Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1614 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 1614 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
Oggetto: intermediazione finanziaria – nullità ripetizione di indebito
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 5478/2020 R.G. proposto da COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentate e difese dall’avv. NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME sito in Roma, INDIRIZZO
– ricorrenti, controricorrenti in via incidentale –
contro
RAGIONE_SOCIALEBanca Popolare dell’Altro Adige RAGIONE_SOCIALEpRAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv. NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo , sito in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente, ricorrente in via incidentale – avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 2840/2019, depositata il 10 luglio 2019.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’11 ottobre 2024 dal
Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei primi due motivi del ricorso principale;
uditi gli avv. NOME COGNOME per delega dell’avv. COGNOME per le ricorrenti principali , e l’avv. NOME COGNOME per la controricorrente
FATTI DI CAUSA
NOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia, depositata 10 luglio 2019, di reiezione del loro appello (incidentale) per la riforma della sentenza del Tribunale di Vicenza che, ritenendo sussistente il loro credito verso la B.P.A.A. -Banca Popolare dell’Alt ro Adige s.p.a. per euro 270.285,75, aveva respinto le domande della banca di accertamento negativo del credito vantato da esse ricorrenti e di condanna alla restituzione di somme asseritamente indebitamente pagate, richieste con ricorso per decreto ingiuntivo.
D all’esame della sentenza impugnata si evince che : con sentenza del Tribunale di Bassano del Grappa, pronunciata in altro giudizio tra le parti, la banca era stata condannata al pagamento di euro 5.099.308,55, oltre interessi dal 15 maggio 1998, in favore delle odierne ricorrenti principali, a titolo di restituzioni per la conclusione di un contratto di acquisto di prodotti finanziari dichiarato nullo; nelle more del giudizio di appello avverso tale sentenza la banca, ritenendo di aver adempiuto l’obbligo r estitutorio sancito giudizialmente, aveva chiesto l’accertamento d ella avvenuta estinzione della sua obbligazione debitoria; la sentenza del Tribunale era stata riformata dalla Corte di appello di Venezia con sentenza n. 432/2009 limitatamente alla decorrenza degli interessi legali, posticipata al 21 dicembre 1999; quindi, la banca, ritenendo di aver versato più di quanto dovuto in esecuzione della decisione riformata, aveva chiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo per l’importo di euro 296.609,78, oltre interessi
legali, che era stato opposto dalle ingiunte; i due giudizi di accertamento negativo del credito e di opposizione al decreto ingiuntivo erano stati riuniti e decisi dal Tribunale di Vicenza con il rigetto della domanda di accertamento e la revoca del decreto ingiuntivo, con contestuale statuizione che dalla menzionata sentenza irrevocabile della Corte di appello n. 432/2009 residuava un credito delle odierne ricorrenti principali di euro 270.285,75.
La Corte territoriale ha disatteso sia il gravame principale della banca, sia quello incidentale delle odierne ricorrenti, evidenziando che nella determinazione del debito restitutorio della banca doveva tenersi conto dell ‘importo delle cedole incassate e di altre rimesse operate da quest’ultima in favore delle creditrici, pur in assenza di una espressa statuizione sul punto da parte della sua precedente sentenza passata in giudicato, ma che a tale fine andavano considerati solo i versamenti effettuati successivamente alla proposizione della domanda giudiziale di nullità contrattuale stante la buona fede dell’ accipiens. Ha, inoltre, aggiunto che non residuava alcun diritto dell’investitore di conservare i titoli obbligazionari il cui acquisto era stato oggetto della pronuncia di nullità emessa nel diverso giudizio.
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
Resiste con controricorso la BRAGIONE_SOCIALEBanca Popolare dell’Altro Adige s.p.a., la quale propone ricorso incidentale affidato a due motivi vertenti sul riconoscimento del diritto delle investitrici di trattenere le cedole incassate prima della instaurazione di tale giudizio.
Avverso tale motivi NOME e NOME COGNOME resistono con controricorso.
L e parti depositano memorie ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Con ordinanza interlocutoria n. 5535 del 29 febbraio 2024 la causa è rimessa all’odierna udienza pubblica in ragione della particolare rilevanza della questione relativa l’ambito oggettivo del giudicato che
si forma sull’accertamento della nullità di un contratto e sul diritto di una delle parti contraenti alla restituzione di quanto indebitamente pagato in adempimento dello stesso, se tale da precludere o meno, in virtù del principio per cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, l’esame della domanda dell’altro contraente alla restituzione di quanto da questo pagato in esecuzione del medesimo contratto.
