Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26525 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26525 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 30298/2020 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Torino, alla INDIRIZZO, in persona della procuratrice speciale AVV_NOTAIOssa NOME AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOMEAVV_NOTAIOCOGNOME e dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, con cui elettivamente domicilia presso lo studio del primo in Roma, alla INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, Ente di diritto pubblico con gestione autonoma (ora RAGIONE_SOCIALE, per effetto di trasformazione in RAGIONE_SOCIALE, per atti AVV_NOTAIO di Roma, rep. n. 88504, rogito n. 26071 del 26 giugno 2024, avente effetto dal giorno 1 luglio 2024), con sede in Roma, alla INDIRIZZO, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore dottAVV_NOTAIO, rappresentato e difeso,
giusta procura speciale allegata al controricorso, da ll’ AVV_NOTAIO e dell’AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultim o in Roma, alla INDIRIZZO.
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza, n. cron. 666/2020, della CORTE DI APPELLO DI TORINO, pubblicata il giorno 25/06/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 30/09/2025 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto ritualmente notificato il 23 settembre 2013, l’RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti anche, breviter , RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE) citò RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a. innanzi al Tribunale di Torino per ottenerne la condanna al pagamento, in suo favore, di € 8.431.787,37, oltre accessori, previo accertamento negativo della loro spettanza alla convenuta. Espose di aver corrisposto tale somma alla banca convenuta, quale ‘ partecipante ‘ al ‘ capitale ‘ dell’RAGIONE_SOCIALE, sulla scorta delle previsioni dell’allora vigente Statuto di IRAGIONE_SOCIALEC.S., adottato nel 2005, a seguito del decreto interministeriale del 4 agosto 2005, poi annullato con provvedimento di autotutela del 6 marzo 2013, comunicatogli il 4 aprile 2013. In particolare, premesso il proprio inquadramento quale ente pubblico economico dotato di personalità giuridica e gestione autonoma, istituito con la legge n. 1295 del 24 dicembre 1957, ave ndo quale funzione l’erogazione di credito per lo sport e per le attività culturali: i ) descrisse analiticamente le componenti del proprio patrimonio (‘ fondo di dotazione ‘, partecipato da vari soggetti privati e pubblici, tra cui l’odierna RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a.; ‘ fondo di garanzia ‘, conferito dal RAGIONE_SOCIALE; ‘ fondo di riserva ordinaria ‘; eventuali ‘ riserve straordinarie ‘; ‘ fondo ex lege n. 50/83 ‘, detto anche ‘ fondo patrimoniale ‘, costituito ed alimentato periodicamente dal versamento, da parte del RAGIONE_SOCIALE, del 3%, poi ridotto al 2%, calcolato sugli incassi lordi dei concorsi pronostici) in base allo Statuto del 1984, poi aggiornato nel 2002; ii ) puntualizzò che la distribuzione degli utili era disciplinata dall’art. 31 di quest’ultimo, il quale
prevedeva che da essi doveva dapprima prelevarsi la quota non inferiore al 30%, da destinarsi a riserva ordinaria, ed in seguito che il dividendo non poteva essere superiore al 9% del capitale versato da ciascun partecipante al fondo di dotazione, il rimanente dovendo destinarsi a fondi di riserva straordinari. I partecipanti, inoltre, non avevano diritto di recesso, potendo solo alienare la propria quota di partecipazione al fondo di dotazione; iii ) espose analiticamente le vicende che avevano condotto alla modifica dello Statuto predetto, avvenuta con decreto interministeriale del 4 agosto del 2005, conseguente alla direttiva del 14 dicembre 2004, e le novità da esso previste quanto alla composizione del patrimonio di RAGIONE_SOCIALE (tra cui l’avvenuta trasformazione del fondo di dotazione in capitale, con relativa ripartizione tra i partecipanti), ed alla determinazione degli utili; iv ) rimarcò le ragioni per cui tale nuovo Statuto e l’appena menzionata direttiva erano stati successivamente annullati, con efficacia ex tunc , con provvedimento interministeriale di autotutela del 6 marzo 2013, a seguito del quale, con propria delibera del 13 settembre 2013, n. 424, i commissari straordinari di RAGIONE_SOCIALE, medio tempore nominati, annullarono le delibere di distribuzione degli utili per gli anni 2005-2010, assunte sulla base dello Statuto del 2005 annullato, risultati pari, per RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a., ad € 8.959.560,81, e rideterminarono la distribuzione degli utili per il medesimo periodo in base al reviviscente Statuto del 2002 ed ai corrispondenti bilanci; v ) descrisse ampiamente il contenzioso amministrativo generato dalle predette vicende, relativo ai provvedimenti amministrativi annullati in autotutela; vi ) lamentò l’indebito oggettivo, ex art. 2033 cod. civ., nei confronti della convenuta (pari alla differenza tra gli utili corrispostile per il periodo 2005-2010, in base allo Statuto del 2005, poi annullato, e quanto alla stessa effettivamente spettante, per il medesimo periodo, in forza del precedente Statuto del 2002), poiché l’annullamento in sede di autotutela dello Statuto del 2005 aveva posto nel nulla tutte le delibere adottate in forza di quello Statuto, comprese quelle di distribuzione degli utili, fondate proprio su quest’ultimo. In via subordinata, e per l’ipo tesi in cui a detto Statuto fosse stato riconosciuto il carattere negoziale, fondò il proprio diritto alla ripetizione dell’indebito anche
sulla invocata nullità delle delibere appena indicate, perché adottate in situazione di difetto o illiceità della causa o in violazione di norme imperative, anche internazionali (artt. 107-108 TFUE) in materia di aiuti di Stato, nonché per illiceità dell’oggetto e/o del motivo o per difetto dei requisiti di cui all’art. 1346 cod. civ..
