Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21769 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21769 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 3460-2018 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rapp.te NOME AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti NOME AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, per procura speciale in calce al ricorso
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE; NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali amministratori giudiziari e custodi della quote rappresentative del capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE;- RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE; – RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE
– intimati – avverso la sentenza n. 2233/2017 della Corte d’Appello di Catanzaro, pubblicata in data 14 dicembre 2017
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/12/2023 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE
La Corte d’appello di Catanzaro ha respinto il reclamo ex art. 18 l. fall. proposto da RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza dichiarativa del suo fallimento, pronunciata dal Tribunale di Paola, su istanza di vari creditori, dopo aver revocato l ‘ ammissione della società al c.d. concordato preventivo in bianco.
La corte territoriale – per quanto qui ancora di interesse -ha rilevato che: i) il tribunale aveva legittimamente revocato l ‘ ammissione di RAGIONE_SOCIALE al concordato preventivo sul rilievo che, per effetto dei sopravvenuti decreti di sequestro preventivo di urgenza emessi dalla Procura della Repubblica di Catanzaro e dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, successivamente convalidati dai GIP competenti, si erano verificati i presupposti di cui all’art. 173 l. fall., ‘ prevalendo l’esigenza di inibire il reimpiego del profitto dell’impr esa per finalità illecite rispetto ad esigenze meramente privatistiche quali poste a difesa della par condicio ‘; ii) era infondato il motivo con cui la reclamante aveva denunciato un vizio di omessa pronuncia del primo giudice, che aveva posto a fondamento della revoca la decorrenza dei termini previsti per il deposito del piano e della relativa documentazione, delle rel azioni periodiche e della somma di cui all’art. 163 n. 4 l. fall., senza esaminare la sua richiesta di rimessione in termini del 16.2.2017, perché tale richiesta doveva logicamente ritenersi superata sulla scorta del medesimo rilievo; iii) era ampiamente dimostrato lo stato di insolvenza della debitrice, inadempiente agli obblighi assunti in via transattiva con alcuni creditori , destinataria di procedure esecutive dall’esito negativo e pluri-protestata per importi notevoli.
La sentenza, pubblicata il 14.12.2017, è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione affidato a nove motivi e illustrato da memoria.
Il Fallimento e le altre parti intimate non hanno svolto difese.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione degli artt. 24 Cost. e 190 c.p.c.; sostiene che il procedimento e la sentenza impugnata sono nulli, ai sensi degli artt. 156, 2° comma, e 159, 1° comma, c.p.c., per violazione dei suoi diritti al contraddittorio e alla difesa, in quanto non le sono stati concessi i termini per il deposito di comparse conclusionali e repliche.
1.1 Il motivo è infondato, perché il giudizio di cui all’art. 18 l. fall. è regolato dal rito camerale e non dal rito di cognizione ordinaria, cui unicamente si applica l’ art. 190 c.p.c..
Con il secondo mezzo la ricorrente prospetta la violazione degli artt. 111 Cost., 132 n. 4 c.p.c. e 116 disp. att. c.p.c. per motivazione apparente, contraddittoria, perplessa, incomprensibile della sentenza impugnata.
Deduce che col primo motivo di reclamo essa aveva denunciato la contraddittorietà della motivazione con la quale il tribunale aveva revocato il concordato sia perché -preso atto dell’intervenuto sequestro preventivo penale di tutti i suoi beni aziendali -il giudice aveva ‘ ritenuto prevalente l’esigenza di inibire il reimpiego del profitto dell’impresa per finalità illecite, rispetto ad esigenze meramente privatistiche poste a difesa della par condicio creditorum ‘ senza considerare che anche il fallimento rientra, al pari del concordato, fra le procedure concorsuali volte alla tutela dei creditori, sia perché, stante i l disposto dell’art. 63 d.lgs. n. 159/2011, pacificamente applicabile, la sospensione del concordato, anziché la sua revoca, avrebbe maggiormente tutelato le esigenze di conservazione aziendale perseguite dai custodi giudiziari.
Tanto premesso, lamenta che la corte d’appello abbia respinto la prima delle due censure articolate nel motivo limitandosi, tautologicamente, a ribadire le argomentazioni del tribunale e la seconda affermando, con considerazione priva di qualsivoglia attinenza alla contestazione svolta, la – mai posta in discussione- piena compatibilità fra il Codice antimafia di cui al d. lgs. 159/2011 cit. e la legge fallimentare,.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ulteriore violazione degli artt. 111 Cost., 132 n.4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. per contraddittorietà, apparenza, incomprensibilità della motivazione del capo della sentenza
impugnata che ha rigettato il secondo motivo di reclamo, col quale essa aveva censurato la prima decisione per essere il tribunale incorso in un vizio di omessa pronuncia -o comunque di motivazione- laddove aveva posto a fondamento della revoca del concordato il rilievo dell’avvenuta decorrenza dei termini, di natura perentoria, assegnati per il deposito del piano concordatario e della relativa documentazione, per il deposito delle relazioni informative periodiche e per il versamento della somma di cui all’art. 163 n. 4 l.fall., senza esaminare la sua richiesta di rimessione in termini.
