Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25117 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25117 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16086-2021 proposto da:
COGNOME, COGNOME, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME domiciliat i ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica dei propri difensori come in atti, rappresentati e difesi dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME, il primo anche in proprio e tutti quali eredi NOME COGNOME domiciliati ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica d ei propri difensori come in atti, rappresentati e difesi dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
Oggetto
LOCAZIONE USO DIVERSO
Retratto agrario Pronuncia cassatoria Giudizio di rinvio Vincoli
R.G.N. 16086/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 17/4/2025
Adunanza camerale
-controricorrenti e ricorrenti incidentali –
COGNOME, COGNOME, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME domiciliat i ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica dei propri difensori come in atti, rappresentati e difesi dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrenti al ricorso incidentale –
Avverso la sentenza n. 446/2021 d ella Corte d’appello di Genova, depositata in data 20/04/2021;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 17/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME e NOME COGNOME nella loro qualità di ex soci della disciolta società RAGIONE_SOCIALE ricorrono, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 446/21, del 20 aprile 2021, della Corte d’appello di Genova, che -nel pronunciarsi quale giudice del rinvio a seguito dell’ordinanza di questa Corte del 31 maggio 2018, n. 13787 -ha così provveduto. Essa, in parziale riforma della sentenza n. 783/09 del Tribunale di Chiavari, ha dichiarato che spettava ad NOME Martini il diritto al retratto agrario sul bene immobile individuato al foglio 23, mappale 546, del Nuovo Catasto Terreni del Comune di Rapallo, bene del quale aveva, pertanto, il diritto di divenire proprietaria a far data dal 10 febbraio 2005, ordinando, per l’effetto, ai suoi eredi NOME, NOME e NOME COGNOME -il pagamento del prezzo di € 4.682,17 alla società RAGIONE_SOCIALE entro il termine di tre mesi dalla pronuncia della sentenza.
2. Riferiscono, in punto di fatto, gli odierni ricorrenti che la predetta società ebbe ad acquistare, il 10 febbraio 2005, un compendio immobiliare sito in Rapallo, costituito da terreni e fabbricati e, precisamente, dagli immobili contrassegnati come mappali 111, 112, 161, 162, 218, 219 e 546 del NCT del predetto Comune. Scopo dell’acquisto era quello di procedere alla ristrutturazione di alcuni fabbricati abitativi, sulla base di progetti che i venditori, già prima della stipulazione del contratto, avevano presentato al Comune di Rapallo unitamente alla denuncia di inizio di attività, ai sensi dell’art. 22 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, progetti in relazione ai quali erano già intervenuti sia le relative autorizzazioni che il parere favorevole della Commissione Edilizia integrata, oltre che il permesso di costruire. Senonché, NOME COGNOME -comproprietaria, con il marito NOME COGNOME, di un terreno contraddistinto come mappale n. 547, confinante con il 546 (rientrante nel suddetto compendio immobiliare) -conveniva in giudizio la società acquirente, assumendo di non aver avuto rituale ‘ denuntiatio ‘, e dunque agendo per esercitare il diritto di retratto ai sensi del combinato disposto degli artt. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817 e 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, e ciò in relazione a tutti i beni oggetto del già menzionato contratto di compravendita del 10 febbraio 2005.
Costituitasi in giudizio, la società convenuta, oltre a resistere alla domanda -sostenendo, tra l’altro, che NOME COGNOME non era mai stata coltivatrice diretta (svolgendo il lavoro di bidella presso un istituto scolastico) e che il mappale 547 consisteva nel piccolo giardino, di appena 130 mq., dell’abitazione coniugale chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa NOME e NOME COGNOME avanzando nei loro confronti domanda risarcitoria, avendo costoro ingannevolmente garantito la società acquirente che non era intenzione dei proprietari dell’immobile confinante esercitare il diritto di prelazione.
Istruita la causa dall’adito Tribunale chiavarese anche attraverso lo svolgimento di consulenza tecnica d’ufficio, l’esito del primo grado di giudizio consisteva nell’integrale accoglimento della domanda di retratto, ordinandosi all’attrice il versamento della somma di € 4.682,17 a titolo di prezzo di acquisto dell’intero compendio immobiliare, sebbene tale somma -secondo l’espletata consulenza corrispondesse al valore del solo terreno contrassegnato come mappale 546, vale a dire quello confinante con l ‘immobile di (com)proprietà d i NOME COGNOME, il valore complessivo del compendio essendo stato stimato, invece, in € 90.916,00.
