Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1197 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1197 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1498/2024 R.G. proposto da: COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende; COMUNE DI FORLI’ DEL SANNIO, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 5459/2023 depositata il 22/12/2023;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 08/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Forlì del Sannio citava in giudizio dinanzi il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere NOME COGNOME e NOME COGNOME per la revocatoria, ex art. 2901 c.c., dell ‘ atto di donazione a rogito notar NOME COGNOME del 13 febbraio 2014, rep. n. 320 racc. n. 256, con cui i convenuti avevano donato alla nipote NOME COGNOME la totalità dei beni immobili posseduti.
NOME COGNOME e NOME COGNOME si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto della domanda.
NOME COGNOME rimaneva contumace.
La Banca RAGIONE_SOCIALE interveniva volontariamente chiedendo la revocazione del medesimo atto di donazione.
Il Tribunale accoglieva le domande e dichiarava l’inefficacia dell’atto di donazione impugnato nei confronti sia del Comune di Forlì del Sannio che dell ‘ interventore Banca RAGIONE_SOCIALE.
NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano appello avverso la suddetta sentenza.
Il Comune di Forlì del Sannio e l a RAGIONE_SOCIALE resistevano al gravame.
La Corte d’Appello di Napoli rigettava il gravame. In particolare, quanto all’applicabilità dell’art. 1957 c.c. , condividendo pienamente le motivazioni espresse sul punto dal giudice di primo grado, ribadiva che l’autonomia e l’astrattezza dell’obbligazione cambiaria rendevano del tutto inapplicabile la norma in caso di
avallo cambiario. Inoltre, con riferimento alla Banca, vi era una deroga contrattualmente prevista rispetto all ‘art. 1957 c.c.
Quanto alle contestazioni degli appellanti sulla esistenza del credito, le stesse erano irrilevanti, posto che la revocatoria era applicabile anche a tutela di crediti contestati, sempre che non fossero manifestamente inesistenti. Sussisteva anche la scientia damni anche perché l’atto di disposizione era successivo al sorgere del credito ed era sufficiente la consapevolezza o mera conoscibilità in capo al debitore delle ragioni creditorie. La donazione era stata fatta appena un mese dopo la scadenza del primo titolo cambiario e inoltre la data di esistenza del credito doveva riferirsi alla emissione delle cambiali con avallo in data 9 Aprile 2013. La conoscenza della posizione debitoria era innegabile, essendo i convenuti garanti con l’avallo delle cambiali, e inoltre la parentela con i debitori aggiungeva un ulteriore elemento di prova circa la certezza della scientia damni.
La qualificazione del negozio come atto a titolo gratuito era corretta atteso che in caso di donazione modale l’imposizione di un onere in capo al donante non aveva natura di corrispettivo e non valeva a trasformare il titolo dell’attribuzione da gratuito in oneroso.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi di ricorso.
Il Comune di Forlì del Sannio e la Banca Credito Attivo RAGIONE_SOCIALEgià Banca RAGIONE_SOCIALE) hanno resistito con controricorso.
Il consigliere delegato ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti.
A seguito di tale comunicazione, la parte ricorrente, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso.
13 . È stata fissata l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
14 . In prossimità dell’odierna udienza le parti controricorrenti hanno depositato memoria, insistendo nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 1957 c.c.
I ricorrenti ripropongono la questione inerente l’applicabilità dell’art. 1957 c.c., in presenza di una fideiussione a prima richiesta , relativamente all’interveniente Banca Capasso Antonio s.p.a.. Infatti, alla luce del novellato diritto vivente la clausola di deroga all’art.1957 c.c. era nulla . L ‘Associazione Bancaria Italiana (ABI), nel 2002, ha predisposto uno schema di contratto di ‘fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie’, contenente la c.d. clausola omnibus . Tuttavia, la Banca d’Italia, con il Provv. n . 55 del 2 maggio 2005, ha ritenuto alcune specifiche clausole del suddetto schema contrattuale predisposto dall’ABI lesive della concorrenza, in quanto contrastanti con le disposizioni della legge n. 287/1990 (Legge Antitrust). La clausola che deroga il primo comma dell’art. 1957 c.c. rientra tra queste. Dunque, qualora una fideiussione dovesse contenere una clausola derogatoria del termine di cui all’art. 1957 c.c., la stessa d eve ritenersi nulla e trova applicazione
quanto disposto dalla citata norma con la conseguenza che l’obbligazione del fideiussore dovrà dichiararsi estinta per decadenza, stante il mancato rispetto da parte del creditore del termine semestrale imposto dalla norma (cfr. in motivazione, Cass. Civ. Sentenza n. 3897 del 07 ottobre 2022).
