenga dal debitore o da un terzo, è costituito a garanzia dell ‘ obbligazione, per cui, quando lo stesso è azionato dal creditore, si concreta, mediante il corrispondente pagamento, l ‘ adempimento dell ‘ obbligazione; – ne costituisce riprova, se necessario, l ‘ art. 2798 c.c., il quale dispone che la cosa data in pegno possa essere assegnata al creditore ‘ in pagamento ‘ , anziché mediante incameramento della somma ricavata, del correlato debito; – quando il creditore si soddisfa sul pegno si determina, pertanto, il pagamento (totale o parziale) del debito: non la compensazione tra il debito principale del debitore che ha costituito il pegno ed il debito del creditore al versamento della somma così ricavata in favore del debitore medesimo; – il creditore preleva, difatti, direttamente la somma che il debitore avrebbe dovuto pagargli (Cass. n. 8778 del 1998, in motiv.; conf., Cass. n. 17046 del 2016).
2.3. Nella prelazione pignoratizia, pertanto, l ‘ adempimento del debito si realizza ‘ mediante la soddisfazione diretta e autonoma del creditore sul bene costituito in pegno (nel caso di specie, con la vendita dei titoli), attraverso il prelievo della somma dovutagli e il conseguente pagamento, totale o parziale, del debito originario (Cass. 17477/2012, 17046/2016) ‘ (Cass. n. 23561 del 2023, in motiv.; conf., Cass. n. 18368 del 2024, in motiv.): a nulla, per contro, rilevando, a fronte del già intervenuto depauperamento del patrimonio del debitore, l’imputazione che della somma ricavata la banca abbia successivamente operato (se del caso, come nel caso in esame, in periodo sospetto) ad uno piuttosto che ad altro debito dello stesso debitore, poi fallito, trattandosi, in effetti, di un’attività successiva alla ricezione del pagamento, tutt’al più dotata di effetti retroagenti al momento in cui la banca, escutendo la
garanzia, abbia, appunto, già soddisfatto il suo credito verso quest’ultimo.
2.4. La sentenza impugnata si è attenuta al principio esposto: lì dove ha ritenuto che il ‘ pagamento’ in favore della banca creditrice si era realizzato con la ‘monetizzazione del pegno operata ‘ dalla stessa ed ha, per l’effetto, escluso che tale pagamento, in quanto compiuto oltre il periodo sospetto (di sei mesi prima della domanda con la quale il debitore aveva chiesto di essere ammesso al concordato preventivo), era suscettibile di revoca fallimentare ai sensi dell ‘ art. 67, comma 2°, l.fall.
2.5. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando violazione dell ‘ art. 112 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha rigettato la domanda che il Fallimento aveva proposto a norma dell ‘ art. 67, comma 2°, l.fall., senza, tuttavia, pronunciarsi sulle domande di revoca che lo stesso Fallimento aveva proposto, a norma degli artt. 67, comma 1°, n. 2, l.fall. e degli artt. 66 l.fall. e 2901 c.c., in via alternativa, e che lo stesso, quale appellato, aveva riproposto nel giudizio di secondo grado a norma dell ‘ art. 346 c.p.c.
2.6. Il motivo è inammissibile. La parte vittoriosa nel merito in primo grado (come, nel caso in esame, il Fallimento attore, per essere stata pronunciata, in accoglimento della sua domanda, la revoca del pagamento che lo stesso aveva impugnato), in ipotesi di gravame formulato dal soccombente (e cioè la banca convenuta, condannata alla restituzione del relativo importo in favore della massa), non ha, infatti, l ‘ onere di proporre appello incidentale in relazione alla domanda (tanto se proposta in via alternativa ma, come nel caso in esame, compatibile con quella accolta, quanto se sia stata addirittura l ‘ unica ad essere stata proposta), come quella volta alla revoca
dello stesso atto a norma degli artt. 67, comma 1°, n. 2, l.fall. ovvero degli artt. 66 l.fall. e 2901 c.c., non accolta dal tribunale perché superata o non esaminata in quanto (a ragione o a torto ritenuta) assorbita dall ‘ accoglimento dell ‘ altra (in ipotesi) proposta dallo stesso attore: ma deve, piuttosto, limitarsi, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un contegno omissivo, alla sua riproposizione (con l ‘ espressa o comunque inequivoca deduzione dei relativi elementi costitutivi, e cioè i fatti storici attributivi del diritto azionato, come la prosecuzione indebita dell ‘ attività, e la richiesta di pronuncia giudiziale fondata sullo stesso, come la condanna al risarcimento dei conseguenti danni) nel giudizio d ‘ appello in modo tale da manifestare la propria volontà di chiederne, appunto, il riesame (Cass. n. 33649 del 2023).
2.7. Nel caso in esame, tuttavia, il Fallimento, alla luce di quanto esposto in ricorso (p. 5 e p. 9-10), non ha inequivocamente riproposto , nel giudizio d’appello, le domande di revoca non esaminate dal tribunale in quanto assorbite, con l ‘ inequivoca deduzione dei relativi fatti costitutivi e delle conseguenti conclusioni, essendosi limitato ad una generica dichiarazione di riproposizione delle domande assorbite senza procedere ad una loro chiara ed inequivoca indicazione a norma dell’art. 346 c.p.c.
2.8. Nel processo ordinario di cognizione, infatti, le parti del processo d ‘ impugnazione (che costituisce pur sempre una revisio prioris istantiae ) sono tenute, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia (al di fuori delle ipotesi di domande e di eccezioni esaminate e rigettate, anche implicitamente, dal primo giudice, per le quali è necessario proporre appello incidentale), a riproporre, ai sensi del l’art. 346 c.p.c., le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste
assorbite, con il primo atto difensivo e comunque non oltre la prima udienza, trattandosi di fatti rientranti già nel thema probandum e nel thema decidendum del giudizio di primo grado (Cass. n. 7940 del 2019).
2.9. In mancanza di una norma specifica sulla forma in cui l’appellante che voglia evitare la presunzione di rinuncia ai sensi dell’art. 346 c.p.c. deve reiterare le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, queste, invero, possono essere riproposte in qualsiasi forma idonea ad evidenziare la volontà di riaprire la discussione e sollecitare la decisione su di esse: tale riproposizione tuttavia, pur se libera da forme, dev ‘ essere pur sempre svolta in modo specifico, non essendo a tal fine sufficiente (come, nella sostanza, ha preteso di fare il Fallimento appellato) un generico richiamo alle difese svolte ed alle conclusioni prese davanti al primo giudice (Cass. n. 22311 del 2020).
2.10. Il ricorso incidentale condizionato è, di conseguenza, assorbito.
Il ricorso principale, per l’inammissibilità dei suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: e come tale dev ‘ essere dichiarato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso principale, nonché assorbito l’incidentale condizionato; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese di lite, che liquida in €. 7.500,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima