Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 20023 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 20023 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
REGOLAMENTO PREVENTIVO DI GIURISDIZIONE
ORDINANZA
sul regolamento preventivo di giurisdizione, iscritto al n. 18824/2024 R.G., proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore , prof. NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso, dagli avvocati proff. NOME COGNOME (pec: EMAIL e NOME COGNOME EMAIL;
– ricorrente –
contro
ARERA – Autorità di Regolazione per RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, e
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ,
e
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore ,
e
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti , in persona del Ministro pro tempore , tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato (pec: EMAILavvocaturastatoEMAIL);
– controricorrenti –
e contro
Assemblea Territoriale Idrica – ATO 2 Catania , in persona del legale rappresentante pro tempore ;
– intimata – udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, società per azioni a capitale interamente detenuto dal Comune di Catania, quale gestore del Servizio Idrico Integrato nell’ambito dell’area metropolitana di Catania e in alcuni comuni limitrofi, è stato destinatario di un finanziamento pubblico per un inte rvento di risanamento idrico nell’ambito del ‘Piano nazionale di interventi nel settore idrico’, adottato in attuazione delle disposizioni di
cui alla legge n. 205 del 2017, art. 1, comma 516, con d.P.C.M. 1° agosto 2019, il quale attribuiva all’ARERA il compito di disciplinare le condizioni, i termini e le modalità di erogazione delle risorse per la realizzazione degli interventi programmati. Compito che ARERA adempiva con delibera 425/2019/R/IDR del 23/10/2019, individuando anche gli obblighi di rendicontazione e comunicazione da parte dell’Ente di riferimento.
Faceva seguito, quindi, la delibera ARERA n. 512/2019/R/IDR del 03/12/2019, recante «’ Avvio dell’erogazione delle risorse per la realizzazione degli interventi di cui all’allegato 1 al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 agosto 2019, recante ‘Adozione del primo stralcio del Piano nazionale degli interventi nel settore idrico -sezione acquedotti’ », con cui veniva autorizzata l’erogazione da parte di CSEA della prima quota di finanziamento, comprensiva quella spettante a RAGIONE_SOCIALE
Successivamente ARERA, constatato l’inadempimento di alcuni soggetti realizzatori, tra cui RAGIONE_SOCIALE all’obbligo di utilizzo di almeno l’80 per cento dell’importo finanziato, previsto dal comma 8.1 del punto 1 della delibera sopra indicata, in data 28/12/2021 adottava la delibera, 633/2021/R/IDR con cui intimava l’adempimento entro il 30/11/2022 e, quindi, constatato l’inadempimento da parte di RAGIONE_SOCIALE anche a seguito della predetta intimazione, con la delibera 192/2023/R/IDR del 4 maggio 2023 disponeva la revoca del finanziamento originariamente erogato alla società.
La RAGIONE_SOCIALE quindi, impugnava dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, la predetta delibera unitamente agli atti presupposti e consequenziali di altri enti (e, precisamente, il provvedimento dell’ATI Catania del 9 maggio 2023; il provvedimento CSEA del 16 giugno 2023; il provvedimento dell’ATI Catania del 19 giugno 2023; la deliberazione
ARERA del 23 ottobre 2019, n. 425/2019/R/IDR; la deliberazione ARERA del 28 dicembre 2021, n. 633/2021/R/IDR), chiedendone l’annullamento « previa adozione di ogni più opportuna misura cautelare », che il Presidente del Tar Sicilia, sezione staccata di Catania, concedeva con decreto n. 335 del 7 luglio 2023. Successivamente, con ordinanza collegiale n. 3094 del 20 ottobre 2023, il TAR dichiarava la propria incompetenza territoriale in favore del Tar Lombardia, dinanzi al quale la società ricorrente riassumeva il giudizio.
Con decreto n. 1057 del 20 novembre 2023, il Presidente del Tar Lombardia concedeva la tutela cautelare monocratica che successivamente il TAR, in composizione collegiale, con ordinanza n. 95 del 25 gennaio 2024, ‘ ritenuta la propria giurisdizione e competenza ‘, rigettava ritenendo che ‘ ad un sommario esame, il ricorso sia inammissibile per tardività della riassunzione nei termini di rito, considerato che al presente giudizio si applica la dimidiazione dei termini processuali ai sensi dell’articolo 119 c it.; che non paiono sussistere i presupposti per la concessione dell’errore scusabile invocati dalla ricorrente ‘.