1.1. Si costituì RAGIONE_SOCIALE, che: i ) chiese, preliminarmente, la sospensione del processo, ex art. 295 cod. proc. civ., in attesa dell’esito dei giudizi amministrativi e dell’impugnativa della delibera n. 424/2013 dei commissari straordinari dell’RAGIONE_SOCIALE proposta da RAGIONE_SOCIALE anche nei confronti di RAGIONE_SOCIALE; ii ) concluse per il rigetto delle avverse pretese, invocando l’applicazione della disciplina societaria, le relative prescrizioni e sostenendo l’illiceità della suddetta delibera e la irripetibilità degli utili già distribuiti in dipendenza dello Statuto allora vigente.
1.2 . L’adito tribunale, acquisita documentazione, con sentenza del 18 settembre 2018, n. 4282, rigettò l’istanza di sospensione, accolse parzialmente la domanda di I.C.S. e condannò la convenuta alla restituzione, in suo favore, di € 8.431.787,37 , oltre interessi nella misura del 3% annuo dalla data della messa in mora (26.4.2012) fino all’effettivo soddisfo.
Pronunciando sui gravami, principale ed incidentale, promossi contro quella decisione, rispettivamente, da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE, l’adita Corte di appello di Torino, con sentenza del 25 giugno 2020, n. 666, così decise: « 1) In parziale accoglimento dell’appello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e dell’appello incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE : dichiara tenuta e condanna RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, , al pagamento, a favore dell’Istitut o per il RAGIONE_SOCIALE Sp ortivo, , degli interessi legali sul capitale liquidato nella sentenza di primo grado con decorrenza dalla data dei versamenti degli utili di bilancio relativi ai singoli esercizi finanziari per cui è causa, fino al saldo effettivo, in luogo degli interessi come liquidati nella sentenza di primo grado. Conferma nel resto la sentenza impugnata ».
2.1. Per quanto ancora di interesse in questa sede, quella corte: i ) innanzitutto, ritenne « evidente che la prospettazione accolta, ,
correttamente e condivisibilmente, in primo grado, è quella del diretto collegamento causale fra provvedimento interministeriale di annullamento in autotutela del marzo 2013, indipendentemente dalla successiva delibera 423/13 , e venir meno/assenza di causa della distribuzione di utili determinata in conformità dello Statuto del 2005 annullato, fonte dell’indebito oggettivo, in virtù della retroattività del provvedimento amministrativo, ricostruzione giuridica nell’ambito della q uale i l cenno all’intervenuta delibera dei Commissari di ICS n. 423/13 assume un valore essenzialmente ricognitivo e marginale, nel senso che tale delibera si è inserita come un passaggio dovuto nell’ iter consequenziale volto al recupero dell’indebito, così come richiesto espressamente dalla RAGIONE_SOCIALE, ma non ha condizionato il nesso di causalità diretta fra provvedimento in autotutela, atto tipicamente amministrativo, giudicato legittimo dal Giudice Amministrativo competente, con sentenza del RAGIONE_SOCIALE di Stato passata in giudicato, e carattere indebito dei pagamenti. Posta tale premessa, diviene di attualità l’eccezione introdotta nelle sue linee essenziali e conclusioni dalla difesa di NOME nella comparsa costitutiva e quindi sviluppata in comparsa conclusionale, poi nella memoria di replica, ma comunque rilevabile anche di ufficio, dell’inammissibilità dei motivi di gravame di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che si concentrano, quale unico presupposto dei ritenuti vizi della sentenza impugnata, sul rilievo di presunti vizi della delibera commissariale n. 423/13 per contrasto con la normativa societaria, qualora non accompagnati anche da censura della ratio principale della sentenza impugnata e cioè l’effetto caducante retroattivo proprio dell’annullamento amministrativo e dunque del titolo dell’attribuzione patrimoniale, lacuna che ha determinato il passaggio in giudicato (interno) della sentenza in parte qua»; ii ) considerò, poi, « pretestuoso ed inammissibile », spiegandone le ragioni, il motivo di gravame di RAGIONE_SOCIALE volto ad ottenere la sospensione del processo per ritenuta pregiudizialità, ex art. 295 cod. proc. civ., con quello, pendente innanzi al Tribunale delle Imprese di Roma, avente ad oggetto l’impugnativa della delibera commissariale n. 424/13 promossa
da RAGIONE_SOCIALE; iii ) affermò, quindi, che il secondo, il terzo ed il quarto motivo dell’appello principale di RAGIONE_SOCIALE (recanti, rispettivamente: ‘ Erroneità ed illegittimità dell’impugnata sentenza n. 4828/18 nella parte in cui ha ritenuto sussistente il diritto restitutorio ex art. 2033 c.c. dell’ICS nei confronti dell’odierna appellante. Applicabilità all’ICS della normativa dettata in materia societaria ‘; ‘ Erroneità e/o illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto sussistenti i presupposti di cui all’art. 2033 c.c. ‘; ‘ Erroneità ed illegittimità dell’impugnata sentenza n. 4828/18 nella parte in cui ha respinto le eccezioni formulate da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Annullabilità e/o nullità della delibera commissariale RAGIONE_SOCIALE n. 424/13 per violazione degli artt. 2377, 2379, 2388, 2423 e 2433 c.c., nonché, in ogni caso, per mancato rispetto della disciplina statutaria 1984/2022 ‘) « scontano tutti il vizio genetico della riconducibilità di tutti i profili di doglianza, da un lato, sul ritenuto collegamento necessario ed esclusivo fra l’azione di ripetizione di indebito e la delibera commissariale n. 424/13, invece che al provvedimento interministeriale di annullamento in via di autotutela, dall’altro, alla ribadita teoria dell’applicabilità all’RAGIONE_SOCIALE della disciplina societaria agli effetti della possibilità dell’annullamento delle delibere di ripartizione degli utili distribuiti alle partecipanti negli anni 20052010 ». Li giudicò, dunque, « inammissibili », « non essendo stato contestato l’effetto retroattivo dell’annullamento (del resto pacifico ex Cass. 14219/15) e così la caducazione della genesi dell’attribuzione patrimoniale, non essendo censurato l’accertamento di inammissibilità di ogni deduzione sulla illegittimità del provvedimento in autotutela della P.A. in quanto già rigettata dal RAGIONE_SOCIALE di Stato con efficacia di giudicato e non essendo neanche svolte censure avverso la ritenuta eziologia diretta dell’effetto caducante o circa un ipotetico ruolo insostituibile e necessario della delibera n. 424/13, pur da ritenersi valida, vincolata e legittima, in quanto meramente conseguenziale, ogni altra considerazione è assorbita . Manca, infine, nell’impugnazione in esame, anche una valida ed innovativa censura della motivazione della sentenza di primo grado nella parte in cui spiega le ragioni della non applicabilità della disciplina delle società di capitali a ICS, parendo parte
appellante
riproporre sic et simpliciter le medesime argomentazioni già sostenute in primo grado, senza confrontarsi né con i richiami effettuati dal primo giudice alla già menzionata pronuncia del RAGIONE_SOCIALE di Stato laddove riconosce il carattere di ente pubblico a ICS classificandolo come ‘banc a pubblica residua’ ai sensi dell’art. 151 D.lgs. 385/93 TUB, né con le specifiche argomentazioni secondo cui la normativa del TUB riguarda l’attività di tipo bancario svolta dall’Ente, ma non la sua organizzazione e le funzioni che sono direttamente connesse con il perseguimento dell’interesse pubblico a cui deve conformarsi l’azione dell’RAGIONE_SOCIALE »; iv ) ritenne inammissibile la doglianza di RAGIONE_SOCIALE sulla prescrizione, in quanto costruita « sull’applicabilità della normativa societaria a cui il preteso ricorso alle prescrizioni brevi di cui agli artt. 2948-2949 c.c. si ricollega, anziché alla prescrizione decennale dell’azione di ripetizione di indebito come affermato, correttamente, nella sentenza impugnata e confermato dalla sopra richiamata sentenza delle SS.UU. n. 30007/19. Non diversa sorte seguono gli interessi scaturenti dal recupero dell’indebito »; v ) considerò in parte inammissibile ed in parte infondata « La deduzione concernente la legittimità della distribuzione degli utili nella misura elevata percepita dalla Banca anche se valutata secondo gli Statuti previgenti dell’RAGIONE_SOCIALE, cioè quelli del 1984 e del 2002 »; vi ) considerò fondato l’appello incidentale di ICS, quanto alla richiesta diversa decorrenza degli interessi (dal giorno dei singoli pagamenti, piuttosto che dalla domanda intesa come costituzione in mora) sulle somme di cui era stata disposta la ripetizione, atteso che, « Nel caso di specie, trattandosi di indebita apprensione di denaro pubblico e considerata la posizione ‘qualificata’ della Banca, parte appellata ha sufficientemente assolto all’onere probatorio su di sé gravante in ordine alla mala fede dell’ accipiens»; vii ) ritenne parimenti fondato, infine, il quinto motivo dell’appello principale di RAGIONE_SOCIALE relativo alla questione del maggior danno ex art. 1224, comma 2, cod. civ. Osservò, in proposito, che « nonostante si verta in ipotesi di mala fede e in astratto il diritto al maggior danno sia configurabile, ICS, sul quale grava l’onere probatorio, non ha svolto sufficienti allegazioni e non ha provato, così come del resto riconosciuto dallo stesso primo giudice, il quale poi non ha
tratto da tale affermazione le dovute conseguenze, quale fosse il rendimento medio del denaro utilizzato nelle sovvenzioni d’istituto, né quali tipologie di investimenti dei fondi giacenti in attesa di sua erogazione per mutui sportivi fossero effettuate ».
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a quattro motivi, cui ha resistito, con controricorso, l’RAGIONE_SOCIALE, che ha promosso pure ricorso indentale recante un motivo, resistito, con controricorso ex art. 371, comma 4, cod. proc. civ., da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
3.1. Con ordinanza interlocutoria del 26 febbraio 2024, n. 5018, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo ritenendosene opportuna la trattazione contestualmente a quello n.r.g. 6242 del 2023 (concernente il ricorso promosso contro la sentenza della Corte di appello di Roma n. 278 del 2023), avente ad oggetto l’impugnazione della delibera dei Commissari Straordinari dell’RAGIONE_SOCIALE n. 424/2013.
3.2. Sono state depositate ulteriori memorie ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., e, nella propria, RAGIONE_SOCIALE ha segnalato la pendenza, dinanzi a questa stessa sezione, del giudizio n.r.g. 7266/2024, non ancora fissato, connesso al presente per le ragioni ivi puntualmente indicate, ed ha chiesto, in via preliminare, il rinvio di questo procedimento al fine di riunirlo con quello da ultimo indicato.
3.3. Con ordinanza interlocutoria del 28 ottobre 2024, n. 27827, la causa è stata ancora rinviata a nuovo ruolo al fine di consentirne la trattazione contestualmente sia a quella n.r.g. 6242 del 2023, -come già disposto con la precedente ordinanza interlocutoria n. 5018 del 2024 -sia a quella n.r.g. 7266/2024, all’e poca ancora non fissata.
In prossimità dell’odierna adunanza camerale, sono state depositate altre memorie ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi del ricorso principale denunciano, rispettivamente, in sintesi:
I) « (Art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.): nullità e/o illegittimità e/o erroneità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e 324 c.p.c..; errata interpretazione e mancata formazione di un giudicato esterno e/o int erno; violazione dell’art. 115 c.p.c.; violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Omessa pronuncia ». Si assume che « l’errore in cui è incorso il giudice di appello risiede nel fatto di aver considerato del tutto superflua e inammissibile ogni valutazione e giudizio circa la legittimità, o meno, della delibera commissariale n. 424/13 ‘qualora non accompagnata anche da censura della ratio principale della sentenza impugnata e cioè l’effetto caducante retroattivo proprio dell’annullamento amministrativo e dunque del titolo dell’attribuzione patrimoniale » e si deduce che « la manifesta infondatezza e la palese erroneità » della riportata affermazione della corte distrettuale risiede « su una inesatta comprensione del quadro della controversia oggi all’attenzione di RAGIONE_SOCIALEma Corte e, in ogni caso, da una erronea lettura della sentenza del RAGIONE_SOCIALE di Stato n. 4379/15 »;
II) « (Art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.): violazione e/o falsa applicazione degli artt. 295 e 324 c.p.c., nonché 2909 c.c. Omessa pronuncia sulla richiesta di sospensione necessaria del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c. ». Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha considerato, « pretestuosa ed inammissibile » la richiesta di sospensione, ex art. 295 cod. proc civ., di questo giudizio fino alla definizione di quello, pendente prima innanzi al Tribunale delle Imprese di Roma e poi avanti alla corte di appello di quella stessa città, avente ad oggetto l’impugnativa della delibera commissariale n. 424/13 promossa da RAGIONE_SOCIALE anche nei confronti di RAGIONE_SOCIALE;
III) « (Art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.): violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2033 c.c. e 324 c.p.c. Violazione e/o falsa applicazione del d.lgs. n. 356/90 e del d.lgs. n. 385/93. Omessa pronuncia sui motivi di appello sub 2, 3 e 4 del relativo atto. Nullità della sentenza gravata per omessa pronuncia. Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.; erroneità e/o illegittimità
dell’impugnata sentenza n. 666/20 nella parte in cui ha ritenuto sussistente il diritto restitutorio ex art. 2033 c.c. dell’I.C.S. Applicabilità all’I.C.S. della normativa dettata in materia societaria. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2377, 2379, 2388, 2391, 2423, 2433, 23, 25, 2948 e 2949 del codice civile: Violazione /o falsa applicazione della disciplina statutaria 19842002 ». Richiamate ampiamente le argomentazioni esposte a sostegno del primo motivo, si contesta la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inammissibili il secondo, il terzo ed il quarto motivo dell’appello di RAGIONE_SOCIALE, insistendosi nell’applicabilità all’I.C.S. della disciplina dettata in materia di società di capitali;
IV) « (Art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.): violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1147, 2033, comma 2, e 2697 c.c. Assenza di prova circa la malafede dell’ accipiens al momento del pagamento. Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. In ogni caso, difetto di motivazione della sentenza n. 666/20 sul punto ». Si contestano gli assunti in forza dei quali la corte distrettuale ha accolto il gravame incidentale dell’I.C.S. ritenendo provata la malafede dell’odie rna ricorrente ai fini della decorrenza dai singoli pagamenti (piuttosto che dalla domanda) delle somme di cui era stata disposta la ripetizione.
