Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12225 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12225 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/05/2025
RAGIONE_SOCIALE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17110/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata all’indicato indirizzo PEC dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende
– ricorrente –
contro RAGIONE_SOCIALE
– controricorrente –
contro
contro
– intimati – avverso la sentenza n. 1045/2020 del la Corte d’Appello di Venezia, depositata il 7.4.2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12.3.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Rovigo dichiarò il fallimento di RAGIONE_SOCIALE, su istanza del Pubblico Ministero e della creditrice RAGIONE_SOCIALE, previa revoca del concordato preventivo cui la società era stata precedentemente ammessa.
Contro la decisione del Tribunale propose reclamo (tra gli altri e per quanto qui interessa) RAGIONE_SOCIALE Il reclamo venne respinto d alla Corte d’Appello di Venezia.
Contro la sentenza della Corte territoriale RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.
Il fallimento RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE si sono difesi con controricorso, mentre gli altri soggetti intimati non hanno svolto difese.
Il fallimento ha altresì depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., «violazione o falsa
– controricorrente –
applicazione degli artt. 161, comma 2, 173, comma 2, legge fall., relativamente alla individuazione, interpretazione ed applicazione delle norme dettate in tema di decreto di revoca dell’ammissione della società debitrice alla procedura di concordato preventivo».
La ricorrente ribadisce la tesi -già sostenuta davanti alla Corte d’Appello di Venezia -secondo cui la dichiarazione di fallimento sarebbe illegittima, perché non preceduta dalla pronuncia di un autonomo decreto di revoca dell’ ammissione della società al concordato preventivo.
1.1. Il motivo è palesemente inammissibile, perché, come la Corte veneziana ha già rilevato, la ricorrente e gli altri reclamanti avevano sollevato tale questione «senza neppure allegare quale concreto ed effettivo vulnus sia potuto loro derivare dall’indicata modalità di adozione dei provvedimenti in discorso».
Il decreto che dichiara inammissibile la domanda di concordato oppure che revoca il concordato precedentemente ammesso non è autonomamente impugnabile (art. 162, comma 2, legge fall.) ed è solo con il reclamo contro la (eventuale) sentenza di fallimento che «possono farsi valere anche motivi attinenti all ‘ ammissibilità della proposta di concordato» (art. 162, comma 3, legge fall.). E ciò è appunto quel che ha fatto RAGIONE_SOCIALE, impugnando la sentenza di fallimento sul ritenuto presupposto che non dovesse essere revocato il decreto di ammissione al concordato. Non diversamente sarebbero andate le cose se il Tribunale di Rovigo avesse esposto le ragioni della revoca in un distinto decreto e pronunciato la sentenza di fallimento ripetendo o richiamando
quelle ragioni (oltre a motivare sulla sussistenza dei presupposti soggettivo ed oggetto per la dichiarazione di fallimento).
Si deve allora ricordare e ribadire che « la denuncia dei vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione; ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito » (Cass. nn. 26419/2020; conformi, ex multis , 26831/2014; 6330/2014).
Il secondo motivo censura, sempre ai sensi dell ‘ art 360, comma 1, n. 3, c.p.c., «violazione degli artt. 160 e 186 -bis legge fall.», invocando la «clausola generale della maggior soddisfazione dei creditori».
La ricorrente sostiene che gli atti individuati dai giudici del merito come posti in essere «in frode» ai creditori non avrebbero potuto essere considerati tali in mancanza di un effettivo pregiudizio arrecato da quegli atti alla «possibilità di adempimento della proposta».
2.1. Anche questo motivo è inammissibile, se non altro perché non si confronta con la ratio decidendi utilizzata dalla Corte territoriale a giustificazione della revoca del concordato e della conseguente dichiarazione di fallimento.
Nella sentenza impugnata si dà atto del rilievo d’ufficio e della sottoposizione al contraddittorio delle parti di una ulteriore
e autonoma causa di revoca del concordato, ovverosia la constatata impossibilità di realizzare il piano (e di adempiere la proposta) essendo venuta meno la prospettiva della rapida vendita del compendio immobiliare al pre zzo di € 23.500.000 di cui a ll’offerta vincolata a suo tempo formulata da RAGIONE_SOCIALE Infatti, dopo che non aveva dato esito la ricerca di altri interessati all’acquisto disposta ai sensi dell’art. 163 -bis legge fall., la società offerente non si era presentata, in più occasioni, agli appuntamenti fissati davanti al Notaio per la stipula del rogito ed era così scaduto il termine dell’offerta ferma, pur più volte prorogato.
Su questa autonoma ratio decidendi nulla deduce la ricorrente, né con riferimento alla legittimità del suo rilievo in fase di reclamo (del resto motivato dalla Corte d’Appello e conforme alla giurisprudenza di legittimità: v., per tutte, Cass. n. 1169/2017), né con riferimento alla sua fondatezza sul piano del diritto sostanziale (art. 173, ultimo comma, legge fall.).
2.2. A parte questo, la ricorrente insiste sulla scarsa rilevanza economica degli individuati atti in frode (pagamenti, mediante compensazione non autorizzata, di debiti concorsuali con crediti della proponente sorti dopo l’ammissione al concordato), senza considerare che la Corte veneziana aveva anche rilevato la parziale assenza e la scarsa attendibilità dei rendiconti relativi alle reciproche poste di credito e debito con la società RAGIONE_SOCIALE che teneva i rapporti con le imprese conduttrici di unità locali nel centro commerciale gestito dalla ricorrente.
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in
dispositivo in favore dei due controricorrenti, mentre non si dà luogo a decisione sulle spese nei confronti delle parti rimaste intimate.
Si dà atto che, in base al l’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida: quanto al fallimento, in € 12.000, per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge; quanto a RAGIONE_SOCIALE, in € 8.000, per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge; dà atto, ai sensi dell ‘ art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del