Quanto alla posizione del Comune di Forlì del Sannio, la Corte di Appello ha escluso l’applicabilità dell’art. 1957 c.c., in ipotesi di avallo cambiario. La Corte ha tenuto conto dell’Autorevole precedente (Cass. 2782/94, cit.) di cui i ricorrenti chiedono una rivisitazione essendo innegabile il carattere (comunque) accessorio dell’avallo rispetto al debito principale, per il quale, in assenza del secondo non può sussistere il primo.
L’avallante, pertanto, presta con la sua sottoscrizione la garanzia di pagamento di una cambiale. Garanzia del pagamento che risulta dovuto in base al titolo di credito la cui natura cartolare risulta evidente, rilevandosi nel fatto che il garante sia obbligato allo stesso modo di chi sia tenuto al pagamento in forza del titolo. L’ istituto ha una sua peculiarità (l’autonomia) che lo distingue rispetto alla fideiussione, nel senso che si esclude la identità, ma anche l’avallo cambiario rientra nell’ampio genus delle garanzie fideiussorie.
1.1 Il primo motivo di ricorso è in parte inammissibile in parte manifestamente infondato.
In particolare, quanto alla posizione della Banca di Credito Attivo S.p.A., della quale COGNOME Giuseppe e COGNOME COGNOME sono debitori in qualità di fideiussori di COGNOME NOME (beneficiario di un’apertura di credito in conto corrente presso l’Istituto bancario in questione), i ricorrenti, richiamando la pronuncia delle Sezioni
Unite di questa Corte n. 41994/2021, sollevano eccezione di nullità della clausola derogatoria del termine di cui all’art. 1957 c.c., pattuita in forza dell’art. 6 del contratto di fideiussione da loro sottoscritto, siccome asseritamente riproduttiva di analoga clausola contenuta nello schema di fideiussione predisposto dall’ABI, dichiarato lesivo della concorrenza dalla Banca d’Italia. La censura prospetta una questione nuova, implicante accertamenti in fatto, della quale non si fa cenno nella sentenza impugnata e che dalla lettura del ricorso non risulta essere stata allegata nelle precedenti fasi di merito (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7048 del 11/04/2016; Rv. 639515; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20694 del 09/08/2018, Rv. 650009).
Si deve ribadire che una questione sollevata per la prima volta nel giudizio di cassazione, sebbene abbia ad oggetto una nullità rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, non può essere oggetto di esame allorquando comporti accertamenti di fatto; né a sostegno del ricorso può dedursi un mutamento nella giurisprudenza della Corte di cassazione, che, quand’anche effettivamente intervenuto nel corso del giudizio, non costituisce ius superveniens (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8820 del 12/04/2007, Rv. 596480). Del resto, ‘Le nullità negoziali che non siano state rilevate d’ufficio in primo grado sono suscettibili di tale rilievo in grado di appello o in cassazione, a condizione che i relativi fatti costitutivi siano stati ritualmente allegati dalle parti. (Nella specie, in relazione alla contrarietà alla normativa “antitrust” di un contratto di fideiussione “omnibus” posto a valle di intese anticoncorrenziali, la S.RAGIONE_SOCIALE ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto precluso il rilievo officioso della nullità in appello,
per non avere la parte interessata, nell’ambito del giudizio di primo grado, dedotto la conformità delle clausole contrattuali al modello ABI né prodotto il modello medesimo)’ (cfr. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 20713 del 17/07/2023, Rv. 668476).
Con riferimento, invece, alla posizione del Comune di Forlì del Sannio, del quale COGNOME NOME e COGNOME NOME sono debitori per aver firmato per avallo due cambiali rilasciate da COGNOME NOME, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di merito, uniformandosi all’insegnamento di questa Corte, ha escluso l’applicabilità dell’art. 1957 c.c. all’avallo cambiario: i ricorrenti sollecitano una rivisitazione di tale orientamento, sostenendo che sarebbe ‘innegabile il carattere (comunque) access orio dell’avallo rispetto al debito principale, per il quale, in assenza del secondo non possa sussistere il primo’, parendo ‘ovvio che anche l’avallo cambiario rientri nell’ampio genus delle garanzie fideiussorie’ (cfr. pag. 14 del ricorso).