A ssume che la corte d’appello avrebbe respinto il motivo limitandosi ad affermare la prevalenza delle esigenze penalistiche su quelle privatistiche poste a tutela della par condicio creditorum e dunque con argomentazioni del tutto prive di attinenza alle censure sollevate.
4. Col quarto mezzo, che denuncia violazione degli artt. 63 comma 4 d.lgs. n. 159 del 2011 e 13 l. n. 155 del 2017, RAGIONE_SOCIALE assume che la corte d’appello non ha fatto corretta applicazione della disciplina vigente in materia di sequestro preventivo, con specifico riferimento alla necessaria prevalenza di tale misura (e della sottesa disciplina) rispetto alla gestione (e prosecuzione) della procedura concorsuale. A suo dire il concordato non avrebbe potuto essere revocato, né in suo luogo avrebbe potuto essere dichiarato il fallimento , stante l’ontologica incompatibilità della procedura fallimentare con le finalità conservative affidate ai custodi giudiziari: piuttosto, in pendenza del sequestro, la gestione dell’intera ‘massa attiva’ avrebbe dovuto essere necessariamente devoluta al giudice penale, chiamato a dirigere il procedimento avvalendosi , per l’appunto, dei custodi giudiziari nominati.
5. Col quinto motivo, che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 161, 162, 163 e 173 l. fall., la ricorrente, dopo aver ribadito che la corte d’appello ha rigettato il secondo motivo di reclamo senza una valida motivazione, sostiene che essa non era incorsa in decadenza dal deposito ” con cadenza mensile,.., una relazione avente ad oggetto la gestione, anche finanziaria, dell’impresa e l’attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano “, in quanto l’istanza del 16 febbraio 2017 depositata presso il Tribunale di Paola conteneva -indipendentemente
dal nomen iuris attribuitole -una vera e propria relazione informativa sulle sue condizioni finanziarie e patrimoniali; deduce, inoltre, l’erroneità della pronuncia in quanto non ricorreva alcuno dei presupposti previsti dall’art. 173 l. fall. per la revoca del concordato.
Col sesto mezzo, che denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 153, comma 2, c.p.c. e 161, comma 6, l. fall., RAGIONE_SOCIALE lamenta che la corte territoriale, pur avendo dato atto che il tribunale aveva omesso di esaminare l’esplicita sua richiesta di rimessione in termini, abbia rigettato il secondo motivo di reclamo senza considerare: i) che con l’istanza del 17.2.2017 essa aveva in primo luogo richiesto la sospensione della procedura concordataria fino alla cessazione dell’oggettiva impossibilità per il suo legale rappresentante (attinto da misura detentiva dal 19.1.2017) di assumere qualsivoglia determinazione; ii) che l’ istanza, depositata quando ancora non era scaduto alcun termine, avrebbe dovuto essere intesa quale richiesta di proroga del termine di cui all’art. 161, comma 6, l. fall. concessole per il deposito del piano di concordato e per gli altri adempimenti necessari.
I motivi dal secondo al sesto investono tutti la statuizione di revoca del concordato.
7.1. Stante il principio della ragione più liquida, è opportuno muovere dall’esame del terzo , del quinto e del sesto motivo, alla cui palese infondatezza/inammissibilità c onsegue anche l’inammissibilità degli altri due mezzi.
7.2. La corte d’appello ha certamente motivato in ordine al rigetto del secondo motivo di reclamo proposto dall ‘odierna ricorrente, là dove, dopo aver affermato che il tribunale aveva posto a fondamento della pronuncia di revoca la decorrenza dei termini previsti (non solo) per il deposito della somma richiesta a titolo di acconto spese, (ma anche) per il deposito del piano concordatario e della relativa documentazione e per il deposito delle relazioni informative, ha rilevato che la richiesta di rimessione in termini della debitrice doveva ritenersi ‘logicamente superata’ ( id est : implicitamente respinta) dal rilievo del primo giudice circa la prevalenza dell’esigenza di inibire il reimpiego del profitto dell’impresa per finalità illecite rispetto a lle
esigenze meramente privatistiche poste a difesa della par condicio creditorum .