Il pubblico ministero deposita conclusioni scritte e la ricorrente memoria ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo le ricorrenti principali denunciano, con riferimento all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione del principio tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 cod. proc. civ. , per aver «implicitamente fatto entrare nel processo una domanda che mai è stata formulata da controparte» nella parte in cui ha omesso di considerare che nel diverso giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale di Bassano del Grappa e definito con sentenza irrevocabile della Corte di appello di Venezia n. 432/2009 la banca non aveva proposto alcuna domanda di restituzione dei titoli il cui acquisto era stato dichiarato nullo, del relativo capitale e delle cedole accreditate.
Il motivo è inammissibile.
La violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato è prospettabile solo assumendo che il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, abbia alterato gli elementi obiettivi dell’azione e, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, abbia emesso un provvedimento diverso da quello richiesto o abbia attribuito o negato un bene della vita diverso da quello conteso (cfr. Cass. 21 marzo 2019, n. 8048; Cass. 11 aprile 2018, n. 9002) ovvero che abbia trascurato di esaminare una domanda od una eccezione (cfr. Cass. 6 luglio 2023, n. 19214; Cass. 17 dicembre 2009, n. 26598).
Non ricorre tale vizio, dunque, laddove il ricorrente alleghi che il giudice abbia dato ingresso a circostanze estranee all’accertamento compiuto in altro giudizio, anche nel caso in cui tale accertamento abbia costituito un elemento fattuale posto a fondamento della domanda.
In questo caso, infatti, viene rappresentata l’esistenza di una situazione che non interferisce sulla relazione che deve sussistere, nel rispetto dell’inv ocato principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, tra la domanda proposta e la decisione del giudice.
Con il secondo motivo le ricorrenti principali deducono la violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., per aver la Corte di appello ritenuto che la questione della computabilità o meno nel debito restitutorio in contestazione delle cedole riscosse non fosse preclusa dal giudicato rappresentato dalla sentenza della medesima Corte n. 432/2009, non considerando che il giudicato copre non solo il dedotto ma anche il deducibile.
Evidenziano, sul punto, che nel giudizio conclusosi con tale ultima decisione era stata dichiarata la nullità dei contratti di investimento e la condanna della banca alla restituzione degli importi investiti senza alcuna pronuncia in ordine al diritto di quest’ultima a ripetere quanto riscosso dalle investitrici a titolo di cedole per difetto della relativa domanda e che il giudicatosi formatosi in quella sede ostava alla proponibilità di tale domanda nel presente giudizio.
17. Il motivo è infondato.
L ‘ambito di operatività del giudicato, in virtù del principio secondo il quale esso copre il dedotto e il deducibile, è correlato all’oggetto del processo e colpisce, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, incidendo, da un punto di vista sostanziale, non soltanto sull’esistenza del diritto azionato, ma anche sull’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi, ancorché non dedotti, senza estendersi a fatti ad esso successivi e a quelli comportanti un mutamento del petitum e
della causa petendi , fermo restando il requisito dell’identità delle persone (così, Cass. 9 novembre 2022, n. 33021).
19. Il giudicato, dunque, copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e, pertanto, non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, qualora, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia (cfr. Cass. 4 marzo 2020, n. 6091; Cass. 26 febbraio 2019, n. 5486; Cass. 30 ottobre 2017, n. 25745).
20. Da ciò consegue che la domanda restitutoria conseguente all’azione non può essere ricondotta nell’ambito del «deducibile» connesso all’azione di nullità del contratto, in quanto l’accertamento della sussistenza della pretesa restitutoria non costituisce un antecedente logico, essenziale e necessario della domanda di nullità, quanto, piuttosto, un suo effetto.
21. Tale effetto, inoltre, non è implicito nella domanda medesima, rientrando nell’autonomia delle parti disporre degli effetti della nullità, chiedendo o meno, anche in un successivo e separato giudizio, la restituzione della prestazione rimasta senza causa (cfr., sia pure con riferimento alla domanda restitutoria di quanto prestato in esecuzione di un contratto risolto, Cass. 18 agosto 2022, n. 24915; Cass. 26 aprile 2021, n. 10917).
22. Con il terzo motivo le ricorrenti principali si dolgono della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2033 cod. civ., per aver la sentenza impugnata riconosciuto il diritto della banca a ripetere i frutti percepiti dalle investitrici, sotto forma di cedole dei titoli obbligazionari acquistati, quale effetto restitutorio derivanti dalla dichiarata nullità di tali acquisti, a decorrere dalla data della domanda di nullità contrattuale proposta dalle investitrici (21 dicembre 1999) benché nessuna domanda restitutoria fosse stata avanzata in quella sede dalla banca.