Esperito gravame dalla convenuta soccombente, il giudice d’appello lo rigettava, confermando così integralmente la decisione resa in prime cure, con pronuncia, però, cassata da questa Corte, la quale accoglieva parzialmente il ricorso esperito dalla società RAGIONE_SOCIALE Per l’esattezza, questo giudice di legittimità, mentre riteneva inammissibili le censure relative alla ‘qualità dell’attrice di proprietaria e coltivatrice diretta di fondo agricolo contiguo a quelli oggetto della domanda di risc atto’, ravvisava un vizio di motivazione quanto alla ‘esatta individuazione dei terreni in concreto assoggettabili al riscatto e dei relativi requisiti oggettivi di contiguità con il fondo dell’attrice, estensione, destinazione d ‘uso e prezzo’.
In particolare, si ravvisava una ‘palese e insanabile contraddittorietà logica’.
Difatti, la sentenza allora impugnata per cassazione, mentre affermava ‘possibile l’esercizio parziale della prelazione’, sembrando fare ‘riferimento al riscatto della sola particella catastale n. 546’ (avendo , in effetti, ‘espressamente precisato che lo scorporo di tale particella non determinerebbe conseguenze pregiudizievoli per l’autonomia degli altri appezzamenti’, nonché avendo esclusivamente considerato la stessa ‘nella valutazione
dei requisiti oggettivi richiesti ai fini del riscatto dei fondi alienati in violazione del diritto di prelazione’, e ciò ‘a dirsi sia con riguardo alla contiguità dei terreni oggetto di riscatto con il fondo dell’attrice, sia con riguardo all’estensione d egli stessi, anche in relazione alla forza lavoro della famiglia della medesima attrice, sia con riguardo alla loro natura agricola ed alla loro destinazione d’uso, sia infine addirittura con riguardo al prezzo di riscatto’), aveva ‘però dichiarato il risc atto in relazione a tutte le sette particelle alienate, e non solo in relazione alla particella n. 546, per di più con fissazione del prezzo di riscatto calcolato esclusivamente in relazione a quest’ultima, senza alcuna spiegazione’.
Riassunto il giudizio innanzi al giudice del rinvio dagli eredi di NOME COGNOME, la Corte territoriale riconosceva il diritto potestativo della stessa -e, per essa, ormai, di NOME, NOME e NOME COGNOME -ad acquistare il solo mappale n. 546 (l’unico confinante con quello di comproprietà della già attrice), per il prez zo di € 4.682,17.
Avverso la sentenza della Corte ligure hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME sulla base -come detto -di quattro motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. con conseguente nullità della sentenza.
Sul presupposto che la domanda di retratto agrario, contenuta nel l’atto di citazione, abbia natura negoziale, e ciò perché ‘la dichiarazione di riscatto, in quanto esercizio di un diritto potestativo con effetti immediati, produce la sostituzione del riscattante nella medesima posizione dell’acquirente originario con effetti ex tunc ‘, i ricorrenti evidenziano che ‘il riscattante non
può -in un secondo momento -modificare il contenuto dell’originaria dichiarazione, atteso che tale immutazione integra, in pratica, nuova dichiarazione di riscatto, inammissibile se resa oltre i termini tassativi indicati dall’art. 8, comma 5, della legg e 26 maggio 1965, n. 590′; di conseguenza, e ‘a maggior ragione la circostanza è preclusa al giudice del merito, stante l’inderogabile precetto di cui all’art. 112 cod. proc. civ.’.
Nel caso in esame, dunque, non avendo la Martini proposto, neppure in via di subordine, domanda di riscatto in relazione al solo mappale n. 546, bensì all’intero compendio immobiliare, il giudice del rinvio sarebbe incorso nel vizio di ultrapetizione.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -errata applicazione dell’art. 8 della legge n. 590 del 1965 e dell’art. 7 della legge n. 817 del 1971, oltre a violazione dell’art. 2697 cod. civ.
