Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 29757 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 29757 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14106/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, presso l ‘ indirizzo di posta elettronica certificata dei quali è domiciliato per legge; -ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dagli avvocati, COGNOME NOME, COGNOME NOME, già elettivamente domiciliata presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME AVV_NOTAIO ed attualmente domiciliata per legge presso l ‘ indirizzo di posta elettronica certificata dei nominati difensori di fiducia;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di TORINO n. 1143/2023 depositata il 12/12/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2025 dal
Consigliere COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2021 la RAGIONE_SOCIALE citava in giudizio la RAGIONE_SOCIALE davanti al Tribunale di Aosta, chiedendo la restituzione di € 5.542.016,51, oltre interessi, somme versate a titolo di addizionali alle accise sull ‘ energia elettrica per gli anni 2010-2011. A fondamento della domanda sosteneva che tali importi non erano dovuti, in quanto la normativa nazionale sulle addizionali contrastava con il diritto dell ‘ Unione europea. Osservava, inoltre, che la norma istitutiva delle addizionali era stata abrogata dall ‘ art. 4, comma 10, del D.L. n. 16/2012 (conv. con L. n. 44/2012), con effetto dal 1° aprile 2012 per le Regioni a statuto speciale.
RAGIONE_SOCIALE si costituiva, chiedendo il rigetto della domanda e domandava di poter chiamare in causa la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE, nei cui confronti proponeva domanda di risarcimento del danno per il tardivo recepimento della Direttiva 2008/118/CE.
La terza chiamata non si costituiva e veniva dichiarata contumace.
All ‘ esito dell ‘ istruttoria, il Tribunale di Aosta, con sentenza n. 147/2022, accoglieva parzialmente la domanda di RAGIONE_SOCIALE, condannando RAGIONE_SOCIALE al pagamento di € 5.541.933,34, oltre interessi legali dalla notifica dell ‘ atto introduttivo, con compensazione integrale delle spese di lite tra le parti. Dichiarava, invece, la propria incompetenza territoriale sulla domanda verso la RAGIONE_SOCIALE, rimettendola alla competenza del Tribunale di Roma.
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, cui RAGIONE_SOCIALE resisteva chiedendone il rigetto.
La Corte d ‘ appello di Torino, con sentenza n. 1143/2023, accoglieva parzialmente l ‘ impugnazione, condannando RAGIONE_SOCIALE a pagare € 5.326.282,08, oltre interessi legali ex art. 1384, quarto comma, c.c. dalla domanda al saldo; compensava le spese del primo grado e condannava RAGIONE_SOCIALE a rifondere le spese del giudizio d ‘ appello.
Contro la sentenza d ‘ appello ha proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE, cui ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE
Il Procuratore Generale non ha presentato conclusioni scritte.
Il Difensore della società ricorrente ha presentato una impropria istanza di decisione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. (nonostante, con ogni evidenza, non sia stato seguito il relativo rito), mentre quello della società resistente ha depositato memoria.
La Corte, nel decidere sul ricorso, si è riservata di depositare la motivazione entro sessanta giorni dalla camera di consiglio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
RAGIONE_SOCIALE – dopo aver premesso che la disciplina delle accise relative ai prodotti energetici è stata sottoposta ad una profonda integrazione con la normativa comunitaria, mediante il recepimento, inizialmente, della Direttiva 1992/12/CEE e, successivamente, della Direttiva 2008/118/CE – articola in ricorso tre motivi. Precisamente, la società ricorrente:
-con il primo motivo denuncia <> nella parte in cui la corte di merito, violando i presupposti della direttiva 2008/118/Ce, ha ritenuto disapplicabile la normativa italiana in favore di quella comunitaria in una controversia tra privati;
con il secondo motivo denuncia: <> nella parte in cui la corte di merito, violando i presupposti dell’art. 2033 c.c., ha ritenuto che il fornitore abbia illegittimamente applicato la rivalsa (essendo non dovuta l’addizionale alle accise sull’energia elettrica), con conseguente indebito oggettivo ai danni del cliente finale;
-con il terzo motivo denuncia: <> nella parte in cui la corte di merito avrebbe erroneamente interpretato la dicitura del giudice di primo grado ‘interessi al tasso legale’ quale tasso di interessi moratorio. In sintesi, secondo la ricorrente (p. 24 ss.), gli interessi ‘moratori previsti dal D.Lgs. n. 231/2002, modificato dal D.L. 9 novembre 2012 n. 192’ si applicherebbero solo alle transazioni commerciali e non, come deciso dal Giudice d’appello, ‘ai casi di ristoro delle somme per indebito oggettivo o per risarcimento dei danni’; b) la previsione del quarto comma dell’art. 1284 c.c. sarebbe stata inserita dall’art. 17 D.L. 132/2014 ‘con lo scopo di prevenire il ritardo nei pagamenti’; c) l’art. 1284, comma 4, c.c. avrebbe una finalità deflattiva e, quindi, la ratio di tale disposizione normativa sarebbe di fatto sovrapponibile a quella di cui al D. Lgs. 231/2002; d) poiché la domanda giudiziale di ripetizione formulata da RAGIONE_SOCIALE origina dal diritto alla restituzione di somme non dovute, CVA non potrebbe considerarsi alla stregua di una debitrice morosa, con la conseguenza di vedersi applicati, al più, interessi ‘legali’ a decorrere dalla data della domanda giudiziale, stante la buona fede invocata.
Il ricorso non è fondato.
