Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 854 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 854 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
Oggetto
Ripetizione indebito indennità mobilità
R.G.N. 18879/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 15/11/2023
CC
ORDINANZA
sul ricorso 18879-2022 proposto da: COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1571/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 28/01/2022 R.G.N. 927/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
In riforma della pronuncia di primo grado, la Corte d’appello di Milano rigettava la domanda di COGNOME NOME volta a far dichiarare non dovuta, da parte dell’Inps, la ripetizione delle somme versate a titolo di indennità di mobilità e di indennità integrativa prevista dal Fondo di Solidarietà del Trasporto Aereo e ritenute indebite alla luce del fatto che il licenziamento di COGNOME Fabio era poi stato annullato dal giudice, con ordine di reintegrazione nel posto di lavoro che era stato eseguito e con corresponsione, a titolo risarcitorio, di 12 mensilità di retribuzione.
Riteneva la Corte, a differenza del primo giudice, che i trattamenti previdenziali erano indebiti anche per il periodo non coperto dalle 12 mensilità di risarcimento,
considerati i circa 20 mesi trascorsi dal licenziamento all’ordine di reintegrazione . Invero, il rapporto di lavoro era stato ricostituito ex tunc, sicché non poteva dirsi presente lo stato di disoccupazione chiesto per godere delle due indennità, a prescindere dalla somma ottenuta a titolo risarcitorio.
Avverso la sentenza NOME Fabio ricorre per due motivi. L’Inps ha depositato controricorso illustrato da memoria. All’adunanza camerale il collegio riservava termine di 60
giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, Peso NOME deduce violazione e falsa applicazione degli artt.52 l.n.88/89, 3 e 38 Cost., nonché 18, co.4 l. n.300/70. La soluzione adottata dalla Corte violerebbe l’art.38 Cost. privando il ricorrente dei mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita, di fatto essendovi stato un periodo in cui, a seguito del licenziamento, egli non ricevette la retribuzione, versando di fatto in una situazione di disoccupazione.
Con il secondo motivo di ricorso, Peso NOME deduce violazione dell’art.112 c.p.c. e nullità della sentenza con connessa violazione e falsa applicazione dell’art.10, co.2 bis TUlR, per non avere la Corte esaminato, come già il giudice di primo grado, gli argomenti posti nel ricorso incidentale, coi quali si chiedeva che, nella determinazione delle somme da restituire all’Inps, si tenesse conto del fatto che l’indennità risarcitoria era stata decurtata dell’indennità sostitutiva del preavviso e, ulteriormente, del fatto che, prima della reintegrazione, il ricorrente aveva svolto lavori socialmente utili senza
essere stato retribuito. Infine, l’Inps aveva illegittimamente chiesto la restituzione delle somme al lordo e non al netto delle ritenute previdenziali, assistenziali e fiscali.
Il primo motivo è infondato.
Sia l’indennità di mobilità che l’indennità integrativa prevista dal FSTA presuppongono lo stato di disoccupazione involontaria, costituendo la disoccupazione l’ evento determinante lo stato di bisogno alla cui liberazione mirano le prestazioni.
Come rettamente ricordato dalla pronuncia impugnata, la condizione di disoccupazione nata con il licenziamento è venuta poi meno ex tunc a seguito dell’ordine di reintegra che ha ricostituito il rapporto di lavoro; la ricostituzione ha determinato il venir meno della disoccupazione e quindi la natura indebita delle somme inizialmente dovute (c.d. condictio ob causam finitam). Questa Corte (Cass.22850/22), proprio con riguardo all’indennità di mobilità, ha affermato che la prestazione diviene indebita a seguito di dichiarata illegittimità del licenziamento con ripristino del rapporto.
Ovviamente lo stato di involontaria disoccupazione sussiste o meno per il sol fatto che sia stato ricostituito o meno il rapporto di lavoro, mentre è irrilevante l’ammontare dell’indennità risarcitoria che, in ipotesi, non copra l’intero periodo. Né può ad ombrarsi alcun vizio di legittimità costituzionale per contrarietà all’art.38 Cost., poiché la lamentata perdita di provvidenza economica attiene non al rapporto previdenziale -insensibile come detto al quantum dell’indennità risarcitoria e dipendente solo dalla sussistenza o meno
della disoccupazione, la quale nemmeno può sussistere solo in parte qua, nei limiti cioè in cui l’i ndennità risarcitoria sia risultata inferiore al montante delle retribuzioni perse -ma, semmai, attiene al rapporto di lavoro, proprio con riguardo al fatto che la tutela compensativa non è stata voluta dal legislatore in forma piena ma solo attenuata.
Il secondo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.
Va premesso che, nonostante la rubrica richiami anche la violazione di legge, il corpo del motivo è incentrato esclusivamente su lla violazione dell’art.360, co.1, n.4 c.p.c. per omessa pronuncia della Corte su quanto dedotto con l’appello incidentale, ovvero le tre questioni per cui: nella determinazione delle somme da restituire all’Inps si doveva considerare che l’indennità risar citoria era stata decurtata dell’indennità sostitutiva del preavviso; che, prima della reintegrazione, il ricorrente aveva svolto lavori socialmente utili senza essere stato retribuito e, infine, che la restituzione andava operata al netto e non al lordo delle ritenute previdenziali, assistenziali e fiscali.
Il ricorso si limita a enunciare che era stato proposto appello incidentale e che esso verteva su tali profili. In modo non autosufficiente, però, il motivo non indica specificamente quale fosse l’esatto contenuto del gravame incidentale, con ciò determinandosi inammissibilità del motivo, secondo il costante orientamento di questa Corte, cui va data continuità, in base al quale il ricorso ex art.360, co.1, n.4 c.p.c., ai fini del rispetto del requisito dell’autosufficienza, deve
riportare puntualmente, nei suoi esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del suo contenuto, la domanda o l’eccezione proposta non esaminata dal giudice (Cass.6361/07, Cass.15367/14, Cass.28072/21).
Il ricorso è altresì generico nel momento in cui, contestando che la restituzione debba avvenire al netto e non al lordo delle ritenute fiscali, non indica specificamente il calcolo dell’ammontare dovuto al lordo e al netto delle ritenute e l’ammontare pre teso in restituzione dall’Inps, onde dar conto che effettivamente l’importo chiesto dall’ Inps fosse al lordo delle ritenute. Conclusivamente il ricorso va respinto, con condanna alle spese secondo soccombenza
P.Q.M.