Assumono i ricorrenti che il retratto agrario è attribuito al proprietario che sia coltivatore diretto del terreno confinante a quello offerto in vendita (e non di un qualsiasi altro terreno), richiedendosi, dunque, che entrambi i terreni contigui abbiano natura agricola. In altri termini, ‘non è sufficiente ai fini del diritto la qualità di coltivatore diretto acquisita per attività agricola svolta altrove in quanto la prelazione non è garantita ai coltivatori diretti in genere, ma unicamente a quelli di loro che si trovino in particolare rapporto con il fondo confinante posto in vendita in quanto l’intento perseguito dal Legislatore è favorire l’ampliamento della impresa coltivatrice finitima’.
Nel caso di specie, il giudice del rinvio ‘ha accolto la domanda attrice facendo riferimento al contenuto della perizia effettuata nel giudizio di primo grado, ma dalla perizia risulta semplicemente che la signora COGNOME era coltivatrice diretta di tre o quattro appezzamenti di terreno in altro Comune (Santa Margherita
Ligure) mentre in Rapallo coltivava solo terreni di proprietà del marito dei quali non era comproprietaria e per di più molti distanti da quelli oggetto della compravendita e con loro non confinanti’. D’altra parte, la medesima consulenza, ‘pur valutando i requisiti soggettivi della signora COGNOME in relazione a tutti i terreni del marito, anche siti in altri Comuni, ha conclusivamente affermato che l’attività di coltivazione svolta’ -evidenziano i ricorrenti -‘è a carattere poco più che amatoriale ‘, come testimoniato dallo ‘scarso fabbisogno aziendale di giornate lavorative’.
3.3. Il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -motivazione meramente apparente e quindi inesistente, in relazione alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 8 della legge n. 590 del 1965 e dell’art. 7 della legge n. 817 del 1971, con riferimento all’art. 132 cod. proc. civ.
Evidenziano i ricorrenti che nella sentenza impugnata si afferma che il mappale 546 è l’unico confinante con la proprietà di NOME COGNOME e che la consulenza tecnica aveva considerato ‘esclusivamente tale mappale in relazione ai requisiti oggettivi richiesti per la ammissibilità del riscatto’, sottolineando come lo stesso sia ‘adibito ad uliveto’; tuttavia, ‘in nessun punto della se ntenza si parla della destinazione d’uso del mappale 547, allorquando presupposto per l’accoglimento della domanda era che anche il fondo mapp. 547 avesse concreta destinazione agricola e non fosse invece un semplice giardino con colture destinate al mero consumo familiare’.
Nel caso di specie, quindi, ‘la Corte territoriale non spende neppure una parola in relazione al fondo coltivato dall ‘ attrice nonostante che, sulla base della perizia alla quale fa generico riferimento, il fondo stesso avesse necessità di una attività lavorativa di giorni 1,6 annui, avesse una superficie di soli 130
mq. e nella stessa perizia fosse stato indicato che l’attività della signora COGNOME, anche considerando tutti gli altri terreni, che peraltro neppure avrebbero dovuto essere considerati, era poco più che amatoriale e destinata all’autoconsumo’.
Sulla natura agricola del fondo 547, quindi, la motivazione deve ritenersi inesistente.
3.4. Il quarto motivo denuncia -ai sensi, rispettivamente, dei nn. 5) e 3) del comma 1 dell’art. 360 cod. proc. civ. omesso esame di fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti e omessa applicazione del comma 2 dell’art. 8 della legge 590 del 1965.
Sebbene la sentenza impugnata affermi che, al fine di verificare la natura agricola o meno del mappale n. 546, doveva aversi riguardo alla sua destinazione d’uso al momento dell’esercizio del diritto di riscatto (ovvero, il 12 giugno 2005), essa avrebbe, erroneamente, negato rilievo ai permessi a costruire, perché risalenti, rispettivamente, al 2 e al 22 novembre 2005, evidenziando, altresì, che il C.T.U. aveva affermato che nel 2009 il terreno era destinato ad uliveto.
Si tratterebbe, però, di ‘elementi del tutto incongrui’, che ‘la Corte di Cassazione aveva già, con la sua ordinanza, ritenuto di nessuna consistenza’.