2.1. I primi due motivi – che, in quanto connessi, sono qui trattati congiuntamente – sono infondati, ma la motivazione della sentenza impugnata va corretta.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. il principio affermato da Cass. 13740/25 e ribadito da Cass. n. 13741/25, n. 16992/25, n. 16993/25, n. 17642/25, n. 17643/25: al quale il Collegio presta convinta adesione), <>.
Avuto riguardo al disposto di cui sensi all’art. 118, co. 1, ultimo inciso, disp. att. cod. proc. civ., è qui sufficiente fare integrale richiamo alla motivazione della prima delle menzionate sentenze per giustificare il rigetto dei motivi in esame, con opportuna correzione della motivazione della qui gravata sentenza, del ricorso oggi esaminato, in uno alla compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
2.2. Anche il terzo motivo, che concerne la ripetizione di indebito di somme versate in forza di contratto, è infondato.
Occorre quindi ripercorrere le norme civilistiche dettate in materia di interessi: a) l’art. 1282, comma 1, c.c. (rubricato ‘Interessi nelle obbligazioni pecuniarie’) stabilisce che ‘i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto, salvo che la legge o il titolo dispongano diversamente’; b) l’art. 1284 c.c. (rubricato ‘Saggio degli interessi’) precisa poi che ‘il saggio degli interessi legali è determinato in misura pari al 5 per cento in ragione d’anno…. Allo stesso saggio si computano gli interessi convenzionali, se le parti non ne hanno determinato la misura. Gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale’; c) in particolare, il quarto comma dell’art. 1284 c.c. aggiunge, appunto, che: ‘Se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda’.
Orbene, questa Corte ha di recente precisato (cfr. Cass. n. 61/2023) che il saggio d’interessi previsto dall’art. 1284, comma 4, c.c., trova applicazione alle obbligazioni restitutorie derivanti da nullità contrattuale, non è applicabile alle sole obbligazioni di fonte contrattuale, essendo applicabile anche a quelle nascenti da fatto illecito o da altro fatto o atto idoneo a produrle. Ciò in quanto la clausola di salvezza iniziale (che rimette alle parti la possibilità di determinarne la misura) vale (non già a determinarne il campo di applicazione, ma) ad escludere il carattere imperativo e inderogabile della disposizione e non già a delimitarne il campo d’applicazione.
Premesso che anche nella fattispecie sottesa al ricorso in esame l’obbligazione di restituzione azionata ha natura complessivamente contrattuale, del tutto conforme al principio che precede (espressamente richiamato) è la sentenza impugnata, che:
a) in primo luogo, ha ritenuto che, trattandosi di ripetizione di indebito, la buona fede dell’ accipiens non viene ad incidere sul tasso degli interessi, ma sulla loro decorrenza;
b) quindi, ha ritenuto dato non controverso che RAGIONE_SOCIALE, nell’ambito del rapporto contrattuale con RAGIONE_SOCIALE, avesse a quest’ultima addebitato, in via di rivalsa, anche le addizionali oggetto di causa (più esattamente, il pagamento di importo ad esse corrispondente), con la conseguenza che l’illegittimo esercizio della rivalsa aveva comportato un effetto restitutorio nell’ambito del rapporto civilistico tra il Fornitore ed il Consumatore;
c) infine, prendendo in esame il ‘rapporto civilistico’ tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto, da un lato, che la prima aveva ottenuto dalla seconda la corresponsione degli importi poi chiesti in ripetizione ed il fatto che li aveva ‘riversati’ all’Amministrazione finanziaria non incideva su tale rapporto ai fini di causa, e, dall’altro, ha ritenuto che l’asserita impossibilità di ripetere, oltre all’imposta, gli interessi pagati al Consumatore non poteva pregiudicarne la posizione e derogare ai principi regolanti la ripetizione di indebito <>.
In definitiva, nel caso di specie la corte di merito, all’esito di un articolato percorso motivazionale, ha espressamente e correttamente ritenuto applicabili gli interessi legali al tasso incrementato come definito dall’art. 1284, comma 4, c.c. <>.
D’altronde, non vale invocare la buona fede della rivalsa esercitata a suo tempo per sottrarsi al pagamento dei suddetti interessi: il fornitore conosceva la situazione sull’Addizionale (o avrebbe potuto e dovuto conoscerla, trattandosi, peraltro, di un operatore professionale qualificato ed esperto nel settore), senza considerare che, a differenza del consumatore, aveva a disposizione un sicuro rimedio giurisdizionale (ragion per cui avrebbe potuto non esporre in fattura l’addizionale, invece richiesta) per chiedere allo Stato il risarcimento del danno nella misura degli ulteriori interessi pagati all’utente finale nell’ambito del procedimento tributario. Di tanto era
perfettamente consapevole NOME che, nel costituirsi in primo grado, aveva chiesto la chiamata in causa della RAGIONE_SOCIALE: su tale statuizione il giudice di primo grado si è dichiarato incompetente e tale statuizione non è stata impugnata dall’odierna ricorrente (con conseguente pacifico riconoscimento dell’autonomia del rapporto tributario fra fornitore ed erario dal rapporto civilistico fra fornitore e consumatore).
Le spese relative al presente giudizio di legittimità possono, peraltro, essere compensate, per essere anche la questione principale di questo ricorso decisa, in via dirimente, in forza di una pronuncia di illegittimità costituzionale (la sentenza n. 43/2025, oggetto di esame nei precedenti di questa Corte sopra richiamati) intervenuta dopo la sua proposizione.
Al rigetto del ricorso consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2025, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile.
Il Presidente NOME COGNOME