Sostengono che stante l’accertamento della Corte di appello della loro buona fede e del l’assenza di domande restitutorie della banca nel giudizio di nullità degli acquisti dei titoli da loro introdotto non era corretta la statuizione della sentenza impugnata che riconosceva alla banca il diritto alla ripetizione delle cedole maturate sui titoli i cui acquisti erano stati dichiarati nulli , atteso che l’art. 2033 cod. civ. attribuisce il diritto alla ripetizione dei frutti e degli interessi ricevuti in buona fede solo dal giorno della relativa domanda.
24. Il motivo è infondato.
La censura muove dall’assunto implicito che le cedole percepite dalle investitrici in esecuzione dei contratti di investimento dichiarati nulli costituiscono «frutti» o «interessi» ai fini dell’applicazione della norma di cui all’art. 2033 cod. civ. il quale, nell’ambito della disciplina degli effetti del pagamento indebito, riconosce il diritto ai frutti e agli interessi solo dal giorno della relativa domanda, se chi li ha ricevuti era in buona fede.
Tale assunto non è corretto.
27. Come condivisibilmente affermato con la sentenza di questa Corte del l’8 gennaio 2025, n. 423, « la disciplina dettata dall’art. 2033 c.c. per i frutti e gli interessi, dovuti per legge a seconda dei casi dal pagamento o dalla domanda, non può valere per i frutti e gli interessi ricevuti in forza del contratto» in quanto «er le prestazioni contrattuali, quale che sia la qualificazione giuridica di ciò che ne costituisce oggetto (e quindi anche se si tratti di frutti o interessi contrattualmente dovuti), opera … l’obbligo restitutorio discendente dall’effetto retroattivo della risoluzione . La regolamentazione dei frutti e degli interessi contenuta nell’art. 2033 c.c. riguarda altro, e non può che concernere i frutti e gli interessi che maturano per legge in relazione al bene o alla somma di denaro oggetto di ripetizione. L’art. 2033, oltre a disciplinare la restituzione di quanto indebitamente pres tato, delinea infatti un’obbligazione legale, accessoria a quella
principale restitutoria, che deriva dalla necessità di regolare sia la sorte dei frutti naturali o civili della res maturati a seguito della solutio (ciò che avviene in continuità logica con la disciplina che conferisce rilievo allo stato di buona o di mala fede del possessore della cosa fruttifera: art. 1148 c.c.), sia la sorte egli interessi decorrenti dallo stesso momento sulla somma indebitamente riscossa, i quali hanno natura compensativa».
28. I frutti e gli interessi menzionati dall’art. 2033 cod. civ. sono , dunque, quelli che maturano sul pagamento indebitamente effettuato, per cui mentre quest’ultimo va interamente restituito, quale conseguenza dell’accertamento della inesistenza di una causa giustificativa dello spostamento patrimoniale, i relativi frutti e interessi vanno riconosciuti solo dal giorno del pagamento solo se chi lo ha ricevuto era in mala fede, mentre se questi era in buona fede, dal giorno della domanda di ripetizione di indebito.
29. Nel caso in esame, le cedole in contestazione non costituiscono frutti o interessi maturati su un pagamento indebitamente effettuato, ma l’oggetto dell a prestazione dovuta alle investitrici per effetto della conclusione del contratto di acquisto di titoli obbligazionari, prestazione che rimane ( anch’essa ) travolta dalla dichiarazione di nullità di tale contratto.
30. I nfatti, l’accertamento della nullità contratt uale fa venir meno la causa giustificativa sia del pagamento del relativo prezzo, con diritto dell’investitore alla ripetizione di quanto versato a tale titolo, sia della consegna dei documenti rappresentativi di tali prodotti e delle somme riscosse dall’invest itore in esecuzione degli acquisti dichiarati nulli.
31. Pertanto, la dedotta circostanza relativa alla buona fede dell’ accipiens , benché valorizzata anche dalla Corte di appello, non è concludente ai fini che qui interessano, atteso che il diritto alla restituzione delle somme percepite dalle investitrici a titoli di cedole non ha a oggetto frutti o interessi conseguenti all’indebi to pagamento
effettuato, presi in esame dall’art. 2033 cod. civ., ma riguarda proprio il pagamento indebito che, a seguito della dichiarazione di nullità del contratto che ne costituisce la giustificazione, va interamente restituito al solvens .