La società, quindi, proponeva regolamento preventivo di giurisdizione « ai fini della dichiarazione, in relazione al processo pendente dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Milano, iscritto al n. rg. 225272023, della giurisdizione del giudice ordinario », sul presupposto che la delibera di revoca del finanziamento adottata dall’RAGIONE_SOCIALE non avesse « natura provvedimentale », ma assumesse piuttosto i connotati di «atto di recesso o, meglio, di (dichiarazione di) decadenza, che si inscrive all’interno dello svilupparsi di situazioni giuridiche paritetiche nell’ambito di un rapporto negoziale, che assumono quindi la consistenza di diritto soggettivo ».
Ad esclusione della Assemblea Territoriale Idrica -ATO 2 Catania, si costituivano in giudizio tutte le altre parti intimate con
contro
ricorso, chiedendo di « respingere il ricorso di controparte siccome inammissibile, improcedibile e/o infondato, con declaratoria di giurisdizione esclusiva in capo al giudice amministrativo, e segnatamente al TAR Lombardia, ex articolo 133, comma 1, lettera l), c.p.a., con ogni consequenziale statuizione di legge ».
Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta chiedendo di dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse ad agire della società ricorrente, non sussistendo nella specie alcun elemento di fatto e di diritto che facesse dubitare della giurisdizione del giudice adito e non avendo nessuna delle parti mai contestato la corretta individuazione del giudice munito di giurisdizione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’istanza di regolamento verte sulla individuazione del giudice ordinario o amministrativo -munito di giurisdizione sulla controversia avente ad oggetto la richiesta di annullamento del provvedimento (delibera 192/2023/R/IDR del 4 maggio 2023) con cui RAGIONE_SOCIALE ha disposto la revoca del finanziamento originariamente erogato alla società ricorrente per un intervento di risanamento idrico nell’ambito del ‘Piano nazionale di interventi nel settore idrico’, adottato in attuazione delle disposizioni di cui alla legge n. 205 del 2017, con d.P.C.M. 1° agosto 2019, a seguito del riscontrato inadempimento della predetta società all’impiego, entro un determinato termine, dell’80% del finanziamento erogato.
Prima della questione di riparto, occorre tuttavia affrontare quella, posta dalle controricorrenti e dal Pubblico ministero, dell’ammissibilità del regolamento.
Va premesso che nella specie il ricorso è stato proposto dalla stessa parte ricorrente nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo ma tale circostanza non è preclusiva alla proposizione del regolamento in quanto «la natura oggettiva dell’interesse alla corretta soluzione della
questione di giurisdizione implica la legittimazione ad accedere al giudice regolatore della giurisdizione con lo strumento del regolamento preventivo, ai sensi dell’art. 41 cod. proc. civ. (cui fa rinvio l’art. 10 cod. proc. amm.), anche da parte del soggetto che, avendo instaurato il giudizio di merito non ancora definito, abbia poi ragionevolmente dubitato della correttezza della originaria scelta da lui effettuata» (Cass., Sez. U, n. 15122/2022, n. 32727/2018). E La giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che detti ragionevoli dubbi possono sussistere anche in assenza di contestazione, da parte del convenuto, della giurisdizione dell’autorità adita, sempre che siano idonei a rappresentare la sussistenza di un interesse concreto ed immediato alla risoluzione della questione da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione
3.1. Si tratta di una possibilità che, al soggetto che ha promosso il giudizio di merito, è data anche in assenza di contestazione, da parte del convenuto, della giurisdizione dell’autorità adita, ma tuttavia non ad libitum , ma solo in presenza di apprezzabili incertezze sulla giurisdizione del giudice adito, quindi di un interesse concreto ed immediato ad una risoluzione della quaestio da parte delle Sezioni Unite, in via definitiva ed immodificabile, onde evitare che la sua risoluzione in sede di merito possa incorrere in successive modifiche nel corso del giudizio, ritardando la definizione della causa (cfr. Cass., Sez. n. 20504/2006, n. 15122/2022 cit.)
3.2. «Occorre dunque, per la proposizione del regolamento da parte dello stesso soggetto che ha adito il giudice dinanzi al quale pende la controversia, il requisito del ragionevole dubbio sulla giurisdizione (Cass., Sez. Un., 27 novembre 2019, n. 31029; Cass., Sez. Un., 9 giugno 2021, n. 16082; Cass., Sez. Un., 21 dicembre 2021, n. 40953). L’orientamento delle Sezioni Unite è costante in questo senso: il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione è inammissibile per difetto dell’interesse ad agire quando non sussista alcun elemento di fatto e di
diritto che possa far dubitare della giurisdizione del giudice adito e nessuna delle parti ne contesti la corretta individuazione (Cass., Sez. Un., 30 giugno 2008, n. 17776; Cass., Sez. Un., 25 ottobre 2013, n. 24155; Cass., Sez. Un., 16 dicembre 2013, n. 27990; Cass., Sez. Un., 10 febbraio 2017, n. 3557; Cass., Sez. Un., 14 gennaio 2022, n. 1083)» (così in Cass., Sez. U, n. 15122/2022 cit.).