2. Il formulato motivo di ricorso incidentale di I.C.S., rubricato « Violazione e falsa applicazione dell’art. 1224, II comma, c.c., dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., alla luce dei principi di diritto fissati dalla sentenza delle S.U. della Corte di Cassazione, del 16 luglio 2008, n. 19499, violati dalla impugnata sentenza », ascrive alla corte capitolina di non avere accolto, contrariamente a quanto deciso dal giudice di primo grado, la domanda dell’I.C.S. di maggior danno ex art. 1224, comma 2, cod. civ. per asserita ‘ mancanza di prova ‘ del danno. Richiamati i principi sanciti da Cass., SU, 16 luglio 2008, n. 19499, si deduce che « La circostanza che l’RAGIONE_SOCIALE sia un Ente Pubblico e non operi per trarre profitto, ma per potenziare il proprio patrimonio al fine di meglio raggiungere i propri scopi (finanziamento agli operatori sportivi ed altro), non incide sulla natura imprenditoriale dell’attività bancaria, tenuto anche conto che i mutui da essa offerti agli utenti sono
gravati da interessi e che, maggiore è la liquidità da investire nelle operazioni bancarie, maggiore è la possibilità di rendimento. La sottrazione, quindi, di somme destinate ad accrescere il patrimonio dell’RAGIONE_SOCIALE, priva quest’ultimo della possibilità di investire. Di qui la invocata presunzione che controparte non ha in alcun modo vinto con eccezioni e prove del contrario. Correttamente, quindi, il giudice di primo grado aveva liquidato gli interessi tenendo conto del danno subito dall’I.C.S. ex art. 1224 c.c. Precisandosi, ai fini dell’applicazione dell’art. 2033 c.c., che esso parla di interessi ‘dovuti dall ‘accipiens’ e non di ‘interessi legali’ come RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE vorrebbe e che, a tutti gli effetti, il risarcimento di cui all’art. 1224 c.c. si concreta in un maggiore interesse rispetto a quello legale; tant’è che questo non è dovuto ove le parti abbiano convenuto un interesse moratorio ».
I primi tre motivi del ricorso principale, scrutinabili congiuntamente perché chiaramente connessi, si rivelano complessivamente inammissibili per le ragioni tutte di cui appresso.
3.1. Innanzitutto, perché prospettano genericamente e cumulativamente vizi di natura eterogenea (censure motivazionali, errores in procedendo ed errores in iudicando ), in contrasto con la tassatività dei motivi di impugnazione per Cassazione e con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare, all’interno di ciascun motivo, le singole censure ( cfr., ex aliis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 8671, 3284 e 2115 del 2025; Cass. nn. 33778, 26383 e 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878, 27505 e 4528 del 2023; Cass. nn. 35832 e 6866 del 2022). In altri termini, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere
in discussione ( cfr . Cass. nn. 26383 e 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878 e 27505 del 2023; Cass. nn. 11222 e 2954 del 2018). È sicuramente vero, peraltro, che, « In tema di ricorso per cassazione, l’inammissibilità della censura per sovrapposizione di motivi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, numeri 3 e 5, c.p.c., può essere superata se la formulazione del motivo permette di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, di fatto scindibili, onde consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati » ( cfr ., in termini, Cass. n. 39169 del 2021. In senso sostanzialmente conforme, si vedano anche Cass., SU, n. 9100 del 2015; Cass. n. 7009 del 2017; Cass. n. 26790 del 2018). Tanto, però, non si rinviene nei motivi di ricorso in esame, i quali, per come concretamente argomentati, non consentono di individuare, con chiarezza, le doglianze riconducibili agli invocati vizi, rispettivamente, motivazionali e di violazione di legge, in modo tale da consentirne un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare quella teoricamente proponibili, al fine di ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse.
3.2. Quanto all’invocato vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., poi, rileva il Collegio che, avuto riguardo alla regola di cui all’art. 348 -ter , ultimo comma, cod. proc. civ., abrogato dal d.lgs. n. 149 del 2022 ma qui applicabile ratione temporis (giusta l’art. 35 del menzionato d.lgs. e posto che il giudizio di appello venne instaurato dalla odierna ricorrente principale con citazione notificata il 31 ottobre 2018, come emerge dallo svolgimento del processo descritto nella sentenza oggi impugnata. Cfr . Cass. n. 11439 del 2018), la quale esclude la possibilità di ricorrere per cassazione ai sensi del numero 5 dell’art. 360, comma 1, dello stesso codice, nell’ipotesi in cui la sentenza di appello impugnata rechi l’integrale conferma della decisione di primo grado (cd. ‘ doppia conforme ‘), come palesemente accaduto, nella specie, con riferimento alle questioni concretamente poste dagli odierni motivi di ricorso principale secondo e terzo, questa Corte ha da tempo chiarito
che il presupposto di applicabilità della norma risiede nella cd. ‘ doppia conforme ‘ in facto (Cass. n. 7724 del 2002 ha precisato, inoltre, che « Ricorre l’ipotesi di ‘doppia conforme’, ai sensi dell’art. 348 -ter , commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logicoargomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice »), sicché il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo, ha l’onere di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ( cfr . Cass. n. 5436 del 2024; Cass. nn. 35782, 26934 e 5947 del 2023; Cass. n. 20994 del 2019; Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 26860 del 2014): onere rimasto, invece, assolutamente inadempiuto (risultando, anzi, addirittura in contrario) stando alle argomentazioni concretamente rinvenibili nelle doglianze di cui ai motivi secondo e terzo del ricorso di RAGIONE_SOCIALE
3.3. Fermo, quanto precede, il primo motivo del ricorso principale in esame contesta alla corte di appello -giova ricordarlo -di avere ritenuto esistente un giudicato, esterno o interno, sulla legittimità della delibera dei commissari straordinari dell’RAGIONE_SOCIALE n. 424/13, mentre, invece, doveva essere valutata la legittimità, sul piano civilistico, di quest’ultim a. La doglianza, peraltro, rimarca ( cfr . pag. 23 del ricorso predetto) che, nel terzo motivo del proprio appello, RAGIONE_SOCIALE aveva denunciato che erroneamente il primo giudice aveva desunto dalla natura vincolata della menzionata delibera commissariale n. 424/13 la sua legittimità, reputando che nell’orbita del giudicato amministrativo rientrasse anche tale provvedimento, che, invece, doveva essere valutato dal punto di vista civilistico).
Una simile censura, tuttavia, deve considerarsi inammissibile, atteso che la corte d’appello ha ritenuto , affatto chiaramente, che non era stata impugnata la ratio decidendi del tribunale secondo cui il titolo diretto della ripetizione invocata dall’RAGIONE_SOCIALE dovesse individuarsi nel l’ avvenuto annullamento, in autotutela, con decreto interministeriale del 6 marzo 2013, avente efficacia ex tunc , del precedente decreto interministeriale del 4 marzo 2005, con cui era stato approvato il nuovo Statuto dell’RAGIONE_SOCIALE medesimo (posto che proprio le novellate previsioni di quest’ultimo in tema di riparto degli utili ai partecipanti privati all’ ex Fondo di dotazione dell’RAGIONE_SOCIALE stesso, ivi ridenominato capitale , avevano determinato la distribuzione di tali utili oggi chiesti in restituzione).
Orbene, ad avviso del Collegio, il motivo in esame si rivela complessivamente eccentrico rispetto a questa ratio decidendi identificata dalla corte d’appello come fondante la sentenza di primo grado: basti considerare, infatti, che, in esso, -come si è anticipato -viene richiamato il terzo motivo di gravame di RAGIONE_SOCIALE nel quale non era stata contestata quella ratio decidendi , bensì l’ essere stato ritenuta legittima la delibera commissariale n. 424/13 in conseguenza della legittimità dell’annullamento in autotutela suddetto.
In quest’ottica, dunque, lo stesso nemmeno appare rispettoso di quanto chiarito, del tutto condivisibilmente, da Cass. n. 21563 del 2022 ( cfr . pag. 8 e ss. della motivazione), da Cass. n. 35782 del 2023 ( cfr . pag. 41 e ss. della motivazione), da Cass. n. 25495 del 2024 ( cfr . pag. 7-8 della motivazione), da Cass. n. 26871 del 2024 (cfr. pag. 11-12 della motivazione) e da Cass. n. 19277 del 2025 ( cfr . pag. 16 e ss. della motivazione), a tenore delle quali « l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., a pena d’inammissibilità della censura, non solo “di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione” , ma anche “di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime
contrastano col precetto normativo” (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 28 ottobre 2020, n. 23745, Rv. 659448-01), confrontandosi sempre con l’effettivo “decisum” che sorregge la sentenza impugnata. Difatti, il motivo di impugnazione “è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo”, sicché, in riferimento al ricorso per Cassazione, “tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un ‘non motivo’, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366, n. 4), cod. proc. civ.” (così Cass. Sez. 3, sent. 11 gennaio 2005, n. 359, Rv. 579564- 01; in senso analogo anche Cass. Sez. 3, sent. 31 agosto 2015, 17330, Rv. 636872-01, nonché, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 20 marzo 2017, n. 7074, non massimata sul punto; conforme anche Cass. Sez. 1, ord. 24 settembre 2018, n. 22478, Rv. 650919-01) ».
3.4. Inammissibile, poi, è anche il secondo motivo del ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE, concernente, come si ricorderà, l’asserita violazione dell’art. 295 c od. proc. civ. nella misura in cui la corte distrettuale aveva negato la pregiudizialità , rispetto all’odierno giudizio, di quello avente ad oggetto la nullità della delibera commissariale n. 424/13.
Permane, invero, la statuizione di mancata impugnazione della ratio decidendi del tribunale in termini di radicamento della ripetizione non già nel l’appena citata delibera commissariale bensì nell’annullamento , in autotutela, con decreto interministeriale del 6 marzo 2013, avente efficacia
ex tunc , del precedente decreto interministeriale del 4 marzo 2005, con cui era stato approvato il nuovo Statuto dell’RAGIONE_SOCIALE medesimo (posto che proprio le novellate previsioni di quest’ultimo in tema di riparto degli utili ai partecipanti privati all’ ex Fondo di dotazione dell’RAGIONE_SOCIALE stesso, ivi ridenominato capitale , avevano determinato la distribuzione di tali utili oggi chiesti in restituzione).
In altri termini, non essendo stata contestata (o essendolo stato fatto in modo comunque inadeguato), in sede di gravame, la effettiva ratio decidendi posta dal tribunale a fondamento della sua decisione, vale a dire il rapporto causale diretto esistente tra l’ annullamento dello S tatuto del 2005 e l’indebito da ripetere, indipendentemente dalla delibera commissariale n. 424/13 (che aveva annullato le singole delibere di distribuzione degli utili per gli anni 2005-2010 ), la legittimità, o non, di quest’ultima , dunque, non aveva alcuna incidenza causale/pregiudiziale sulla domandata restituzione, posto che si era trattato di un atto dovuto dei commissari d opo l’annullamento d i quello Statuto, con conseguente insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’invocata sospensione ex art. 295 cod. proc. civ.
3.5. Pure il terzo motivo di questo ricorso principale -secondo cui, una volta annullata, in autotutela, la modifica statutaria, avrebbero dovuto trovare applicazione, comunque, le regole in materia di società di capitali per la ripetizione degli utili distribuiti -si rivela inammissibile.
In primo luogo, perché, l’esito negativo dello scrutinio dei precedenti motivi lascia inalterata la statuizione di non impugnazione della ratio decidendi del tribunale in termini di radicamento della ripetizione domandata dall’RAGIONE_SOCIALE non già nella delibera commissariale n. 424/13 bensì nell’annullamento , in autotutela, con decreto interministeriale del 6 marzo 2013, avente efficacia ex tunc , del precedente decreto interministeriale del 4 marzo 2005, con cui era stato approvato il nuovo Statuto dell’RAGIONE_SOCIALE medesimo (nuovamente rimarcandosi che proprio le novellate previsioni di quest’ultimo in tema di riparto degli utili ai partecipanti privati all’ ex Fondo di dotazione dell’RAGIONE_SOCIALE stesso, ivi ridenominato capitale , avevano determinato la distribuzione di tali utili oggi chiesti in restituzione).
In secondo luogo, perché la corte distrettuale ha affermato, tra l’altro, essere mancata una « valida ed innovativa censura » della sentenza del tribunale nella parte in cui aveva spiegato le ragioni della inapplicabilità della disciplina delle società di capitali a ll’RAGIONE_SOCIALE , atteso che, in quella sede, RAGIONE_SOCIALE aveva riproposto, meramente, le argomentazioni già sostenute (ma disattese) in primo grado. Si è al cospetto, dunque, di un rilievo di inammissibilità del motivo di appello ai sensi dell’art. 342 cod. proc. civ., rimasto non impugnato. Non resta che ricordare, allora, che, come sostanzialmente si desume da Cass. n. 24550 del 2023, nel giudizio di cassazione, il motivo che, a fronte della dichiarazione di sua inammissibilità da parte del giudice del gravame, attinga direttamente il merito, senza censurare l'” error in procedendo ” in cui questi sarebbe incorso, così da rimuovere la ragione in rito che aveva impedito la valutazione nel merito della censura mosse con l’atto di appello, determina l’inammissibilità del motivo di ricorso, derivando da tale omissione il passaggio in giudicato della statuizione di inammissibilità e il conseguente venir meno dell’interesse della parte a far valere in sede di legittimità l’eventuale erroneità delle ulteriori statuizioni, sul punto, della decisione impugnata.
Da ultimo, ed in via assolutamente dirimente, -ciò rilevando pure ex art. 360bis , n. 1, cod. proc. civ. -perché la natura di organismo pubblico dell’ RAGIONE_SOCIALE è stata sancita da Cass., SU, n. 974 del 2023 (alle cui ampie argomentazioni, sul punto, può qui farsi rinvio, ex art. 118, comma 1, disp. att. cod. proc. civ.) e ciò comporta, proprio tenuto conto di quanto si legge, in proposito, nella sua motivazione, che a ll’RAGIONE_SOCIALE oggi controricorrente non può applicarsi la disciplina societaria. Né RAGIONE_SOCIALE ha fornito argomenti e/o spunti interpretativi realmente significativi al fine di rimeditare quella conclusione.
Il quarto motivo del ricorso principale -che lamenta l’erronea erronea applicazione del procedimento presuntivo circa l’esistenza della mala fede della odierna ricorrente, sostenendosi, in particolare, non essersi trattato di aiuto di Stato -si rivela parimenti inammissibile.
Esso, infatti, così come i primi tre precedenti, prospetta genericamente e cumulativamente vizi di natura eterogenea (censure motivazionali, errores in procedendo ed errores in iudicando ), in contrasto con la tassatività dei motivi di impugnazione per Cassazione e con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare, all’interno di ciascun motivo, le singole censure ( cfr., ex aliis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 8671, 3284 e 2115 del 2025; Cass. nn. 33778, 26383 e 4979 del 2024; Cass. nn. 35782, 30878, 27505 e 4528 del 2023; Cass. nn. 35832 e 6866 del 2022). Pertanto, va ribadito anche qui quanto si è già osservato, in proposito, nel § 3.1. di questa motivazione.
Lo stesso, inoltre, per come concretamente articolato, è volto, a contestare accertamenti di natura chiaramente fattuali e, come tali, insindacabili in questa sede, posti dalla corte distrettuale a fondamento della sua conclusione, con una motivazione che non integra violazione dei principi dettati in tema di onere della prova e di prova presuntiva, oltre che priva di vizi logici, siccome basata sulla puntuale e dettagliata descrizione e ponderazione di indici concreti, così dimenticando il granitico orientamento di questa Corte per cui il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge ( cfr. e multis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 25911 e 20895 del 2025; Cass. nn. 28390, 27522, 11299 e 7993 del 2023; Cass. n. 35041 del 2022; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. n. 27686 del 2018; Cass., SU, n. 7931 del 2013; Cass. n. 14233 del 2015; Cass. n. 26860 del 2014). Del resto, affinché sia rispettata la prescrizione desumibile dal combinato disposto dell’art. 132, n. 4, e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.,
non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata all’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla ovvero la carenza di esse ( cfr . Cass. nn. 25911 e 20895 del 2025; Cass. n. 24434 del 2016). La valutazione degli elementi istruttori costituisce, infatti, un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione ( cfr . Cass. n. 11176 del 2017), posto che il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative ( cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 1822, 2195, 3250, 5490, 9352, 13408, 5237, 21424, 30435, 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 27522, 30878 e 35782 del 2023; Cass. nn. 4582, 4979, 5043, 6257, 9429, 10712, 16118, 19423, 27328 e 35006 del 2024; Cass. nn. 1166, 8671 e 20895 del 2025).
In effetti, come puntualizzato, in motivazione, da Cass. n. 7612 del 2022, e Cass. nn. 8671, 20895 e 25911 del 2025, « Il compito di questa Corte, , non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (cfr. Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare, a norma degli artt. 132, n. 4, e 360 comma 1, n. 4, c.p.c., se costoro abbiano dato effettivamente conto delle ragioni in fatto della loro decisione e se la motivazione al riguardo fornita sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053
del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto, com’è in effetti accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.) ».
Venendo, a questo punto, all’esame del ricorso incidentale rinvenibile nel controricorso d ell’RAGIONE_SOCIALE e recante un unico motivo, esso deve considerarsi inefficace, ex art. 334, comma 2, cod. proc. civ., stante la complessiva inammissibilità del ricorso principale. Né, in contrario, rileva che lo stesso è stato proposto nel rispetto del termine di cui agli artt. 370, comma 2, e 371 cod. proc. civ. (quaranta giorni dalla notificazione del ricorso principale. Cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 12466 del 2025; Cass. n. 5375 del 2024; Cass. nn. 33186, 13408 e 7332 del 2023; Cass. n. 17707 del 2021; Cass. n. 6077 del 2015). Nella specie, invero, il termine da osservarsi giusta il combinato disposto degli artt. 325, comma 2, e 326, comma 1, cod. proc. civ. (se ssanta giorni dall’avvenuta notificazione della sentenza impugnata effettuata a cura del medesimo RAGIONE_SOCIALE e risalente al 23 settembre 2020. Cfr . pag. 1 del suo controricorso) è spirato il 23 novembre 2020 (lunedì), anteriormente, dunque, al momento (21 dicembre 2020) della notificazione ( cfr . artt. 370, comma 1, e 371 cod. proc. civ., nei rispettivi testi, qui applicabili ratione temporis , precedenti alle modifiche apportategli dal d.lgs. n. 149 del 2022) del ricorso incidentale predetto.
6. In conclusione, l’odierno ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE deve essere dichiarato inammissibile, mentre quello incidentale tardivo di RAGIONE_SOCIALE (oggi divenuto RAGIONE_SOCIALE), deve ritenersi inefficace ex art. 334 cod. proc. civ.
6.1. Le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dall ‘RAGIONE_SOCIALE da ultimo indicato restano a carico della menzionata banca, dandosi atto, altresì, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del
d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente principale (non anche della parte controricorrente, il cui ricorso incidentale tardivo è stato ritenuto inefficace a seguito di declaratoria di inammissibilità di quello principale. Cfr . Cass. n. 5375 del 2024; Cass. n. 28331 del 2023; Cass. n. 1343 del 2019; Cass. n. 18348 del 2017), di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il suo ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE ed inefficace, ex art. 334, comma 2, cod. proc. civ., quello incidentale tardivo d ell’RAGIONE_SOCIALE (oggi divenuto RAGIONE_SOCIALE).
Condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla controparte , liquidate in € 25.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 30 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME