Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 32006 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 32006 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6290/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, ricorrente-
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’Appello Milano n. 71/2021, depositata il 12/01/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 La Corte d’Appello con sentenza del 12/1/2021 rigettava il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE (denominata per brevità ‘RAGIONE_SOCIALE‘), avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Milano, che, in accoglimento della domanda di revocatoria, ex art. 67 comma 1 nr. 2 l.fall., proposta dal RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, aveva dichiarato inefficace nei confronti della massa dei creditori i pagamenti in favore di RAGIONE_SOCIALE (successivamente incorporata in RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) effettuati da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione per mezzo di RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, aveva condannato RAGIONE_SOCIALE a pagare alla Curatela del Fallimento la complessiva somma di € 340.000.
2. La Corte d’Appello, per quel che ancora rileva in questa sede, rigettava l’eccezione di difetto di interesse ad agire del fallimento e ribadiva il carattere anomalo del pagamento di € 340.000 effettuato da NOME RAGIONE_SOCIALE, debitrice, per il corrispondente importo, della società fallita in forza della vendita del complesso dei beni aziendali. Tale operazione si inseriva in un accordo transattivo che prevedeva la decurtazione del credito di € 1.067961,94, azionato con decreto ingiuntivo, vantato da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nei confronti della società fallita e il conferimento a RAGIONE_SOCIALE del mandato a riscuotere da RAGIONE_SOCIALE le somme che quest’ultima era tenuta a corrispondere alla RAGIONE_SOCIALE.
3 DB Servizi ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi ad un unico motivo, Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha
svolto difese mediante controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il mezzo di impugnazione denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 100 c.p.c. , 2764 c.c. e 67 l.fall., in relazione all’art.360, comma 1 nr. 3 c.p.c.: la ricorrente lamenta la carenza di motivazione dell’impugnata sentenza in punto di prova del pagamento della somma di € 340.000; deduce che la Corte abbia erroneamente rigettato l’eccezione di difetto di interesse ad agire della curatela in quanto, ipotizzando la mancata conclusione dell’operazione transattiva, DB Servizi si sarebbe insinuata nel passivo del fallimento per un credito con privilegio speciale ex art. 2764 c.c. sui beni mobili e sulle attrezzature alberghiere oggetto del contratto di alienazione tra la società fallita e RAGIONE_SOCIALE per un importo di gran lunga superiore a quelle del revocato pagamento sicché, sempre a dire della ricorrente, nessun nocumento sarebbe derivato alla massa dalla contestata operazione.
2 Il motivo è inammissibile in ogni sua articolazione.
2.1 Con riferimento all’eccezione di carenza di interesse ad agire, la decisione dei giudici di merito muove dal presupposto della cosiddetta teoria ‘distributiva’, in quanto diretta a ripristinare l’attivo concorsuale al fine di consentire il soddisfacimento dei crediti nel rispetto della par condicio creditorum , quale scopo della revocatoria fallimentare.
2.2 Si tratta di principio conforme all’orientamento di questa Corte, non scalfito dalle argomentazioni contenute nella censura, che, a partire dal noto arresto delle Sezioni unite nr. 7028/2006, ha affermato che «ai fini della revoca della vendita di beni effettuata dall’imprenditore successivamente fallito, l'” eventus damni ” è ” in re ipsa ” e consiste nel fatto stesso della lesione della ” par condicio
creditorum “, ricollegabile, per presunzione legale assoluta, all’uscita del bene dalla massa a causa dell’atto dispositivo; pertanto, grava sul curatore il solo onere di provare la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell’acquirente, mentre la circostanza che il prezzo ricavato dalla vendita sia stato utilizzato dall’imprenditore per pagare un suo creditore privilegiato (eventualmente anche garantito da ipoteca) non esclude la possibile lesione della ” par condicio”, né fa venir meno l’interesse all’azione da parte del curatore, poiché è solo in seguito alla ripartizione dell’attivo che potrà verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, che successivamente all’esercizio dell’azione revocatoria potrebbero in tesi insinuarsi» (cfr. anche Cass.7408/2021,27443/2019, 11652/2018, 24792/2016 e 255751/2010).
2.3 Quanto al profilo della doglianza che fa leva sulla assenza di motivazione della prova del pagamento da parte di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, va rilevato che la circostanza (il versamento da parte di RAGIONE_SOCIALE alla ricorrente, espressamente previsto dalla scrittura privata del 19/12/2012, della somma di € 340.000, costituente il corrispettivo della vendita dei beni) risulta oggetto di accertamento, fondato anche sull’assenza di specifiche contestazioni mosse dalla ricorrente, compiuto sia in primo che in secondo grado.
Conclusivamente il ricorso è inammissibile.
3 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 11.700 di cui € 200 per esborsi, oltre Iva, Cap e rimborso forfettario al 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 16 ottobre 2024.