Inoltre, la decisione sarebbe ‘anche errata in diritto, posto che la giurisprudenza è assolutamente costante nell’affermare che ai fini di accertare la destinazione edilizia di un fondo non rileva la concessione che abiliti a costruire e che ai fini della esclusione del diritto di prelazione è sufficiente che il terreno sia destinato ad utilizzazione edilizia sulla base di uno strumento di pianificazione urbanistica ancora non approvato o in corso di elaborazione’.
La sentenza impugnata, dunque, sarebbe errata, perché:
ha fatto riferimento non agli strumenti urbanistici, bensì a due permessi di costruire, che, peraltro, sono rilasciati in sanatoria per opere già regolarmente eseguite, ma in difformità;
ha attribuito rilievo alla data dei permessi di costruire che è, invece, ininfluente;
ha affermato che il C.T.U. nel 2009 (a ben quattro anni di distanza dal 2005) ha valutato il fondo riferendosi al valore dominicale del terreno ‘neppure individuando la esistenza di fabbricati’, allorquando l’unica fotografia del mapp. 546 del foglio 23 contenuta nella perizia è la fotografia n. 3 nella quale è raffigurato il fabbricato del quale il mapp. 546 costituisce il giardino pertinenziale.
Hanno resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, NOME, NOME e NOME COGNOME chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata, nonché svolgendo ricorso incidentale sulla base di due motivi, il secondo dei quali da intendersi oggetto di impugnazione ‘condizionata’.
4.1. Con il primo motivo essi denunciano -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in ordine all’applicazione dell’articolo unico della legge 8 gennaio 1979, n. 2, in punto termine di pagamento del prezzo, lamentando che la sentenza impugnata abbia fatto decorrere tale termine dalla pronuncia da essa adottata, e non dal suo passaggio in giudicato, come prescritto dalla norma suddetta.
4.2. Con il secondo motivo, proposto in via incidentale condizionata, essi denunciano -ex art. 360, comma 1, nn. 3), 4) e 5), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ., dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 8
della l. n. 590 del 1965, dell’art. 7 della l. n. 817 del 1971, nonché omesso esame del fatto decisivo e controverso, oltre a violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e a contraddittorietà ed illogicità della motivazione.
Si censura la sentenza impugnata là dove afferma che il consulente tecnico d’ufficio, nella propria relazione peritale, ha evidenziato ‘che il valore di tutti i terreni acquistati dalla società convenuta con atto Guglielmoni del 21 marzo 2005 era di € 90.9 16,00 ma che l’unico appezzamento di terreno in relazione al quale sussisteva il diritto dell’attrice di esercitare la prelazione era il mappale 546 il valore del quale, determinato in rapporto a tutti i terreni oggetto della compravendita, era di € 4.682,17’, soggiungendo essere ‘pacifica la circostanza che il mappale 546 sia l’unico confinante con la proprietà della de cuius Martini’ e che ‘lo scorporo di tale particella non determinerebbe conseguenze pregiudizievoli per l’autonomia degli altri appezzamenti (già statuita dalla Corte d’Appello)’, ciò che ‘consente all’evidenza l’accoglimento della domanda con riferimento allo stesso’.
Osservano, però, i ricorrenti che questa Corte rimetteva gli atti a quella genovese al fine di accertare ‘l’esatta individuazione dei terreni in concreto assoggettabili al riscatto e dei relativi requisiti oggettivi di contiguità con il fondo oggetto dell’ attrice, estensione, destinazione d’uso e prezzo’.
Il giudice del rinvio, dunque, avrebbe dovuto motivare, come richiesto dalla Suprema Corte nell’ordinanza di rinvio, ‘se era possibile la prelazione su tutti gli altri terreni oggetto di domanda in quanto, come si è detto, i signori COGNOME non hanno mai rinunciato alla domanda proposta in atto di citazione in primo grado’.
Tale accertamento sarebbe stato, vieppiù, necessario, ove si consideri che, ai fini della prelazione e retratto agrari, ‘per «fondo» deve intendersi un’estensione che abbia una propria
autonomia colturale e produttiva’, sicché secondo quanto affermato da questa Corte -‘potendo nel relativo concetto farsi rientrare tanto un’unità poderale (costituita da un complesso unitario di terreni non suscettibili singolarmente di autonoma coltivazione), quanto un singolo terreno (anche di piccole dimensioni, che, rispetto ai terreni circostanti, sia distinto ed autonomo per caratteristiche della sua coltivazione e produttività), nel caso di vendita di un complesso di terreni attigui tra loro e confinanti solo in parte con un fondo appartenente a coltivatore diretto, per stabilire se il diritto di prelazione debba essere esercitato in relazione a tutti i terreni oggetto della vendita, ovvero soltanto a quelli a confine con la proprietà dell’avente d iritto alla prelazione, devesi accertare se quelli costituiscono un’unità poderale (nell’ambito della quale ogni terreno sia privo di propria autonomia coltivatrice), oppure un insieme di porzioni distinte e indipendenti l’una dall’altra per caratteristich e ed esigenze colturali e produttive’, in tale seconda ipotesi, la prelazione potendo ‘esercitarsi con esclusivo riferimento a quelle porzioni confinanti con il fondo del coltivatore diretto’ (è citata Cass. Sez. 3, ord. 21 febbraio 2020, n. 4685).
I ricorrenti principali hanno resistito, con controricorso, all’impugnazione incidentale.
La trattazione dei ricorsi è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Entrambe le parti private hanno depositato memoria
Non consta, invece, la presentazione di requisitoria scritta da parte del Procuratore Generale presso questa Corte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale è da rigettare, diversamente da quello incidentale, da accogliere nei limiti di seguito meglio precisati.
9.1. Il primo motivo del ricorso principale non è fondato.
9.1.1. Nello scrutinarlo, deve premettersi che questa Corte ha, effettivamente, affermato in più occasioni che, ‘una volta esercitato, con l’atto introduttivo del giudizio, il diritto di riscatto di cui all’art. 8 della l. n. 590 del 1965, questo non è più suscettibile, in prosieguo, di variazioni di sorta, né con riguardo all’estensione del terreno, né con riferim ento al prezzo offerto, essendo preclusa alla parte non soltanto una vera e propria « mutatio libelli », ma anche la mera « emendatio », poiché tali nozioni, proprie del processo, non sono trasferibili alle dichiarazioni negoziali’, sicché siffatta possibilità ‘è a « a fortiori » preclusa, stante il principio posto dall’art. 112 cod. proc. civ., al giudice, a meno che dall’interpretazione della domanda non emerga che questa abbia non solo ad oggetto il riscatto di una determinata e puntualmente descritta porzione di terreno, ma c ontenga anche una pretesa subordinata’ (così, da ultimo, Cass. Sez. 2, ord. 25 agosto 2023, n. 25285, Rv. 668487-01; Cass. Sez. 3, sent. 23 agosto 2011, n. 17495, Rv. 619076-01; Cass. Sez. 3, sent. 22 gennaio 2004, n. 1103, Rv. 569587-01).
Si tratta, tuttavia, di principio enunciato con riferimento al diritto di retratto esercitato dal coltivatore diretto sul fondo oggetto di alienazione a terzi, sicché questo Collegio, nel caso che occupa, dovrebbe stabilire se esso possa valere, identicamente, per il retratto del confinante. Conclusione, questa, che potrebbe giustificarsi in quanto il retratto esercitato dal confinante non si configura come ‘un nuovo, distinto, diritto subordinato a altre
condizioni’, essendo, invece, quello già previsto ‘con riguardo all’affittuario, al mezzadro al colono e al compartecipante’ (in tal senso Cass. Sez. 3, sent. 29 novembre 2005, n. 26046, Rv. 584836-01; in senso conforme, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 29 gennaio 2013, n. 2092, Rv. 625000-01).
Nondimeno, all’accoglimento del presente motivo di ricorso osta la constatazione che l’applicazione della giurisprudenza richiamata in ricorso è preclusa da quanto stabilito nella decisione dispositiva del rinvio, come correttamente sostiene la parte controricorrente.
Infatti, la pronuncia rescindente adottata da questa Corte demandava al giudice del rinvio il compito di rivalutare la fattispecie , ‘ tenendo conto dell ‘ effettivo oggetto della domanda di riscatto ‘, devolvendogli, in particolare, l’incombenza di ‘ precisare se quest ‘ ultimo è effettivamente possibile in relazione a tutte le particelle catastali indicate dall ‘ attrice ovvero solo in relazione ad una o ad alcune di esse, previa corretta valutazione di tutti i requisiti oggettivi relativi ai fondi da riscattare (con particolare riguardo alla contiguità con il fondo dell’attrice, alla loro estensione, in rapporto alla forza lavoro della famiglia dell ‘ attrice, ed alla loro natura e destinazione d ‘ uso) e con eventuale proporzionale determinazione del relativo prezzo ‘ .
In sostanza, la decisione di questa Corte dispositiva del rinvio si è concretata nell’avallo della pregressa modificazione in senso riduttivo della domanda, con conseguente formazione di una preclusione nel giudizio di rinvio, che non avrebbe consentito al giudice del rinvio e non consente ora in questa sede di dare rilievo all’orientamento giurisprudenziale che sopra si è evocato.
In forza della decisione di questa Corte, pertanto, risultava possibile per il giudice del rinvio -come correttamente osservano i controricorrenti -limitare l’accoglimento della domanda ai soli terrenti rispondenti ai requisiti di legge, ciò che per definizione
esclude la sussistenza della denunciata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
9.2. I motivi secondo e terzo del ricorso principale -che sono suscettibili di scrutinio congiunto, data la loro connessione, giacché diretti a contestare che NOME COGNOME coltivasse proprio il fondo (mappale 547) confinante con quello oggetto di retratto e che esso avesse le caratteristiche per essere ritenuto agricolo -sono inammissibili.
9.2.1. Entrambe tali questioni, infatti, risultano ‘chiuse’ da quanto affermato nell’ordinanza rescindente di questa Corte. Nella stessa, infatti, si legge che, per ‘quanto attiene allo svolgimento da parte dell ‘attrice Martini dell’attività di coltivazione diretta del proprio fondo (e cioè della particella catastale n. 547), la motivazione della sentenza impugnata risulta, in diritto, del tutto conforme ai principi enunciati da questa Corte’, oltre che ‘fondata su una corretta e adeguata v alutazione dei fatti storici emersi dall’istruttoria’, soggiungendosi che ‘i relativi accertamenti implicano necessariamente anche la natura agricola del fondo coltivato dall’attrice’, su tali basi, dunque, concludendosi nel senso le censure proposte ‘ illo tempore ‘ della società ricorrente ‘si risolvono in una richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, non consentita in sede di legittimità’ .
Tali considerazioni, pertanto, non possono che essere reiterate con riferimento alla sentenza oggi impugnata.
9.3. Infine, anche il quarto motivo del ricorso principale è inammissibile.
9.3.1. Invero, il ‘fatto’ che la Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare (la destinazione asseritamente non agricola del mappale oggetto del retratto) è stato, invece, vagliato dal giudice del rinvio, che l’ha però escluso, risolvendosi, pertanto, la censura nella denuncia dell’omesso esame, al più, di elementi istruttori.
Di qui, pertanto, la necessità di dare seguito al principio secondo cui ‘l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie’ (cfr. da ultimo, Cass. Sez. 2, ord. 20 giugno 2024, n. 17005, Rv. 671706-01, nonché Cass. Sez. 6-Lav., ord. 8 novembre 2019, n. 28887, Rv. 655596-01; Cass. Sez. 2, ord. 29 ottobre 2018, n. 27415, Rv. 651028-01; Cass. Sez. 6-Lav., ord. 10 febbraio 2015, n. 2498, Rv. 63453101; Cass. Sez. 6-Lav., ord. 1° luglio 2015, n. 13448, Rv. 63585301 e Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 62983001).
Quanto, invece, al ricorso incidentale, il suo primo motivo è fondato.
10.1. Difatti, ai sensi dell’articolo unico legge 8 gennaio 1979, n. 2, il termine trimestrale -entro il quale il retraente che abbia vittoriosamente esperito il suo diritto è tenuto a pagare il prezzo di acquisto del bene oggetto di retratto -decorre solo dal passaggio in giudicato della sentenza che abbia, appunto, accolto la domanda di retratto.
10.2. Il secondo motivo -proposto in via incidentale condizionata -resta assorbito dal rigetto del ricorso principale.
In conclusione, il ricorso principale va rigettato, mentre va accolto il primo motivo del ricorso incidentale, con assorbimento del secondo.
Non essendo necessari accertamenti di fatto, sussistono le condizioni perché questa Corte possa decidere nel merito, ex art. 384, comma 2, ultima parte, cod. proc. civ.; di conseguenza, il ‘ dies a quo ‘ del termine per il pagamento del prezzo di acquisto dell’immobile oggetto di retratto va fissato in tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che ha accolto la domanda di retratto.
La cassazione, sebbene solo ‘ in parte qua ‘, della sentenza impugnata comporta la necessità di liquidare ‘ ex novo ‘ le spese anche dei gradi di merito del presente giudizio, nei termini di seguito indicati e secondo il principio della soccombenza, avuto riguardo all’esito complessivo della lite , e non a quello delle sue singole fasi.
Questa Corte, pertanto, condanna NOME COGNOME e NOME COGNOME a rifondere a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME:
-le spese del primo grado di giudizio, liquidandole in € 3.000,00 per compensi, nonché € 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% più accessori di legge;
-le spese del primo giudizio d’appello, liquidandole in € 3.200,00 per compensi, nonché € 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% più accessori di legge;
-le spese del secondo giudizio d’appello, liquidandole in € 3.200,00 per compensi, nonché € 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% più accessori di legge.
Quanto alle spese dei giudizi innanzi a questa Corte, esse seguono, del pari, la soccombenza, donde la condanna di NOME COGNOME e NOME COGNOME a rifondere, a NOME COGNOME, NOME
COGNOME e NOME COGNOME, le spese di ciascuno dei giudizi di legittimità, liquidandole, per ciascuno di essi, in € 4.000,00 per compensi, nonché € 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% più accessori di legge.
Questa Corte, inoltre, dispone che tutte le spese di lite -di merito come di legittimità – siano compensate tra le parti nella misura del 50%, ricorrendo giusto motivo, a norma del testo originario dell’art. 92, comma 1, cod. proc. civ., applicabile ‘ ratione temporis ‘ al presente giudizio, risalendo l’atto introduttivo del giudizio di primo grado al 7 giugno 2005.
Il giusto motivo, infatti, va ravvisato nell’accoglimento solo parziale della domanda proposta da NOME COGNOME (o meglio, ormai, per essa, dai suoi eredi) . Si tratta, invero, di un’ evenienza che, sebbene non integri ipotesi di soccombenza reciproca, costituisce circostanza apprezzabile, appunto, tra i giusti motivi di compensazione (si veda, al riguardo, Cass. Sez. Un., sent. 31 ottobre 2022, n. 32061, Rv. 666063-01, in particolare alla pag. 16).
13. A carico dei ricorrenti principali, stante il rigetto del ricorso, sussiste l’obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, dichiarando assorbito il secondo.
Cassa in relazione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, fissa in tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento della domanda di retratto il termine per il pagamento del prezzo di acquisto dell’immobile oggetto d el retratto stesso.
Condanna, inoltre, NOME COGNOME e NOME COGNOME a rifondere, a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME:
le spese di lite del giudizio di primo grado, liquidate, previa compensazione della metà, in € 1.500,00 per compensi, oltre € 100,00 per esborsi, e oltre le spese generali nella misura del 15% più accessori di legge;
le spese di lite per il primo giudizio d’appello, liquidate, previa compensazione della metà, i n € 1.600,00 per compensi, nonché in € 100,00) per esborsi, oltre le spese generali nella misura del 15% più accessori di legge;
le spese di lite per il secondo giudizio d’appello, liquidate, previa compensazione della metà, i n € 1.600,00 per compensi, nonché in € 100,00) per esborsi, oltre le spese generali nella misura del 15% più accessori di legge;
le spese di lite per il primo giudizio di legittimità, liquidate, previa compensazione della metà in € 2.000,00 per compensi, nonché in € 100,00 per esborsi, oltre le spese generali nella misura del 15% più accessori di legge;
le spese di lite per il presente giudizio di legittimità, liquidate, previa compensazione della metà in € 2.000,00 per compensi, nonché in € 100,00 per esborsi, oltre le spese generali nella misura del 15% più accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti principali, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della