7.2.1.Ciò precisato, è superfluo stabilire se la ragione per la quale il tribunale non aveva espressamente pronunciato sulla richiesta di rimessione in termini fosse, o meno, quella individuata dalla corte del merito. Quel che conta, invece, è che è del tutto corretta l’affermazione della medesima corte dell’insussistenza del vizio di omessa pronuncia denunciato dall’allora reclamante, essendo evidente che, nel ‘ revocare il concordato’ (o, più precisamente, nel dichiarare revocata l’ammissione di COGNOME RAGIONE_SOCIALE alla procedura di pre-concordato, con riserva di produzione del piano e della proposta , di cui all’art. 161 comma 6 l. fall.) per scadenza dei termini assegnati, il primo giudice ha implicitamente rigettato l’istanza ex art. 153, 2° comma c.p.c. avanzata dalla società.
7.2.2. Non risulta, peraltro, che l’istanza fosse stata reiterata col ricorso ex art. 18 l. fall., sicché non è dato comprendere quale fosse l’interesse d ella società a dolersi all’epoca (col reclamo) della pretesa, omessa pronuncia sul punto del tribunale ed oggi (col ricorso per cassazione) dell’altrettanto preteso, ma insussistente, vizio di motivazione apparente, sul medesimo punto, della sentenza impugnata.
7.3. Palese è poi l’inammissibilità del quinto motivo, che veicola censure che non risultano essere state proposte col reclamo, nonché del sesto motivo che, nella sua prima parte, lamenta, in via del tutto generica, ‘l’omessa considerazione’ della richiesta di sospensione della procedura di concordato, che il giudice del reclamo ha invece preso in esame e respinto, osservando che ‘ le disposizioni della legge fallimentare non prevedono l’ipotesi della sospensione in presenza di un provvedimento di sequestro ex art. 321 c.p.c .’ (può qui aggiungersi che in realtà la legge non contempla alcuna ipotesi di sospensione del concordato), mentre nella seconda parte propone in sede di legittimità, come già fatto col quinto mezzo, una questione interpretativa d ell’istanza di sospensione e di rimessione in termini che non è stata sottoposta alla cognizione della corte del merito.
7.4.I motivi sin qui esaminati e respinti erano gli unici volti, sia pur latamente, a contestare una delle due rationes decidendi (quella concernente la
decadenza di RAGIONE_SOCIALE dai termini perentori che le erano stati concessi per la presentazione delle relazioni informative, del piano e della proposta) sulle quali si fondava la pronuncia di revoca dell’ammissione della società alla procedura di pre-concordato.
7.5. Ne deriva, come si è anticipato, l’inammissibilità del secondo e del quarto motivo (che investono l’altra ratio decidendi , circa la prevalenza delle ragioni pubblicistiche volte a inibire il reimpiego del profitto dell’impresa per finalità illecite, rispetto alle esigenze meramente privatistiche poste a difesa della par condicio creditorum ), stante il difetto di interesse della ricorrente a vederle esaminare, in quanto la loro eventuale fondatezza non comporterebbe l’annullamento, in parte qua , della sentenza impugnata, che resterebbe comunque sorretta dall’altra ratio .
Col settimo motivo RAGIONE_SOCIALE denuncia l’ omesso esame del fatto, decisivo per l’accoglimento del secondo motivo di reclamo, costituito dalla condizione di detenzione del suo legale rappresentante, a partire dal 19 gennaio 2017, e dal contestuale sequestro delle quote societarie e di tutti i beni sociali.
8.1 Il motivo è inammissibile, in primo luogo in quanto non chiarisce perché la condizione di detenzione dell’amministratore sociale gli avrebbe impedito di ‘assumere qualsivoglia determinazione’ e, in particolare, di delegare a persone di sua fiducia la redazione dei reports mensili, del piano e della proposta, o di nominare l’attestatore; in secondo luogo perché, come riconosciuto dalla stessa ricorrente, il fatto asseritamente decisivo avrebbe inciso solo su uno dei motivi di reclamo, ma non sugli altri, pure respinti dalla corte territoriale.
Con l’ottavo e il nono motivo di doglianza la ricorrente contesta, infine, l’accertamento del proprio stato di insolvenza. In particolare, con l’ottavo, deduce la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia su sue domande ed eccezioni, per violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato e per violazione del principio del contraddittorio, mentre col nono denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 15, 16, 18 l. fall.
9. 1. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono entrambi inammissibili: l’ottavo per difetto assoluto di specificità, in quanto si limita a contestare genericamente, senza richiamare il preciso contenuto del terzo motivo di reclamo, l’accertamento della corte d’appello in ordine alla mancanza di una specifica censura concernente le valutazioni del tribunale (peraltro svolte ad abundantiam ) su alcune voci del bilancio 2015 di RAGIONE_SOCIALE; il nono perché, attraverso la richiesta di una rilettura degli atti istruttori, pretende una rivisitazione della decisione assunta nel merito dalla corte distrettuale, come noto non sindacabile nella presente sede di legittimità se non nei ristretti limiti di cui all’art. 360, 1° comma, n. 5 c.p.c. Ne discende il complessivo rigetto del ricorso.
Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa delle parti intimate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 12.12.2023