La censura non offre, per questa parte, alcun elemento per mutare l’orientamento di legittimità cui la statuizione di merito si è conformata, e con il quale i ricorrenti non si sono specificamente confrontati, secondo cui l’avallo si atteggia in modo del tutto differente rispetto alla garanzia fideiussoria, non potendo essere istituito alcun nesso tra l’obbligazione cartolare dell’avallante, che si caratterizza per autonomia ed astrattezza, ed il rapporto causale sottostante l’emissione della cambiale, che intercorre solamente tra debitore principale e creditore, ragion per cui ‘La norma di cui all’art. 1957 cod. civ., la quale condiziona il persistere dell’obbligazione del fideiussore, dopo la scadenza del debito principale, alla circostanza che il creditore abbia proposto entro sei
mesi le sue istanze contro il debitore e le abbia continuate con diligenza, non è applicabile all’avallo cambiario, in considerazione dell’astrattezza e dell’autonomia cartolare dell’obbligazione dell’avallante rispetto a quella dell’avallato, per cui l’avallo, a differenza della fideiussione, costituisce un vincolo esente da ogni nesso con quello assunto dall’avallato’ (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2782 del 23/03/1994, Rv. 485869).
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 793 c.c .
I ricorrenti contestano la qualificazione della gratuità della donazione modale ai fini dell’onere probatorio che il presunto creditore deve superare per l’accoglimento della domanda revocatoria.
2.1 Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
I ricorrenti censurano la qualificazione, da parte del giudice di merito, della donazione modale oggetto del giudizio in termini di atto a titolo gratuito.
In particolare, la Corte distrettuale, confermando la pronuncia di primo grado, ha osservato che l’imposizione dell’onere di assistenza in capo alla donataria non ha natura di corrispettivo, in quanto non è tale da snaturare l’essenza di atto di liberalità della donazione (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).
I ricorrenti, che peraltro affermano espressamente, nel loro ricorso, di non aver ‘mai posto in discussione il carattere liberale della donazione (modale)’ (cfr. pag. 17 del ricorso), sostengono che nel caso di specie l’obbligo di assistenza imposto all a donataria avrebbe dato luogo ad un’obbligazione corrispettiva, fonte di una prestazione onerosa, ma in tal modo non si confrontano con
l’insegnamento di questa Corte, secondo cui ‘In tema di attribuzioni a titolo gratuito, lo spirito di liberalità è perfettamente compatibile con l’imposizione di un peso al beneficiato, purché tale peso, non assumendo il carattere di corrispettivo, costituisca una modalità del beneficio senza snaturare l’essenza di atto liberalità della donazione.
Peraltro costituisce indagine di fatto attinente all’interpretazione del negozio di donazione stabilire se l’onere imposto al donatario sia tale da porre in essere un “modus” oppure valga a imprimere al negozio carattere di onerosità e, tale attività è riservata al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se congruamente e correttamente motivata ‘ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13876 del 28/06/2005, Rv. 581306, che ha confermata la sentenza impugnata, la quale aveva escluso la sussistenza di un vitalizio oneroso, qualificando come donazione modale il contratto di trasferimento a titolo gratuito della nuda proprietà di un immobile con l’obbligo a carico dei beneficiari di prestare assistenza alla donante; conf. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 28857 del 19/10/2021, Rv. 662558).
COGNOME NOME e COGNOME NOME, senza denunciare espressamente la violazione di alcun canone di esegesi del contratto, lamentano che il giudice di merito ha considerato il negozio come atto a titolo gratuito solamente in relazione al nomen iuris utilizzato dalle parti (donazione), senza tenere conto del complessivo contenuto dell’accordo e, in particolare, dell’onere di assistenza materiale e morale gravante sulla donataria: tale censura difetta del richiesto grado di specificità, in quanto i ricorrenti non riportano, nemmeno per estratto, il contenuto
negoziale che assumono decisivo ai fini della prospettata qualificazione del contratto in termini di onerosità, così impedendo a questa Corte, alla quale è precluso l’esame diretto degli atti di causa, di valutare la fondatezza delle censure (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015, Rv. 636120).
Nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione sia contestata l’interpretazione attribuita dal giudice di merito al contratto intercorso tra le parti, infatti, le relative censure, per essere esaminabili, non possono risolversi nella mera contrapposizione tra la volontà dei contraenti così come ritenuta dal ricorrente e quella invece accertata dalla sentenza impugnata, ma debbono essere proposte o sotto il profilo della mancata osservanza, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., delle norme che fissato i criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 ss. c.c. ovvero, a norma dell’art. 360 n. 5 c.p.c., nel testo in vigore ratione temporis, del vizio di motivazione consistito nell’omesso esame di un fatto decisivo, a condizione, però, che, in ossequio al principio dell’onere di specificità del motivo, tali censure siano accompagnate dalla trascrizione, nel corpo del ricorso, almeno nella stesura che ne consenta la piena comprensione, delle clausole asseritamente individuative dell’effettiva volontà delle parti, al fine di consentire alla Corte di cassazione di valutarne la fondatezza senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte: ciò che, nel caso di specie, non è accaduto. I ricorrenti, come si è detto, non hanno provveduto in tal senso sicché la relativa censura è inammissibile.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione ex art. 360/1 n. 5 -omessa motivazione.
Ric. 2024 n. 1498 sez. S2 – ud. 08/01/2025
La Corte adita non avrebbe preso posizione su un’eccezione di nullità dell’obbligazione originaria (l’avallo per la insussistenza del debito per nullità derivante dalla mancanza di causa delle obbligazioni di garanzia).
3.1 Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
I ricorrenti denunciano una violazione ex art. 360/1 n. 5 e omessa motivazione’ (cfr. pag. 15 del ricorso) nella ricorrenza di un’ipotesi di doppia conforme ex art. 360, quarto comma, c.p.c., applicabile ratione temporis .
La censura è, inoltre, inammissibile, o comunque manifestamente infondata, in quanto con essa si deduce che la C orte d’appello non avrebbe preso posizione sull’eccezione di nullità delle garanzie, sollevata in appello sul presupposto che l’avallo cambiario e la fideiussione sarebbero stati pretesi dai creditori quando l’insolvenza del debitore principale era oramai conclamata, cosicché le operazioni non avrebbero avuto altro scopo che quello di riversare i debiti su soggetti titolari di un patrimonio immobiliare aggredibile.
Sul punto, si osserva che dalla lettura del ricorso e della sentenza impugnata non risulta che in primo grado i ricorrenti abbiano allegato i presupposti di fatto posti a fondamento dell’eccezione di nullità in commento, né risulta che la sussistenza di detti presupposti sia emersa dall’istruttoria.
Secondo l’insegnamento di questa Corte, cui si intende assicurare continuità, sebbene le nullità contrattuali siano rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e siano denunciabili dalle parti anche in relazione a profili originariamente non dedotti, tuttavia le nuove censure sono suscettibili di considerazione solo se
fondate su tempestive allegazioni, alle quali devono necessariamente coordinarsi, e se i relativi presupposti di fatto, ancorché non interessati da specifica deduzione della parte interessata, siano stati comunque acquisiti al giudizio di merito nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 28983 del 18/10/2023, Rv. 669320; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 4867 del 23/02/2024, Rv. 670332).
La censura in esame è dunque inammissibile anche perché l’omessa pronuncia, qualora abbia ad oggetto una domanda inammissibile, non costituisce vizio della sentenza e non rileva nemmeno come motivo di ricorso per cassazione, in quanto, alla proposizione di una tale domanda, non consegue l’obbligo del giudice di pronunciarsi nel merito (cfr. Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 20363 del 16/07/2021, Rv. 661884).
L’esito infausto del ricorso consente di non rilevare, in applicazione del criterio della cd. ragione più liquida (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 9936 del l’ 08/05/2014, Rv. 630490; conf. Cass. Sez. 6 – L, Sentenza n. 12002 del 28/05/2014, Rv. 631058; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11458 del 11/05/2018, Rv. 648510; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 363 del 09/01/2019, Rv. 652184) la mancanza della prova della notificazione del ricorso a Varatta Marcella, parte del giudizio di appello rimasta contumace in tale grado.
Il ricorso è rigettato con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali in favore della parte controricorrente, liquidate come in dispositivo.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., vanno applicati
-come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma – nei limiti di legge in favore della cassa delle ammende.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti di ciascuna delle due parti controricorrenti che liquida in euro 3500, più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, terzo al pagamento, in favore di ciascuna delle due parti controricorrenti, della ulteriore somma pari ad euro 3000,00 e al pagamento ex art. 96, quarto comma, cod. proc. civ., della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende;
dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione