Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6705 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6705 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° NUMERO_DOCUMENTO del ruolo generale dell’anno 2019 , proposto da
COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE), residente in Arezzo, INDIRIZZO, rappresentato e difeso in giudizio dall’AVV_NOTAIO (C.F.: CODICE_FISCALE) del Foro di Arezzo (i recapiti per la ricezione RAGIONE_SOCIALE comunicazioni sono: fax NUMERO_TELEFONO – pec: EMAIL), elettivamente domiciliato presso e nel suo studio in Arezzo, INDIRIZZO, come da mandato in calce al ricorso.
Ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE) in persona del Direttore pro-tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, C.F. 80224030587, Fax NUMERO_TELEFONO e PEC EMAIL, nei cui Uffici domiciliano in Roma, INDIRIZZO.
Intimato avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n° 1445 depositata il 13 giugno 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 .- NOME COGNOME -dopo aver svolto l’ufficio di presidente dell’RAGIONE_SOCIALE dal maggio 2007 al giugno 2012 -veniva intimato da tale RAGIONE_SOCIALE, con determinazione n° 148 del 4 aprile 2016, di restituire le indennità mensili di euro 2.497,43, percepite in base all’art. 9, comma 12bis , della legge n° 394/1991 dal giugno 2010 al dicembre 2011 (per complessivi euro 33.745,57), a seguito dell’art. 6, secondo comma, del d.l. 31 maggio 2010, n° 78, che dalla sua entrata in vigore aveva reso ‘ onorifico ‘ l ‘ufficio.
2 .- L’impugnazione della determinazione n° 148/2016, proposta dal COGNOME davanti al Tar di Firenze, si concludeva con sentenza declinatoria della giurisdizione.
Trasferito il processo davanti al Tribunale della stessa città, il COGNOME otteneva l’accoglimento della domanda di accertamento negativo della pretesa restitutoria dell’RAGIONE_SOCIALE, ma, su appello di quest’ultimo, la Corte di Firenze con la sentenza indicata in intestazione riformava la decisione e rigettava l’originaria domanda dell’ ex Presidente, compensando integralmente le spese di lite.
3 .- Per quello che qui ancora rileva, osservava la Corte che -dopo il d.l. n° 78/2010, col quale, come detto, l’ufficio di presidente dell’RAGIONE_SOCIALE era divenuto onorifico -era stato emanato il d.l. n° 216/2011, il cui art. 13, primo comma, prevedeva che ‘ Fino al 31 dicembre 2012, ai presidenti degli Enti RAGIONE_SOCIALE di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, non si applica il comma 2 dell’articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 ‘.
Tale disposizione aveva natura innovativa e non interpretativa, come riconosciuto anche da un parere del Consiglio di Stato, con la conseguenza che essa, ex art. 11 preleggi, valeva solo per il futuro.
Rimaneva così in vigore la natura onorifica dell’Ufficio di Presidente dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per il periodo compreso tra l’entrata in vigore del d.l. n° 78/2010 e quella del d.l. n° 216/2011.
Le eccezioni sollevate dal COGNOME, in via di appello incidentale o ex art. 346 cod. proc. civ. -concernenti l’irregolarità formale del parere del Consiglio di Stato e la violazione per eccesso di potere e difetto di motivazione -erano infondate, sia perché detto parere non era stato invocato come precedente giurisprudenziale, ma come autorevole interpretazione del disposto normativo, sia perché l’obbligo di motivazione della PA, ex artt. 7, 9 e 10bis della legge n° 241/1990, non si estendeva sino alla confutazione di tutte le argomentazioni fornite dall’interessato, ma è adeguatamente assolto mediante esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni sostanziali della decisione maturata.
Quanto alla irripetibilità RAGIONE_SOCIALE somme, pure invocata dal COGNOME, essa era contraddetta dal principio di obbligatorietà del recupero degli importi indebitamente pagati, enunciato sia dalla giurisprudenza amministrativa, che da quella ordinaria.
4 .- Ricorre in cassazione il COGNOME, affidando il gravame a sei motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE non ha depositato controricorso, ma solo una memoria di costituzione.
Il ricorso è stato poi assegnato per la trattazione in Adunanza RAGIONE_SOCIALEle ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
Solo il ricorrente ha depositato una memoria ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5 .- Col primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del d.l. n° 216/2011.
Esso dovrebbe essere interpretato nel senso che il dies a quo dell’esenzione prevista al primo comma del menzionato articolo (‘ Fino al 31 dicembre 2012, ai presidenti degli Enti RAGIONE_SOCIALE di cui alla
legge 6 dicembre 1991, n. 394, non si applica il comma 2 dell’articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 ‘) va identificato col 31 maggio 2010, data di entrata in vigore del d.l. n° 78/2010.
In sostanza, dato che il d.l. n° 216/2011 è stato emesso per prorogare alcuni termini, come si ricaverebbe dal titolo del d.l. stesso (‘ Proroga di termini previsti da disposizioni legislative ‘) e dalla rubrica dell’ articolo 13 (‘ Proroga di termini in materia ambientale ‘), la norma dovrebbe essere intesa come diretta a differire nel tempo, ossia fino al 31 dicembre 2012, l’entrata in vigore della norma prorogata, ossia dell’art. 6, secondo comma, del d.l. n° 78/2010, che ha introdotto il carattere ‘ onorifico ‘ dell ‘ufficio di presidente degli Enti RAGIONE_SOCIALE.
6 .- Il motivo è infondato, in quanto il testo di legge è assolutamente chiaro: esso differisce sino al 31 dicembre 2012 l’applicazione dell’art. 6, secondo comma, del d.l. n° 78/2010, ma senza prevedere un dies a quo anteriore all’entrata in vigore del d.l. n° 216/2011.
Ne deriva quanto letteralmente previsto dalla disposizione, ossia che l’art. 6, secondo comma, del d.l. n° 78/2010 non si applica a partire dall’entrata in vigore del d.l. n° 216/2011, ossia dal 29 dicembre 2011, sino al 31 dicembre 2012.
Una diversa interpretazione, al di fuori di ogni riferimento testuale, implicherebbe l’attribuzione alla norma in esame, cioè all’art. 13, primo comma, del d.l. n° 216/2011, di un effetto retroattivo, che -per contro -è escluso dall’art. 11 RAGIONE_SOCIALE preleggi, a meno che non sia la stessa legge (ma non è questo il caso) a prevederlo.
Peraltro, deve anche osservarsi che -qualora si ritenesse ambiguo il testo normativo e, dunque, suscettibile di una interpretazione secondo la ‘ mens legis ‘ (Cass., sez. III, 4 ottobre 2018, n° 24165) la relazione accompagnatoria del disegno di legge intitolato ‘ Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative ‘ (atto n°
4865 della RAGIONE_SOCIALE dei deputati) ha dedicato un passaggio esplicativo (pagina 13) anche all’art. 13, primo comma, del d.l. predetto. Si legge, infatti, in detto passaggio: ‘ Con l’articolo 13, comma 1, si prevede una misura per garantire la funzionalità degli enti RAGIONE_SOCIALE. La disposizione stabilisce che, per tutto il 2012, non si applica ai presidenti degli enti RAGIONE_SOCIALE, di cui alla legge n. 394 del 1991, l’articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2010 ‘.
Ciò dimostra che anche il legislatore, in sede di conversione in legge del d.l. n° 216/2011, è partito dal presupposto che la disapplicazione dell’art. 6, secondo comma, del d.l. n° 78/2010 non si applichi ai presidenti degli Enti RAGIONE_SOCIALE ‘ per tutto il 2012 ‘ e, dunque, non prima di tale anno.
Ne deriva che la norma introduttiva della natura onorifica dell’ufficio, art. 6, secondo comma, d.l. n° 78/2010, ha avuto effetto dal 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore di tale decreto) al 29 dicembre 2011 (data di entrata in vigore del d.l. n° 216/2011).
7 .- Col secondo mezzo il COGNOME deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 10 della legge n° 241/1990. Egli, infatti, in appello non avrebbe dedotto l’illegittimità del procedimento di formazione del parere reso dal Consiglio di Stato, ma l’illegittimità del procedimento di formazione del provvedimento dell’ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, al quale il COGNOME aveva fatto pervenire ‘ memorie ‘ contenenti rilievi su tre argomenti: la natura di lex specialis della legge n° 394/1991, la retroattività dei termini, la violazione dei principi espressi dalla sentenza n° 5314/2014 del Consiglio di Stato.
L’Avvocatura dello Stato si era espressa, su richiesta dell’RAGIONE_SOCIALE, solo sul secondo tema, pretermettendo gli altri due.
E, dato che la delibera dell’RAGIONE_SOCIALE rinviava a tale parere, il vizio di quest’ultimo si sarebbe propagato anche alla prima, a causa della violazione dell’art. 10 della legge n° 241/1990, che impone alla PA di prendere in esame le osservazioni ed i rilievi dell’interessato.
Questo profilo sarebbe stato totalmente ignorato dalla Corte territoriale.
Col terzo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 9 della legge n° 241/1990.
Il COGNOME aveva chiesto di essere sentito in base a quest’ultimo articolo, ma l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe completamente ignorato l’istanza.
Questo profilo di illegittimità della delibera dell’RAGIONE_SOCIALE sarebbe stato totalmente trascurato dalla Corte di merito, donde un’omissione di pronuncia.
8 .- I due motivi -esaminabili congiuntamente, in quanto pongono lo stesso tema -sono infondati per più ragioni.
Anzitutto, l’oggetto del presente giudizio non consiste nel verificare la legittimità della delibera dell’RAGIONE_SOCIALE con la quale si è deciso di procedere al recupero RAGIONE_SOCIALE somme pagate al COGNOME, ma di stabilire, in particolare, se l’ufficio di presidente potesse essere retribuito (in quanto non più ‘ onorifico ‘) dal 31 maggio 2010 al 31 dicembre 2012, oppure solo dal 29 dicembre 2011 al 31 dicembre 2012: quesito cui si è già data risposta al paragrafo precedente.
Così individuato l’oggetto del contendere, è evidente che i rilievi concernenti il procedimento di formazione della delibera dell’RAGIONE_SOCIALE o dei pareri del Consiglio di Stato o dell’Avvocatura di Stato non hanno qui alcun rilievo, potendolo, al più, avere davanti al giudice amministrativo (beninteso, ove, in via di mera ipotesi, rimanesse spazio per una impugnativa davanti al Tar).
Quanto, poi, alla mancata audizione del COGNOME, giova rammentare che, anche nel caso (che qui non ricorre) di applicazione di sanzioni amministrative (purché aventi natura non sostanzialmente penale), la mancata audizione dell’incolpato davanti all’autorità amministrativa non costituisce motivo di illegittimità della delibera sanzionatoria, laddove il sanzionato possa proporre davanti all’autorità giudiziaria, in sede di impugnazione od opposizione, tutte le sue difese.
Più in generale, osserva il Collegio che il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento non è nemmeno annullabile, ove abbia -come nella presente fattispecie -natura vincolata (art. 21octies della legge 241/1990).
A maggior ragione l’omessa audizione del COGNOME non spiega rilievo nella presente fattispecie, nella quale si discute non di una sanzione amministrativa, ma solo della restituzione RAGIONE_SOCIALE somme percepite dal ricorrente, in ordine alla quale il ricorrente ha avuto modo di esplicare tutte le sue difese sia in sede di merito, che di legittimità.
9 .- Col quarto mezzo il COGNOME lamenta, ancora, un’omissione di pronuncia e la violazione dell’art. 15 RAGIONE_SOCIALE preleggi.
La Corte di merito non avrebbe considerato che la legge n° 394/1991 è una legge speciale, che, dunque, non poteva essere derogata dal d.l. n° 78/2010, in quanto lex generalis , come si desumerebbe dalla generica formulazione dell’art. 6, secondo comma.
10 .- Il motivo è infondato, per la dirimente ragione che la mancata considerazione di una argomentazione giuridica non integra un’omessa pronuncia, che, per contro, si ha solo quando il giudice ometta di pronunciarsi su tutta la domanda o su tutte le domande proposte.
Infatti, nella più recente giurisprudenza di questa Corte prevale l’affermazione per cui la mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame.
In tal caso, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, secondo comma, Cost., ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 cod. proc. civ., di corregge-
re la motivazione anche a fronte di un error in procedendo, quale la motivazione omessa (Cass. Su, 2 febbraio 2017 n° 2731).
Facendo applicazione di tale principio, si rimanda, dunque, a quanto già esposto ai precedenti paragrafi, nei quali si è disattesa la tesi del ricorrente.
11 .- Col quinto motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 2033 cod. civ. ed eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, per difetto istruttorio e per difetto di motivazione.
Egli avrebbe ricevuto le retribuzioni per la funzione di presidente dell’RAGIONE_SOCIALE in totale buona fede.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n° 5314/2014 -pur enunciando il principio per cui il recupero di somme indebitamente erogate dalla PA ai dipendenti pubblici avrebbe carattere di doverosità e costituirebbe esercizio, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., di un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, irrinunciabile -avrebbe anche precisato che le situazioni di affidamento e di buona fede dei percipienti rileverebbero ai fini RAGIONE_SOCIALE modalità con cui il recupero deve essere effettuato.
Da qui, l’impossibilità di applicare in modo automatico il principio dell’art. 2033 cod. civ.
Nella presente vicenda, il Ministero dell’ambiente comunicava solo il 5 agosto 2011 agli Enti RAGIONE_SOCIALE che la partecipazione ad organi collegiali era stata resa ‘ onorifica ‘ dal d.l. n° 78/2010.
L’ente RAGIONE_SOCIALE odierno resistente, inoltre, con determina n° 59 del 14 febbraio 2012 decideva di corrispondere le retribuzioni anche per i mesi non pagati del 2011.
Infine, il legislatore aveva reintrodotto l’indennità per i componenti degli organi collegiali dei Parchi nazionali con la legge n° 228/2012, che, all’art. 1, comma 309, aveva disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 2013, le disposizioni di cui all’art. 6, secondo comma, del d.l. n° 78/2010 non si applicavano più agli organi predetti.
Col sesto mezzo il COGNOME deduce, ancora, violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 2033 cod. civ.
La Corte non avrebbe considerato che l’RAGIONE_SOCIALE aveva richiesto in restituzione la retribuzione lorda, mentre una parte di essa era stata versata dall’RAGIONE_SOCIALE stesso allo Stato e all’RAGIONE_SOCIALE, a titolo di imposta e di contributi.
L’obbligo di restituzione ex art. 2033 cod. civ. sarebbe limitato solo agli importi effettivamente percepiti e non ad altri.
12 .- I due mezzi, esaminabili congiuntamente in ragione della loro connessione, sono inammissibili per difetto di specificità (artt. 366, primo comma, n° 6, e 369 n° 4, cod. proc. civ.).
La questione della buona fede del ricorrente, derivante dalla comunicazione del Ministero del 5 agosto 2011 e dalla determina dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n° 59 del 14 febbraio 2012, non risulta affrontata in sentenza, nella quale -invece -la Corte ha trattato più in generale della obbligatorietà del recupero dell’indebito, anche in presenza della buona fede dell’ accipiens .
E nemmeno risulta trattata in sede di merito la questione RAGIONE_SOCIALE modalità di recupero RAGIONE_SOCIALE somme pagate nei confronti del debitore, tenuto conto RAGIONE_SOCIALE condizioni personali di quest’ultimo.
Va dunque fatta applicazione del principio, enunciato da questa Corte, secondo il quale, nell’ipotesi in cui una determinata questione giuridica -che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel
merito la questione stessa (Cass., sez. VI-T, 13 dicembre 2019, n° 32804).
In ogni modo, anche considerando i mezzi in esame come specifici, essi non appaiono fondati nel merito.
Questo Collegio non ignora che la Corte EDU, decidendo in tema di ripetizione di indebiti retributivi e previdenziali, ha ricondotto la tutela del debitore nell’ambito dell’art. 1 del Protocollo addizionale, a norma del quale ‘[o] gni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni ‘ (per tutte si veda Corte EDU 11 febbraio 2021, COGNOME contro Italia).
Secondo tale orientamento, lo stato soggettivo del debitore, di buona o di malafede, oppure le sue condizioni patrimoniali, potrebbero avere un rilievo sulle modalità di restituzione RAGIONE_SOCIALE somme indebitamente percepite, tale da determinare più che una semplice speranza o una aspettativa di mero fatto, un legittimo affidamento sulla legittima riscossione degli importi e sulla possibilità di trattenerli a titolo definitivo.
In qualche caso, come sottolinea Corte cost. n° 8/2023, il debitore potrebbe ricevere la tutela massima, consistente nell’estinzione dell’obbligo restitutorio, come ad es. nel caso di pagamenti di prestazioni previdenziali, pensionistiche o assicurative, oppure di natura assistenziale, oppure una tutela specifica e particolarmente incisiva, come nell’ipotesi dell’art. 2126 cod. civ., applicabile anche ai dipendenti della PA.
In altre ipotesi, come si legge, ancora, in Corte cost. n° 8/2023, sopra citata, dall’art. 1337 cod. civ., dettato in tema di conclusione del contratto, viene tratto un modello generale di tutela dell’affidamento legittimo, dal quale la giurisprudenza ha, di volta in volta, ricavato, nell’ambito di particolari contesti, i presupposti che consentono di ravvisare affidamenti meritevoli di tutela: ad esempio, quello alla legittimità e alla correttezza di un provvedimento emanato da una pubblica amministrazione ( ex multis , Cass. Su, 15
gennaio 2021, n° 615 e 13 maggio 2019, n° 12635), così come l’affidamento riferito alla esattezza e alla correttezza di informazioni fornite da soggetti che spendono una particolare professionalità ( ex multis , Cass., Sez. I, 9 dicembre 2019, n° 32026 e Cass., sez. III, 28 febbraio 2012, n° 3003).
Nondimeno, non sembra possibile fare applicazione di tali principi al caso di specie, poiché essi sono stati pronunciati in relazione a compensi aventi natura retributiva, assicurativa, contributiva o pensionistica, mentre il compenso pagato agli organi degli Enti RAGIONE_SOCIALE è disciplinato dall’art. 9, comma 12bis , della legge n° 394/1991 (‘ Legge quadro sulle aree protette ‘), introdotto dal d.l. n° 262/2006 (e, dunque, applicabile ratione temporis ), il quale prevede che ‘[a] i Presidenti (…) spetta un ‘indennità di carica articolata in un compenso annuo fisso e in gettoni di presenza (…) ‘, dunque non un compenso avente natura di retribuzione o salario o, comunque, di corrispettivo da lavoro subordinato.
Sicché, nonostante il giudice del merito abbia rigettato la domanda del COGNOME senza esaminare il suo stato soggettivo, non pare comunque possibile, qui, ravvisare una causa estintiva dell’obbligazione restitutoria in applicazione (diretta o analogica) dell’art. 2126 cod. civ. (in quanto non si tratta di un credito di lavoro), né indagare se la restituzione integrale ed immediata della somma richiesta dall’RAGIONE_SOCIALE (superiore ad euro 30 mila) fosse compatibile con le condizioni economiche e patrimoniali dell’ accipiens .
13 .-Tenuto conto della sussistenza di ‘ gravi ed eccezionali ragioni ‘ (nel senso di Corte cost. n° 77/2018), consistenti nella oggettiva controvertibilità dei temi del decidere (desumibile da quanto sopra esposto), ritiene la Corte di compensare integralmente le spese del presente giudizio.
Nondimeno, va dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1-quater, del decreto del Presidente della
Repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte respinge il ricorso e compensa integralmente le spese di lite del presente grado tra le parti. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1-quater, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 26 novembre 2024, nella camera di consiglio