Ne consegue il rigetto dell’eccezione sul punto sollevata dalle controricorrenti posto che il dubbio sulla spettanza della giurisdizione al giudice ordinario e non a quello amministrativo l’aveva insinuato il TAR Calabria che, in sede cautelare, nel dichiarare la propria incompetenza aveva lasciato «impregiudicata ogni valutazione sulla giurisdizione». Né un simile dubbio poteva ritenersi definitivamente risolto dal fatto che il giudice amministrativo competente, ovvero il TAR Lombardia, dinanzi al quale il ricorrente aveva riassunto il giudizio, aveva rigettato la richiesta cautelare premettendo di ritenere sussistente la propria giurisdizione e competenza.
Pertanto, nella concretezza del caso, l’assenza di contestazioni sulla giurisdizione da parte dei resistenti così come la affermata giurisdizione da parte del giudice adito, non implicavano la sicura e definitiva insussistenza di possibili interferenze e sovrapposizioni incidenti sul riparto di giurisdizione tra giudice ordinario ed amministrativo considerata la specificità del caso, vertendosi in materia di revoca di un finanziamento pubblico, in relazione alla quale queste Sezioni unite hanno in più occasioni affermato che la giurisdizione appartiene all’uno o all’altro plesso giudiziario a seconda del tipo di situazione giuridica soggettiva che si faccia valere in giudizio.
5.1. Sotto tale ultimo profilo si è, infatti, affermato che «La controversia promossa per ottenere l’annullamento del provvedimento di revoca di un finanziamento pubblico concerne una posizione di diritto soggettivo (ed è pertanto devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario) tutte le volte in cui l’amministrazione abbia inteso far valere
la decadenza del beneficiario dal contributo in ragione della mancata osservanza, da parte sua, di obblighi al cui adempimento la legge o il provvedimento condizionano l’erogazione, mentre riguarda una posizione di interesse legittimo (con conseguente devoluzione al giudice amministrativo) allorché la mancata erogazione del finanziamento, pur oggetto di specifico provvedimento di attribuzione, sia dipesa dall’esercizio di poteri di autotutela dell’amministrazione, la quale abbia inteso annullare il provvedimento stesso per vizi di legittimità o revocarlo per contrasto originario con l’interesse pubblico» (Cass., Sez. U, ez. U, ordinanza n. 16457 del 30/07/2020, Rv. 658338 -01; in termini anche Cass., Sez. U, sentenza n. 35282 del 18/12/2023, Rv. 669890 -01, in motivazione; Cass., Sez. U, ordinanza n. 3166 del 01/02/2019, Rv. 652495 -01; Cass., Sez. U, sentenza n. 18241 del 11/07/2018, Rv. 649626 – 01).
5.2. Con rifermento ad una fattispecie analoga a quella oggetto del giudizio promosso dalla società ricorrente, si è affermato (cfr. Cass., Sez. U, n. 13492/2021) che «La controversia sulla legittimità della revoca di un finanziamento pubblico determinata dall’inadempimento del privato beneficiario alle prescrizioni dell’atto di concessione rientra nella giurisdizione del giudice ordinario qualora la contestazione faccia esclusivo riferimento alle inadempienze del percettore, senza coinvolgere in alcun modo il legittimo esercizio dell’apprezzamento discrezionale del concedente circa an, quid e quomodo dell’erogazione (Cass., Sez. Un., 17 febbraio 2016, n. 3057; Cass., Sez. Un., 4 aprile 2021, n. 9840; e v., in fattispecie nella quale era stata impugnata, accanto al provvedimento di revoca del contributo, la comunicazione di avvio del procedimento di revoca, Cass., Sez. Un., 18 settembre 2017, n. 21549). In altri termini, la controversia promossa per ottenere l’annullamento del provvedimento di revoca di un finanziamento pubblico concerne una posizione di diritto soggettivo (ed è pertanto devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario) tutte le volte in cui
l’amministrazione abbia inteso far valere la decadenza del beneficiario dal contributo in ragione della mancata osservanza, da parte sua, di obblighi al cui adempimento la legge o il provvedimento condizionano l’erogazione, mentre riguarda una posizione di interesse legittimo (con conseguente devoluzione al giudice amministrativo) allorché la mancata erogazione del finanziamento, pur oggetto di specifico provvedimento di attribuzione, sia dipesa dall’esercizio di poteri di autotutela dell’amministrazione, la quale abbia inteso annullare il provvedimento stesso per vizi di legittimità o revocarlo per contrasto originario con l’interesse pubblico (Cass., Sez. Un., 1° febbraio 2019, n. 3166; Cass., Sez. Un., 30 luglio 2020, n. 16457)».