32. La riferita ricostruzione interpretativa non implica, tuttavia, che l’ordinamento ammetta ingiustificati arricchimenti di una parte ai danni dell’altra nella forma dell’ utilizzo di un bene fruttifero senza corrispondere al concedente alcuna remunerazione, in modo da godere, per lo stesso arco di tempo, dei frutti del bene dedotto in contratto e degli interessi sulla somma corrisposta per conseguirlo.
33. Infatti, come affermato nella richiamata sentenza n. 423 dell’8 gennaio 2025, «è escluso che a fronte dello scambio di un bene fruttifero con una somma di denaro, frutti e interessi possano avere diversa decorrenza: in particolare, risolto il contratto per inadempimento, in presenza di un obbligo restitutorio avente ad oggetto i frutti maturati in forza della previsione contrattuale, gli interessi sulla somma di denaro corrisposta dal percettore dei detti frutti, che se ne vede privato, decorrono a far data dal versamento».
34. Tale principio è sostenuto dalla previsione di cui all’art. 1499 cod. civ. che compensa il venditore della eventuale inesigibilità del prezzo nel caso in cui la cosa venduta sia consegnata e, benché affermato con riferimento al caso della ripetizione di indebito versato in esecuzione di un contratto risolto per inadempimento, trova applicazione anche alla ripetizione di prestazioni rese in esecuzione di contratti retroattivamente caducati per altre cause, avuto riguardo alla sostanziale identità delle situazioni giuridiche in rilievo, e a maggior ragione in presenza di una dichiarazione di nullità del contratto, atteso che in questo caso la caducazione del contratto potrebbe non dipendere da una condotta illecita di alcuna parte e, dunque, il rimedio risarcitorio non soccorrerebbe a tutela della parte pregiudicata.
35. Il principio seguito , d’altra parte, si giustifica anche con la
considerazione che nei contratti quale quello in esame, così come nel contratto di locazione di bene immobile richiamato a titolo semplificativo nella sentenza n. 423 dell’8 gennaio 2025, l’oggetto della prestazione dovuta dall’investitore (o dal locatore) non è la consegna (definitiva) di una somma di denaro o di un immobile, bensì la concessione della facoltà di godimento (temporanea) su tali beni, per cui, a seguito della caducazione del contratto, questa è la prestazione indebitamente eseguita. La caducazione del contratto, infatti, non dà luogo all’insorgenza del diritto alla restituzione del capitale (o dell’ immobile), il cui fondamento è nel contratto, ma ne anticipa solo l’esigibilità.
36. A ben vedere una situazione analoga può verificarsi anche in contratti che non necessariamente hanno a oggetto un bene fruttifero, ma le cui prestazioni si atteggiano in modo particolare laddove riflettano la presenza (anche) di una causa di finanziamento.
37. Deve, pertanto, ritenersi che, in caso di caducazione con effetti retroattivi di un contratto di acquisto di prodotti finanziari, l’intermediario ha diritto alla restituzione delle cedole quale prestazione indebitamente resa (e dei titoli laddove ancora in essere) e l’investitore alla restituzione della facoltà di godimento del capitale indebitamente concessa, da liquidare nella misura degli interessi legali su tale capitale, oltre alla restituzione di tale capitale investito venendo meno il diritto del l’intermediario di trattenerlo.
37. Con il quarto motivo le ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1242 cod. civ., per aver la decisione di appello ritenuto legittima la compensazione de facto operata dalla banca, pur in assenza di una specifica dichiarazione della parte qualificabile quale eccezione o come opposizione in compensazione.
38. Il motivo è inammissibile.
La doglianza poggia sull’assunto che la banca non abbia eccepito la compensazione del proprio credito con quello delle investitrici, ma tale
assunto non trova conferma nella sentenza impugnata, la quale, anzi, nell’affermare che «la compensazione può essere senz’altro fatta valere … », sembra indicare che la fattispecie estintiva dell’obbligazione non sia stata rilevata d’ufficio dal giudice ma sia stata sollevata dalla parte interessata.
40. La stessa, dunque, non rispetta il requisito per la formulazione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, consistente nell’assunzione dell’accertamento di fatto come operato dal giudice del merito quale termine obbligato, indefettibile e non modificabile del sillogismo tipico del paradigma dell’operazione giuridica di sussunzione (cfr. Cass. 13 marzo 2018, n. 6035; Cass., 23 settembre 2016, n. 18715).
41. Con l’ultimo motivo le ricorrenti principali criticano la sentenza impugnata per violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 118, disp. att. cod. proc. civ., nella parte in cui dando atto, da un lato, della mancata proposizione di domande restitutorie della banca nel corso del giudizio di nullità contrattuale e, dall’altro, attribuendo alla banca medesima gli interessi sul credito restitutorio dalla data della domanda, darebbe luogo a un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili.
42. Il motivo è inammissibile, in quanto, come evidenziato in occasione dell’esame del terzo motivo, la questione relativa al momento della presentazione della domanda di ripetizione di indebito non è concludente ai fini della determinazione del quantum della pretesa creditoria vantata dalla banca.
43. Con il primo motivo del ricorso incidentale quest’ultima denuncia la violazione degli artt. 2907 cod. civ. e 99 cod. proc. civ., per aver la Corte di appello escluso il diritto alla restituzione delle cedole incassate dalle investitrici per il periodo antecedente alla data di proposizione della domanda di nullità (ossia, il 21 dicembre 1999) in ragione della buona fede delle investitrici pur in assenza di una specifica domanda da parte di queste ultime.
44. Il motivo è inammissibile.
45. La questione giuridica prospettata dalla parte, consistente nella subordinazione del diritto del l’ accipiens di buona fede di trattenere i frutti ricevuti fino al giorno della domanda a una sua specifica domanda, che nel caso in esame mancherebbe, non risulta essere stata trattata in alcun modo nella sentenza impugnata.
46. Orbene, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l ‘ onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione (cfr. Cass. 13 dicembre 2019, n. 32804; Cass. 21 giugno 2018, n. 16347; Cass. 21 novembre 2017, n. 27568). 47. La parte non ha assolto a un siffatto onere, per cui la doglianza non può essere esaminata in questa sede.
48. Con il secondo motivo la ricorrente incidentale deduce la violazione dell’art. 2033, second a parte, cod. civ., per aver la sentenza impugnata riconosciuto il diritto delle investitrici di trattenere le cedole incassate prima della proposizione della domanda giudiziale benché avesse agito quale intermediario e non quale emittente dei titoli dichiarati nulli e, dunque, non avesse «possibilità alcuna di trattenere frutti e interessi ricavati dalle somme versate dal COGNOME», prontamente consegnate all’emittente medesimo .
49. Sottolinea che non è applicabile la seconda parte dell’art. 2033 cod. civ. e che a seguito della nullità dei contratti di investimento l’investitore è tenuto alla restituzione dei titoli e dei frutti maturati sugli stessi.
50. Il motivo è fondato.
51. Giova rammentare che con la prestazione di servizi di investimento l’intermediario pone in essere nei confronti dell’investitore un negozio
traslativo trasferendogli i titoli già presenti nel suo portafoglio ovvero i titoli che abbia provveduto a reperire ed acquisire per conto del cliente negoziandoli presso terzi.
52. Per effetto di tale attività contrattuale l’intermediario acquisisce il diritto a ricevere dal cliente il relativo prezzo, mentre quest’ultimo acquisisce il diritto, oltre che alla consegna del titolo, al conseguimento delle utilità generate da questo, esercitabile nei confronti dell’intermediario ove, come nel caso in esame, sia stato concluso il negozio accessorio di costituzione dei titoli presso di lui in deposito in amministrazione.
53. All orché sia dichiarata la nullità dell’ordine di investimento, i cui effetti per i principi regolanti le nullità negoziali si estendono al negozio di acquisto effettuato dall’intermediario per dare esecuzione all’ordine ricevuto, l’intermediario e l’investitore hanno diritto di ripetere l’uno nei confronti dell’altro le reciproche prestazioni , per cui l’investitore ha diritto alla restituzione di quanto versato all ‘ intermediario quale costo dell’investimento, mentre l’intermediario ha diritto alla restituzione di quanto abbia riscosso per conto dell ‘ investitore e abbia a quest’ultimo corrisposto (cfr. Cass. 2 aprile 2018, n. 10116).
54. A tal riguardo, come evidenziato in precedenza, il diritto alla restituzione di quanto versato dalla banca non incontra limiti, se non con riferimento alla necessità di apposita domanda giudiziale, per cui non può essere circoscritto a quanto versato successivamente a una determinata data, posteriore alla data di conclusione del contratto nullo.
55. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con riferimento al motivo del ricorso incidentale accolto e rinviata, anche per le spese, alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale e rigetta il ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale; cassa la
sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti principali , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, l’11 ottobre 2024.