Precisati e delineati, nei suddetti termini, i principi regolatori della giurisdizione in materia di finanziamenti pubblici, pare opportuno indicare quelli applicabili per l’individuazione della posizione soggettiva concretamente dedotta in giudizio.
6.1. Al riguardo, è consolidato l’orientamento di questa Suprema Corte secondo cui la giurisdizione si determina sulla base del ‘petitum’ sostanziale da identificare, non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto, soprattutto, in funzione della ‘causa petendi’, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da individuare con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono espressione (Cass. Sez. U., n. 25210/2020, n. 25578/2020 e n. 20350/2018; più recentemente, Cass., Sez. U, n. 35282/2023, p. 19).
6.2. Quindi, nell’interpretazione della domanda giudiziale, il giudice non è condizionato dalle formali parole utilizzate dalla parte, ma senza rigidi formalismi deve tener conto dell’intero contesto dell’atto, senza alterarne il senso letterale ma, allo stesso tempo, valutando la formulazione testuale e il contenuto sostanziale della domanda in relazione alla effettiva finalità che la parte intende perseguire, il che
significa che non rileva di per sé che la pretesa giudiziale sia stata prospettata dinanzi al giudice amministrativo come richiesta di annullamento di un atto della P.A. se l’oggetto della domanda risulti essere la richiesta di tutela di un diritto soggettivo che si assume leso da un atto amministrativo, nel caso in esame da un atto di gestione dell’intervento oggetto di finanziamento.
Orbene, dagli atti processuali – direttamente esaminabili in questa sede (Cass., Sez. U, 21/04/2015, n. 8074; Cass., Sez. U, 08/01/2024 n. 567) -, ed in particolare dal contenuto del ricorso proposto al giudice amministrativo dalla RAGIONE_SOCIALE.p.a., emerge che quest’ultima ha dedotto, come primo motivo, la «nullità del provvedimento di ‘revoca’ del finanziamento denunciando la carenza assoluta di potere dell’ARERA al riguardo, in quanto nella legislazione di riferimento ‘ non si rinviene traccia dell’attribuz ione del potere di revoca del finanziamento ‘» (così a pag. 3 del ricorso in esame); come secondo motivo, peraltro in via subordinata, l’ incompetenza di RAGIONE_SOCIALE ad adottare gli atti impugnati, non essendo rinvenibile nella normativa primaria alcuna attribuzione ad ARERA di tale tipo di potere; come terzo motivo, l’illegittimità del provvedimento adottato per avere l’ARERA in modo del tutto arbitrario identificato quale elemento costitutivo della ‘revoca’ il ‘ mancato uti lizzo di almeno l’80% della spesa totale del progetto finanziato entro 2 anni dall’erogazione della prima quota di finanziamento ‘» (pag. 4); come quarto motivo, l’illegittima esclusione di essa ricorrente dai successivi finanziamenti del piano nazionale degli acquedotti, pure disposta con la delibera di ARERA impugnata.
In pratica, quello che lamenta la società con il ricorso amministrativo è la carenza di potere in capo ad RAGIONE_SOCIALE ad emettere il provvedimento impugnato oltre che l’erronea individuazione dei presupposti per l’emanazione dello stesso sul rilievo che l’esercizio di quel potere non rientrava tra quelli specificamente attribuiti ad ARERA con d.p.c.m. del 1° agosto 2019, attuativo delle disposizioni contenute
nella legge n. 215 del 2017 , mentre è rimasta del tutto nell’ombra la questione dell’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE allo specifico obbligo contrattuale di cui si è detto sopra.
Da quanto detto consegue che le questioni poste con il ricorso amministrativo, avendo ad oggetto la valutazione del corretto uso del potere da parte della P.A. (nella specie, di ARERA), rientrano a pieno titolo nella giurisdizione del giudice amministrativo cui deve, quindi, restare attribuita la causa.
Alla stregua delle complessive considerazioni svolte, va disatteso quanto dedotto in ricorso dichiarandosi la giurisdizione del giudice amministrativo, e la società ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali nei confronti delle controricorrenti, nella misura liquidata in dispositivo. Non trattandosi di impugnazione, non v’è luogo per pronunciarsi sul raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore delle controricorrenti, che liquida in euro 8.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite